Come Maria, i credenti stanno presso la croce
Data: Giovedi 31 Ottobre 2019, alle ore 9:47:19
Argomento: Spiritualitą


Omelia nella Santa Messa a Lourdes dell'Arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini, del 14 settembre 2018.



Stavano presso la croce…

Prima o poi stanno tutti presso la croce. Vi stanno gli arrabbiati, il dolore esaspera, la vita sembra una punizione, la sofferenza inflitta dagli uomini, dagli eventi, dalla vita fa arrabbiare, fa bestemmiare, come il ladrone crocifisso con Gesù, come molti sui letti degli ospedali, come molti nelle situazioni di sofferenza, oppressione, ingiustizia. Stanno presso la croce gli indifferenti, quelli che passano, guardano e tirano diritto. È uno spettacolo poco interessante. Non si sentono coinvolti. Loro stanno bene. Se ci sono condannati a soffrire, che cosa possono farci? Stanno presso la croce i beffardi. Quelli che trovano motivo per insultare i condannati a morte. Quelli che guardano e scuotono il capo: «Ha salvato gli altri. Non può salvare se stesso». I beffardi si prendono gioco dei vinti. Trovano motivi per scaricare la loro aggressività, il loro disprezzo, il loro scherno: se è in croce, qualche cosa deve aver fatto…

Anche i credenti stanno presso la croce

Nel dramma della condanna a morte, stavano presso la croce anche i credenti. Maria, la madre, Giovanni il discepolo amato. I credenti stanno presso la croce come gente che ascolta. Il momento è tragico e la sconfitta, l’abbandono è desolante. Eppure loro ascoltano. Gesù è allo stremo, tutto va verso una conclusione fallimentare. Eppure loro ascoltano. Gli altri fanno rumore, insultano, gridano, bestemmiano, ridono. Eppure loro ascoltano. Ecco come sono i credenti: sono quelli che ascoltano. Stavano presso la croce, non per condannare gli autori del crimine, ma per ascoltare ancora Gesù. Stavano presso la croce, non per piangere un condannato a morte, non per farsi coraggio a vicenda con patetiche consolazioni e non per condividere la rassegnazione all’inevitabile e all’irrimediabile, ma per ascoltare. I credenti che stanno presso la croce professano quindi la certezza che da quel morire viene ancora una parola, che da quel soffrire viene ancora una consolazione, che da quel finire viene ancora un inizio: "e da quell’ora il discepolo l’accolse con sé".

Il principio di una nuova comunità

Da quel soffrire nasce la Chiesa, la nuova comunità. Non secondo la carne e il sangue, ma in obbedienza alla parola di Gesù, in attuazione del suo testamento. Come sarà questa nuova comunità? È la comunità che dei due fa un popolo solo. Maria rappresenta la figlia di Sion, il popolo di Israele, Giovanni rappresenta la comunità dei discepoli, un nuovo inizio. Ma Giovanni prende con sé Maria. La Chiesa vive dell’eredità di Israele. È la comunità che è mandata per portare il lieto annuncio ai miseri, fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà agli schiavi, promulgare l’anno di misericordia del Signore. È la comunità che sperimenta che la croce non è una obiezione all’amore di Dio, ma una via per impararlo: imparò l’obbedienza dalle cose che patì.
Ci sono uomini e donne che percorrono la terra per annunciare che non siamo morti o condannati a morte, ma figli amati, chiamati alla vita. E questi uomini e donne di fede invitano i fratelli ad alzare lo sguardo a colui che è stato innalzato perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. La fraternità che rende possibile il pellegrinaggio non è un modesto, commovente, gesto di sollievo, non è una parentesi che distrae da una vita troppo noiosa, troppo triste, troppo tragica. È, invece, l’invito ad alzare lo sguardo, a riconoscere in Gesù il principio di vita eterna, a ricevere la rivelazione che questa terra non è una terra piena di morti e di condannati a morte, ma un sentiero che il popolo in cammino percorre nella pazienza dei giorni, nelle tribolazioni ordinarie, nelle domande inquietanti, nelle rivelazioni beatificanti, nelle feste e nei lutti, il cammino verso la vita eterna promessa.







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