Negli occhi di Maria: Elisabetta
Data: Mercoledi 16 Giugno 2021, alle ore 8:44:13
Argomento: Spiritualità


A cura di Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini, Diocesi di Treviso, 2011.


 



Incontro di Maria ed Elisabetta

Questo brano posto al centro del capitolo 1 di Luca, ne costituisce il cuore, il punto chiave. Esso è racchiuso tra due annunciazioni, e i loro canti di lode e di fede (Magnificat e Benedictus) e diventa rivelazione del mistero che si sta realizzando. «In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore"» (Lc 1,39-45).

Mettersi in cammino

Questo passo del Vangelo è un viaggio verso la montagna, verso la terra di Giuda, che è terra di lode, di canto (questo significa il suo nome). Dunque è una salita, un’ascesa, ma anche un ingresso: dalla città alla casa, dalla folla all’intimità. Luca intreccia abilmente il racconto con la simbolica del viaggio. La fede è sempre un mettersi in cammino, come già Abramo. C’è un grande movimento che anima questa scena: Maria si mette in viaggio, raggiunge in fretta, entra, saluta; Giovanni sussulta esultando, cioè danza pieno di gioia nel grembo di sua madre; Elisabetta è riempita di Spirito Santo che soffia dentro di lei e la fa esclamare a gran voce. La Scrittura così ci coinvolge in questo movimento e ci invita alla danza, ad entrare nei passi di danza di tutti coloro che già prima di noi seguono il Signore. Maria si alza in una risurrezione d’amore, di cura per l’altro che la spinge in una corsa affrettata verso Elisabetta. Il testo di Luca ci offre proprio il verbo della risurrezione, che indica un alzarsi pieno, deciso, solido. Maria ben dritta, mossa dallo Spirito del Signore, lascia dietro a sé ogni cosa e decide di partire. Si mette in cammino e sale verso la montagna, poi entra e saluta. Un avvicinamento progressivo che non teme le distanze, le differenze, le fatiche, le incognite. Per questo è così gioiosa, traboccante fino al canto, alla lode.

Grembi che danzano

Due donne che si cercano e si incontrano, per dare vita alla vita. Due grembi abitati, parlanti, esultanti, già partecipi dell’esistenza:
- Salutò Elisabetta: il saluto scambiato tra Maria ed Elisabetta non è vuoto, formale, ma porta in sé tutta la carica, tutta la preparazione che vediamo nelle decisioni, nei gesti, nei movimenti di Maria. È un saluto pregnante come sono Maria ed Elisabetta, un avvicinarsi di grembi, di vite, di respiri, che diventa benedizione.
- Il bambino sussultò: il saluto è tale da provocare una gioia incontenibile, l’esultanza di una vera e propria danza. Il verbo che troviamo in queste parole di Elisabetta significa saltare, balzare, saltellare, ma anche danzare. Questo particolare ricorda la danza del re Davide davanti all’arca (2Sam 6,14); Giovanni vuole esprimere danzando tutta la gioia traboccante per l’arrivo del Messia. Maria ci appare allora come la nuova arca, colei che porta in sé la salvezza d’Israele e di tutte le genti.
- Nel grembo: ci troviamo davanti alla parola chiave del brano che ricorre 3 volte. È questo il centro dell’incontro con Dio, luogo della gioia e della trasformazione. Il termine greco richiama i significati di cavità, vuoto. Ma il grembo non è un luogo vuoto, anzi è la vita stessa abitata, fatta accoglienza, accettazione. Il primo contatto fra queste due donne avviene a livello del grembo, in quei loro spazi segreti, intimi, vitali, che custodiscono il tesoro più prezioso che è stato dato loro: un figlio. Siamo così condotti anche noi presso il santuario della vita che è il grembo della donna.

