con particolare riferimento al cenacolo di Gerusalemme. Dal libro di Antonio Fallico, L'irresistibile fascino dell'educatrice di Nazaret, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 140-153.
La missione, figlia della comunione e come la comunione, è dono di Dio. E in quanto dono, prima di intraprenderla occorre chiederla, pregarla, invocarla come grazia, perché sia il più possibile fedele alla stessa comunione vissuta nella comunità trinitaria. Gesù di Nazaret, il Messia inviato dal Padre, vuole perpetuare nei seguaci la sua azione salvifica. La missione pertanto non e altro che la stessa azione salvifica che il Redentore, attraverso l'azione dei suoi seguaci, continua a svolgere nella storia degli uomini. La Chiesa, in quanto corpo di Cristo nella storia, non fa altro che rendere presente nel tempo e nello spazio la stessa missione salvifica del Signore Gesù. Maria, essendo la madre di Gesù, è anche madre del corpo di Gesù che è la Chiesa e pertanto, attraverso la Chiesa, prosegue nel tempo e nello spazio l'azione missionaria di corredentrice del mondo. Il luogo emblematico e insieme il baricentro di tale missione è proprio il cenacolo di Gerusalemme, in quanto luogo in cui Maria prega con la Chiesa e assiste la Chiesa e serve la Chiesa in attesa dello Spirito a Pentecoste, incoraggiandola come madre vigile e premurosa, perché, libera da zavorre e da orpelli vari, cresca e maturi sempre più nella santità e si abbandoni senza remore alla missione evangelizzatrice del mondo. Tre gli aspetti su cui riflettere:
1) Maria prega nella Chiesa e con la Chiesa
2) Maria assiste la Chiesa
3) Maria serve la Chiesa.... a tempo pieno
1) Maria prega nella Chiesa e con la Chiesa
Maria conosce bene lo Spirito Santo essendo stata resa madre del Verbo proprio per opera sua nel giorno dell'annunciazione. La Vergine santa e lo Spirito sono due partner inseparabili dall'incarnazione alla Pentecoste, a tutta la storia della Chiesa. Si tratta di unità perfetta e di collaborazione feconda, ambedue coltivate in un rapporto di intensa preghiera. E la preghiera che contraddistingue la presenza di Maria nel cenacolo in attesa dello Spirito Santo, come si evince dagli Atti degli Apostoli.
a) Gli Atti precisano che gli apostoli «salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi» (At 1,13). In una vecchia-traduzione era detto: «dove abitavano». Annotazione lucana che ci fa capire quanto e come, agli inizi del cristianesimo, si sentisse forte il richiamo della comunità e del vivere insieme. Annotazione che diventa ancora più esplicita ed eloquente nel secondo capitolo dello stesso libro degli Atti «Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune»: (At 2,44); e subito dopo, nello stesso testo, al capitolo quarto: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti, aveva un cuore solo e un'anima sola fra loro tutto era in comune» (At 4,32). Ciò che particolarmente colpisce è constatare come Maria amasse stare con i discepoli in atteggiamento di preghiera e con un contegno maternamente vigile, quasi con la coscienza di sostituire il ruolo di Gesù subito dopo l'ascensione al cielo.
b) La presenza di Maria nel cenacolo si rivela delicatamente discreta e silenziosa, mai espressione di presidenza e di comando: ella ben sa che a guida della comunità ecclesiale erano stati costituiti in autorità gli apostoli con Pietro a capo; infatti: «Vi erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea ... » (At 1,13). Dal testo si evince un senso di riconoscimento dei vari ruoli e ministeri da parte di Maria nei confronti di coloro che da suo figlio hanno avuto il mandato di presiedere la Chiesa. Maria riesce a mantenere il proprio compito di madre del buon pastore senza indebita invasione di campo nei confronti di Pietro e degli apostoli.
c) Il tutto nell'alveo di ciò che, con tocco magistrale, Luca descrive e che il Concilio nella Lumen gentium così commenta: «Vediamo gli Apostoli "perseverare concordi nella preghiera, insieme con le donne, con Maria madre di Gesù e con i fratelli di lui"» (At 1,14); anche Maria implorava con la sua preghiera il dono di quello Spirito che nell'annunciazione già l'aveva ricoperta della sua ombra» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 59). Gesù aveva promesso che avrebbe fatto scendere il Paraclito su di loro perché potessero apprendere la verità nella sua interezza e poi annunziare a tutti nel nome della Trinità: «Quando verrà il Paraclito, che io vi manderò ... » (Gv 15,26). Si tratta di una descrizione a tinte chiaramente pastorali (Chiesa riunita, bisogno di convivialità, ricerca di partecipazione e collaborazione ... ) ma contemporaneamente descrizione a tinte chiaramente ascetico - spirituali. In sintesi: mentre stavano pastoralmente insieme, pregavano; e mentre pregavano insieme, costruivano pastoralmente la Chiesa. E Maria ne era animatrice, testimone e operatrice impegnata.
