Dal libro di Ermanno Toniolo, Raggi di luce. Per una vita vissuta con Maria nella Chiesa, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2013, pp. 157 - 171.
I. OFFRIRE A DIO CON MARIA
1. Offrire a Dio
“Offrire a Dio”, dal quale tutti tutto riceviamo, è atto primordiale della storia umana e della vita: offrirgli le “primizie” è riconoscimento della sua signoria sul creato, in tutte le religioni: in Israele lo ricordava la tavola della proposizione dei pani nel tempio e l’offerta delle primizie dei raccolti e dei primogeniti dell’uomo e degli animali. “Offrire a Dio” vittime scelte in sacrificio di onore o in espiazione dei peccati è ugual mente comune a tutte le religioni. In Israele era ed è ancora solenne il grande giorno dell’espiazione, nel quale col sangue delle vittime offerte in sacrificio venivano espiati i peccati del popolo e purificati i luoghi e gli oggetti sacri. Anche se – rileva la Lettera agli Ebrei – «è impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati» (Eb 10, 4). Lo Spirito Santo ha ben presto insegnato a Israele che offerta e sacrificio a Dio gradito, più che il sangue di animali, è il cuore stesso dell’uomo: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi » (Sal 51, 19); e Azaria nella fornace in Babilonia pregava: «Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito» (Dn 3, 39-40). Per questo il Figlio Unigenito, entrando nel mondo, facendo sue le parole del salmo, dice al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà"» (Eb 10, 5-7). Per questo il Padre, nel suo misericordioso amore, ha inviato nel mondo il suo Figlio come «vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2, 2; 4, 10). Così, «tutta la vita di Cristo è offerta al Padre» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 606), in ubbidienza alla sua volontà: offerta libera che lo portò a donare volontariamente se stesso sulla croce per la vita di tutti; e di questa volontaria offerta di sé al Padre l’Eucaristia è il memoriale perenne.
2. Maria
Offrire presuppone che qualcuno abbia qualche cosa di suo da offrire: non si offrono cose non proprie. Ora, noi offriamo ciò che abbiamo ricevuto da Dio come cosa nostra. Il primo dono fondamentale che egli ci ha dato è la vita. La vita infatti in tanto è nostra, in quanto egli ce l’ha donata perché sia nostra, riservandosi tuttavia il diritto divino di proprietà: per cui tutti dobbiamo rendere conto a lui di come la viviamo o l’abbiamo vissuta. Maria, tutta bella e pura, senza macchia alcuna di peccato, e piena della grazia dello Spirito Santo fin dal primo istante del concepimento, degna quindi di offrirsi a Dio come oblazione a lui gradita, si offrì “vergine” a Dio fin dai primi battiti della sua esistenza, per essere tutta e soltanto sua, secondo i suoi divini disegni. Vita, preghiera, fiamme d’amore, pur nella semplicità della sua quotidianità di vita, salirono al trono di Dio e ne trassero sulla terra il Figlio Redentore. Ma quando vestì delle sue carni immacolate e del suo sangue purissimo il Verbo disceso in lei e fatto carne da lei per opera dello Spirito Santo, Maria divenne la prima offerente, in assoluto, al Padre del Figlio incarnato, Figlio comune del Padre e della Madre. Ma con quale verginale trepido amore, con quale profonda inimitabile adorazione, con quale audacia filiale per impetrare sul mondo ogni dono di luce e di vita, in Cristo, ella divenne “offertorio vivente” del Salvatore per il mondo da salvare!Vergine offerente non solo al momento della presentazione al tempio di Gesù, ma in ogni istante dei lunghi anni trascorsi con lui, sul ritmo del suo cuore verginale, lo offriva; e con lui, umile, offriva anche se stessa al Padre, fino alla grande Offerta del Calvario, dove per compiere la volontà divina unì tutta se stessa all’Oblazione cruenta del Figlio Redentore. E continua a offrirlo, per tutti, nascosto e presente su ogni altare della terra.
2. Noi “come” Maria e “con” Maria
Offrire innanzitutto noi stessi, “come” Maria e “con” Maria, implorando dapprima di essere purificati dalle tante macchie che ci imbrattano, per diventare offerta monda, a Dio gradita, nello Spirito Santo, come invochiamo nella terza Prece eucaristica: «Lo Spirito Santo faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito». Poiché, specialmente durante la celebrazione eucaristica, tutti – ministri e fedeli – sono chiamati a rendere grazie a Dio e ad offrire non solo l’ostia immacolata, ma anche se stessi a Dio (SC 48). Tutti infatti, secondo la diversità del dono, sono consacrati dallo Spirito “sacerdoti” del Dio Altissimo per la salvezza del mondo.