In principio era la relazione

Elisabetta fu piena di Spirito Santo: il greco usa il verbo all’aoristo passivo che indica un evento ben preciso, con un inizio rintracciabile. Elisabetta fu riempita, visitata, abitata da una presenza sempre più consistente.
- Esclamò a gran voce: Elisabetta a questo punto non può che esplodere in un canto di gioia traboccante. Il testo ci offre un verbo abbastanza raro che appare solo qui nel NT e 5 volte nell’AT e che significa alzare la voce, esclamare, acclamare, lodare. Esso compare sempre in un contesto liturgico particolare, nel momento in cui Israele trasporta l’arca dell’alleanza (1Cr 15,28; 16,4-5.42; 2Cr 5,13) .
- A che debbo?: il canto e la danza di Elisabetta si erano aperti con la proclamazione estasiata di due benedizioni consecutive rivolte a Maria: Benedetta tue benedetto il frutto del tuo grembo! E ora proseguono con un’esclamazione piena di stupore, di meraviglia e di gratitudine. Questo a che debbo? Può essere tradotto: E da dove a me questo? Con un’espressione molto particolare che non si trova in bocca a nessuno nella Bibbia. Solo Mosè una volta parlando con Dio dice: da dove a me la carne da dare a tutto questo popolo? (Nm 11,13). Questa è una domanda che rivela una chiara consapevolezza di sé. Elisabetta sa di aver ricevuto una visita, un dono grande e non si sente degna. Riconosce la bontà di Dio versa di lei e non sa come ricambiare. Il dono di Dio viene solo dall’alto, da quel cielo ormai aperto, spalancato per noi.

Parola di benedizione

Quelle tra Maria ed Elisabetta sono le prime parole che nel Vangelo di Luca si scambiano due esseri umani. In questo primo dialogo la prima parola di Elisabetta è una benedizione che si estende su tutte le donne. Benedetta tu perché Dio benedica con la vita. Le madri sono quindi benedette per prime e profetizzano per prime. E se una nascita è gioia, viene a noi il Dio della gioia. Imparare anche noi a benedire, a cercare le parole più buone; ma è più che dire, è una forza di vita che viene dall’alto, che discende dalla prima benedizione: Dio li benedisse: crescete e moltiplicatevi (Gen 1,28). Il primo passo per l’incontro con il mistero e con il cuore dell’altro è benedire, è poter dire: tu sei una benedizione di Dio per me, tu sei un dono di Dio. E una casa dove non ci si benedice l’un l’altro, dove non ci si loda reciprocamente, è destinata alla tristezza.
- Casa come santuario: Elisabetta invece sta in casa; da cinque mesi è nascosta così dopo aver scoperto il dono di Dio nel suo grembo, una meraviglia sconvolgente che l’ha paralizzata. All’arrivo di Maria, Elisabetta apre la sua casa, la sua vita, la sua persona, non si sottrae alla gioia contagiosa di questo incontro. Non si nasconde più perché sa di essere conosciuta fino in fondo, per questo non pone barriere, ostacoli. Per due volte il brano sottolinea che lei ascolta (vv 41 e 44): parte da qui la sua apertura agli eventi della vita che la raggiungono in maniera così inaspettata. Prima di tutto apre l’orecchio, il cuore, il grembo e accoglie. La casa così diventa il luogo dove la vita celebra la sua festa, della liturgia più vera.
- E lodano Dio, ringraziano, benedicono: due madri costruiscono un santuario di preghiera nella casa. Elisabetta benedice, Maria loda. Come accolse il figlio Giovanni nel suo grembo, così accoglie Maria nella sua casa e lo Spirito nel cuore. Elisabetta non è passiva, anzi opera insieme alla grazia e si lascia coinvolgere nella danza della salvezza. Due donne che si salutano in modo festoso, che si scambiano in modo reciproco la benedizione. Una visita d’amore, di salvezza, di illuminazione.

Il Magnificat (Lc 1,45-55)

46. E Maria disse: l’anima mia magnifica il Signore
47. ed esultò il mio spirito in Dio, il mio salvatore,
48. perché ha guardato sulla bassezza della sua serva. Ecco infatti da ora in poi mi diranno beata tutte le generazioni,
49. perché ha fatto per me grandi cose il Potente e Santo è il suo nome
50. e la sua misericordia di generazione in generazione su coloro che lo temono
51. Ha fatto forza con il suo braccio, Ha disperso i superbi nel pensiero del loro cuore
52. Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili
53. gli affamati, ha riempito di beni e i ricchi ha rimandato vuoti
54. È venuto in soccorso di Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia
55. come aveva detto ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per l’eternità.