Nella storia della Chiesa si è sempre e ben a ragione parlato della preghiera come primo movente, come strumento indispensabile e itinerario imprescindibile di ogni vero apostolato. Maria ne è un esempio vivente. Nel cenacolo lei prega con gli apostoli, ma c'è da precisare che in quanto madre della Chiesa - perché dichiarata tale da Gesù crocifisso sul monte Golgota (cfr. Gv 19,27) - Maria sta in mezzo ai discepoli, accanto a chi ha la responsabilità di presiedere e di guidare, senza sostituirsi a nessuno. Nel cenacolo di Gerusalemme la Madonna col suo esempio ci dice che l'apostolato - la missione, il mandato di evangelizzare affidato dallo Spirito alla Chiesa nel giorno di Pentecoste - è preceduto e seguito ininterrottamente dalla preghiera, nel rispetto dei compiti e dei ruoli di ciascuno. É nel cenacolo di Gerusalemme, prima della Pentecoste, che inizia l'apostolato della preghiera della Chiesa, alla presenza di Maria. Non per nulla in tutte le chiese del mondo, nel momento liturgico - cultuale come in tutte le manifestazioni pastorali, il popolo santo di Dio ha ritenuto sempre essenziale la presenza e la mediazione della Madonna. É difficile, per non dire impossibile, che il popolo si intrattenga e dialoghi con Dio senza la compagnia e la mediazione di Maria. La Chiesa stessa sa e sente che non può essere veramente madre senza la maternità di Maria. É questo il motivo per cui il popolo non sa pregare Dio senza pregare la Madonna, cosi come non sà pregare la Madonna senza rivolgere con gratitudine lo sguardo a Dio che gliel'ha donata come madre.
2) Maria assiste la Chiesa
Non si tratta solo di preghiera svolta insieme ai suoi figli, ma anche di assistenza materna nei loro confronti, sia a livello personale sia a livello comunitario. Nel rapporto con la Chiesa Maria, proprio perché madre, è «aiuto dei cristiani» (invocazione tipica della litania lauretana), educatrice, compagna di cammino, modello di vita per tutti. I credenti per questo, afferma il Concilio, «innalzano gli occhi a Maria, che rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti. Ripensando piamente a lei e contemplandola nella luce del Verbo fatto uomo, la Chiesa penetra con venerazione e crescente comprensione nell'altissimo mistero dell'incarnazione e si conforma sempre più al suo Sposo. Maria infatti, per essere entrata così intimamente nella storia della salvezza, in qualche modo compendia in sé e irraggia le principali verità della fede. Cosicché quando la si predica e la si onora, ella rimanda al Figlio i credenti, li chiama al suo sacrificio e all'amore del Padre. A sua volta la Chiesa, intenta a cercare la gloria di Cristo, diventa più simile alla sua eccelsa figura, progredendo continuamente nella fede, speranza e carità, e cercando la volontà di Dio per compierla» (Ivi n. 65). É iscritta nel DNA di ogni donna in verità la tendenza non solo ad essere madre ma anche a sostenere e aiutare i propri figli e la propria famiglia. Maria è madre, e in quanto tale non sa, non può fare a meno di venire incontro alle necessità della Chiesa: da Nazaret, a Cana di Galilea, a Pentecoste, a Efeso... è tutto una continua testimonianza di amorevole cura materna. Il popolo di Dio questo lo ha sempre avvertito quasi a livello istintivo. Prova ne è il fatto che mai nella storia cristiana, in nessuna chiesa del mondo, sono venuti a mancare una preghiera, un canto, un altare o una statua, o un quadro dedicato alla Vergine santa. Nessuno, in verità, nella propria vita può fare a meno di una madre, neppure il cristiano in quanto battezzato e neppure la comunità cristiana in quanto tale. La Chiesa infatti sa e sente, in quanto figlia, di non potere fare a meno di una madre; analogamente Maria, in quanto madre, sa e sente di non poter fare a meno di proteggere la Chiesa e di provvedere costantemente alla sua esistenza e alla realizzazione del suo compito salvifico nel mondo. In merito, basta ricordare alcuni momenti storici particolarmente significativi ed eloquenti.
