Il bisogno umano di misericordia e Maria
Data: Venerdi 4 Giugno 2021, alle ore 9:18:18
Argomento: Società


Dal Libro di Denis Sahayaraj Kulandaisamy - Luca Di Girolamo, Maria di Nazaret tra bibbia e teologia, NSO, Sivakasi 2017, pp. 259-267.

 



Necessità e bisogno di misericordia

Non passa giorno che i più sofisticati mass-media ci informano – anche con dettagli di dubbio gusto – di casi in cui vengono impunemente calpestati i diritti umani (per non parlare di quelli religiosi). Si tratta di fatti a carattere violento, dove l’egoismo e la sopraffazione raggiungono livelli considerevoli che mettono in risalto quella situazione di “mondo in frantumi” che G. Marcel dipingeva già alla metà del secolo XX. La frantumazione di questo mondo non dipende solo dai processi tecnico-produttivi che dominano l’odierna società (fra l’altro sempre più in crisi finanziario-economica ed ecologica), ma dal modo con cui le leggi, che dominano tali processi, si sono infiltrate nelle relazioni umane rendendole liquide ed indifferenti. Da qui si originano le derive umane e culturali che abbiamo imparato a conoscere grazie anche alle teorizzazioni di maestri che, oltre ad essere ‘del sospetto’, potremmo definire ‘dell’anti - umanità’, guasti che S. Noceti sintetizza efficacemente come segue: «solipsismo,narcisismo, indifferenza, dichiarato rifiuto dell’altro da noi» e che «contraddistinguono la temperie culturale occidentale».356 È chiaro che, considerati i costitutivi descritti dalla teologa italiana, si fa largo la competitività che rappresenta la negazione del ‘fare posto all’altro', del sostenerlo nelle difficoltà di varia origine ed entità. Questo ha delle ricadute e delle rispondenze anche all’interno del popolo di Dio dove, ad esempio, un consistente numero di fedeli non si accosta più al sacramento della Riconciliazione: neo-pelagianesimo? Ribellione?  Molte possono essere, in merito, le spiegazioni. Se già papa Pio XII nel 1946 affermava che il peccato più grande è la perdita del senso del peccato,357 c’è da aggiungere che oggi la perdita della misericordia è gravissima offesa all’uomo che, per sua natura, è stato creato con una ‘cifra sociale’. Offesa che si traduce nel meccanismo del ‘muro contro muro’, dell’incomunicabilità e nel far pesare le colpe senza offrire all’altro la possibilità non solo di ricominciare, ma di esercitare la parte migliore di sé stesso. Tuttavia a sentir parlare di misericordia emerge un altro dato inquietante che consiste nello spettro del cosiddetto ‘buonismo’, figlio di una distorta idea di tolleranza: lo vediamo, ad esempio, nella scriteriata gestione della questione degli immigrati da parte degli organismi civili e internazionali senza varare misure adatte e consone. Ci si potrebbe chiedere: calcare la mano sul perdono senza una reale volontà di cambiamento quale risposta dell’altro, non conduce fatalmente verso una superficiale ed acritica assoluzione? In secondo luogo: a motivo di quest’ultima, dobbiamo sostenere (anche economicamente!) persone che si sono macchiate di reati gravissimi (omicidi, furti, violenze, ecc.) con l’impiego di energie (materiali e spirituali) destinabili a coloro che invece ne hanno reale bisogno. Il problema non è di semplice soluzione anche perché, come cristiani, siamo sempre interpellati dal detto di Gesù secondo il quale Dio «fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti» (Mt 5,45) unito al perdono senza misura (cf. Mt 18,22). Questo aspetto rassicurante, tuttavia, non deve esimerci da un atteggiamento di rigore e severità: il nostro Dio è senz’altro il Giusto e Misericordioso, ma è anche Colui che, con la sua Parola c ci esorta ad essere «santi perché io, il vostro Dio sono santo» (Lv 19,2 e Mt 5,48). Rigore e severità che non devono significare condanna dura e sbrigativa fatta passare per giustizia, ma rappresentano due atteggiamenti da mettere in pratica anzitutto su sé stessi. Torna allora molto attuale il raffronto, fatto da Gesù, tra la pagliuzza e la trave (cf. Lc 6,42): è un paragone che ci tocca sul vivo. Cerchiamo e desideriamo la misericordia, ma in qual modo ci relazioniamo con il Dio della misericordia vivendo un’esistenza retta che ci impedisca di guardare ad una facile condanna considerata come risolutiva senza invece vederne uno strumento di correzione e l’inizio di una nuova pagina di storia personale? In ogni caso sono da evitare gli estremi (il buonismo e il rigore sommario). Il nostro peccato qualunque esso sia – del quale chiediamo perdono (quando con umiltà lo chiediamo!) – è anche quello di far mancare quella misericordia mediante la quale tanti squilibri potrebbero essere sanati, a partire dalle relazioni interpersonali che sono alla base della convivenza internazionale con tutti i suoi interessi. In sostanza, ci allineiamo più spesso al fratello più grande (e non meno peccatore, almeno in superbia) della nota vicenda del padre di misericordia (cf. Lc 15,11-32) perché forse risulta più comodo dimenticando che, come Chiesa, siamo depositari e portatori della misericordia358 che è centro della Rivelazione,359 disegno attraverso il quale Dio opera meraviglie. È Maria a ricordarcelo nel Magnificat.