Canto di tutte le grandezze

Maria rispondendo con queste parole ad Elisabetta tesse insieme frammenti della Scrittura presi dai Libri di Samuele, dall’Esodo, dai Salmi, da Isaia, e Michea. Questa donna è una Bibbia aperta, ella la sottrae al silenzio della pergamena e le presta la sua voce innocente e chiara. Come reagisce Maria? Lei risponde con il Magnificat, ma il canto trascende la situazione immediata, Maria si rivolge direttamente a Dio. Un duplice movimento caratterizza il suo canto, ascendente e orizzontale. Si potrebbe parlare di due strofe, ma collegate in modo tale che la seconda è quasi il prolungamento della prima. Non si da infatti alcuna congiunzione nel passaggio dalla prima alla seconda strofa, evidenziando in tal modo lo stretto legame tra l’evento posto in primo piano (vv 46-49) e l’ampio orizzonte entro cui si dispiega la misericordia divina (vv 50-55).

Maria l’eletta

Maria è al centro della scena, ma totalmente decentrata, lei ha la piena consapevolezza di essere l’eletta, tuttavia persiste nell’atteggiamento della più completa umiltà. Ed ecco che la scena si allarga all’interno di una moltitudine che la proclama beata. Sono gli anawim, i poveri e i timorati del Signore sui quali si dispiega la divina misericordia. La scena si popola ulteriormente, sul palcoscenico della storia da un lato stanno i superbi, i ricchi e i potenti e sull’opposto stanno gli umili, gli indigenti, gli affamati che sperimentano un sorprendente capovolgimento di situazione. Il canto di Maria è ormai il loro canto, si loda e si danza insieme come sulle rive del Mar Rosso … Allora Miryam, la profetessa, sorella di Aronne, prese nella sua mano il timpano: dietro a lei uscirono tutte le donne con timpani e con balli. Miryam intonava il ritornello: «Cantate a YHWH perché ha mirabilmente trionfato: ha gettato nel mare cavallo e cavaliere!» … (Es 15, 20-21).

 Dolore di Anna di fronte a Dio

 Ma è soprattutto la figura di Anna che viene richiamata dal canto della Vergine. Anna, moglie di Elkana, è una donna umiliata perché sterile, ma sostenuta e glorificata da Dio. Ci troviamo in apertura del primo libro di Samuele, uno dei cosiddetti Storici della Bibbia. Qui il popolo sta vivendo la preparazione del passaggio alla monarchia: Samuele che nascerà dalla sterile Anna, sarà l’ultimo dei Giudici e introdurrà sulla scena il re Saul. In questo periodo della storia d’Israele il centro della vita religiosa non è a Gerusalemme, ma a Silo, dove era stato costruito un santuario, in cui era l’arca di Dio, la Presenza di Dio. Qui il popolo veniva per compiere i santi pellegrinaggi in occasione delle grandi feste; qui erano i sacerdoti che offrivano i sacrifici e celebravano il culto. Elkana con la sua famiglia si inserisce in questo contesto, viene a Silo per la festa delle capanne, per gioire davanti al Signore e per offrire i suoi doni. Il testo (1Sam 1,4-18) dice per due volte che Dio aveva rinserrato il grembo ad Anna, usando un verbo piuttosto forte, che richiama quasi il rumore del chiavistello che gira e rigira fino a chiudere completamente la porta. Davvero è come se una porta chiusa si ergesse contro questa donna, indifesa e sofferente. Come se non bastasse al dolore di questa condizione si aggiungono l’afflizione l’amarezza provocate da una rivale, l’altra moglie di Elkana: Peninna. Una donna capace di dare figli, ma non amata, proprio per questo forse  è velenosa.

Preghiera di Anna

Il testo registra lacrime abbondanti sul viso di Anna. Lacrime dure che diventano cibo e preghiera. Amarezza che si scioglie in parole di supplica, versate in silenzio sul volto di Dio. Nel suo dolore questa donna diventa maestra di preghiera. Il sacerdote-capo, Eli, controlla che tutto si svolga con compostezza. All’improvviso nota una donna che, in disparte, prega muovendo le labbra ma senza emettere voce, come è prescritto per la preghiera pubblica. La sua reazione è dura: egli sospetta che la festa dell’uva abbia avuto qualche conseguenza e apostrofa la donna con asprezza. Era Anna che pregava in silenzio e risponde al sacerdote con semplicità: … Sto sfogandomi davanti al Signore / ho versato la mia anima davanti al Signore ... L’unica cosa che desidera è un figlio, un seme di vita e Dio si ricordò di lei e la visitò. Termina così la sua storia, con questo verbo carico di amore: Dio ha visto, ha guardato Anna, non di sfuggita, ma con attenzione e sollecitudine, con desiderio, favore e nostalgia. La porta è stata riaperta, il Signore è ritornato nella sua dimora, donando molto di più di quanto gli era stato chiesto, infatti nasce Samuele e dopo di lui ancora figli e figlie.

