La devozione alla Vergine Addolorata
Data: Sabato 15 Settembre 2018, alle ore 9:54:50
Argomento: Devozione


Una meditazione del mariologo Antonino Grasso



 1. Le origini della devozione all’Addolorata

La devozione a Maria come Addolorata, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell'XI secolo. Da quando un ignoto scrisse un’opera intitolata "Libro della Passione di Cristo e del dolore e pianto di sua Madre", iniziò una vastissima produzione letteraria in varie lingue sul Pianto della Vergine. Testimonianza di questa devozione è il famoso Stabat Mater, attribuito a Jacopone da Todi.
Nel 1233 sorse a Firenze l'Ordine dei Servi di Maria, che si distinse nei secoli per l'intensa venerazione e la diffusione del culto dell'Addolorata. Verso la fine dello stesso secolo apparvero le prime immagini dell’Addolorata ai piedi della croce, con il petto trafitto da una spada.
Nel XV secolo cominciarono le prime celebrazioni liturgiche della compassione di Maria.
Nel Concilio di Colonia del 1423, fu istituita la prima commemorazione liturgica tenuta il terzo sabato dopo la Pasqua.
Il 9 giugno 1668 la Sacra Congregazione dei Riti permise all'Ordine dei Servi di Maria di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, ricordando nel decreto che i Frati di questo Ordine portavano l'abito nero anche in memoria dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.
Il 9 agosto 1692 papa Innocenzo XII autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.
Il 18 agosto 1714 la Congregazione dei Riti approvò la celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì precedente la domenica delle Palme.
Papa Pio VII, in ringraziamento per la liberazione dalla prigionia francese, il 18 settembre 1814 estese la festa liturgica a tutta la Chiesa.
Nel 1913 papa Pio X fissò definitivamente la data della festa al 15 settembre, il giorno seguente la celebrazione dell'Esaltazione della Santa Croce, con il titolo di “Beata Vergine Maria Addolorata”.
Nella riforma del Messale Romano di Paolo VI del 1969, la celebrazione viene confermata con lo stesso titolo e come “Memoria” liturgica.

2. Perché si parla dei “Sette dolori” di Maria

Sono i sette eventi della vita di Maria, in cui più espressamente è evidente il dolore che essi le hanno causato e che vengono anche commemorati e meditati, nel pio esercizio della Via Matris, sul modello della Via Crucis.
Primo Dolore: La Profezia del Vecchio Simeone: considera lo strazio del cuore provato dalla giovane Madre di Gesù all'udire le terribili parole, con cui le veniva data un'intuizione profonda delle sofferenze che le sarebbero toccate accanto a Lui, nel compimento della nostra redenzione;
Secondo Dolore: La Fuga in Egitto: considera il dolore che provò la Vergine nel dover fuggire per salvare la vita al suo Bambino, nel lasciare casa e patria, parenti e amici, per attraversare il deserto e stabilirsi in un paese straniero;
Terzo Dolore: Lo Smarrimento di Gesù nel Tempio: considera la grande ansietà della Madre che non sapeva dove era suo Figlio, né il motivo per cui si era assentato, né se era in pericolo la sua vita;
Quarto dolore: l'incontro della Madre con il Figlio sulla via del Calvario: Considera come la Madre seguì l’amato Gesù, nel suo andare verso la crocifissione, vedendolo indebolito dalle ferite della flagellazione, gravato dal peso dalla croce e tormentato dalla corona di spine;
Quinto Dolore: Maria assiste alla Morte di Gesù: Considera come Maria, con immane sofferenza e con gli occhi annebbiati di pianto, guardava suo Figlio che veniva inchiodato sulla croce e vedeva lentamente spegnersi quella giovane vita che aveva avuto inizio nel suo grembo verginale;
Sesto Dolore: Trafittura del Cuore e Deposizione di Gesù dalla Croce: Considera come alla Madre, già desolata per la sua morte, veniva anche inflitta la pena di vedere il cuore del Figlio trafitto da una lancia e poi, dopo la deposizione dalla croce, di contemplare da vicino tutte le ferite del suo corpo straziato;
Settimo Dolore: La Sepoltura di Gesù: Considera la grande desolazione di Maria nel dare l’ultimo addio al Figlio, che veniva rinchiuso nel buio del sepolcro.

3. Cosa ci insegna oggi l’Addolorata

L’Addolorata, anzitutto, ci aiuta a riscoprire il valore salvifico della sofferenza, soprattutto quando la sua drammatica ombra si allunga sopra le nostre giornate. Ella, infatti, ci invita a portare il peso delle nostre tribolazioni, con la serenità di chi sa di essere amato da Dio, e se ci sfiora il pensiero di non farcela più e ci avvolge la disperazione, ci insegna che non dobbiamo perdere mai la fiducia nell’azione potente e guaritrice dello Spirito Santo, e che le nostre lacrime, anche le più amare, devono essere sempre accompagnate dalla speranza e dalla fiducia nella resurrezione!
L’evangelista Giovanni, poi, scrive che Maria “stava presso” la croce di Gesù: stava, un verbo che evoca la capacità di resistenza, di stabilità, di saper “rimanere” nelle situazioni difficili; presso, in un significato di dignitosa forza e amorosa vicinanza al Figlio che soffriva. Da qui scaturisce l’ermeneutica materna di un modo di vivere, solidamente fondato sui valori dell’accoglienza e del “prendersi cura dell’altro”, per la costruzione di una nuova “civiltà dell’amore”, che è vicinanza, ascolto, accoglienza, e, cioè, uno “stare presso”. Lo “stare presso” dell’Addolorata, infatti, è come una coscienza critica di fronte ai mali, ai disagi e alle sofferenze del mondo, che interpella gli uomini e le donne di oggi. L’Addolorata ci invita, a farci carico dei nostri fratelli sofferenti, perché abbiano consolazione; ci invita ad aprire il nostro cuore alla solidarietà, perché nessuna famiglia sia lasciata sola nel dolore; ad aprire gli occhi, per vedere le sofferenze nascoste dei fratelli; ad aprire le orecchie, perché sappiamo ascoltare il grido silenzioso dei disperati; ad aprire la bocca, perché sappiamo pronunciare parole d’amore; ad aprire le mani, perché sappiamo compiere gesti di reale carità.
Anche noi, insomma, come l’Addolorata, che proprio nel momento drammatico del suo stare presso Gesù morente, accoglie Giovanni come figlio, dobbiamo avere verso coloro che soffrono, veri atteggiamenti di tenerezza, di accoglienza, di comprensione, di bontà e di amore solidale.

 

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