Lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi
Data: Sabato 15 Settembre 2018, alle ore 8:42:20
Argomento: Musica


Una ricerca dell'Associazione di Promozione Sociale Octava Aurea. Notizie storiche a margine della grande musica, Perugia 19 marzo 2016.



1. Lo Stabat Mater

Stabat Mater è incipit di una sequenza latina che veniva cantata o recitata durante la Messa dei Sette Dolori della Madonna (Festum Septem Dolorum Beatae Mariae Virginis), il 15 settembre. Si tratta di una delle 5 sequenze rimaste nel Graduale. Serve ancora, nel breviario, come Inno per la memoria dell’Addolorata (15 settembre). Oggi è utilizzata a piacimento, anche se abitualmente è collocata, per tradizione popolare, all’interno della preghiera della Via Crucis.
Furono proposti come autori del testo poetico Giovanni XXII, S. Bernardo, S. Bonaventura, Innocenzo III, Gregorio XI e Gregorio Magno. Tuttavia vi sono basi molto deboli a supporto di queste attribuzioni. Molti manoscritti e molte testimonianze di scritture attribuiscono, in modo molto più convincente, lo Stabat Mater a Jacopone da Todi, che lo avrebbe scritto tra il 1303 e il 1306. Il testo è formato da 20 strofe tristiche (dimeri trocaici, di cui il terzo incompleto; il primo e il secondo rimanti fra loro); esso rievoca il dolore della Madonna presso la Croce. Inizialmente componimento senza una destinazione liturgica specifica, lo Stabat Mater comparve dapprima solo nei libri di preghiere private e solo a partire dal secolo XV nella Messa mariana, sotto forma di melodia gregoriana strutturata in sequenza. Fu abrogato dal Concilio di Trento e poi reintrodotto successivamente nella liturgia nel 1727 da papa Benedetto XIII. Tuttavia, anche durante il periodo di abrogazione, questo testo ebbe notevole risonanza. Fino al 1960, lo Stabat Mater era destinato come inno, anche all’ufficio del venerdì dopo la prima Domenica di Passione (festività analoga a quella del 15 settembre), per il primo vespro (strofe 1-10), il mattutino (strofe 11-14) e le laudi (strofe 15-20).
Ebbe molteplici redazioni e, nella forma a noi nota, fu messo in musica da oltre 400 compositori tra cui i grandi nomi di J. Despres, Palestrina, Lasso, Biber, Astorga, Steffani, Clari, Vivaldi, Alessandro e Domenico Scarlatti, Caldara, Pergolesi, Boccherini, Haydn, Mozart, Winter, Schubert, Rossini, Liszt, Verdi, Dvoøák, Stanford, Perosi, Dohnányi, Szymanowski, Poulenc, Mortari, Thomson, Persichetti, Penderecki, Klebe.

Il testo dello Stabat Mater:

Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.

Cuius ánimam geméntem,
contristátam et doléntem
pertransívit gládius.

O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigéniti!

Quae moerébat et dolébat,
Pia Mater dum videbat
nati poenas ínclyti.

Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si vidéret
in tanto supplício?

Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
doléntem cum Filio?

Pro peccátis suae gentis
vidit Jesum in torméntis
et flagéllis subditum.

Vidit suum dulcem natum
moriéndum desolátum,
dum emísit spíritum.

 

 



La Madre addolorata stava
in lacrime presso la Croce
su cui pendeva il Figlio.

E il suo animo gemente,
contristato e dolente
era trafitto da una spada.

Oh, quanto triste e afflitta
fu la benedetta
Madre dell'Unigenito!

Come si rattristava, si doleva
la Pia Madre vedendo
le pene del celebre Figlio!

Chi non piangerebbe
al vedere la Madre di Cristo
in tanto supplizio?

Chi non si rattristerebbe
al contemplare la pia Madre
dolente accanto al Figlio?

A causa dei peccati del suo popolo
Ella vide Gesù nei tormenti,
sottoposto ai flagelli.

Vide il suo dolce Figlio
che moriva, abbandonato da tutti,
mentre esalava lo spirito.

