Totus tuus: la presenza di Maria nella vita del cristiano
Data: Mercoledi 4 Novembre 2020, alle ore 9:14:46
Argomento: Spiritualitą


Un approfondimento di Don Cirino Versaci, in La Madonna di Tindari del 1 marzo 2014, pp. 8-12.



Com’è risaputo, il motto, prima episcopale e poi pontificale – Totus Tuus – di San Giovanni Paolo II, deriva dal testo della “consacrazione a Maria”, riportato nel Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, di San Luigi Maria Grignion de Montfort (1673-1716). Alla luce della vita, degli scritti, del carisma del Pontefice canonizzato, la spiritualità di San Luigi Maria è stata attualizzata e riproposta ai credenti. Infatti, l’insegnamento monfortano è sentito nella Chiesa come attuale. Nella costituzione conciliare Lumen Gentium il capitolo VIII – Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa – contiene un chiaro influsso della dottrina del Montfort. San Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Mater (1987), menziona il Montfort tra i "maestri e testimoni" della spiritualità mariana. La dottrina del Montfort, sintetizzata in questo suo capolavoro che è il Trattato, mette in piena luce un cammino di santità per tutti, fondato sulla grazia del Battesimo. L'idea centrale del Trattato è semplice: come Gesù ha scelto Maria per venire al mondo in vista dell’umana redenzione, così dobbiamo ricorrere a Maria e assumerla come modello per diventare conformi a Cristo. Si può dire che si tratta di una spiritualità per tutti, che si adatta a ciascuna delle diverse vocazioni. In questa sede vogliamo considerarla nella specificità del sacerdozio ministeriale e del servizio petrino, incarnati nella vita del Papa Giovanni Paolo II.

1. Totus Tuus!

Nella vita di Karol Wojtyla il Totus Tuus è diventato come il respiro dell’anima a partire da quando ha scoperto, a 20 anni, il Trattato del Montfort. Molte volte Giovanni Paolo II racconterà questo fatto. Lo ha esplicitato in modo speciale nel libro Dono e Mistero (1996) ove racconta che fu un laico, Jan Tyranowski (ora Servo di Dio), a fargli conoscere il Trattato del Montfort, aprendolo alla più profonda vita spirituale, negli anni durissimi dell'occupazione nazista in Polonia. Il motto Totus Tuus, che riassume la spiritualità del Montfort, è costituito da due semplici parole che sono una preghiera a Gesù per mezzo di Maria, precisamente un atto d'Amore come dono totale di sé. Esse si trovano alla fine del Trattato del Montfort, quando il santo invita il fedele a vivere la Comunione eucaristica con Maria e in Maria (Trattato, n. 266). Queste parole diventeranno la linea direttrice di tutta la vita di Wojtyla. Quando nel 1958 è nominato Vescovo ausiliare di Cracovia, sceglie il Totus Tuus come motto episcopale, che conserverà come Papa. E lo vivrà fino alle sofferenze degli ultimi mesi quando, non potendo più parlare, scriverà le parole Totus Tuus.

2. Il Montfort alla luce del Concilio Vaticano II

Verso la fine del pontificato San Giovanni Paolo II ha lasciato una bellissima sintesi della dottrina monfortana interpretata alla luce del Vaticano II, nella Lettera ai Religiosi e alle Religiose delle Famiglie Monfortane dell’8 dicembre 2003, un testo illuminante per capire il significato teologico del Totus Tuus. All’inizio della Lettera il Papa cita il Trattato e insiste sulla principale caratteristica della sua dottrina: la vera devozione mariana è cristocentrica. Si tratta di un mezzo privilegiato per trovare Gesù Cristo perfettamente, per amarlo teneramente e servirlo fedelmente. Infatti, il Totus Tuus è rivolto a Gesù per mezzo di Maria, ma è anche rivolto a Maria per offrirsi a Gesù nella Comunione Eucaristica. Si tratta di rinnovare la consacrazione del battesimo nelle mani di Maria per ricevere il Corpo di Gesù. La fedeltà amorosa all'Eucaristia quotidiana rende possibile a Dio di appropriarsi dell’anima di ogni credente e spingere a configurarsi a quella oblatività di sé che coniuga mirabilmente umiltà e carità. Tali espressioni indirizzate al fedele per la piena partecipazione all'Eucaristia, hanno evidentemente un valore particolare per il sacerdote. Maria conduce tutti all'Eucaristia come Sacramento dell'Amore nella vita. Ed accompagna il Sacerdote nella celebrazione della Messa, come alla realtà centrale più bella e sempre nuova di ogni giorno.