Penso che non sia un caso, ad esempio, il fatto che la proclamazione di certi dogmi, e comunque l'indizione di celebrazioni solenni riguardanti le virtù mariane, siano avvenute proprio in momenti storici particolarmente difficili per la vita della Chiesa. Quasi a dimostrare come la Madonna sia intervenuta con la sua intercessione, e le sue qualità materne, per prevenire certi possibili disastri dottrinali morali o pastorali, mettendo in salvo la salute, la dignità e la missione stessa della Chiesa. Prendiamo in considerazione alcuni esempi.
a) Il 24 giugno 431 la Chiesa proclamo Maria "Theotókos", madre di Dio, formulando così la prima e più importante verità mariana. In verità da sempre Maria era stata venerata dal popolo come madre di Dio, soprattutto dopo che il Concilio di Nicea aveva ribadito la consustanzialità di Cristo al Padre. Il dogma mariano fu definito contro l'eresia di Nestorio, patriarca di Costantinopoli, eresia che considerava in Cristo la presenza di due persone separate - una divina e una umana - e accentuava fortemente la natura umana del Cristo. Era inconcepibile per Nestorio che una donna avesse potuto generare la persona divina. Il Concilio, proclamando Maria madre di Dio, ribadì l'unità della persona del Cristo, vero Dio e vero uomo.
b) Nella notte del 10 agosto 1218 la Vergine Maria apparve in sogno a Pietro Nolasco esortandolo a fondare un ordine per il riscatto degli spagnoli che erano stati fatti schiavi dai mori. Nella stessa notte la Vergine apparve anche al beato Raimondo da Peòafort e al re Giacomo di Aragona, rivelando il medesimo messaggio. Pietro e Raimondo sostenuti dal re fondarono il nuovo Ordine in onore della Beata Vergine, venerata ora col titolo di santa Maria della Mercede per la redenzione degli schiavi.
c) I papi che si succedettero durante il XIX secolo più volte si rivolsero alla madre di Dio invocandola col nome di Maria Ausiliatrice. Papa Pio, IX, nella bolla "Ineffabilis Deus" con cui si proclama il dogma dell'Immacolata Concezione (8 dicembre 1854), si appella a Maria come a «sicurissimo rifugio e fedelissimo aiuto di chiunque è in pericolo, potentissima mediatrice e avvocata di tutto il mondo presso il suo unigenito Figlio e fulgido e straordinario ornamento della santa Chiesa, incrollabile presidio» (Pio IX, Ineffabilis Deus, in Pius IX Pontificis Maximi Acta, Pars prima: acta exhibens quae ad ecclesiam universam spectant, Romae, ex typographia Bonarum Artium, s.d. [1854], p. 617.). In modo particolare la diffusione della Venerazione di Maria Ausiliatrice, in un tempo di aspre lotte tra la Chiesa e la modernità, si deve al santo dei giovani, don Giovanni Bosco, che in uno dei suoi sogni, nel 1862, vide una lotta dei nemici di Dio e della Chiesa sotto forma di battaglia navale. La nave della Chiesa, attaccata da ogni parte, navigava sicura verso il porto fra due colonne: sulla prima colonna si ergeva una grande ostia, sulla seconda una statua di Maria con la scritta in latino «Auxilium christianorum».
Sono soltanto alcuni gesti che ci fanno capire come il ruolo socio-pastorale di Maria si sia fatto sempre più sentire lungo il cammino della comunità cristiana nella storia degli uomini.