2. Giovanni Battista Pergolesi e lo Stabat Mater

Musicista metastasiano e geniale inventore di un teatro comico moderno, Giovan Battista Pergolesi nacque a Jesi il 4 gennaio 1710. Nato come Giovanni Battista Draghi, lui stesso si rinominò "Pergolesi" da Pergola, la città natale dei suoi antenati. Esistono ben pochi compositori la cui vita e opera siano così intrecciate con la leggenda come per Pergolesi. Senza dubbio la sua morte prematura ha favorito una visione romantica agli occhi delle generazioni successive. Lo straordinario successo che le sue opere ebbero in tutti i centri musicali dopo la sua morte ha suscitato enorme interesse nel pubblico e fornito il pretesto a musicisti e editori senza scrupoli per attribuire impropriamente al suo nome un’immensa quantità di musica. Fu educato a Napoli, come convittore a pagamento fin da prima del 1725, nel Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo dove si diplomò sotto la guida di Fr. Durante. Probabilmente rimase nell’Istituto fino al 1731, anno a cui risalgono le sue prime opere per così dire ufficiali: La Fenice sul Rogo ovvero La morte di San Giuseppe, oratorio in 2 parti, Li prodigii della divina grazia nella conversione di San Guglielmo duca d’Aquitania, dramma sacro considerato il suo "saggio" finale, e la Messa in re maggiore. Dopo la realizzazione di Salustia (1731-32), prima opera seria, nel settembre del 1732 compone per il Teatro dei Fiorentini la "commedja pe’ mmuseca" Lo frate ‘nnamurato. Nel 1733 va in scena, al Teatro San Bartolomeo, il dramma serio Il prigionier superbo, all’interno del quale lo stesso Pergolesi introduce l’intermezzo in 2 parti La serva padrona (con libretto di G.A.Federico, che già aveva predisposto il testo de Lo frate ‘nnamurato). Il successo dell’intermezzo sarà travolgente, con un successivo lancio in tutta Europa, e sarà l’origine di una delle più pungenti diatribe del settecento (la cosiddetta querelle des bouffons). Tra il 1734 e il 1735, Pergolesi scrive due drammi su libretti di Metastasio, Adriano in Siria e L’Olimpiade. Quest’ultima, preparata per il teatro romano Tor di Nona, sarà successivamente rappresentata anche a Perugia nel Teatro de’ Nobili, detto del Pavone, "Nel Carnevale dell’Anno 1738. Dramma per Musica Dedicato Alle Dame della Medesima Città".
É in questo contesto storico ed artistico, che la "Confraternita di San Luigi di Palazzo sotto il titolo della Vergine dei Dolori" commissiona a Pergolesi nel 1735 lo Stabat Mater, che fu iniziato a Napoli e portato a termine nel Monastero dei Padri Cappuccini a Pozzuoli. Qui, con la protezione del Duca di Maddaloni, discendente dei fondatori del convento, in un’atmosfera benevola in cui si può pensare sia nato lo "Scherzo del Pergolesi con i Cappuccini di Pozzuoli", Venerabilis barba Cappuccinorum per tenore e basso, l’ancora giovanissimo musicista tentò di riprendersi dalla malattia polmonare che già dai primi anni lo aveva colpito: ma la tisi lo condusse alla morte appena ventiseienne. Pergolesi avrebbe terminato la composizione dello Stabat Mater negli ultimi giorni di vita e avrebbe consegnato il manoscritto all’amico Francesco Feo. La leggenda vuole che lo Stabat Mater fosse stato completato e datato lo stesso giorno della morte dell’autore, ma forse si tratta di una delle tante voci non confermate intorno alla vita di Pergolesi. Pergolesi si spense il 17 marzo 1736 di «tabe ettica», cioè di tubercolosi, e fu sepolto nella fossa comune della Cattedrale di Pozzuoli.
La Confraternita di San Luigi di Palazzo aveva già precedentemente commissionato la messa in musica dello Stabat Mater ad Alessandro Scarlatti e chiese a Pergolesi di comporre una nuova versione. Inevitabilmente, lo Stabat Mater di Scarlatti rappresentò un punto di paragone per Pergolesi, il quale si mantenne sostanzialmente fedele, in linea di principio, all'esperienza del predecessore. Nelle due opere, la strumentazione per archi e basso continuo è simile, così come identica è la presenza nelle parti solistiche delle due sole voci di soprano e contralto. Entrambi i compositori suddividono la sequenza in una serie di duetti ed arie solistiche, così come era di prassi nel XVIII secolo: i numeri musicali sono 12 per Pergolesi e ben 18 per Scarlatti. Ciò documenta come la versione pergolesiana sia più breve e più concisa rispetto alla precedente. Ne deriva che il lavoro di Pergolesi appare più compatto, anche se non rinuncia alla struttura tradizionale, che era molto più accentuata nello Stabat Mater precedente. Cionondimeno le concezioni armoniche e melodiche risultano innovative ed al passo con le tendenze della musica di scuola napoletana ed europea. In effetti, può essere stata proprio questa la ragione che spinse la Confraternita a sostituire il lavoro di Alessandro Scarlatti: una composizione più moderna e alla moda.
Il Dizionario della Musica e dei Musicisti commenta che "l’interpretazione pergolesiana è spoglia di qualsiasi complicazione: attraverso un linguaggio formatosi in 7 anni di attività, Pergolesi indaga in termini lucidamente razionali i vari momenti psicologici espressi dal testo e articola la composizione tralasciando di seguire precisamente l’andamento strofico, come parrebbe all’inizio. Le parti vocali e la scrittura orchestrale puntano alla comprensione della parola latina, ripetuta, accennata, declamata a seconda dell’espressività richiesta, evitandone l’esasperazione drammatica. Il risultato è una emotività composta e contenuta, poiché il fine è quello di stemperare attraverso la vena elegiaca delle melodie il senso tragico della morte, di trasformare la disperazione in dolente rassegnazione. I presupposti che motivano tale risultato non sono certo lontani dalla concezione dell’arte e della vita nell’epoca di Metastasio, nella sua connotazione meno artificiosa e maggiormente razionale"1.
Non vi è dubbio che lo Stabat Mater sia l’opera sacra più conosciuta di Pergolesi. Grazie ad esecuzioni frequentissime e a numerose copie manoscritte, edizioni a stampa, parodie e revisioni, si diffuse rapidamente in tutta Europa. Nel 1739 Charles de Brosses, presidente del Parlamento di Borgogna e appassionato di musica, elogiava il miracoloso connubio di "spontaneità", "grazia" e "gusto" e "la più profonda scienza dell'armonia". Lo Stabat Mater di Pergolesi fu una delle poche pagine del Settecento che rimase sempre in repertorio e con la quale tutti i compositori successivi furono obbligati a confrontarsi.
Solo pochi anno dopo la sua creazione, una copia della partitura si trovava già nella biblioteca musicale di Bach, il che attesta il successo del brano, ma anche la permeabilità degli ambienti musicali europei e l'estrema rapidità e attenzione con cui il maestro di Lipsia seguiva la produzione italiana. Proprio per questo grande interesse per l’opera di Pergolesi, tra il 1745 e il 1747 Bach decise di utilizzarne la musica adattandola a un testo, Tilge, Höchster, meine Sünden, che si fece scrivere appositamente (e con la partitura di Pergolesi in mano) da un ignoto collaboratore: un'abile parafrasi della traduzione tedesca di Lutero del Salmo 51 (ossia il Miserere). Questa parodia di Bach non deve essere interpretata in modo dispregiativo o derisorio: nel Barocco l'utilizzo della parodia era prassi consueta e indicava solo il riutilizzo di musiche precedentemente composte (anche di altri autori) e riadattate a nuovi testi. Non vi era nulla di scandaloso ed era un procedimento assai diffuso che portava onore sia al copiante sia al copiato (Bach attingeva generosamente dal proprio catalogo, adattando note sacre a un testo profano e viceversa e lo stesso fecero ad esempio Mozart e Beethoven).
Per molti lo Stabat Mater di riferimento fu quello di Pergolesi: Vincenzo Bellini al pianoforte usava ripetere che non poteva suonare lo Stabat Mater pergolesiano senza piangere. Lo stesso Rossini, giunto ormai nei suoi anni della maturità, meditò a lungo prima di scrivere il suo, perché riteneva l'opera di Pergolesi sublime ed irraggiungibile. Per approfondire le basi dell’enorme successo e della modernità dell’opera è stato commentato che "le innovazioni nel campo della musica sacra […] trovano una unitaria compostezza nello Stabat Mater di Pergolesi: ciò avviene da un punto di vista stilistico grazie all'approdo ad una prospettiva più squisitamente sentimentale (Teoria degli affetti), incentrata sul pathos del testo sacro e, da un punto di vista tecnico-compositivo, grazie all'alleggerimento degli austeri toni presenti nella versione scarlattiana. Ciò non implica un completo abbandono delle forme tipiche della tradizione sacra - presente per esempio nei richiami arcaicizzanti di alcuni passaggi del "Fac, ut ardeat cor meum" - ma esse si compendiano in un perfetto bilanciamento con i drammatici trilli del "Cujus animam gementem" o nell'interpretazione dei toni dell'anima con il "Fac me vere tecum flere". Tali caratteristiche, fanno di questo lavoro uno dei più importanti esempi della musica italiana del '700"
2.

