Di Di Girolamo Luca, in Sabati Mariani 2001/2002, Centro di Cultura Mariana
"Madre della Chiesa", Roma 2002.

INTRODUZIONE
Una delle preoccupazioni più forti della nostra epoca sta nel rendersi conto
di come sia seriamente compromesso l'equilibrio dei fattori che, nella loro
interdipendenza, garantiscono al mondo la sua sopravvivenza. Molteplici sono le
cause di disgregazione e da esse l'uomo non è totalmente estraneo. Tutti questi
fattori tuttavia si inseriscono in una più ampia cornice rappresentata dal
valore della vita, dono prezioso offertoci da Dio e realizzato in tutta la sua
valenza cosmica e temporale dall'azione salvifica operata da Cristo. È Lui ad
aver restituito all'uomo la dignità perduta a causa del peccato. Ora, tale
fattore disgregante del peccato è tenuto in conto dalla preghiera della Chiesa
che celebra l'Eucaristia, cioè si immerge quotidianamente in un tempo propizio
per crescere e maturare nella fede e portare il messaggio della vita ai lontani
e, prima di tutto, attuarlo. Attraverso l'Eucaristia, il significato della vita
viene riaffermato con forza nella vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.
Il fatto che Egli è lo stesso "ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8) viene
professato nell'acclamazione dopo il racconto dell'Istituzione: "Acclamiamo
la tua morte Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell'attesa della tua
venuta". Ebbene: la comunità credente (e professante la propria fede)
contempla i misteri salvifici, i mirabilia Dei, eventi e persone, tra i quali
Maria ha un luogo del tutto speciale. C'è da osservare che il rapporto tra Maria
e la creazione ed il servizio che la Madre di Dio svolge a favore della vita e
del cosmo è molto articolato, tale da prendere in considerazione diversi
aspetti. Ma essi possono essere individuati attraverso una riflessione sul testo
della Colletta della S. Messa "Maria Vergine, Sede della Sapienza"1.
Ne riportiamo il testo: Padre della luce, che per risollevare in
Cristo l'umanità decaduta hai eletto la Vergine Maria come sede della Sapienza,
donaci con il suo materno aiuto una coscienza profonda dei nostri limiti,
per non lasciarci travolgere dall'orgoglio e servirti con l'umiltà che a te
piace. Per il nostro Signore Gesù Cristo.... In questo testo eucologico
troviamo almeno quattro linee di osservazione che, nel loro insieme, ci mostrano
la reale consistenza del ruolo che Maria svolge nei confronti della vita e del
cosmo. Divideremo perciò questo nostro contributo in cinque parti delle quali le
prime quattro avranno come titolo altrettanti aspetti che troviamo in questa
preghiera. Nella parte conclusiva tenteremo un bilancio globale dell'importanza
che la Vergine Santa mantiene nel suo essere la prima e più grande promotrice di
vita.
I. UMANITÀ DECADUTA
Possiamo partire con un dato di fatto molto realistico: nel nostro mondo la
vita è minacciata. Diverse sono le manifestazioni, unica la causa.
Manifestazioni come la violenza, la fame, la miseria, la paura hanno privato
l'uomo della sua caratteristica fondamentale: l'umanità. La causa unica che
agisce in modo trasversale percorrendo luoghi ed epoche diverse è il peccato.
Non c'è bisogno di aprire i libri di teologia o di sociologia per accorgersi di
come e quanto il peccato operi in termini di disfacimento: lo constatiamo perché
viviamo a contatto con esso.
I. 1. Origine e caduta
Il primo elemento da considerare perciò è l'umanità decaduta, ma perché?
Le prime pagine del libro della Genesi ci mostrano un Dio all'opera, un Dio che
mette ordine nel caos2. Da esso emerge qualcosa
di nuovo; il cosmo con un carattere fondamentale: la bontà (Gen 1,25). Bontà che
è dono che Egli elargisce: l'ambiente stesso, completo di ogni essere vivente,
regolato dai cicli cosmici e dai fenomeni naturali è pronto per accogliere
l'uomo, quella creatura formata a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26)3.
