La riparazione nel messaggio di Fatima
Data: Lunedi 23 Ottobre 2017, alle ore 11:21:51
Argomento: Mariofanie


Un articolo di Stefano De Fiores in Madre di Dio del 10 ottobre 2007.



A Fatima la "riparazione" assume un posto di rilievo sia nelle apparizioni dell’angelo, sia in quelle di Maria, sia infine nella risposta vitale data dai tre pastorelli. Approfondiamo il senso e la spiritualità di questo non facile concetto.

Significato di "Riparazione"

"Riparazione" è un termine adoperato correntemente in senso positivo per indicare «il dovuto risarcimento di un danno arrecato, specialmente morale, [...] il ripristino materiale dell’integrità e della funzionalità di un oggetto». A differenza del linguaggio corrente, in campo morale e religioso fa invece difficoltà parlare di missione o di spiritualità "riparatrice" che intende supplire alle deficienze o peccati altrui, fino a dichiararsi vittima d’amore per la salvezza dei peccatori. Afferma Duquoc, «Noi siamo abbastanza allergici a questo gioco di compensazione, surrogatorio o meno», perché ci sembra contrario alla responsabilità e all’autonomia umana. Si aggiunga che il termine "riparazione" non è biblico, in quanto ignorato dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Inoltre la riparazione sembra ridurre la redenzione a una liberazione dal peccato mentre essa, mediante la risurrezione del Signore e l’effusione dello Spirito, mira a creare una situazione nuova e migliore. Infine la riparazione richiama alla mente la teoria della soddisfazione vicaria applicata da sant’Anselmo alla morte di Cristo, per cui egli espia secondo giustizia la pena dovuta ai nostri peccati. Questa concezione medioevale di Dio, come di un sovrano feudale che esige una riparazione rigorosamente giusta per il peccato, non somiglia al Dio della rivelazione, sempre fedele a un amore perpetuo, che non richiede altro che il ritorno a vivere da figli. Oggi, tramontato il razionalismo individualistico che vedeva l’altro come attentatore dell’autonomia umana, avanza il personalismo che guarda all’altro in un contesto di relazionalità, di solidarietà e di sussidiarietà. Ci si convince che ci si deve aiutare gli uni gli altri riparando alle vicendevoli deficienze. Ancor più, si giunge a considerare la riparazione come dimensione profonda dell’uomo, che «non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (Gaudium et spes 24). Essere umani significa anche assumere la riparazione, definita da Sabino Palumbieri «uno dei servizi più preziosi per l’amato [...], il tentativo di restituire all’integrum una realtà frantumata [...], la compensazione con un surplus di oblazione verso chi è stato tradito [… ], la restaurazione di un’opera bella infranta e pazientemente ricostruita». Come si vede la riparazione non è un optional, ma appartiene all’essere umano e alle sue esigenze di amore: «Ove l’amore è grande, non si può sopportare che l’amato sia stato da altri vilipeso e deluso. Anche qui l’indifferenza sarebbe la negazione dell’amore. C’è spazio, invece, per il coinvolgimento che implica qui necessariamente la vicarietà della riparazione. [...] La gioia dell’amato è norma di vita per l’amante. E là dove il soggetto amato sperimenta nell’altro il buco nero delle attese della sua prodigalità, il soggetto amante si interpone come mediazione vivente di intercessione o di compensazione. Comunque sia, di riparazione».

Appello alla riparazione

A Fatima la riparazione assume un posto di rilievo sia nelle apparizioni dell’angelo, sia in quelle di Maria, sia infine nella risposta vitale data dai tre pastorelli. Prima ancora dell’invito pressante della "bianca Signora", è l’angelo apparso ai tre pastorelli nel 1915-1916 a immetterli con l’esempio e con la parola sulla strada della riparazione. Presentandosi come un adolescente di quattordici-quindici anni, luminoso e diafano, si avvicina ai pastorelli e dice loro: «Non abbiate paura. Sono l’angelo della pace. Pregate con me». Secondo la testimonianza di Lucia, «inginocchiatosi per terra, curvò la fronte fino al suolo e ci fece ripetere tre volte queste parole: "Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo! Io vi domando perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non vi amano"». Poi aggiunge una precisa consegna: «Offrite a Dio il sacrificio di tutto quello che vi sarà possibile, in atto di riparazione dei peccati, con cui lui viene offeso e per impetrare la conversione dei peccatori. Attirate così, sopra la nostra patria, la pace. Io sono il suo angelo custode, l’angelo del Portogallo. Soprattutto accettate e sopportate con sottomissione le sofferenze che il Signore vi manderà». Come si può notare, il messaggio dell’angelo tende a suscitare nei pastorelli una risposta generosa e impegnata nella riparazione, ma insieme premunisce da una ricerca diretta della sofferenza e del sacrificio, insistendo sull’accettazione degli aspetti afflittivi della vita. Apparendo la seconda volta l’angelo solleva «un’ostia, dalla quale cadevano alcune gocce di sangue dentro al calice» e fa ripetere ai pastorelli per tre volte: «Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, io vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione di tutti gli oltraggi, sacrilegi ed indifferenze con i quali egli stesso è offeso. E per i meriti infiniti del suo santissimo Cuore e del Cuore immacolato di Maria, vi domando la conversione dei poveri peccatori». Dando a Lucia l’ostia e a Giacinta e a Francesco il sangue, l’angelo dice: «Prendete e bevete il corpo e il sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio». In questo secondo messaggio la riparazione è sottratta all’ambito individuale per essere inserita in contesto liturgico, dove (cosa impensabile da poveri bambini!) viene distribuita dall’angelo la comunione sotto le due specie e la riparazione assume un chiaro orientamento eucaristico.

