Nel pensiero di San Paolo VI e San Giovanni Paolo II.
1. Con Maria verso il Natale
San Paolo VI, Udienza Generale del 21 dicembre 1966, in Insegnamenti di Paolo VI, IV (1966) p. 642-644.
L'imminenza del Santo Natale non ci consente di pensare ad altro e di parlare d’altro che del grande fatto, del grande mistero dell’Incarnazione, della nascita di nostro Signor Gesù Cristo, due volte generato, come diceva un’iscrizione nell’antica Basilica di San Pietro: senza madre in cielo, senza padre in terra, cioè Figlio eterno di Dio Padre, e Figlio nel tempo di Maria, uno nella Persona divina del Verbo, che associa alla sua divinità l’umanità di Gesù l’uomo-Dio, nostro Salvatore, nostro Maestro, nostro fratello, Sacerdote sommo fra cielo e terra, centro della storia e dell’universo. Chi avverte la realtà di questo avvenimento non può occuparsi d’altro; e quanto più esso supera la nostra capacità di comprensione tanto più attrae ed impegna la nostra avidità di contemplazione; tutto in Cristo si concentra, tutto s’illumina. E la grande meraviglia è poi questa, che ciascuno di noi è interessato al fatto prodigioso; esso ci tocca personalmente, e non in modo accidentale e fortuito, ma in modo essenziale; il nostro destino è collegato con esso; nessuno di noi può prescindere dal rapporto che la nascita di Cristo stabilisce fra Lui e ognuno di noi.
Se non che questo non è il momento per sostare in simile meditazione, di cui ci basta qui fare ricordo per esortarvi a cercare nella prossima celebrazione della dolcissima festa ciò che ne costituisce il punto focale, il mistero cioè della venuta di Cristo fra noi. Tante sono le esteriorità che ornano e abbelliscono il Natale, che spesso il suo significato vero ci resta nascosto, così che ciò che abbiamo accumulato di feste, di riti, di lumi, di canti, di doni, di pranzi, di giochi intorno al Natale per farcene gustare la serena bellezza finisce talvolta per ostacolare il godimento del suo valore spirituale.
Questo fatto, sembra a Noi, ha una sua spiegazione indulgente e legittima: se il Signore, Noi pensiamo, è venuto a questo mondo, fra noi, piccolo e povero, partecipe anche Lui della nostra scena terrena, vuol dire che possiamo andare a Lui per i sentieri comuni della nostra esperienza vissuta e sensibile; la maestà e l’ineffabilità di Dio si sono velate delle nostre sembianze umane; la sua umanità ci ha tolto il timore e la fatica di cercare per vie angeliche, più alte e difficili, l’incontro con Lui. Celebre, a questo proposito, la parola del grande dottore dell’Incarnazione, S. Leone Magno: il Figlio di Dio «invisibilis in suis, visibilis est factus in nostris», invisibile di sua natura, si è fatto visibile nella nostra.1 E questa è grande cosa: vuol dire che tutta la nostra espressività umana: logica, sentimentale, simbolica, artistica, popolare ... può servire, se bene usata, al linguaggio religioso, senza profanarne la sacralità: è questa la giustificazione teologica dell’apparato esteriore liturgico, dell’arte, e, nel caso nostro, del decoro natalizio e specialmente del presepio.
La rappresentazione scenica del racconto evangelico sulla nascita di Gesù a Betlemme ha nel modo scelto da Dio per immettersi nel dramma umano la sua giustificazione. Il Prefazio della Messa natatalizia ce lo insegna: «Dum visibiliter Deum cognoscimus, per hunc in invisibilium amorem rapiamur», mentre veniamo a conoscere Dio in modo visibile, siamo da Lui attratti all’amore delle cose invisibili.
E allora: se noi ci chiediamo qual è la via centrale e diritta del nostro mondo terreno, che ci porta a quell’umanità di Cristo, nella quale troviamo la rivelazione di Dio e la nostra salvezza, la risposta è pronta e bellissima: quella via è la Madonna, è Maria Santissima, è la Madre di Cristo, e perciò Madre di Dio e Madre nostra. Questo volevamo ricordare a voi in questa attesa del Natale.