3. "Gesù disse al discepolo: 'Ecco la tua Madre!'. E da quel momento il discepolo la prese con sé" (Gv 19,27)

Maria è un dono che il discepolo riceve continuamente da Gesù stesso, e che accoglie nel dono di sé espresso dalle parole Totus tuus ego sum. Montfort lo dice parlando a Gesù, come identificandosi con il discepolo prediletto: “Già mille e mille volte l'ho presa per ogni mio bene con san Giovanni evangelista ai piedi della croce, ed altret-tante volte mi sono dato a lei. Se ancora, però, non l'ho fatto bene secondo i tuoi desideri, mio caro Gesù, lo faccio adesso come tu vuoi” (Segreto di Maria 66). Il Santo esprime sinteticamente una delle grandi leggi della vita spirituale: la necessità del dono di sé per accogliere il Dono di Dio. E' solo nel dono totale di sé che il discepolo può accogliere il Dono di Gesù che dona Maria, e di Maria che dona se stessa. Poiché Gesù ha dato il discepolo alla Madre e la Madre al discepolo (Gv 19,26-27). Il Verbo Incarnato con la sua parola onnipotente ha creato una nuova relazione tra Maria e il Discepolo, una relazione di amore nel dono reciproco di sé. Questo dono reciproco rende profondamente felice l'uomo: Beatus Vir! E' come il grido del cuore di San Luigi Maria quando dice a Gesù: "Quanto è felice l'uomo che abita nella casa di Maria, dove tu stesso hai stabilito per primo la tua dimora!" (Trattato, 196). Nella vita del sacerdote non c'è dubbio che una tale relazione con Maria, la Nuova Eva, la Donna tutta Bella e tutta Santa, è fonte di purezza, di equilibrio e anche di un rapporto giusto e sereno con tutti. Ma questo dono di Maria viene sempre da Gesù e porta sempre a Gesù. E' il senso della richiesta: Praebe mihi Cor Tuum, Maria (dammi il tuo Cuore, o Maria). Non si tratta principalmente di amare Maria, ma piuttosto di amare Gesù con il Cuore di Maria, e in Lui di amare il Padre e lo Spirito Santo, la Chiesa e tutti gli uomini. La persona che esprime e che vive il Totus Tuus, vive ed esprime allo stesso tempo il Totus Meus: Cristo è tutto mio, e Maria è anche tutta mia. Il discepolo che riceve da Gesù stesso il dono di Maria mediante il dono totale di se stesso, entra per mezzo di lei nell'Alleanza, nella profondità dell'ammirabile scambio tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù. "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventasse Dio", dicevano i Padri. Il Figlio di Dio è disceso dal Cielo e si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno verginale di Maria, per farci salire con lui nel seno del Padre. Maria occupa lo stesso posto nel movimento "discendente" dell'Incarnazione e nel movimento "ascendente" della nostra divinizzazione. Questo è infatti il principale motivo del Trattato: stabilire il posto di Maria nel Mistero di Cristo, che è la Via di Dio verso l'uomo e la Via dell'uomo verso Dio, in questa grande dinamica di discesa e di salita. E Maria è intimamente presente in questo "ammirabile scambio" tra Dio e l'uomo in Cristo Gesù.