3 Struttura musicale dello Stabat Mater di G. B. Pergolesi

1. Duetto "Stabat Mater dolorosa"
2. Aria per soprano "Cuius animam gementem"
3. Duetto "O quam tristis et afflicta"
4. Aria per contralto "Quae moerebat et dolebat"
5. Duetto "Quis est homo, qui non fleret"
6. Aria per soprano "Vidit suum dulcem natum"
7. Aria per contralto "Eja, Mater, fons amoris"
8. Duetto "Fac, ut ardeat cor meum"
9. Duetto "Sancta Mater, istud agas"
10. Aria per contralto "Fac, ut portem Christi mortem"
11. Duetto "Inflammatus et accensus"
12. Duetto "Quando corpus morietur"


Fonti
1 Dizionario della Musica e dei Musicisti, ed. UTET, Torino, 2005;
2 https://it.wikipedia.org/wiki/Stabat_Mater_(Pergolesi);
3 Gli studi di Barry S. Brook - The Pergolesi Hand: A Calligraphic Study (scritto insieme a Marvin Paymer), in "Notes" XXVIII/3 (March 1982), 550-578, traduzione in italiano La mano di Pergolesi: Studio calligrafico, in "Nuova rivista musicale italiana" XXIII/4 (1989), 487-514, confermerebbero che il Pergolesi, alla fine dello Stabat Mater, scrisse Finis laus Deo, che qualcuno ha interpretato come ringraziamento a Dio da parte dell’autore di essere riuscito a completare l’opera prima di morire.







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