Qui la bontà aumenta di intensità (Gen 1,31): contemplando con gioia la creatura
che Egli ha prodotto, Dio se ne compiace, lo ama ! In cuor suo l'ha già
destinato ad una gloria grande poiché fin da ora lo ha eletto suo collaboratore.
L'uomo è ora proclamato "signore" del creato, impegnato a vivere in una
duplice armonia: con Dio e con il cosmo4. Già
nel primo racconto della creazione in Gen 1 si avverte tale armonia ed essa si
manifesta esplicitamente nel v. 28 ("Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite
la terra e soggiogatela") in due momenti: la riproduzione, ossia il
perpetuare la vita, attraverso la quale Dio intende offrire un futuro5.
In secondo luogo, il soggiogare la terra non soltanto servendosene per i bisogni
primari allontanandosi da un fine o da propositi di distruzione6,
ma anche "nel fatto che l'uomo, e per mezzo di lui tutta la creazione,
elevino un canto di benedizione a Dio perché è enorme il suo amore e la sua
misericordia"7. Tutto è davvero un
paradiso, quello terrestre: il giardino, luogo di delizie al cui vertice c'è
appunto l'armonia, l'amore immacolato e senza ombre tra Dio e l'uomo (cfr. Gen
2,28). Egli è nudo, non prova vergogna (Gen 2,25): non deve nascondere nulla,
non soltanto le parti esteriori, ma neppure il cuore e la mente. Ma qualcosa
all'orizzonte minaccia e guasta: "conoscendo il bene e il male sarete come
Dio" (cfr. Gen 3,5). Basta questo per deformare i rapporti: non più
l'armonia, ma la sopraffazione; non più la limpidezza, ma la paura e la falsità8.
La stessa immagine di Dio proposta dal serpente non è quella vera e reale: si
tratta di un Dio dipinto nei termini dell'egoismo, quando in realtà sappiamo che
Egli è il Dio che ha creato il mondo e l'uomo e che gode del suo donarsi ed
anche il suo potere, il suo dominio sono sotto il segno dell'amore. Ma, istigato
dal Maligno, l'uomo va in direzione inversa, compie il peccato, considerandolo
il modo giusto per arrivare al bene. Qui sta il nucleo della proposta del
Maligno9, che ha le sue ripercussioni non solo
sull'uomo, ma sui rapporti che egli possiede con l'intero cosmo.
I. 2. Gli effetti del peccato
Chiudendo per il momento la pagina scritturistica ed aprendo quella del
mondo ci si accorge facilmente che da più parti, nei confronti del mondo in cui
viviamo, espressioni come "Tutto va male" oppure "Si è toccato il
fondo" non sono rare. Tutto questo è indice di insofferenza e di
disaffezione verso un mondo e verso un ambiente che l'uomo - indebolito dal
peccato che l'ha trasformato da signore a tiranno - ha reso sovente inabitabili10.
È chiaro che non si tratta solo di ambiente, ma di tutto un insieme di
comportamenti che attentano alla vita dell'uomo, considerandola non più come
scopo o fine da servire o perseguire con le conquiste del progresso
tecnico-scientifico quanto piuttosto come terreno di sperimentazione.
Proseguendo nel suo magistero a forte carattere antropologico, Giovanni Paolo II
nella sua Evangelium vitæ del 1995 mostra, in modo quanto mai esplicito,
le radici del crollo morale del quale l'umanità è, al contempo, vittima e
complice. L'aspetto più grave è che, per esempio, politica e medicina hanno
abdicato alle loro funzioni di tutela e protezione della vita dell'uomo
percorrendo strade di morte. Una distorsione di nobili arti. Scrive Giovanni
Paolo II: Il fatto che le legislazioni di molti Paesi, magari allontanandosi
dagli stessi principi basilari delle loro Costituzioni, abbiano acconsentito a
non punire o addirittura a riconoscere la piena legittimità di tali pratiche
contro la vita è insieme sintomo preoccupante e causa non marginale di un grave
crollo morale: scelte un tempo unanimemente considerate come delittuose e
rifiutate dal comune senso morale, diventano a poco a poco socialmente
rispettabili. La stessa medicina, che per sua vocazione è ordinata alla difesa e
alla cura della vita umana, in alcuni suoi settori si presta sempre più
largamente a realizzare questi atti contro la persona e in tal modo deforma il
suo volto, contraddice se stessa e avvilisce la dignità di quanti la esercitano11.