3) Maria serve la Chiesa... a tempo pieno
Una considerazione conclusiva: se il Verbo, pur essendo Dio, per venire al mondo a salvare gli uomini ha deciso di farsi egli stesso uomo scegliendo una donna come madre, sulla scia di ogni essere umano, sarebbe presuntuoso o comunque fuori luogo da parte nostra pensare di raggiungere Dio direttamente da soli, senza la mediazione di Maria. C'è da credere, dunque, che la mediazione di Maria non solo nella storia della salvezza ma anche nel rapporto personale con Dio, e pertanto nella storia della nostra personale salvezza, non solo è opportuna ma anche necessaria. Necessaria perché il compito vocazionale - ministeriale di Maria è strettamente e indissolubilmente legato al compito redentivo di Cristo. Per comprendere bene la grandezza di Maria, e di conseguenza la sua imprescindibile importanza nella storia della redenzione umana, bisogna dunque legare strettamente il suo ruolo di madre a quello del figlio suo Gesù. Il punto di partenza infatti non è lei ma Cristo, che così ha voluto e progettato. Questa la motivazione di fondo che spiega il perché della presenza insostituibile della Vergine santa nella storia della nostra salvezza e conseguentemente il perché noi non possiamo fare a meno di lei nel nostro personale rapporto coñ Dio. É Cristo che ha scelto Maria come madre facendo dipendere dal fiat di lei la sua incarnazione sulla terra e di conseguenza tutto l'impianto redentivo in favore del genere umano, compreso il fatto di avere legato la nostra salvezza di figli non solo al rapporto col Padre suo («Voi dunque pregate cosi: Padre nostro», Mt 60), ma anche al rapporto inscindibile con la madre sua: («Donna, ecco tuo figlio... Ecco tua madre», Gv 19,26-27). Questo il segreto per cui ognuno di noi può ritenere Maria sua propria madre. Senza di lei non avremmo potuto avere lui come nostro fratello. Certo, come esseri umani ognuno di noi ha la propria madre terrena e non pensa e non ammette e non sente di venerare la madre di un altro uomo con lo stesso amore filiale con cui ama la propria madre. In verità il nostro cuore non palpita di affetto nei confronti della madre di Giulio Cesare o di Napoleone Bonaparte o di Karl Marx o di Einstein. Per Maria di Nazaret si, invece, perché Dio ha dato a noi la sua stessa madre come vera madre nostra, madre che come lui e con lui ci ha generati a vita nuova. Sicché più penso a lei e più amo lui; e più penso a lui e più amo immensamente lei ché lo ha generato. Da Dio, in tal modo, lei è stata resa due volte madre: a Betlemme come madre del Verbo in lei fatto carne per opera dello Spirito; e sotto la croce, sul calvario, come madre della Chiesa: anch'essa, la Chiesa, incarnazione del Verbo nel mondo, corpo di Cristo crocifisso e risorto, presente tra gli uomini per opera dello stesso Spirito Santo. Il Verbo si serve di Maria per nascere uomo tra gli uomini, redimere l'umanità e ricolmare di grazia la storia umana: alla stessa maniera si serve di Maria per rinascere come Chiesa, ossia come suo corpo vivente nella storia del mondo. Due volte madre, Maria: madre del Figlio di Dio fatto carne e madre di tutti noi divenuti in lei, per grazia divina, figli nel Figlio. É pertanto in Maria e attraverso Maria che la teologia cristiana non può essere slegata dall'antropologia e pertanto dalla mariologia. Afferma in merito il grande teologo Karl Rahner: «Per il fatto che la nostra salvezza è in Gesù Cristo, anche Maria, in questa storia della salvezza, ha un'importanza decisiva, dovuta all'insondabile volontà di Dio stesso. Ecco perche la teologia deve parlare di lei. La teologia diventa necessariamente antropologia e quindi mariologia» (Karl Rahner, Maria madre del Signore, Fossano (CN), Esperienze, 1962, pp. 29-30. ). Penso che tale convinzione da parte nostra si debba ritenere come una conditio sine qua non. I santi e i grandi padri spirituali ci hanno giustamente detto sempre che Dio si raggiunge attraverso Maria: ad Jesum per Mariam. Nel corso della storia cristiana ci sono stati, però, dei periodi nei quali teologi protestanti, - contagiati e sostenuti da vane correnti di pensiero di stampo razionalistico - hanno tentato di relativizzare la persona e il ruolo della Madonna nella Chiesa di Dio. Questo tentativo di relativizzare a oltranza il ruolo di Maria è motivato anche da certa prassi di non pochi cristiani che nel coltivare ed esprimere la loro devozione di credenti si sono fatti prendere da esagerazioni e fanatismi vari. Si è trattato, e forse in parte si tratta ancora, di eccessi che sono tali perché frutto di formazione ascetica o cultuale piuttosto deviata o comunque priva di solide basi teologiche. Forti del pensiero dei santi, dei grandi maestri della fede e del magistero ecclesiale, occorre affermare, senza timore di sbagliare, che