La Madre del Signore nel mondo delle umane fragilità
Data: Mercoledi 22 Luglio 2020, alle ore 9:01:22
Argomento: Società


Un articolo di Luca M. Di Girolamo, in Riparazione Mariana,  n. 2 - 2017, pp. 9-12.

 



In questo nostro contributo vorremmo partire da una notazione molto concreta: trattando delle questioni relative alla famiglia e al suo assetto, è possibile ed è giusto scrivere quanto si vuole nei termini positivi che illustrano e incoraggiano le sane relazioni. Purtroppo, però, nell’assistere al degrado e, talvolta, alla distruzione di tali relazioni, si resta sempre in superficie, in quanto si è sempre fuori dal vivere in prima persona la gravità di una determinata situazione.

I fattori della fragilità

Fragilità è un concetto dagli ampi risvolti: tocca l’uomo nella sua singolarità e questo ha ricadute notevoli e spesso deleterie sull’intera società. Ma questi ampi risvolti risultano originati, a loro volta, da molteplici cause: la cultura, il contesto nel quale il singolo vive, le esperienze di vita negative che incidono fortemente. Tale fragilità impedisce di reagire in modo fermo ad alcune derive di condotta e di pensiero che ormai sono di casa nel nostro mondo. Ne possiamo citare due (ma da esse se ne originano altre): la fluttuazione dei rapporti che l’élite culturale chiama ‘società liquida’, per cui non c’è più un sistema di relazioni atte a garantire un punto fermo, e la dimenticanza del senso del peccato che è, purtroppo, un dato costante della storia antropologica dell’uomo. Questo secondo aspetto fa sì che si è ‘di manica larga’ con noi stessi e con gli altri: ci si auto-assolve con molta facilità e questo non contribuisce certo alla maturazione dell’individuo. Ma con altrettanta facilità ci si condanna reciprocamente. Entrambi questi fattori si collocano nello scorrere del tempo e della storia e così il divario generazionale non fa che aumentare il suo solco: i giovani che si comportano in modo ribelle e talvolta violento nei confronti dei genitori, oppure non li ascoltano, sono solo la punta dell’iceberg di un complesso di fattori che si sono sedimentati, (come piccole pietre divenute macigni), lungo la storia individuale dei componenti di una famiglia. È chiaro che questo non giova e soprattutto va a guastare alla base la dimensione relazionale, cifra che l’uomo ha in sé sin dalla creazione: l’essere creato ad immagine e somiglianza (cf. Gen 1,26-27), comporta una chiamata ad accrescere il rapporto con Dio, con se stesso, con gli altri e con il cosmo. Una crescita che, nell’ambito familiare, trova nel dialogo il più prezioso e valido strumento. L’uomo si scopre di una fragilità acquisita responsabilmente, visto il dono e l’armonia che Dio gli aveva elargito agli inizi, a causa della caduta (cf. Gen 3); ora fa i conti con un pensiero che da lui stesso proviene ed è teso disperatamente a guarire solo con le sue forze. Scoperta la propria inadeguatezza, ecco che l’uomo esorcizza la gravità del proprio stato, invece di riconoscerlo con franchezza, rinviandolo a Dio o ad una scala di valori che salvaguardino la dignità umana. La famiglia, perciò, diviene cassa di risonanza di tutto questo distorto andamento delle cose dal quale scaturiscono divisioni, separazioni, divorzi e, più in generale, tacite incomprensioni. Rimettere ordine a tanto disordine non è semplice, ma a questo è chiamata la Chiesa: non a risolvere i problemi, ma ad indicare possibili strade, attraverso le quali è possibile non gravare su situazioni già in sé molto pesanti.

I rimedi

La domanda d’obbligo è: come uscire da tale caos? Nell’Esortazione apostolica Amoris lætitia1 di papa Francesco, in continuità con il magistero ecclesiale sulla famiglia, viene mostrata tutta la cura e la sollecitudine che la Chiesa ha nei confronti delle situazioni difficili nelle quali si dibatte l’istituzione familiare, e lo fa in due momenti specifici: nel capitolo II e, soprattutto, nel capitolo VIII. Questo capitolo appare molto dettagliato nel riportare l’insieme dei fenomeni che compromettono, fino alla rottura, l’unità della famiglia. Una minaccia dai tratti troppo frequenti che mostra tutta quella liquidità di relazioni di cui si parlava sopra, e che favorisce il passaggio da un legame all’altro, a volte con gran disinvoltura.2 La strada per il recupero non può seguire il sentiero dell’eterna e generalizzata condanna,3 ma di una grande attenzione a valorizzare quel positivo che si può trovare in situazioni non regolari.4 Ciò comporta una gradualità nello scrutare la complessità delle situazioni e nel correggere laddove è possibile. La Chiesa, in sostanza, non può ripetere il gesto del fariseo al tempio che eleva a Dio una preghiera autoreferenziale: «Ti ringrazio Signore che non sono... come questo pubblicano» (Lc 18,11), ma imitare la delicatezza con la quale il suo Signore tratta la donna Samaritana (cf. Gv 4), una donna che simbolicamente raccoglie e rappresenta situazioni molto attuali e frequenti. Il gesto del fariseo è, potremmo dire, più comodo; tuttavia questo comportamento è peccaminoso perché è indice di disimpegno verso situazioni delle quali, in qualche modo, la comunità dei credenti deve farsi carico, in quanto l’istituzione familiare resta, proprio per l’iniziale volere di Dio, la cellula della società. La strada da imboccare è perciò quella della misericordia, mai troppo ribadita quale antidoto contro i muri che troppo spesso si erigono e contro una meccanica e fredda applicazione della legge. In tal modo, a prevalere è l’uomo e non la struttura, fosse anche la più sacra che, proprio per esserlo, deve rispettare e non schiacciare la persona: una religione, per essere tale, deve favorire la dignità e la vita, e non depotenziarle. Senz’altro sono da delineare le situazioni irregolari, ma la risposta che la Chiesa deve offrire è quella dell’incontro e non della condanna, che aggiunge asprezza a situazioni già difficili e sempre sofferte. Varie sono le origini delle situazioni irregolari, ma per tutte vale il medesimo Vangelo, nel quale Gesù, dinanzi alla durezza dei cuori dei farisei, rinvia alle origini (cf. Mt 19,4- 6): all’inizio Dio ha creato una natura particolare per l’uomo e la donna. Proprio per sciogliere tale durezza, ecco che papa Francesco parla di una logica dell’integrazione,5 perché anche coloro che infrangono il vincolo coniugale possano continuare a sentirsi parte della Chiesa, ed esorta i pastori a procedere su questa strada.