Se vogliamo entrare nello spirito del Natale, nel segreto del Natale, nel godimento del Natale, dobbiamo avvicinarci a Maria, la cristifera, la portatrice di Cristo nel mondo. Dalla maternità virginale di Maria possiamo introdurci alla umanità di Cristo Uomo-Dio. Questa è la migliore stagione liturgica del culto alla Madonna. Dovremmo meditare ciò che il Concilio c’insegna sul culto che le è dovuto, e dovremmo lasciare che le nostre anime fossero invase dal fervore e dalla poesia, che tale culto suscita ed esige.
Uno dei grandi Padri greci, San Cirillo Alessandrino, il protagonista del Concilio di Efeso (a. 431), nel quale fu proclamata Maria Madre di Dio, essendo di Gesù Cristo riconosciuta la divinità, pronunciando «la più celebre predica che su Maria abbia l’antichità»,2 esclama: «Salve, o Maria, Madre di Dio, tesoro venerando di tutto il mondo, lucerna che mai non si spegne, fulgida corona della verginità, tempio indistruttibile, madre e vergine ad un tempo; da Te infatti è nato Colui, del quale dice il Vangelo: benedetto quegli che viene nel nome del Signore».3 Così dovremmo ripetere noi, traendo dai nostri cuori, ciascuno da sé e tutti insieme, la medesima lode, quale voce gentile e affettuosa per la Donna benedetta, che portò la Luce della salvezza del mondo.
NOTE
1 Sermo 22, 2 - PL. 54, 195.
2 Bardenhewer, Patrologie, 321; cfr. Grisar, Roma ... I, 338, 2.
3 PG. 77, 1054.
2. Maria e il Natale
San Paolo VI, Udienza generale del 21 dicembre 1977, in https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1977/documents/hf_p-vi_aud_19771221.html
Siamo al Natale. Accogliete, Figli carissimi, con gli auguri che un pio e gentile costume rende copiosi e cordiali sulle labbra e nel cuore di quanti avvertono essere questa festività specialissima e fonte quasi primaria di alti e nobili sentimenti nella conversazione sociale, un nostro voto particolare, conforme alla nostra missione religiosa, il voto che le ragioni di tali festose espressioni natalizie siano attinte dalla loro autentica e originaria sorgente, e cioè dal fatto, dal mistero, che il Natale commemora e ravviva, cioè dall’Incarnazione del Verbo di Dio. Il Figlio eterno di Dio, consustanziale al Padre, creatore dell’universo, si è fatto Uomo, è diventato come uno di noi, si è posto in somma umiltà, ma in effettiva realtà, al centro della umanità, alla confluenza delle profezie con la storia del mondo, per dare agli uomini un Vangelo, una fede e una salvezza ch’essi non potevano conquistarsi da sé, segnando così il centro del tempo e degli avvenimenti, il punto focale, il senso del cosmo. La nostra attenzione dev’essere somma dinanzi a questo disegno divino, che s’innesta nello svolgimento del divenire terreno ed umano, e che alla fine, dall’abito dell’umiltà e della povertà e del dolore da cui storicamente fu rivestito nei giorni della sua presenza sulla terra, irradierà come un sole che si accende, una sfolgorante maestà.
Sì, attenzione e avidità di conoscere, di avvicinare, di toccare quella divina presenza, che si chiamò Gesù (Cfr. Matth. 1, 20-23; Hebr. 1, l-4; 1 Io. 1, 1-4); ed eccoci allora condotti al luogo, alla scena della nascita di Gesù, al presepio, che mille e mille artisti e santi e devoti hanno cercato di rappresentare, sull’umile scorta evangelica, seguendo i passi frettolosi dei fortunati pastori, svegliati dagli Angeli; e lieti di trovare, come dice testualmente il Vangelo di S. Luca, «Maria e Giuseppe e il Bambino posto in un presepio» (Luc. 2, 16). Qui bisogna fare una sosta e contemplare. Contemplare che cosa? il prodigio della maternità di Maria: questa è la fonte!
Occorre raccogliere subito questa rivelazione. La rivelazione del Dio che si è fatto uomo; il mistero dell’Incarnazione: riecheggia nelle nostre menti il versetto fatidico del nostro «Credo»: «Egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e si incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine». Per arrivare a Gesù bisogna prima salutare Maria. Noi dobbiamo accogliere con esultanza e con venerazione questo mistero dell’Incarnazione. Dice il Concilio: «Questo divino mistero di salvezza ci è rivelato ed è continuato nella Chiesa che il Signore ha costituita quale suo Corpo e nella quale i fedeli, che aderiscono a Cristo Capo e sono in comunione con tutti i suoi Santi, devono pure venerare la memoria “innanzi tutto della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo”» (Lumen Gentium, 52). Maria è la «janua caeli », la porta del cielo; Ella è l’«alma Redemptoris socia» (AAS 66 (1974) 127).
