Un articolo di Carla Ricci, in Maria. Bimestrale sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani,
n. 1/2020, pp. 2-5 e n. 2/2020, pp. 3-4.
La collocazione fuori dal tempo, ha
favorito l’astrazione e la nascita di
un’immagine stereotipata di Maria.
Una storia nascosta, quella delle
donne, da riportare alla luce. Per
evidenziare le molte negazioni, cui
sono state sottoposte nella storia: la
negazione della presenza fisica, la
negazione della parola, la negazione
della conoscenza. Ma lo Spirito
rende tutti partecipi del suo dono:
figli e figlie, schiavi e schiave, giovani e anziani…
La formazione religiosa ricevuta
aveva prodotto in me un’immagine ingombrante, irreale, stereotipata, lontana, ed in fondo estranea di Maria.
La Madonna della mia formazione, era una donna di una sola età,
irrigidita nell’"immagine". O forse meglio ancora, era una donna
di nessuna età, posta fuori dall’umano scorrere del tempo, e con ciò
lontana dalla percezione concreta, quotidiana.
Mi fu sottratta, quindi, non solo
una persona, ma anche una bambina, un’adolescente, una donna.
La giovane che è promessa sposa
a Giuseppe è, ma anche allo stesso tempo non è, la donna nella cui
esperienza sono trascorsi più di
trent’anni e alla quale viene ucciso il figlio.
Il volto della donna che soffre ai
piedi della croce, raccoglie il vissuto di Maria da molti anni addietro: dall’infanzia, dall’incontro con Giuseppe, dal parto di
Gesù, dal primo problema creato
dalla crescita e dal distacco del
figlio, (va a parlare con i dottori),
dal momento in cui Gesù abbandona la sua casa per andare ad
annunciare il regno. Maria giunge qui, attraverso il succedersi
degli anni. Quando Gesù muore,
l’età della madre deve porsi verso
i cinquant’anni. Un’immagine storpiata di donna.
Mi appare chiaro ora che è la collocazione fuori dal tempo che ha
favorito l’astrazione e la nascita
dell’"immagine". L’eliminazione
della categoria di tempo, poi,
creò forse un effetto di trascinamento che porta con sé quello di
spazio.
Dove, dall’ambito più vicino a
quello più ampio, Maria è collocata? Lo spazio immediato della
persona è costituito dalla sua
realtà fisica, il corpo.
A questo punto mi si pone innanzi uno scoglio che, se non è possibile in questo ambito affrontare,
non posso nemmeno ignorare.
Quali complesse operazioni sono
avvenute in riferimento alla realtà corporea di Maria? Al di là
delle convinzioni di fede, la condizione di verginità è divenuta
centro di coagulazione di quali
situazioni culturali, interiori, psichiche?
La dicotomia male-bene, la contrapposizione corpo-anima, che
ruolo hanno avuto nella cristallizzazione di concetti che presentano la sessualità come negativa e
affermano, contrapponendola, la
verginità come positiva? Le trilogie male-corpo-sessualità e bene-anima-verginità intersecano relazioni articolate con dipendenze
interne e conseguenze di intorpidimento di tutte le singole realtà.
La sessualità vista negativamente
può portare ad una esaltazione
della verginità intesa come non-sessualità, non-corporeità. Così
come la non accettazione della
realtà corporea può indurre a
considerare le realtà spirituali in
modo disincarnato, disancorato e
avulso dalla concretezza anche
corporea in cui la persona umana
è stata voluta.
Maria da questo processo esce
con un'immagine storpiata di
donna quasi privata del corpo
oltre che della componente sessuale, cosicché avviene che mentre il Figlio di Dio in lei "si fa
carne", sembra svanire nel nulla
la "carne" della madre. E ciò proprio quando il Creatore ha scelto,
sia di farsi uomo (con un corpo),
sia di farlo attraverso il corpo di
una donna.
La "storia nascosta" di Maria
Ritrovare la storia delle donne è
compito arduo, perché la loro subalternità è generalmente sepolta sotto il silenzio e il disinteresse di secoli di predominio
patriarcale che ha visto gli uomini non solo dominare la storia,
ma interpretarla e, come storici e
letterati, trasmettercela. Maria di
Nazareth purtroppo non sfugge a
questa regola generale.
Come tentare di riportare alla
luce ciò che giace nascosto? Come
liberare Maria dalle stratificazioni concettuali depositatesi attraverso secoli di elucubrazioni
intellettuali di uomini generalmente celibi? Come ritrovare
Maria donna? Come "andare" a
scoprirla nella Palestina di 2000
anni fa? Due possibili strade:
vedere la condizione della donna
in quell'epoca e analizzare i brani
del Nuovo Testamento al riguardo.