4. Il cammino della santità vissuto con Maria nella Chiesa

Presentando gli "effetti meravigliosi" (Trattato, 213-225) di questa "perfetta devozione", San Luigi Maria ci mostra come la persona che vive pienamente il Totus Tuus cammina con Maria sulla via dell'umiltà evangelica, che è via di amore di fede e di speranza. La santità alla quale tutti sono chiamati non è altro che la perfezione della carità (Lumen Gentium V). In questa vita sulla terra l'umiltà è la più grande caratteristica della carità. "É proprio dell'amore l’abbassarsi", scriveva Teresa di Lisieux all'inizio della sua Storia di un'anima (Manoscritto A, 2v). É lo stesso Amore di Dio che in Gesù si fa piccolo e povero dal Presepio alla Croce. Ed è il significato profondo della "schiavitù d'amore", incarnato da Giovanni Paolo II. Questa via dell'amore percorsa da Maria nella sua unione con Gesù è stata allo stesso tempo la sua peregrinazione di fede. É un grande tema del Concilio che Giovanni Paolo II ha sviluppato in modo splendido nella Redemptoris Mater. Ma prima del Concilio, Luigi Maria e Teresa di Lisieux insistevano molto sulla fede di Maria come fede eroica, anche oscura e dolorosa nella Passione del Figlio. In questa prospettiva monfortana può, allora, spiegarsi il carisma spirituale di Giovanni Paolo II che ha vissuto questa intensità della fede pura che si traduce in servizio. E in lui la dimensione del servizio si è coniugata inestricabilmente con la sua identità sacerdotale. Per questo non ha mai smesso di sentirsi sacerdote. Lo si capisce dal tono appassionato, innamorato, con cui si rivolge ai preti ricordando il tempo del suo sacerdozio, un tempo difficile che però attinge al profondo ed autentico desiderio di servire. Questa passione per il sacerdozio emerge, ad esempio, nelle espressioni dell’omelia per la Messa del 50 di sacerdozio del 01 novembre 1996: "Scorrono di fronte a me, in questo momento, le immagini di quell’ormai lontano giorno, quando di mattina presto mi presentai nella residenza degli Arcivescovi di Cracovia […], per ricevere l’Ordinazione sacerdotale, accompagnato da un piccolo gruppo di parenti ed amici. Con emozione mi rivedo steso sul pavimento della cappella privata del Principe Metropolita; odo il canto del “Veni Creator” e delle Litanie dei Santi; attendo l’imposizione delle mani; accolgo l’invito a proclamare la Buona Novella, a guidare il Popolo di Dio, a celebrare i divini misteri. Sono ricordi incancellabili, che rivivo in questo giorno con indicibile gratitudine al Signore". Poco prima di quel giorno egli, come tutti, era ancora Diacono. Il suo diaconato fu brevissimo, appena dodici giorni, ma inserito in un tempo di grandissima intensità spirituale. In definitiva, possiamo riconoscere che l’Ordinazione avvenne quasi a sanzionare una preparazione alla vita e al ministero che l’ha visto Seminarista ed operaio nella fabbrica della Solvay. In quel tempo così ostile, la sua formazione umana assunse la saldezza del granito, per l’opportunità che ebbe di fare esperienza del sostegno di uomini semplici e di sacerdoti santi, profeti nell’ombra, che senza saperlo, erano stati coinvolti nel mistero di quest’uomo chiamato a diventare Papa e soprattutto Santo.

Conclusione

Come nel punto finale della Lumen Gentium (nn. 68-69) si tratta della contemplazione di Maria, segno di certa speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio, così finisce anche la citata Lettera di Giovanni Paolo II alle famiglie Monfortane e così vogliamo chiudere anche noi: "Nell'antifona Salve Regina la Chiesa chiama la Madre di Dio 'Speranza nostra'. La stessa espressione è usata da san Luigi Maria a partire da un testo di san Giovanni Damasceno, che applica a Maria il simbolo biblico dell'àncora (cfr. Hom. Iª in Dorm. B. V. M., 14: PG 96, 719): 'Noi leghiamo le anime a te, nostra speranza, come ad un'àncora ferma'. A lei maggiormente si sono attaccati i santi che si sono salvati e hanno attaccato gli altri, perché perseverassero nella virtù. Beati dunque, e mille volte beati i cristiani che oggi si tengono stretti a lei fedelmente e totalmente come ad un'àncora salda" (Trattato, 175). Attraverso la devozione a Maria, Gesù stesso "allarga il cuore con una santa fiducia in Dio, facendolo guardare come Padre e ispirando un amore tenero e filiale (Trattato, 169)". Anche il Papa Benedetto XVI alla fine della sua enciclica Spe Salvi presenta Maria come la "Stella della Speranza" (nn. 49-50). Pertanto, in tutte le tempeste che dobbiamo attraversare nella vita, Maria è e sarà sempre l'ancora della nostra speranza, una speranza sicura per il futuro della Chiesa e per la salvezza del mondo.

 







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