Un articolo di Stefano De Fiores in Theotokos XIX (2011/1), pp. 187-202.
«Nella lettera apostolica Laetare Colonia urbs (2008), Benedetto XVI esalta il «dottissimo e sapientissimo uomo Giovanni Duns Scoto», che «con sottilissimo ingegno penetrò così profondamente i segreti della verità sia naturale sia rivelata e quindi ne trasse una dottrina di tal genere da essere chiamato "Dottore dell'ordine", "Dottore sottile" e "Dottore mariano", e risultare capo della scuola francescana, nonché luce ed esempio di tutto il popolo cristiano». Non abbiamo nulla da eccepire in questo encomio, che mira a evidenziare la santità e la sapienza del grande maestro medievale, ma la nostra attenzione esula dal genere panegirico e celebrativo, per concentrarsi nell'approccio della ricerca e dello studio per quanto è possibile oggettivo, che non trascura i meriti di Scoto, ma non neglige i probabili limiti dovuti alla condizione umana. Questo atteggiamento non ha nessuno scopo polemico, né trasforma gli studiosi in amici o nemici di Scoto, come vorrebbe far credere una vecchia mentalità, che ravvisa degli avversari in chi la pensa diversamente. Lo spirito di Assisi ci fa considerare fratelli e oranti con noi persone appartenenti a religioni mondiali profondamente differenziate. Tanto più questo spirito deve far considerare fratelli e amici i ricercatori e teologi cattolici. Diamo per scontato che è difficile concentrare in un articolo la dottrina mariana del beato Duns Scoto, riconfermato nel culto liturgico da Giovanni Paolo II (6 luglio 1991). Siamo anche consapevoli che «la ricezione di Duns Scoto è stata e rimane ancora un'impresa difficile». Non intendiamo pertanto presentare uno studio esauriente, ma una puntualizzazione del suo pensiero in rapporto alla beata Vergine, in particolare circa l'immacolata concezione[...]».