Cantico di Anna

Allora Anna pregò: Il mio cuore esulta nel Signore, la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio. Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io godo del beneficio che mi hai concesso. Non c’è santo come il Signore, non c’è rocca come il nostro Dio. Non moltiplicate i discorsi superbi, dalla vostra bocca non esca arroganza; perché il Signore è il Dio che sa tutto e le sue opere sono rette. Gli archi dei forti si spezzano, ma i deboli sono rivestiti di vigore. I sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati sono ingrassati di cibo. La sterile partorisce sette volte e la numerosa di figli sfiorisce. Il Signore fa morire e fa vivere, fa scendere agli inferi e fa risalire. Il Signore spossessa e arricchisce, abbassa ed esalta. Solleva dalla polvere il misero, innalza il povero dalle immondizie, per farli sedere insieme con i capi del popolo e assegnar loro un seggio di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi fa poggiare il mondo. Sui passi dei giusti Egli veglia, ma gli empi svaniscono nelle tenebre. Certo non prevarrà l’uomo malgrado la sua forza.... Saranno abbattuti i suoi avversari! L’Altissimo tuonerà dal cielo. Il Signore giudicherà i confini della terra; darà forza al suo re ed eleverà la potenza del suo Messia ... (1Sam 2,1-10).

La Vergine ci insegna a pregare

Le due madri “impossibili”, una sterile: Elisabetta e l’altra vergine: Maria, si incontrano ed è un incontrarsi anche dei due figli che portano nel grembo. In risposta alla proclamazione di Elisabetta e al suo atto di fede, è davanti al mistero del figlio che porta in grembo, riconosciuto come Signore, che Maria prorompe nel canto di lode del Magnificat. La fede fa sorgere il rendimento di grazie e la lode. L’umile serva del Signore che con il suo fiat si era resa disponibile per il misterioso progetto di Dio, continua il suo cammino di obbedienza celebrando la grandezza del Dio d’Israele e del suo piano di salvezza. Il Dio grande ha fatto cose grandi. Egli è definito il Potente, capace di prodigi, il Signore della storia, dal braccio forte che dispiega contro i superbi. Egli è il Santo, portatore di una giustizia che abbatte i malvagi arroganti e innalza gli innocenti piegati sotto l’oppressione. Egli è il Salvatore, misericordioso e fedele, che non dimentica le sue promesse e la cui memoria salvifica attraversa i secoli, di generazione in generazione. La grandezza di tale operare apre alla gioia esultante e Maria non può che magnificarlo. Egli ha guardato alla piccolezza della sua serva, e ha dato risposta all’attesa di tutti coloro che confidano in lui e lo temono. Come aveva guardato all’oppressione del suo popolo in Egitto facendolo uscire dalla prigionia per portarlo alla libertà del suo servizio e come ha sempre continuato a guardare all’afflizione di tutti i suoi poveri che a lui si rivolgevano per averne salvezza.

Un misterioso silenzio di Maria

Maria nel Magnificat, non nomina mai il figlio Gesù; forse perché ogni maternità si compie in una meraviglia di silenzio. Maria come ogni madre scopre il miracolo dentro di sè solo attraverso lievi fremiti; sogna il proprio bambino, gli parla, si preoccupa, si diverte. Ma tutto è gelosamente custodito nella propria dimensione interiore più intima e profonda. Questo santuario segreto tuttavia non spiega ogni cosa. Il Magnificat possiede un’ulteriore dimensione di significato; questo canto dispiega la giustizia, la misericordia, la liberazione degli oppressi, la grandezza dei poveri. Rivela tutto il senso dell’opera di Gesù Cristo. Questo silenzio sul proprio figlio quindi è il modo che ha la madre di dirci: Vi è offerto fino ad annientarsi. Anch’io annuncio molto dolcemente questa novella che mi lacera il cuore ma è buona: voi sarete un popolo libero.

 

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