l'intercessione o mediazione di Maria non è opzionale, né semplicemente aggiuntiva o additiva alla fede cristiana ma è sostanziale e vitale, perché motivata dalla speciale, indispensabile unione della Madonna con Cristo, unico assoluto Redentore, in riferimento non solo alla nostra crescita spirituale ma anche alla nostra salvezza personale. Collaboratrice di Dio nel portare la salvezza sulla terra, Maria continua la sua speciale collaborazione materna con Gesù Redentore per accompagnare gli uomini, fino a introdurli alla visione amorevole del Padre. É a lei che la Chiesa deve mirare, lei seguire e imitare. Afferma in merito il Concilio: «La maternità di Maria nell'ordine della grazia perdura ininterrotta, a partire dal consenso prestato con fede nell'annunciazione e mantenuto senza esitazioni ai piedi della croce, fino al coronamento eterno di tutti gli eletti. Assunta in cielo, ella non ha deposto questa sua funzione di salvezza, ma continua a ottenerci i doni della salvezza eterna mediante la sua molteplice intercessione. Con carità di madre si prende cura dei fratelli del suo Figlio che sono ancora pellegrini, posti fra pericoli e tribolazioni, fino a quando non siano condotti nella patria beata. Per questa ragione la beata Vergine viene invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice. Ciò però va compreso in modo da non togliere nulla né nulla aggiungere alla dignità ed efficacia dell'unico mediatore Gesù Cristo. La creatura infatti non può mai addizionarsi al Verbo incarnato e redentore. Ma come accade per il sacerdozio di Cristo che viene partecipato in vari modi sia ai ministri sacri sia al popolo dei fedeli, e come accade per l'unica bontà divina che viene diffusa nelle creature in modi diversi; così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione, che è partecipazione dell'unica fonte» (Concilio Ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 62.).
Un suggerimento e una proposta
Ho, infine, un suggerimento e una proposta da avanzare, prima di chiudere questo paragrafo, e cioè: fare di tutto per impegnarci in maniera pin opportuna a tradurre i contenuti della devozione mariana tradizionale, lasciataci in eredità dai nostri padri, in una versione più vicina alla mentalità e alle esigenze delle nuove generazioni. Impegnarci, cioè, a dare maggiore consistenza a una devozione in edizione riveduta e in parte anche corretta: priva dei formalismi e delle manifestazioni di una pietà che a volte rischia di apparire alquanto stereotipata; tenendo conto degli indirizzi ecclesiologici precisati dal Concilio, allo scopo di dare vita a formule e manifestazioni più vicine alla psicologia e alla mentalità degli uomini di oggi. Precisamente:
- devozione meno massificata o, meglio, meno populista e più familiare anche perché ci troviamo in un'epoca in cui da una parte siamo vittime di un gigantesco anonimato di massa e dall'altro assistiamo quasi impotenti allo sfascio dei legami familiari;
- culto mariano meno devozionistico e più evangelizzato ed evangelizzante;
- celebrazioni liturgiche meno pesanti, meno formali, meno enfatiche e pertanto più semplici e più immediate, e cioè tali da assumere e tradurre in preghiera, senza troppi passaggi, i bisogni e i sentimenti dei fedeli per aiutarli a crescere più maturi nella fede;
- predicazione mariana meno moralistica e più ricca di contenuti biblici, teologici, ascetici, culturali e pastorali;
- musiche e canti meno emotivi e più vicini alla sensibilità e alla musicalità del nostro tempo;
- rappresentazioni figurative - come immaginette, quadri e simboli vari - meno legate a figure di donna di stampo arcaico e più confacenti alla figura di una Madonna più "donna" dei nostri giorni;
- soprattutto una Vergine meno lontana, meno celestiale, meno isolata, meno solitaria e più vicina ai problemi degli uomini di oggi, più inserita, laica tra laici, nella vita ecclesiale del nostro tempo. Una Madonna insomma meno coronata di stelle, di ori e gioielli preziosi e più coinvolta nei problemi dell'umanità attuale. In altre parole: una Madonna meno regale, meno aristocratica, più donna di casa, più lavoratrice, più pastora, più madre del buon pastore. E ciò non per disprezzare o mortificare la devozione mariana dei nostri padri, in se veramente preziosa e splendida, ma per rinnovarla e renderla più rispondente alle esigenze e alle attese spirituali dell'uomo contemporaneo.
Una devozione mariana così riveduta potrebbe dare, a prima vista, l'impressione di voler forse mortificare l'immagine della Vergine legata alla pietà popolare tradizionale. E invece la proposta non intende affatto mortificare ma, al contrario, valorizzare la devozione del popolo con modalità espressive semplicemente pin aggiornate e più vicine alle esigenze dell'uomo cristiano del nostro tempo.