Volete offrivi a Dio?

Nell’apparizione del 13 maggio 1917 la "bianca Signora" ribadisce il messaggio dell’angelo in questi termini colloquiali: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze, che lui vorrà inviarvi, in riparazione dei peccati con cui egli è offeso e per impetrare la conversione dei peccatori?». Il 13 luglio la richiesta di Maria si ripete: «Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte, specialmente quando farete qualche sacrificio: "O Gesù, è per vostro amore, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore immacolato di Maria!"». E, dopo la visione dell’inferno, la Madonna aggiunge: «Quando recitate il rosario, dite dopo ogni mistero: "O mio Gesù, perdonateci, liberateci dal fuoco dell’inferno, portate in cielo tutte le anime, specialmente quelle che hanno più bisogno"». Anche nell’apparizione del 13 agosto, «assumendo un aspetto più triste» la bianca Signora disse: «Pregate, pregate molto; e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi si sacrifichi e preghi per loro». Colpisce la preposizione "per" che indica una proiezione verso l’altro, quasi un’uscita da sé per immedesimarsi con l’altro, concretamente con il peccatore, per aprirsi alla salvezza. Che la salvezza dell’altro dipenda dalla mia preghiera e dal mio sacrificio non esclude la libertà dell’uomo, ma introduce nella dimensione comunitaria della salvezza, secondo cui uno influisce sull’altro. L’enciclica Mystici Corporis di Pio XII (1943) si muove nella stessa direzione con parole colme di serietà e di pregnanza spirituale, tanto da sembrare una conferma alle consegne della Madonna a Fatima: «Mistero certamente tremendo, né mai sufficientemente meditato: che cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni, a questo scopo intraprese dalle membra del mistico corpo di Gesù Cristo [...] in collaborazione con il divin Salvatore» (parte I). Nell’apparizione del 13 settembre, la Madonna conferma l’impegno penitenziale dei pastorelli, ma li ammonisce a non esagerare: «Dio è contento dei vostri sacrifici, ma non vuole che dormiate con la corda. Portatela solo durante il giorno». L’invito pressante alla riparazione ritorna nell’apparizione della Vergine con il bambino a Lucia mentre era a Tuy (Spagna) il 10 dicembre 1925. Prima è il bambino a dire alla suora: «Abbi pietà del cuore della tua santissima Madre, che è coperto di spine, che gli uomini ingrati ad ogni istante le conficcano e non c’è nessuno che faccia un atto di riparazione per toglierle». Poi è la Vergine a insistere: «Guarda, figlia mia, il mio cuore circondato di spine che gli uomini ad ogni istante mi conficcano, con bestemmie e ingratitudini. Tu, almeno, cerca di consolarmi, e di’ a tutti quelli che per cinque mesi, nei primi sabati, si confesseranno e riceveranno la santa comunione; reciteranno un rosario e mi faranno quindici minuti di compagnia, meditando i quindici misteri del rosario, allo scopo di darmi sollievo, io prometto di assisterli al momento della morte, con tutte le grazie necessarie alla salvezza di queste anime». È importante il fatto che sia Gesù ad attirare l’attenzione di Lucia su sua madre; qui la riparazione coincide con atti di consolazione e di sollievo. Il 13 giugno 1929, in un’apparizione notturna, in cui fu mostrata a Lucia la Trinità, Maria tra l’altro dice alla suora: «Sono tante le anime che la giustizia di Dio condanna per peccati commessi contro di me, che vengo a chiedere riparazione: sacrificati con questa intenzione e prega».

 

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