In sintesi si può parlare di storia
negata alle donne, ma contemporaneamente di una storia nascosta
da riportare alla luce. Delle tante
negazioni se ne segnalano tre:
- La negazione della presenza fisica:
la donna non contava per costituire il numero minimo di dieci
persone necessario per svolgere
la funzione religiosa nella sinagoga. Incontriamo un'influenza di
questa negazione anche nel redattore del vangelo di Matteo, quando per due volte troviamo l'espressione: "senza contare le
donne e i bambini" (Mt 14,21;
15,38).
- La negazione della parola: era
bene che la donna non parlasse,
soprattutto in pubblico e anche
con parenti stretti; la parola della
donna non aveva valore come
testimonianza giuridica.
- La negazione della conoscenza: alle
donne era interdetta la frequenza
di scuole e anche l’insegnamento
religioso era strettamente limitato ad alcuni precetti, soprattutto
negativi, contraddistintiti dal
"non fare". Si trova scritto nel
Talmud palestinese: “Le parole
della Torah vengano distrutte dal
fuoco piuttosto che essere insegnate alle donne” (Sotah 19°).
Della storia nascosta di Maria
affiorano nei Vangeli alcune tracce rivelatrici. All'interno di questa cultura e come madre di un
primogenito maschio, Maria
avrebbe dovuto vedersi riconosciuto un valore importante. Ma
Gesù opera una rottura dei legami parentali e di clan ebraici che coinvolge anche quelli della famiglia. Dalle scarse tracce che il
Nuovo Testamento ci ha tramandato del rapporto e dei dialoghi
di Gesù con Maria (Lc 2,48-49:
"Gesù fra i dottori"; Gv 2,3-5:
"Nozze di Cana"; Gv 19,26-27:
"Maria presso la croce"; Mt 12,46-
50/Mc 3,3 1-351/Lc 8,19-21: "I veri
parenti di Gesù"), si evidenzia un
rovesciamento dell'impostazione
tradizionale.
Nei discorsi diretti Gesù non si
rivolge mai a Maria coni l'espressione "madre", la chiama invece
"donna": "Che ho da fare con te, o
donna?" (Gv 2,4): "Donna, ecco
tuo figlio" (Gv 19,26) termine che
usa anche con Maria di Magdala
quando le appare risorto: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?"
(Gv 20,15).
E certo allora doveva risuonare in
modo inconsueto e di non facile
lettura. Ma al di là anche dei problemi di analisi delle redazioni
degli scritti evangelici e quindi
della storicità dei singoli detti di
Gesù e quindi anche di questi,
forse è illuminante l'episodio che
solitamente viene chiamato "I
veri parenti di Gesù" e che si
trova in parallelo nei tre vangeli
sinottici di Matteo, Marco e Luca.
Lo si riporta nella redazione di
Marco, quella considerata oggi la
più antica: "Giunsero sua madre e
i suoi fratelli e, stando fuori, lo
mandarono a chiamare. Tutto
attorno era seduta la folla e gli
dissero ‘Ecco tua madre, i tuoi
fratelli e le tue sorelle sono fuori
e li cercano’. Ma egli rispose loro:
‘Chi è mia madre e chi sono i miei
fratelli?’. Girando la sguardo su
quelli che gli stavano seduti
attorno, disse: ‘Ecco mia madre e
i miei fratelli. Chi compie la
volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre’" (Mc 3,31-
35). Parole probabilmente dure e
inconsuete allora per quell'uditorio abituato a considerare la
donna soprattutto, e quasi solamente, in quanto madre.
Ce lo attesta un'altra espressione. Secondo Lc 11,27-28 una
donna si rivolse a Gesù dicendo:
"Beato il ventre che ti ha portato
e il seno da cui hai preso il
latte!". Ma egli le disse: "Beati
piuttosto coloro che ascoltano la
parola di Dio e la osservano!".
La risposta di Gesù nei due brani
è omogenea: ciò che ha valore
non è un dato biologico o una
funzione in se stessi, ma la realtà totale della persona come
capace di ascolto e di attuazione
della parola. E la donna viene
considerata tale: una discepola.
E così anche Maria.
Il rapporto madre-figlio
Il rapporto madre-figlio può essere percepito con due connotazioni
diverse, ma poi nemmeno troppo,
nell’episodio "Gesù fra i dottori" e
alle nozze di Cana.
Nel primo vediamo Gesù dodicenne compiere un gesto di autonomia dalla famiglia e dalla
madre, e questo ci fa cogliere in
Maria le ansie e le difficoltà che
ogni donna vive quando un figlio
crescendo promuove il proprio
distacco e la propria indipendenza. L'equilibrio precedente si
rompe, le proiezioni della madre
a seguire e proteggere costantemente il figlio devono essere rivedute alla luce della vitale esigenza della maturazione dell'autonomia del figlio.