Molto vicino a noi si situa il recente documento della Pontificia Accademia
Mariana Internazionale (PAMI) intitolato "La Madre del Signore. Memoria,
presenza, speranza", che ha efficacemente individuato due aree dove è
maggiormente visibile questa preoccupante situazione del mondo12. Un
primo campo è quello ecologico in cui tra gli altri effetti si segnalano la
desertificazione, gli incendi e l'inquinamento, mentre il secondo - quello
sociale ed etico - tocca, invece, più direttamente l'uomo nella sua concretezza,
come essere sottoposto alla violenza, allo sfruttamento, alla
strumentalizzazione per scopi anti-umani. È chiaramente soggiacente un'errata
idea di libertà spogliata e staccata da ogni risvolto metafisico e trascendente
al quale è costitutivamente orientato l'uomo13.
Anteriore a questo documento, al termine del 210° Capitolo Generale14 svoltosi
nel 1995 a Città del Messico, l'Ordine dei Servi di Maria stilò un suo
contributo per la Chiesa universale dal titolo eloquente Servi del Magnificat15.
In esso, una parte notevole è stata dedicata al tema della vita ma anche di quei
molteplici ed inquietanti aspetti che, purtroppo, ne favoriscono la
disgregazione. Il tutto chiaramente svolto sotto un'ottica mariana. La
descrizione presentata da SdM è molto attraente anche nello stile ricco di
figurazioni scritturistiche, nonché di elementi sui quali la tradizione
credente, orante e vivente della Chiesa torna costantemente a riflettere.
Prendendo lo spunto da Ap 6, ad esempio, viene ritratta la lotta tra il cavallo
bianco e gli altri tre (rosso, nero e verdastro) ai quali vengono associati
quattro tipi di mali che affliggono l'umanità: fame, guerra, ingiustizia
criminosa e devastazione ecologica16. Ognuna di
tali manifestazioni opera una lacerazione: la fame opera i maggiori guasti,
quindi la devastazione ecologica - felicemente definita come il "risultato di
un antropocentrismo assoluto"17 - che ha
posto con estrema urgenza il problema ecologico che permette di considerare
attentamente la bontà del creato18. Comune
tratto di entrambi questi documenti è il registrare come il decadimento del
cosmo e il decadimento dell'umanità sono fattori che, tra loro, si richiamano e
che possono essere risolti attraverso la precisazione dei limiti entro i quali
l'uomo deve esercitare il suo dominio sulla terra19.
Ed è appunto il problema ecologico, quello che viene discusso vivacemente da
alcune correnti ed esponenti della teologia contemporanea; nell'insieme delle
loro posizioni si riscontra l'unanimità nel ridurre e nel ridimensionare le
pretese di dominio dell'uomo sul cosmo mostrando come in esso (e non solo
nell'uomo) è presente la vita20.
II. COSCIENZA PROFONDA DEI NOSTRI LIMITI
In base a quanto detto, il peccato - qualunque esso sia - appare sempre una
realtà oscura che offende anzitutto chi se ne rende autore, ma il prendere
coscienza di esso e dalla limitatezza che da esso si origina è già un primo
passo verso il cambiamento (cfr. 1 Gv 1,8-9). È la cosiddetta "penitenza
interiore" di cui parla il Catechismo della Chiesa Cattolica e che è frutto
di una lunga tradizione teologica e spirituale21.
L'uomo è qui facilitato in due direzioni: dagli effetti che il peccato porta con
sé nell'ambito dei rapporti interpersonali ed il secondo rappresentato dalla
singolare vicenda della Vergine Santa: donna che è parte integrante di
quell'umanità che prende coscienza della propria situazione. Vediamo
attentamente questi elementi.
