Qualsiasi cosa vi dica fatela (Gv 2,5)
Data: Sabato 29 Maggio 2021, alle ore 10:09:42
Argomento: Bibbia


Di Don Pasquale Bua in U.N.I.T.A.L.S.I., “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Schede per l’approfondimento del Tema Pastorale “2018”, pp. 9-13.

 



Non c’è dubbio che, all’interno del Vangelo di Giovanni, l’episodio dello sposalizio di Cana di Galilea (2,1-11) rivesta un particolare rilievo. La sua importanza è subito segnalata dal fatto che esso ha luogo tre giorni dopo l’incontro con Natanaele (1,43-51) e, quindi, sette giorni dopo l’incontro con il Battista (1,28). A Cana si conclude, pertanto, la prima settimana “lavorativa” di Gesù: è possibile supporre che, in analogia con la settimana della creazione descritta nel libro della Genesi, il settimo giorno sia quello deputato a manifestare in modo speciale la gloria di Dio, autore in Cristo della nuova creazione.

Il primo dei «segni» di Gesù

Il versetto 11 puntualizza che ci troviamo in presenza del primo dei «segni» (semeia) compiuti da Gesù: tali segni, più che gesti portentosi che intendono dimostrare potenza, svolgono la funzione di destare gli uomini alla fede in Gesù, manifestando di fronte ai loro occhi che egli è il Figlio di Dio in cui si realizzano gli ultimi tempi, i tempi della salvezza. Si tratta di uno dei rari passi evangelici in cui, al di fuori dei racconti dell’infanzia di Gesù, compare Maria. Nel Quarto Vangelo, per l’esattezza, la Vergine è presente solo in due occasioni: qui a Cana e poi di nuovo ai piedi della croce (19,25-27). Come stiamo per vedere, i due episodi sono tra loro strettamente legati e si illuminano a vicenda, come emerge in modo particolare dal riferimento all’«ora» di Gesù. 

Maria e Gesù: la sposa e lo sposo

Stranamente gli sposi non vengono mai menzionati direttamente, se non per il dialogo finale tra il maestro di tavola e lo sposo, il quale però, a differenza dei servi, non svolge alcun ruolo attivo nella vicenda. I protagonisti del racconto appaiono, piuttosto, Gesù e sua Madre. È Maria ad avviare l’azione, allorché fa notare al Figlio: «Non hanno vino». Lei coglie con anticipo un problema di cui gli altri sembrano fino a quel momento non essersi accorti. La Vergine precorre tutto e tutti, e questa sua conoscenza anticipata della situazione la spinge all’azione. Il problema di quella famiglia non la lascia indifferente, per questo decide di intercedere: un verbo che letteralmente significa “camminare in mezzo”. Maria si mette in mezzo tra gli sposi e Gesù, esponendosi in prima persona, perché “sa” che Gesù può fare «qualsiasi cosa». La risposta apparentemente seccata del Figlio è densa di significati. L’appellativo «donna» non implica alcuna sfumatura di irriverenza. Piuttosto, oltre a richiamare un uso ellenistico, inquadra Maria nel suo ruolo “simbolico”: come nell’Antico Testamento la donna è simbolo del popolo di Israele con cui Dio vuole unirsi in matrimonio mediante l’Alleanza, così la Vergine personifica ora l’umanità intera, nuovo Israele, di cui Cristo intende diventare sposo per sempre. Il matrimonio mistico tra Gesù e l’umanità si celebrerà sulla croce, dove non a caso Maria verrà di nuovo chiamata «donna» (19,26): sarà la croce a fungere da altare nuziale e da talamo coniugale, perché lì l’amore di Cristo per gli uomini raggiungerà il suo culmine. Insomma, in questo brano la relazione materno-filiale tra Maria e Gesù si coniuga con quella sponsale tra l’umanità, rappresentata dalla Vergine, e Cristo, mediatore di una nuova ed eterna alleanza.

Un preludio dell’«ora» di Gesù

Possiamo adesso comprendere le parole enigmatiche di Gesù: «Non è ancora giunta la mia ora». Quello dell’«ora» è un tema ricorrente nel Vangelo di Giovanni, dove generalmente indica la suprema rivelazione della gloria di Dio che si realizzerà sulla croce. L’ora del Figlio arriverà il venerdì santo, momento culminante del dono amorevole di sé all’umanità peccatrice. Per questo l’ora «non è ancora giunta»: i segni che Gesù compie nel corso del suo ministero non possono anticiparla, ma solo preannunciarla, disponendo gli uomini a riconoscere il “segno dei segni”, che sarà appunto la croce. Dunque, se l’ora si compie sul Golgota, si può affermare che a Cana essa venga misteriosamente prefigurata attraverso il simbolo dell’acqua mutata in vino.