Maria: Immacolata e «Mater misericordiæ»

Se papa Francesco ha voluto far coincidere l’apertura del Giubileo della Misericordia con una solennità mariana quale è appunto l’Immacolata Concezione, ciò non deve stupirci: anzitutto perché Maria è frutto di tale misericordia e realizzazione dei suoi effetti. In secondo luogo, perché già S. Giovanni Paolo II, nella sua esortazione apostolica Dives in misericordia del 1980 aveva riecheggiato le parole che, nel Magnificat, esprimono il fatto che la misericordia divina si estende di generazione in generazione per poi concludere – avendo sempre come orizzonte il testo lucano – affermando che: «La Chiesa che, sul modello di Maria, cerca di essere anche madre degli uomini in Dio, esprima in questa preghiera la sua materna sollecitudine ed insieme il fiducioso amore, da cui appunto nasce la più ardente necessità della preghiera».360 Si tratta di due elementi connessi e molto importanti che sorreggono il “quotidiano” della Chiesa. Riprendiamo perciò dal primo punto: Maria è frutto ed emblema di misericordia e quest’ultima, a sua volta, fa parte delle meraviglie poste in atto da Dio. Nella Bolla di indizione del Giubileo, Misericordiæ vultus, papa Francesco motiva la scelta di questa data ritornando all’Origine, al Dio della creazione: «Questa festa liturgica indica il modo dell’agire di Dio fin dai primordi della nostra storia. Dopo il peccato di Adamo ed Eva, Dio non ha voluto lasciare l’umanità sola e in balia del male. Per questo ha pensato e voluto Maria santa e immacolata nell’amore (cf. Ef 1,4), perché diventasse la Madre del Redentore dell’uomo. Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono».361 Vengono qui in mente (e il testo della Bolla le suggerisce) le parole della IV Prece Eucaristica (basata, per quanto concerne l’uomo, sull’anafora di S. Basilio († 379)) che così recita: «E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare».362 Ritraducendo armonicamente l’ultima frase del testo eucologico citato possiamo senz’altro affermare che l’uomo in ricerca della misericordia di Dio può trovarla negli effetti che questa produce nella Madre di Dio contemplata e professata, come dogma di fede, nella sua esenzione da ogni peccato e, per questo motivo, bella al pari della Donna di Ap 12, testo utilizzato da tutta una tradizione iconografica che ben esprime il mistero di questo immacolato concepimento.363 In questa bellezza così singolare (che supera i connotati puramente estetici, anche se non li annulla), Maria permette all’uomo di trovare, nella testimonianza scritta ed ispirata,364 il Dio che opera grandi cose e che rendono Maria la beata da parte di tutte le generazioni (cf. Lc 1,48b).365 Il Magnificat – e passiamo ormai al secondo aspetto – ci fa comprendere che siamo in un ambito eminentemente pasquale (anche come rilettura degli eventi che riguardano Maria) che illumina il motivo per cui Dio Padre, in vista dei meriti di Cristo, ha scelto e conformato una Madre per il Figlio, l’ha adornata di ogni virtù senza che conoscesse peccato. In sostanza, ha offerto all’umanità un segno della sua benevolenza e della sua carità più forti del male commesso da Adamo:366 è il messaggio paolino di Rom 5,20. Da qui ecco sorgere e motivarsi – tanto nella preghiera, quanto nell’arte visiva367 – la frequenza della Mater misericordiæ che, talvolta, con tratti maestosi e regali (motivati da una Grazia del tutto particolare che affondale sue radici nel seno della SS. Trinità e, per questo, associata al tema della luce), protegge il popolo che a lei si rivolge. Come Maria riceve misericordia da Dio così la manifesta nel suo potere di intercessione ed è questo il suo più alto esempio ed insegnamento.