II. 1. Il recupero degli elementi minacciati
Circa il primo punto è ormai nota la differenziazione, in sede
teologica, tra i concetti di peccato originale originante e peccato originale
originato, applicato alla disobbedienza dei nostri progenitori. Molto è stato
scritto in manuali e monografie su questo aspetto. Sta di fatto che, sin dalla
disobbedienza iniziale e attraverso di essa, la separazione all'interno
dell'umanità stessa e di questa con il cosmo intero è andata allargandosi,
usando un'espressione familiare e parlata, "a macchia d'olio". A nulla
servono i tentativi di giustificazione dei progenitori in Gen 3,11-13, anzi sono
proprio essi a mostrarci l'inizio di una storia che, se agli inizi - dopo la
creazione - era idillica e perfettamente comunionale, ora - dopo aver ceduto al
serpente ed accolto la sua proposta - si intride di peccato e mostra quelle
fratture che sono i prodotti dell'individualismo22.
Gli eventi successivi fino alla Torre di Babele lo confermano. Le distruzioni
(diluvio) e le dispersioni (Babele) che incontriamo in Gen 4-11 si mostrano già
ora come quegli strumenti con i quali Dio ferma l'uomo nelle sue azioni ispirate
dall'idolatria. Il "sarete come Dio" prosegue con il suo potere di
illusione ed accecamento. Non solo l'uomo deve essere al centro del mondo, ma
l'uomo può esserlo se riprende coscienza di essere luogotenente di Dio, custode
di quella creazione che Egli gli ha affidato23.
Togliendo tale comunione ecco che l'uomo manifesta tutta la sua debolezza e
tutta la finitezza dissimulate, o comunque nascoste, da una pretesa ostentata di
libertà che, in realtà, è schiavitù alla parte peggiore di sé stesso24.
Ritornando al dettato biblico, soltanto la nuova iniziativa di Dio nel chiamare
Abramo riesce ad imprimere una svolta e a liberare - seppure in ancora in modo
incompleto - il genere umano dal ristagno dell'idolatria. Ad Abramo viene
affidata una missione comunionale: l'uomo vecchio si affida a Dio che lo visita
e che gli promette una discendenza nonostante l'età avanzata che gli impedirebbe
di generare. Il figlio Isacco - che la tradizione cristiana posteriore ha
considerato un'anticipazione del Cristo - rappresenta una novità non solo per la
sua nascita, ma per la sua funzione di capostipite di un nuovo popolo. Perché
tutto questo? Senz'altro un'anticipazione della salvezza che vedremo realizzata
nel NT con Cristo, ma essa non sorge in modo spontaneo. La preparazione
veterotestamentaria nasce da una precisa volontà soprannaturale del Dio Creatore
e Redentore, tuttavia c'è da osservare che "il mondo reca certo le tracce del
peccato, ma ha anche profondamente inscritto l'anelito alla salvezza, suo
autentico marchio di fabbrica, sigillo originario del Creatore"25.
Un Dio perciò che produce un bene superiore al peccato e del quale si fa araldo
S. Paolo nel sottolineare che "laddove ha abbondato il peccato, ha
sovrabbondato la grazia" (Rom 5,20). S. Agostino tornerà a distanza di
secoli sull'argomento nel suo De Civitate Dei parlando di un bene
originale26 superiore al male per cui all'uomo
non è impossibile pregare dicendo "rimetti a noi i nostri debiti". Ciò
rende l'uomo cosciente dei suoi limiti, senza gettarlo nella disperazione, ma
facendogli piuttosto scoprire di essere parte integrante di un cosmo e di una
vita segnati dal favore di Dio: un cosmo dal quale è possibile risalire
all'Autore27 perché esso è il luogo dove Dio ha
lasciato la sua impronta. Appartenente a questa nostra umanità - e perfettamente
integrata ad essa - è Maria, la Madre del Signore.
II. 2. La Vergine Maria
Ora prima di intraprendere un discorso religioso dichiaratamente
cristiano e leggendo il Vangelo semplicemente come un racconto ci accorgiamo di
come Maria, attenta alla Parola, prende continuamente coscienza di sé e del suo
rapporto con Dio e con la vita, e se per i cristiani Ella è la creatura
destinata ad una missione particolare, per i non-credenti o per coloro che non
ricorrono subito ad un discorso di fede, Maria appare più semplicemente persona
in ricerca che si interroga. Anche Lei è pellegrina nella fede28.
