Un articolo di P. Gilberto Silvestri.
1. DIFFICILE RICERCA
Cercare testi mariani in Luzi, è stata un’avventura! Pensavo che, essendo egli un poeta cattolico, avesse scritto delle poesie sulla Madonna. Così mi sono messo alla ricerca in quell’oceano informatico che è “Internet”. Risultato: un solo titolo relativo a Maria santissima: Annunciazione. Ma è stata una delusione: la Vergine Maria non viene nemmeno nominata; ragion per cui tralascio sia il testo che il commento. Allora cosa ho fatto? Ho acquistato la raccolta integrale delle poesie di Luzi, pubblicata da Garzanti: due volumi intitolati Le poesie, più un terzo dal titolo: Poesie ultime e ritrovate, per un totale di 1750 pagine. Ho cominciato a sfogliare le pagine e, finalmente, qualcosa ho trovato: si tratta di testi brevi che, nonostante il carattere “ermetico” che ne rende difficile la comprensione, hanno però il valore di altrettante perle sparse qua e là.
2. SETTANT’ANNI DI POESIA
Mario Luzi, nato il provincia di Firenze nel 1914, trascorse quasi tutta la vita in questa città, dove morì nel 2005. Pochi mesi prima era stato nominato senatore a vita dal Presidente Carlo Amelio Ciampi. Alla sua memoria, nella chiesa di S. Maria della Croce è stata posta una lapide accanto alle spoglie dei grandi Michelangelo Buonarroti, Vittorio Alfieri, Galileo Galilei e al cenotafio di Dante Alighieri. Nel corso della sua lunga vita ha scritto numerosi saggi, traduzioni, testi teatrali e ha pubblicato una ventina di raccolte di poesie, che vanno da La barca del 1935 alle poesie composte negli ultimi anni di vita: sono 70 anni di attività artistica e letteraria, che gli ha meritato diversi premi e onorificenze. Ma il più importante riconoscimento pubblico della sua grandezza fu quando il Papa Giovanni Paolo II gli affidò l’incarico di scrivere i testi di meditazione della Via Crucis al Colosseo del Venerdì Santo 1999. Fu allora che Mario Luzi venne conosciuto in tutto il mondo.
3. PERLE MARIANE
La prima “perla mariana” di Luzi la troviamo nella sua prima raccolta poetica intitolata La Barca del 1935. La barca è un’allegoria della vita, intesa come navigazione o viaggio dalla foce alla sorgente, alla ricerca di un senso, di un destino. Nella poesia intitolata Primavera degli orfani il poeta chiede alla madre terra (“Anima dei verdi displuvi”), muta spettatrice delle vicende umane, di intercedere perché la Vergine guardi con amore gli orfani (così numerosi in quel tempo):
Volgi gli occhi della Vergine sul cuore
dei fanciulli soli,
stendi le sue vesti celesti
sulla loro nudità…
Ed ecco che il viso materno di Maria “palpita per loro” e la sua presenza li conforta:
… Alto e sconosciuto
viso di mamma palpita per loro
nell’oro di cui splende il suo sorriso
ed è presente nelle veglie gelide
senza fuoco senza voce,
ove con le disperazioni antiche scorre
verso una foce oscura il tempo…
Poco più avanti, nella poesia Alla vita, la Vergine Maria è sentita come una presenza materna che si avvicina ai morenti, raccoglie i dolori di ogni uomo e suscita speranza nelle ragazze che guardano verso l’avvenire:
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che procede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d’aspettare l’avvenire.
Facendo un balzo avanti nel tempo, incontriamo ancora Maria Santissima nel Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini, del 1994. Questa raccolta di 136 poesie s’ispira allo stupendo affresco di Simone Martini, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena, che raffigura la Madonna in trono col Bambino, circondata da Angeli e Santi. Nella poesia Un attimo il pittore, nel momento dell’ispirazione, si rivolge alla Madonna con queste parole:
… In quell’attimo
- oro e lapislazzulo -
aiutami, Maria, t’inciderò
per la tua gloria,
per la gloria del cielo. Così sia.
Il dialogo filiale del pittore con Maria continua nei versi seguenti, passando dalla preghiera (“Rimani dove sei, ti prego…“) alla riflessione sulla sua misteriosa bellezza (“Era paradiso, già?...”).
Passiamo ora a esaminare la famosa Via Crucis, scritta nel 1999. Come dice nella presentazione lo stesso Mario Luzi, le meditazioni sono un “ininterrotto monologo” di Gesù con il Padre, al quale egli “confida la sua angoscia e i suoi pensieri dibattuti tra il divino e l’umano, la sua afflizione e la sua soprannaturale certezza”. Nella Via Crucis luziana composta, come vuole la tradizione, di 14 stazioni, manca inspiegabilmente l’incontro di Gesù con la sua afflitta Madre; ma troviamo ugualmente passi in cui si parla di Maria, come questo:
Perché mia madre mi segue e non si allontana?
Così strazia il suo cuore
e il mio non regge al suo martirio.
Perché non le ritornano alla mente
le parole di Simeone?...
Eravamo nel tempio in uno dei miei primi giorni.
Questo è l’ultimo, il più catastrofico di tutti…
(V stazione)
Un altro accenno a Maria si trova nella stazione successiva, nella quale Gesù incontra le donne di Gerusalemme. Così Gesù sfoga con il Padre il suo dolore:
Più che la morte è la via per arrivarvi,
la via crucis, che mi dà angoscia,
perché è dolorosa e aspra nelle carni
e spezza il cuore di Maria, mia madre,
perché infame e odiosa
è la ressa di questi uomini e donne
aizzati contro di me.
Più avanti, nella XI stazione, Gesù raccomanda al Padre coloro che lo amano, prima fra tutti Maria:
Ci sono anime innocenti,
creature pietose che si angosciano,
non si danno pace. E questi, ti prego, proteggili.
Tra loro c’è mia madre…
Ma il punto più bello, secondo me, di questa Via crucis è quando Gesù, inchiodato sulla croce, manifesta al Padre il suo affetto per l’uomo e per la terra da lui abitata:
Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile ed esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare…
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali…
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore.
Parole così toccanti, così umane e profonde, è raro trovarle nei poeti del passato e del presente. In tutte le sue poesie, Luzi canta la vita, anche quando fa soffrire, perché crede nella vita scaturita dal sepolcro, dal quale Cristo è risorto.
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