Vi è chi ha cercato di accusare la Chiesa cattolica d’aver dato a Maria un’importanza eccessiva alla sua missione e al suo culto, non badando alla irriverenza così inferta al mistero dell’Incarnazione, e all’abbandono così ammesso dall’economia storica e teologica di questo fondamentale mistero. Il culto, che la Chiesa tributa a Maria, non pregiudica la totalità e l’esclusività dell’adorazione, che solo a Dio e a Cristo in quanto Figlio consustanziale col Padre è dovuta, ma piuttosto ad essa ci guida e ce ne garantisce l’accesso, perché tale culto risale la via che Cristo ha percorso in discesa per farsi uomo.
Noi abbiamo già esposto alcune considerazioni nella nostra Esortazione Apostolica, dal titolo «Marialis Cultus» (PAULI PP. VI Marialis Cultus: AAS 66 (1974) 113 ss.); e vorremmo che la vostra devozione alla Madonna e la vostra premura di accostarvi degnamente al Natale vi ricercassero pensieri e sentimenti precisamente per predisporre gli animi a celebrare il mistero del Natale con il gaudio di Maria nel cuore.
3. Prepararsi al Natale con la fede e con la speranza di Maria
San Giovanni Paolo II, Udienza Generale del 20 dicembre 1992, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XV/2 (1992), p. 970-971.
1. Mancano ormai pochi giorni alla celebrazione del Natale del Signore e vogliamo viverli mettendoci sulle orme di Maria e facendo nostri, per quanto è possibile, i sentimenti che la animarono nella trepida attesa della nascita di Gesù. L'evangelista Luca narra che la Vergine Santa e lo sposo suo Giuseppe si mossero dalla Galilea verso la Giudea, per raggiungere Betlemme, la città di Davide, per ossequio ad un decreto dell'imperatore romano che ordinava un censimento generale dell'Impero. Ma chi poteva accorgersi di loro? Appartenevano a quella sterminata schiera di poveri, cui la vita a malapena riserva un angolo per vivere, e che non lasciano traccia nelle cronache. Difatti non trovarono posto in nessun luogo, eppure portavano il «segreto» del mondo. Possiamo intuire quali fossero i sentimenti di Maria, totalmente abbandonata nelle mani del Signore. Ella è la donna credente: nella profondità della sua obbedienza interiore matura la pienezza del tempo (cf. Gal. 4,4).
2. Radicata com'è nella fede, la Madre del Verbo fatto uomo incarna la grande speranza del mondo. In lei confluisce non soltanto l'attesa messianica di Israele, ma l'anelito di salvezza dell'intera umanità. Nel suo spirito echeggia il grido di dolore di coloro che, in ogni epoca storica, si sentono sopraffatti dalle difficoltà della vita: gli affamati e i bisognosi, gli ammalati e le vittime dell'odio e della guerra, i senza casa e lavoro e quanti vivono nella solitudine e nell'emarginazione, chi si sente schiacciato dalla violenza e dall'ingiustizia, o respinto dalla diffidenza e dall'indifferenza, gli sfiduciati e i delusi. È per gli uomini di ogni razza e cultura, assetati di amore, di fraternità, di pace, che Maria si prepara a dare alla luce il frutto divino del suo grembo. Per quanto oscuro possa sembrare l'orizzonte, c'è un'alba che sale. Il gemito dell'umanità, come ricorda San Paolo, somiglia alle «doglie del parto» (cf. Rom. 8,22): nella nascita del Figlio di Dio, tutto rinasce, tutto è chiamato a vita nuova.
3. Cari Fratelli e Sorelle, prepariamoci al Natale con la fede e la speranza di Maria. Lasciamoci toccare il cuore dallo stesso amore che vibra nella sua adesione al disegno divino. Natale è tempo di rinnovamento e di fraternità: guardiamoci intorno, guardiamo lontano. L'uomo che soffre, dovunque si trovi, ci appartiene. E lì il presepe al quale dobbiamo recarci con operosa solidarietà, per incontrare davvero il Redentore che nasce nel mondo. Camminiamo pertanto verso la Notte Santa con Maria, la Madre dell'Amore. Con lei attendiamo il compiersi del mistero della salvezza.