Dinanzi a Dio, anche Lei si pone la domanda sul senso della Rivelazione e della
vita (cfr. Lc 1,29). Se in SdM al n. 63 Maria appare come "frammento
singolare in cui, dopo Cristo, tutto è ricapitolato e in cui tutto è detto",
ciò ha valore non soltanto nella sfera dell'essere, ma anche nell'azione. Un
parallelismo, dunque, con quanto è avvenuto agli inizi del mondo. Si tratta di
quella mediazione che, dall'unico Cristo (cfr. 1 Tim 2,5-6), si estende a tutti
gli uomini29 e che ci permette di leggere in
Maria il nostro compito di custodi dell'universo, apportatori della novità di
Cristo e del suo messaggio di redenzione. Sull'esempio di Maria - portatrice di
"Colui che fa nuove tutte le cose" (cfr. Ap 21,5) e cosciente di sé
stessa - è possibile compiere un itinerario di riflessione su quelli che sono
non soltanto i nostri limiti, ma anche sui germi di luce che il Signore ha
deposto nella nostra umanità30. Da un lato, quindi, abbiamo le nefaste
conseguenze del peccato, mentre per altro verso l'uomo - creato di poco
inferiore agli angeli, ornato di gloria e di onore (cfr. Sal 8,6) - è chiamato a
testimoniare attivamente e concretamente la grandezza di Dio attraverso
l'impiego di talenti e carismi. Molto opportune suonano allora le parole del
documento della PAMI per il quale "al paradigma individualistico dell'epoca
moderna si sostituisce un modello nuovo, le cui componenti sono
la relazionalità e la solidarietà, la sinergia e la complementarietà: componenti
che rispecchiano l'ordine della natura e sono in perfetta consonanza con
l'insegnamento evangelico"31. Da questa
base prende forza il nuovo significato dell'attività umana nel mondo e tutte le
scienze, ciascuna nel suo campo, possono offrire il loro servizio che opera nel
cosmo e nella storia. Se le componenti citate dal documento della PAMI vengono
poste in atto è possibile diminuire l'incidenza del peccato, tenendo contro, tra
l'altro, che esse - provenendo dalla bontà di Dio - rinsaldano la nostra
comunione con Lui e la nostra superiorità all'interno del creato. Questo ha
precisi riscontri nel discorso mariano ad un duplice livello: anzitutto nella
considerazione di Maria quale creatura di comunione e come colei che mostra in
pienezza la risposta di senso che la Rivelazione offre all'uomo32 e,
al contempo, la necessità della mariologia di aprirsi sempre più al dialogo con
le altre sezioni della teologia. Una superiorità - proseguendo in questa linea
mariana - intesa come servizio, profondamente aderente al dettato evangelico
espresso dal Magnificat, laddove Maria, dopo aver accolto la Parola con un atto
di fede libero, ecclesiale (di una ecclesialità che compendia e perfeziona il
dato veterotestamentario33), ma soprattutto
determinato dal suo Oggetto34, unisce ed
evidenzia la reciprocità esistente tra le due dimensioni dell'umiltà e della
esaltazione. Leggendo attentamente Lc 1,48 facilmente ci si accorge che
l'esaltazione passa per l'umiltà della serva e, a sua volta, tale umiltà riceve
il suo coronamento nell'esaltazione che è motivo di gioia espresso dai versetti
precedenti. Tutto questo ci mostra che, all'interno del Mistero di Dio, "insignificanza
e incapacità non vogliono dire improduttività o inutilità (cfr. Sal 30,8 [LXX]; Gen 29,32)"35.
Queste sono le "chiavi" offerte dal mistero di Dio all'uomo per farsi
comprendere ed amare, perché attraverso l'umiltà e dichiarandosi umile
(cfr. Mt 11,29), Gesù Cristo si presenta come pienezza della Rivelazione di Dio.
La consacrazione-conformazione battesimale del credente a Cristo e la sua
seconda nascita, non possono prescindere dalla Vergine Santa così come ce la
presentano i Vangeli: la creatura della quale l'Altissimo ha guardato l'umiltà.
In effetti, il battesimo possiede dei tratti mariani da valorizzare36.