Maria è qui colta donna dalle
donne in questa difficoltà di passaggio per un sentire profondo,
collegato alla realtà di comunicazione non verbale, fisica, del
corpo nel corpo, del feto nella
donna, condizione che la pone in
modalità di percezione molto
coinvolgenti, nelle quali deve
imparare a muoversi e che deve
riuscire a gestire.
In questa situazione è molto
importante la presenza dell'uomo
che, partendo da modalità diverse, ma avendo un rapporto profondo con la donna, ne coglie le
difficoltà e le è un riferimento a
fianco per superarle.
Per la donna vivere la maternità
in modo non totalizzante significa anche restituire all'uomo, là
dove l'avesse persa o non l'avesse
acquisita pienamente, la paternità. Una fiducia che va "oltre".
Restano ora i due passi di
Giovanni: sono gli stessi citati per
l'espressione "donna", usata da
Gesù per rivolgersi a Maria (2,4;
19,26). Altro però vi si potrebbe
osservare, soprattutto nel racconto delle nozze di Cana e del modo
di porsi rispettivamente prima di
Maria verso il figlio, e poi di Gesù
verso di lei. Solo un accenno che
andrebbe approfondito.
Questo il dialogo: «La madre di
Gesù gli disse: "Non hanno più
vino". E Gesù rispose: "Che ho da
fare con te, o donna? Non è ancora
giunta la mia ora". La madre dice ai
servi: "Fate quello che vi dirà"» (Gv
2,3-5).
Al di là delle problematiche redazionali che la pericope presenta si
incontra un testo che mette in evidenza l'iniziativa di Maria nel
sottoporre al figlio una situazione
di disagio. È una sottolineatura
importante per un contesto sociale che vedeva la donna non poter
assumere certi ruoli e dover evitare di parlare in pubblico. In
Giovanni poi il gesto di Maria
porta a quello che viene considerato il "primo miracolo". Gesù
risponde alla madre con un'espressione che ci fa riflettere per
la forza con cui sembra voler mettere in chiaro la distinzione di sé
dalla madre, la propria autonomia e quasi l'invito a non interferire con quanto dovrà avvenire, le
cui modalità e i tempi hanno
altrove il loro fondamento.
Questa specie di situazione di
contrasto non scompare, ma
apparentemente si rafforza nel
seguito. Maria si rivolge ai servi
dicendo: «Fate quello che vi dirà».
E un insistere quasi inopportuno?
Forse è la fiducia di Maria che va
oltre il proprio figlio, al figlio
dell'Uomo, che va oltre questa
contingente situazione, oltre la
maternità fisica, oltre il tempo
presente e immediatamente umano. Pare che ciascuno, madre e
figlio, si assuma distintamente la
propria specifica responsabilità,
esprima la propria voce e risponda alla propria chiamata.
Le altre donne del Vangelo
È difficile fare ipotesi circa contatti concreti di Maria con le
donne che assieme ai "dodici"seguivano Gesù. La presenza di
Maria vicino a Gesù durante il
ministero pubblico assai raramente compare nei testi evangelici. Anche nell'episodio dei veri
parenti appare chiaro che Maria
non seguiva il figlio nel suo itinerare: lo va infatti a cercare. La sua
presenza è esplicitata in Gv 19,25
sotto la croce: «Stavano presso la
croce di Gesù sua madre, la sorella di
sua madre, Maria di Cleofa e Maria
di Magdala». Qui troviamo Maria
di Nazareth insieme con Maria di
Magdala, la donna che emerge
all'interno del gruppo del seguito
e che, nella successione del racconto giovanneo, è poi scelta da
Gesù per la prima apparizione. Il
coinvolgimento e la partecipazione di Maria alla realtà del gruppo
delle donne che aveva seguito
Gesù è invece testimoniata nel
racconto degli Atti dove in 1,14 ci
viene data una conferma importante della presenza di Maria con
le altre donne subito al formarsi
della comunità post-pasquale:
«Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di
Gesù e con i fratelli di lui».
A questo gruppo verrà fatto dono
dello Spirito e di esso sono resi
partecipi i "figli" e le "figlie", gli
"schiavi" e le "schiave", i "giovani" e gli "anziani" in una realtà di
pienezza che nessuno esclude né
per sesso, né per condizione
sociale, né per età, ma tutti accoglie e, abbracciando i tempi, dà
compimento alle parole del profeta Gioele e viene proclamata da
Paolo:
«...io effonderò il mio spirito
sopra ogni uomo
e diverranno profeti i vostri figli
e le vostre figlie;
i vostri anziani faranno sogni
i vostri giovani avranno visioni.
Anche sopra gli schiavi
e sulle schiave,
in quei giorni effonderò
il mio spirito» (Gi 3,1-2).
«Non c'è più giudeo né greco, non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo
né donna» (Gal 3,28).