a) Offrire la giornata
Dopo il sonno della notte, quando si aprono gli occhi al nuovo giorno, dovremmo imitare gli uccelli che cantano a piena gola le lodi del loro Creatore, e lo benedicono con i loro voli e canti armoniosi: un ringraziamento che si tramuta subito in offerta: l’offerta del nuovo giorno a Colui che ce lo dona: poiché ogni giorno della vita è un dono, e ogni nuovo giorno è un dono nuovo che si aggiunge a una ininterrotta catena di doni che il Signore ci dona. Ogni mamma insegna al suo bambino a “dir grazie” a chi offre un dono. Così Maria ci insegna a iniziare la nostra giornata rivolgendo la mente grata al Datore di ogni dono, e offrendoGli nelle sue mani materne tutte le azioni che formeranno il tessuto del giorno che si apre. La Chiesa inoltre ci insegna a convalidare il nostro ringraziamento con un atto di fede, di speranza e di carità. Ma per meglio ringraziare il Signore, e offrirGli meno indegnamente la nostra giornata e quella di tutti gli uomini che sono sulla terra e che Egli ama, è così bello e a Dio gradito che poniamo tutto e tutti nel Cuore della Madre benedetta, e con i suoi sentimenti filiali e materni doniamo al Datore il dono che ci fa. Possiamo così iniziare la giornata con questo atto di offerta: «Padre che sei nei cieli, per Gesù Cristo tuo Figlio nello Spirito Santo ti adoro, ti amo, e ti ringrazio per il dono di questo nuovo giorno. Nelle mani immacolate di Maria, nostra Madre, ti offro le intenzioni, le azioni, le sofferenze mie e di tutti i tuoi figli sulla terra. Fa’ che siano conformi alla tua volontà, a gloria del tuo nome, per la salvezza del mondo. Amen».
b) Durante la giornata
Durante la giornata poi non mancherà il modo di offrire, di volta in volta, le azioni che compiamo secondo la volontà di Dio e ciascuno secondo la condizione e la situazione che è chiamato quotidianamente a vivere, in casa, in cammino, sul lavoro, dovunque la provvidenza divina ci chieda di essere; e offrire in modo speciale le cose moleste che ci affliggono, o nel corpo o nel cuore o nella convivenza umana. E offrirle non solo per noi, ma per tutti, cominciando dai più cari e vicini a noi, per allargare l’orizzonte a tanti altri fratelli e sorelle del mondo che formano con noi la famiglia umana; e anche per coloro che hanno già lasciato la terra per l’eternità, e forse attendono proprio da noi – nelle mani di Maria che è pure loro Madre e dispensatrice di tutte le grazie – un nostro pensiero, una preghiera, l’offerta di un piccolo ma validissimo sacrificio. Così ci esorta a fare il papa Benedetto XVI, nella sua enciclica sulla speranza cristiana Spe salvi (n. 40): «Vorrei aggiungere ancora una piccola annotazione non del tutto irrilevante per le vicende di ogni giorno. Faceva parte di una forma di devozione, oggi forse meno praticata, ma non molto tempo fa ancora assai diffusa, il pensiero di poter “offrire” le piccole fatiche del quotidiano, che ci colpiscono sempre di nuovo come punzecchiature più o meno fastidiose, conferendo così ad esse un senso... Queste persone erano convinte di poter inserire nel grande com-patire di Cristo le loro piccole fatiche, che entravano così a far parte in qualche modo del tesoro di compassione di cui il genere umano ha bisogno. In questa maniera anche le piccole seccature del quotidiano potrebbero acquistare un senso e contribuire all’economia del bene, dell’amore tra gli uomini. Forse dovremmo davvero chiederci se una tale cosa non potrebbe ridiventare una prospettiva sensata anche per noi». Del resto, il Concilio ci insegna: «I laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti per produrre frutti dello Spirito sempre più abbondanti. Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2, 5)» (LG 34).
c) Offrire le bontà e le sofferenze della terra
In questo contesto “oblativo” potremmo includere anche l’offerta delle fatiche e delle sofferenze di tanti altri nostri fratelli e sorelle – io penso con ammirazione a un medico che presso il letto dei suoi malati funge anche da “sacerdote” oltre che da medico – e diventare così con Maria nella Chiesa offerenti di Cristo, che ancora soffre nelle sue membra. Raccogliere dunque tutte le bontà che gli uomini esprimono ogni giorno, sapendo che il mistero pasquale di Cristo raggiunge ogni uomo, e che nessuna bontà nasce soltanto dall’uomo, se prima non è ispirata da Dio. Non c’è uomo al mondo che sia tanto cattivo, così immerso nelle tenebre del male, che in lui non permangano almeno dei riflessi della luce divina, che ci ha creati a sua immagine. Raccogliere tutto, come Gesù disse agli apostoli dopo la prodigiosa moltiplicazione dei pani: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto» (Gv 6, 12), e farne ceste da presentare al Signore, nelle mani della Madre di tutti gli uomini.