In questo, tanto la tradizione orientale come quella occidentale è esplicita nel
rilevarli. Cirillo di Alessandria (†444), ad
esempio, nota che, attraverso la Vergine Santa, i credenti arrivano alla grazia
del battesimo37. In Occidente è soprattutto
Leone Magno (†461) a sottolineare il
rapporto di esemplarità tra Cristo che nasce dalla Vergine Maria e i cristiani
che nascono dalla Vergine Chiesa38.
III. NON LASCIARCI TRAVOLGERE DALL'ORGOGLIO
La fragilità dell'uomo è tanto più tangibile ed evidente quanto più insistenti
sono le forze che incidono su di essa. Ciò che determina la caduta dell'uomo sta
proprio nel ritenere queste forze negative, queste sollecitazioni come fattori
di realizzazione e di conseguenza adeguarsi ad essi. Ne nasce l'orgoglio che,
come ci ricorda G. Marcel, esagerando la cura verso sé stessi ci priva di
quell'apertura che mi permette di coglie ciò che è altro-da-me39. Qui
si inserisce un interrogativo di fondo che investe l'uomo e il cristiano.
III. 1. Cristianesimo: origine del disastro ecologico?
Facciamo un piccolo passo indietro ed iniziamo questa nuova sezione con
una considerazione in base a quanto si legge si ascolta: spesso il Cristianesimo
è stato accusato di essere in parte responsabile del disastro ecologico che
appare sotto i nostri occhi e ciò è provenuto da un'errata e superficiale
lettura ed interpretazione di Gen 1,2840. Come rispondere oggi a tali accuse ?
Potremmo subito affermare che se di disastro si vuol parlare esso va ascritto al
pensiero scientista e materialista che ha contribuito alla separazione tra cosmo
e Dio. Il fatto che l'uomo riceve le cose da Dio, le guarda e le onora come se
al presente uscissero dalle sue mani41 ci
riporta all'impegno di fondo che l'uomo ha avuto da Dio: partecipare e
collaborare fattivamente alla sua opera. Ciò che si dovrà dire allora,
correggendo l'espressione iniziale, può suonare come segue: non è il
Cristianesimo ad aver favorito lo sfruttamento indiscriminato del cosmo (con
tutti gli scompensi tragici che ne sono derivati), ma un cattivo modo di
intendere la religiosità come fenomeno che lega l'uomo al Divino e all'Assoluto.
Tale deformazione ha avuto diversi effetti: il secolarismo, l'efficientismo, il
tecnicismo che hanno degradato l'uomo ed il cosmo offuscando grandemente quella
capacità di vedere in sé l'orma del Divino42.
III. 2. Sguardo nuovo e contemplativo sulla creazione
Ma, arrivati a questo punto, quale mistica si rende necessaria per
contemplare l'universo? Senz'altro è possibile seguire uno stile che si rifà a
canoni orientali, servendosi di alcune istanze, piste e suggerimenti, a patto
però di non scivolare in un sincretismo (ora sottile, ora evidente) con
l'integrazione di temi che non appartengono alla nostra fede43.
Una prima strada percorribile, ma sulla quale fare attenzione è appunto quella
indicata; accanto ad essa si colloca, però quella rappresentata dalla S.