Da Maria al mondo

L’esemplarità nella fede e nel discepolato fa sì che Maria, primeggiando fra i poveri e gli umili,368 appaia destinataria di un favore particolare da parte di Dio che in Lei si incarna e ne perfeziona, sin dagli inizi, la condizione. Si tratta di un incommensurabile atto di amore che ha permesso alla Chiesa – sin dalle più antiche testimonianze della Tradizione – di considerare Maria quale realizzazione perfetta del genere umano.369 Tale realizzazione che, successivamente, si completa in una glorificazione del genere umano nel Regno non può prescindere da un elemento ineliminabile costituito dall’impegno nel riscoprire la propria autenticità. Essa risiede nel carattere iconico dell’uomo (immagine-somiglianza: cf. Gen 1,26-27) che tocca, al contempo, il suo essere e il suo agire ritagliati nel mistero di Dio. L’autenticità è, perciò, rendersi strumento della Parola annunciata e trasmessa: Parola di misericordia.370 Sappiamo come nel Magnificat e nell’icona del padre dei due figli (cf. Lc 15,20), Dio apre le braccia della sua misericordia: tale atto non può, né deve restare confinato in un libro o fissato in un’opera d’arte, ma tradotto e concretizzato in gesti di grande responsabilità, ossia ricostruzione di una identità umana che, in alcuni, è offesa dal peccato. Per ogni uomo, collocarsi sulla linea e sulle orme di Dio non è semplice: molteplici sono le passioni, i pesi e le barriere che gravano sul suo cuore impedendo gesti di riconciliazione soprattutto in casi gravi, dove umanamente si invoca l’evangelica macina da mulino al collo (cf. Mc 9,42) quale soluzione estrema. L’unica via di fuga (se così possiamo definirla) da questa sommaria soluzione è ritornare al mistero del Dio che, all’inizio e ancor prima della sua comparsa storica nel tempo (cf. Gal 4,4), ha rivolto uno sguardo di misericordia a Maria e, alla fine, sulla Croce ha invocato il perdono sui suoi uccisori (cf. Lc 23,34). Maria è presente in entrambi i momenti a testimoniare quanto la misericordia produce. Nel Mistero Pasquale, Gesù mostra quella forza di attrazione (cf. Gv 12,32) che è sostanzialmente atto di misericordia e coloro che si collocano fuori ed agiscono con parametri che non sono quelli di Dio si perdono nella solitudine che isola con i propri limiti elevati ad idoli mostruosi e generatori di violenza. La Croce e la Mater misericordiæ anche visivamente appaiono come icone ‘aperte’ e tornare ad esse non è segno di debolezza, ma di forza e maturità per l’uomo di ogni tempo.

Conclusione

Nella sua lettera alla comunità di Efeso, S. Paolo pone in guardia dal considerare opera dell’uomo la grazia che proviene dal Signore (cf. Ef 2,9). Questo deve ricordarci che la stessa misericordia, che noi riceviamo e che siamo chiamati a far circolare (cf. Mt 5,7), conduce ad una comunione che sta a noi costruire e rafforzare costantemente, riscoprendoci così collaboratori di Dio. Tale è stata Maria: ‘vincente’ per umiltà, discrezione, silenzio e resta esempio di offerta e dono per l’intero popolo di Dio. A noi tutti si rivolge ripetendo l’invito ai servi: «Quanto vi dirà, fatelo» ( Gv 2,5) riportandoci così al Figlio, centro e cuore della divina carità. Per questo Ella è Mater misericordiæ, ma anche di coloro che di questa misericordia sono vivi e veri diffusori.

NOTE
356 S. NOCETI , Verso una Chiesa di misericordia, in Credere oggi 202 (lu-ag. 2014), 67.
357 L’espressione figura in un Radiomessaggio ai Catechisti statunitensi (PIO XII, Discorsi Radio Messaggi, Città del Vaticano 1947, vol. VIII, 288) e sarà ripresa da S. Giovanni Paolo II nella Reconciliatio et pænitentia n. 18.
358 Cf. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum , n. 8, in EV 1/882a.
359 FRANCESCO, Misericordiæ vultus , n. 25, LEV - S. Paolo, Città del Vaticano-Milano 2015, 63.
360 GIOVANNI PAOLO II, Dives in misericordia , n. 15, in EV 7/952.
361 FRANCESCO, Misericordiæ vultus , n. 3, p. 19.
362 Messale Romano, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1983, 412.
363 Su questo aspetto si veda G. MORELLO -V. FRANCIA -R. FUSCO (a cura di), Una Donna vestita di sole: l’Immacolata Concezione nelle opere dei grandi maestri , F. Motta ed., Milano 2005.
364 Cf. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum , n. 11, in EV 1/889-890.
365 Al n. 24 della citata Bolla, papa Francesco fa notare che anche noi siamo parte di quelle generazioni che si susseguono nel tempo.
366 Ciò appare sin dalle prime righe della bolla Ineffabilis Deus di PIO IX del 1854, in EE 2/739 (intero documento 2/739-65).
367 Ci possiamo riferire qui all’antichissima preghiera del Sub tuum præsidium (III sec.) e al motivo iconografico della Madonna del Manto (XIII sec.).
368 Cf. CONCILIO VATICANO II, Lumen gentium, n. 55, in EV 1/429.
369 Cf. IRENEO DI LIONE, Adversus hæreses , III,19,3, in SCh 211,380-381.
370 Cf. FRANCESCO, Misericordiæ vultus , n. 25, 63.

 

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