d) Offrire “con Maria” Gesù al Padre
Se davanti a Dio, che ci ama come Padre d’immensa misericordia, ha tanto valore anche il dono così piccolo e quasi insignificante di ogni azione dei suoi figli, quale valore non acquisterà ai suoi occhi l’offerta che il suo Figlio compì per tutta la sua esistenza sulla terra fino al sacrificio supremo della Croce, e che lasciò come memoriale e dono alla sua Chiesa? Offrire Gesù nel sacrificio eucaristico; offrire Gesù presente come vittima su ogni altare e in ogni tabernacolo della terra! Ora, è proprio “con” Maria che noi dobbiamo compiere l’offerta del Figlio di Dio al Padre. È infatti suo quel Figlio; ella lo può e lo deve incessantemente offrire – con diritto di Madre – al Padre per tutti, poiché per tutti lo ha accolto quando discese dal cielo e per tutti lo ha offerto dal primo istante del suo concepimento a quando morto lo strinse tra le braccia, per donarne al mondo – nel sangue versato e nelle sue stesse lacrime di Madre – il prezzo della riconciliazione e del perdono. Così, passando accanto a una chiesa o a un luogo santo dov’Egli è realmente presente nel tabernacolo, ognuno si dovrebbe abituare ad adorarne la nascosta presenza, e – quasi prolungando la celebrazione eucaristica – ad offrirlo con Maria al Padre per la salvezza di tutti.
II. SOFFRIRE CON MARIA
1. Valore della sofferenza
Se ogni nostra azione, ispirata dallo Spirito Santo che abita in noi dal momento del nostro battesimo, ha un valore da offrire, in Cristo, al Padre per tutti, la sofferenza in questo ha una singolarità sua propria. Infatti è con la sua passione e morte che Gesù ha redento il mondo, e con la sua compassione e col suo dolore la Vergine è diventata sua generosa socia nell’opera della salvezza. Ogni sofferenza – fisica, morale, spirituale – è entrata nel mondo a causa del peccato. Per questo lo stesso Figlio di Dio, Agnello che toglie il peccato del mondo, è diventato l’uomo del dolore, descritto da Isaia (Is 52-53), sul quale Dio ha fatto gravare il peccato e i dolori dell’umanità. Perciò in lui e nella sua volontaria passione e morte ogni dolore è stato redento ed è diventato partecipazione alla sua passione redentrice. Così il «vangelo della sofferenza», che avvolge la terra, crea misteriosi legami con Colui che Dio ha fatto “peccato” per tutti, per donare a tutti misericordia. «Conveniva infatti che Dio – per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria – rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza» (Eb 2, 10).
2. Maria
Maria è la “donna del dolore”: un dolore silenzioso, profondo, a volte straziante – come nello smarrimento di Gesù al tempio e nel suo sabato santo – consumato in ubbidienza alla volontà del Padre con Cristo, unito al suo umano e divino dolore, riverbero delle sue sofferenze indicibili, “com-passione” con la sua passione: accettato sempre per nostro amore. Accanto al Figlio crocifisso «stette, con-soffrì acerbamente con lui» (LG 58). La sua vita sulla terra – almeno dal giorno della Presentazione al tempio di Gesù – fu un continuato martirio, non del corpo, ma del cuore e dello spirito: «Anche a te una spada ti trafiggerà l’anima» (Lc 2, 35). «Nessuno ha sperimentato, al pari della Madre del Crocifisso, il mistero della croce, lo sconvolgente incontro della trascendente giustizia divina con l’amore... Nessuno al pari di lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo “fiat”» (Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, n. 9).
2. Noi “come” Maria e “con” Maria
«Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6, 14), diceva san Paolo; e aggiungeva: «Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24). Non è facile accettare la sofferenza, sia del corpo che del cuore: altra cosa è dire, altra cosa è soffrire. Ma proprio il Signore e la Madre sua addolorata danno “senso” al dolore, che rimane comunque un mistero e si svela a ciascuno, di volta in volta, in modo irripetibile. Dobbiamo comunque tener fermo nella mente che nulla avviene senza un disegno di Dio e che ogni sofferenza, unendoci arcanamente a Cristo sofferente, ha un “senso profondo” e ci fa partecipi con lui e in lui della redenzione dell’umanità. Come Maria, tanti santi hanno abbracciato le sofferenze anche più atroci per cooperare al disegno del Padre, che vuole tutti salvi nel sangue del Figlio, e imitare la sua passione: «Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2, 21). Soffrire “per gli altri”, imitando Gesù e la Vergine, è un segno di speranza e un incoraggiamento per affrontare – ubbidienti e silenziosi come Maria – i dolori che la volontà di Dio ci prepara, fino al supremo dolore della morte. «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» (Mt 26, 39). Ed è conforto per un credente sapere che nulla va perduto, che non è inutile la sofferenza, anzi, che con essa possiamo compiere l’atto di offerta più valido per tante e tante persone a noi note o sconosciute, e collaborare “con Maria” alla salvezza del mondo. Ci rassicurano le parole del papa Benedetto XVI, nell’enciclica Spe salvi (n. 39): «Soffrire con l’altro, per gli altri... L’uomo ha per Dio un valore così grande da essersi Egli stesso fatto uomo per poter com-patire con l’uomo, in modo molto reale, in carne e sangue, come ci viene dimostrato nel racconto della Passione di Gesù. Da lì in ogni sofferenza umana è entrato uno che condivide la sofferenza e la sopportazione; da lì si diffonde in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio e così sorge la stella della speranza». E Gesù stesso, confermando dopo la risurrezione i discepoli di Emmaus nella fede, afferma di sé: «Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, 26-27).
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