Scrittura che diviene specchio attraverso ci si presenta la creazione e dinanzi
alla quale è possibile operare una meditazione. Nella S. Scrittura, soprattutto
nell'AT, troviamo un numero considerevole di riletture degli eventi della
creazione e, nella maggioranza dei casi, si tratta di testi a sfondo e
dimensione sapienziali. Di tali testi, quello classico è Prv 8,22-31 che induce
non solo alla celebrazione del Dio Creatore, ma ribadisce un'analogia con
l'uomo. Riportiamo il testo rispettando la divisione dei versetti: Così parla
la Sapienza di Dio: / Il Signore mi ha creato / all'inizio della sua attività, /
prima di ogni sua opera, fin d'allora. / Dall'eternità sono stata costituita, /
fin dal principio, dagli inizi della terra. / Quando non esistevano gli abissi,
io fui generata; / quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua; /
prima che fossero fissate le basi dei monti, / prima delle colline, io sono
stata generata. / Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, / né le
prime zolle del mondo; / quando egli fissava i cieli, io ero là; / quando
tracciava un cerchio sull'abisso; / quando condensava le nubi in alto, / quando
fissava le sorgenti dell'abisso; / quando stabiliva al mare i suoi limiti, /
sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; / quando disponeva le
fondamenta della terra, / allora io ero con lui come architetto / ed ero la sua
delizia ogni giorno, / dilettandomi davanti a lui in ogni istante; /
dilettandomi sul globo terrestre, / ponendo le mie delizie tra i figli
dell'uomo. La Sapienza è qui presentata felicemente con tratti
antropomorfici, umani e ciò aiuta a riflettere sul modo con il quale l'uomo può
contemplare il mondo ed operarvi in spirito di comunione con la coscienza umile
e discreta dei suoi limiti e, al contempo, consapevole di essere collocato
all'interno del Mistero di amore che lo ha creato. Già questo è un fecondo punto
di partenza per un orizzonte nuovo che può aprirsi per l'uomo: ponendosi in
quest'ottica religiosa intesa - come prima si diceva - quale situazione di
legame con il divino (e che, per questo, può superare gli steccati
confessionali) e nel guardare il mondo con gli squilibri sovente da lui
provocati o innescati, l'uomo è preda di uno stato di ansietà che lo conduce a
chiedersi se ci sia realmente una via d'uscita.
IV. UMILTÀ GRADITA AL SIGNORE
Molto importante chiarire bene il concetto di umiltà che è comune tanto in
teologia quanto in filosofia.
IV. 1. Quale umiltà?
Se si considera come umiltà derivi da humus (terra) si comprende come
essa non è altro che un riferimento al luogo materno delle origini dal quale
l'uomo è tratto: l'antico Adamo ed il nuovo Adamo, cioè l'uomo Gesù Cristo. In
entrambi i casi si tratta di una terra vergine. L'umiltà quindi è connessa con
la verginità che è vera e propria forma di santità intesa come separazione da
tutto ciò che in qualche modo può corrompere ed offuscare. Separazione,
tuttavia, non significa alienazione. La Lettera agli Ebrei, parlando del Cristo
che entra nel mondo attuando il sacrificio nuovo, sottolinea con parole
eloquenti l'importanza della corporeità (cfr. Eb 10,5.10). Ciò significa che, in
luogo dell'alienazione - che per il pensiero ateo è la sigla dell'uomo che crede
in Dio e che ripone in Lui la sua speranza venendone in tal modo svuotato e
depauperato - la santità-separazione indica incontro e partecipazione, tale da
decretare il trionfo della vita. Dio si muove verso l'uomo assumendone la
terrena esistenza e la consistenza del suo essere affinché l'uomo sia elevato.
L'umiltà quindi, nel suo rapportarsi alla terra come luogo delle origini,
diviene condizione imprescindibile per scandagliare i rapporti tra Dio e l'uomo,
all'interno dei quali la Vergine Santa ricopre un ruolo fondamentale44.
Si tratta, per quanto concerne la Madre di Dio, di una umanità che - pur nella
sua purezza ed assenza di peccato - non elimina la sua relazione con la nostra
umanità, peccatrice e continuamente insidiata dal "Mysterium iniquitatis",
quanto piuttosto si qualifica nel suo essere "Mater misericordiæ" e "Refugium
peccatorum". Due titoli che appartengono alla lex orandi della Chiesa
e che esprimono una lex credendi orientata ad un più saldo e robusto
vivere cristiano fatto di misericordia e di opere non soltanto buone, ma atte
alla riconciliazione. Azione materna di misericordia, quella posta in atto da
Maria (ed in questo, l'episodio di Cana - in Gv 2,1-12 - ha molto da insegnarci
in termini di generoso servizio alla vita) e, ancor prima, di costante unità tra
Lei ed il genere umano. In una delle sue più belle omelie, Germano di
Costantinopoli (†733), parlando della
Dormizione della Vergine Santa, sottolinea proprio che non c'è stato abbandono
dell'uomo da parte della Madre di Dio, ma lei continua a vegliare su tutto il
genere umano45. Presenza di misericordia,
presenza che, in ordine a Cristo, favorisce la riconciliazione tra cielo e
terra, ma tutto questo perché Maria è modello di perfezione. In tal senso il
recupero e l'attenta considerazione del titolo litanico "Virgo inviolata"
che appare in SdM al n. 108 appare più che giustificata e plausibile: collegando
Maria alla creazione ciò non ci impedisce di vedere questa assenza di
violenza come un ritorno ed un recupero fattivo dello stato originario della
terra. L'umiltà allora non è mascheramento, ma naturalità con la quale ci si
mostra quali si è realmente, senza alterazioni46,
e come si è stati creati inizialmente da Dio per un rapporto integro con la
creazione47.