L’acqua della morte, il vino della gioia

L’acqua è spesso, presso i popoli antichi, simbolo di morte: il mare aperto, i diluvi e le inondazioni rappresentano minacce terribili per l’uomo, rivelatrici della potenza distruttrice delle acque. Il fatto che, prima dell’intervento di Gesù, non vi sia più vino, ma solo acqua, potrebbe così suggerire che prima della sua venuta l’umanità non conosca più che morte e desolazione. Egli, invece, è colui che è venuto perché gli uomini, morti interiormente a causa del peccato, «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Il vino, al contrario, evoca in varie pagine bibliche la gioia, giacché esso «allieta il cuore dell’uomo» (Sal 104,15). È uno dei simboli ricorrenti per evocare i beni messianici, di cui non a caso Gesù si servirà nell’ultima cena per siglare con gli uomini una «nuova alleanza nel mio sangue» (1Cor 11,25). Ecco, insomma, che la gioia sospirata da Israele arriva finalmente con Gesù: in lui si compiono le promesse antiche e si realizzano le speranze umane.

«Qualsiasi cosa…»

L’altra frase pronunciata da Maria è rivolta non a Gesù, ma ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». La Madre ha compreso il non-detto di Gesù: nella risposta laconica del Figlio legge ciò che nessun altro capirebbe. Maria “sa” che il Figlio è venuto perché l’uomo riabbia la gioia in pienezza. Le parole iniziali – «Qualsiasi cosa vi dica» – attestano la totale fiducia della Madre nel Figlio, che deve diventare anche la totale fiducia dei servi: non è importante che costoro capiscano cosa devono fare, è importante solamente che facciano ciò che Gesù sta per domandare loro. E la sua richiesta suona a dir poco assurda. Si tratta di riempire d’acqua sei anfore di pietra dalla capienza impressionante: ciascuna può arrivare a contenere fino a 80-120 litri. Il fatto che si tratti di anfore per la purificazione rituale dei Giudei ci conduce di nuovo al confronto tra prima e nuova Alleanza: Gesù è venuto per oltrepassare la Legge antica, che è ancora imperfetta (sei è il numero dell’imperfezione) e incapace di arrecare la salvezza (dentro c’è acqua e non vino). Di sicuro quella dei servi dev’essere stata una bella fatica, alla quale per fortuna, benché forse tormentati dai dubbi, non si sono sottratti, riempiendo scrupolosamente le anfore fino all’orlo. Benedetta obbedienza! Quell’acqua, portata al maestro di tavola, si è tramutata in vino, un vino sovrabbondante per quantità e migliore del precedente per qualità: come a dire che, quando ci si fida di Gesù, non solo non si resta delusi, ma al contrario si ottiene sempre molto di più di quanto si osava sperare. Lo ripete spesso anche Papa Francesco: Dio è uno che ama sorprenderci!

Dalla Parola alla vita

1
. Presto o tardi, capita a tutti di trovarsi senza più il vino della gioia, con soltanto l’acqua amara di relazioni deludenti, affetti feriti, sogni irrealizzati. Se la famiglia di Cana non avesse invitato in casa sua Gesù e la Madre, il loro problema non avrebbe avuto soluzione e la loro festa ne sarebbe stata irrimediabilmente guastata. Invece essi sono là e la loro presenza è ciò che fa sul serio la “differenza”. Stiamo imparando ad accogliere Gesù e Maria in “casa” nostra, cioè nella nostra vita personale e familiare, per sperimentare che, se essi diventano ospiti fissi tra di noi, anche le situazioni apparentemente disperate possono aprirsi a gioie “più grandi”?
2. Molte volte la nostra devozione mariana resta fine a se stessa. Ci rivolgiamo a Maria per chiedere grazie di ogni sorta, ma poi ci teniamo lontani da Colui che è l’unica sorgente della grazia, il Signore Gesù, operante in special modo nella Parola e nei Sacramenti. La Vergine di Nazareth non vuole essere il termine della nostra preghiera, ma semplicemente un mezzo che ci conduce al Figlio. È Cristo colui che interviene, mentre Ella è piuttosto colei che intercede, rivolgendosi a Gesù per nostro conto. Stiamo imparando a fare di Maria il “ponte” benedetto che ci porta al Figlio, orientando il nostro cuore verso di Lui, unico Salvatore del mondo?
3. Con le parole dette ai servi, Maria ci sprona a una fiducia incondizionata verso il Figlio. È vero che a volte Gesù domanda cose a noi incomprensibili, cose che ci appaiono inutili o addirittura dannose. Eppure, Egli sa bene ciò che fa e ciò che chiede. Solo chi riesce a fidarsi, vivendo in obbedienza disarmata alla Parola, sperimenta che Cristo ha sempre ragione, che con Lui non si può perdere ma solo guadagnare. Stiamo imparando, in tutte le circostanze della vita, ad obbedire alle richieste del Signore anche quando ci appaiono misteriose ed esigenti, consapevoli che la sua Parola non sbaglia né delude?

 

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