Maria e la logica dell’integrazione

L’integrazione viene ad unire due fattori molto importanti: misericordia e unità. In tale ambito si colloca il riferimento alla Madre di Dio che chiamiamo Mater misericordiæ, ma soprattutto Mater unitatis. Titolo, quest’ultimo, utilizzato frequentemente nelle occasioni ecumeniche, ma che si può applicare a quelle situazioni familiari precarie che, nel loro piccolo, compromettono l’unità della Chiesa, non soltanto nella fede confessionale, ma nell’ambito di un’unica fraternità in Cristo. Chiamare in causa il titolo Mater unitatis non è un’idea peregrina: al centro del prefazio della Messa dal titolo «Maria Vergine madre dell’unità» (formulario n. 38 delle «Messe della beata Vergine Maria») leggiamo parole intense che ci rinviano al mistero pasquale che avvolge ogni famiglia: «Autore dell’integrità e amante dell’unità e della pace, egli scelse una Madre che non ha conosciuto corruzione nel corpo e nel cuore e ha voluto una e indivisa la Chiesa sua sposa. Innalzato da terra, alla presenza della Vergine Madre, radunò i figli dispersi e li strinse a sé con i vincoli dell’amore».6 Nelle croci quotidiane di ogni famiglia e nei problemi che rendono difficili la convivenza c’è quella Passione con la quale Cristo ha riconciliato il mondo e l’uomo con Dio, in nome di un amore senza limiti, al quale siamo tutti chiamati sempre a collaborare. Ma non c’è solo questo: l’atto che Gesù compie donando al suo popolo la Madre, come ce lo racconta Giovanni (cf. Gv 19,26-27), si colloca proprio nella Passione. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, papa Francesco si sofferma sull’episodio giovanneo, sottolineando la volontà di Gesù di non lasciarci soli nel cammino, senza una madre (in modo da conservare la dimensione degli affetti) e la necessità della presenza nella Chiesa dell’icona femminile, rappresentata da Maria.7 Tale icona diviene perciò una sorta di longa manus della misericordia e del dono di sé attuato da Cristo a favore dell’intera umanità, bramosa di mantenere un rapporto familiare con il mistero di Dio.8 Proprio l’amore è il rimedio per sanare le ferite del corpo e dello spirito, inferte dalla debolezza e dal peccato, amore che è una realtà positiva e propria della Santissima Trinità, la grande famiglia di Dio, ma che è tanto difficile da applicare nella fedeltà di quell’accoglienza reciproca che deve sussistere in ogni famiglia. Tutto questo esige una conversione che vieta, verso le persone in difficoltà, quei giudizi facili e irrispettosi che oggi vanno tanto di moda, e che il Papa illustra come linguaggi e atteggiamenti che non li facciano sentire discriminati e che promuovono la loro partecipazione alla vita della comunità.9 A questo complesso di giudizi, che sono altrettante forme di peccato (cf. Mt 5,22-24), va sostituita, nel concreto, «una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto specializzati da stabilire nelle diocesi»,10 tale da soccorrere quei casi di profondo malessere affettivo determinati dalle divisioni. La presenza della Vergine Maria, contemplata inizialmente come componente della santa Famiglia di Nazaret e, successivamente, nel momento della crisi della Croce, rifulge a noi quale modello di fedeltà, in quanto ci pone a diretto contatto con quell’Amore divino, fedele anche dinanzi all’infedeltà di Israele, ieri, e della Chiesa, oggi, che si è umanizzato e che, tuttavia, ha mantenuto la sua diversità e grandezza rispetto alla fragile creaturalità umana. Per questo Gesù, nel donarci Maria, indica l’icona di una Chiesa che, come la Chiesa delle origini riunita con Maria nel Cenacolo, invoca «lo Spirito di unità e di concordia, di riconciliazione e di perdono», come termina il già citato prefazio. Davvero grandi cose ha fatto l’Onnipotente (cf. Lc 1,49) ed esse ci vengono mostrate da Maria nel momento della frattura operata da Dio per una superiore ricomposizione e riconciliazione.

NOTE
1 FRANCESCO, Esortazione apostolica post-sinodale sull’amore nella famiglia (19 marzo 2016), Amoris lætitia, Ed. Ancora, Milano 2016.
2 Ibidem, n. 293.
3 Ibidem, n. 294.
4 Ibidem, n. 296.
5 Ibidem, n. 299.
6 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Messe della beata Vergine Maria. Raccolta di formulari secondo l’anno liturgico, I, LEV, Città del Vaticano 1987, p. 124.
7 FRANCESCO, Esortazione apostolica post-sinodale sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24 novembre 2013), Evangelii gaudium, Ed. Ancora, Milano 2016, n. 285.
8 Amoris lætitia, nn. 27-28.
9 Cf. ibidem, n. 243.
10 Ibidem, n. 242.

 

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