IV. 2. Ap 12: una proposta sempre attuale
La Virgo Inviolata non è solo un invito per l'uomo a rifiutare la
violenza o il pensiero violento di sfruttamento, quanto un rimettere al centro
quale memoria operativa, se così possiamo dire, la situazione armoniosa delle
origini, non per rimpiangere un'immaginaria "età dell'oro", ma per agire
a favore di un ambiente più conforme alla dignità dell'uomo fatto ad immagine e
somiglianza di Dio. Molto opportuno è il considerare il testo biblico di Ap 12.
La donna vestita di sole, immagine - secondo la felice espressione di H. Urs von
Balthasar - di una "Chiesa tutta mariana"48 inondata
dalla luce di Dio, si contrappone al drago rosso, capace soltanto di produrre
disordine e male (cfr. Ap 12,4). Ed anche la duplice fuga della donna che si
vede minacciata assume un significato nuovo: non è allontanamento dalle proprie
responsabilità, ma vuole essere per la Chiesa un monito a non abbandonare la
propria situazione di continua lotta per la vita. Una lotta che si può portare
avanti non con la violenza, replicando male al male, ma con la costante unione a
Dio49. Uno dei significati più profondi di Ap 12
vede l'umanità stessa rappresentata dalla donna (e di cui l'Israele antico e la
Chiesa dei tempi nuovi sono parte integrante e migliore nel loro impegno di
testimonianza) che si trova in una situazione difficile per le minacce del
drago, e successivamente compiersi un destino di gloria tale da infondere
speranza nelle varie traversie50. L'uomo è
libero di scegliere: o seguire il drago apocalittico che continua oggi a
sconvolgere gli equilibri con il complesso delle varie ideologie, i sistemi ed i
codici di distruzione a vasto raggio oppure guardare alla Virgo Inviolata, a
Maria Immacolata ossia rendersi conto della gloria alla quale Dio ha chiamato il
mondo, non un destino di distruzione o di anonimato, ma il recupero del valore
della vita perché solo attraverso di essa è possibile scrutare la grandezza e la
potenza di Dio, una potenza alla quale l'uomo può partecipare e farsene
strumento e ciò avviene totalmente nel mistero pasquale al quale il testo di Ap 12
allude fortemente. L'impegno del cristiano nel mondo è essenzialmente impegno
alla vita affinché essa trionfi. All'interno di tale programma di vita si
colloca la Madre del Signore, terra umile e vergine che addita all'uomo, nel
Cristo, la luce per uscire da strade senza ritorno e la forza per non cedere
agli allettamenti e alle mode di una pubblicità ed una violenza tanto impudenti
quanto scalmanate. In parallelo a Cristo - Alfa e Omega della creazione - e
plasmata dallo Spirito, Maria si pone quale terra vergine degli inizi, dove la
vita serenamente abbonda (cfr. Gen 1,24) e, al contempo, rappresenta la realtà
finale che testimonia concretamente il trionfo della vita sulla morte e sulle
tante manifestazioni di male che fanno guerra alla vita e all'uomo (cfr. Ap 12,17).
IV. 3. Bellezza e sapienza di Maria parametri per l'uomo
In un suo discorso del 1992 Giovanni Paolo II osservava che in Cristo
uomo perfetto "il progetto antropologico di Dio ha raggiunto la perfezione
assoluta. Ora nella radice di Cristo - la sua concezione nel grembo di Maria - è
nella sua nascita alla vita definitiva - dal sepolcro inviolato - vi è un
"elemento verginale" di grande portata in riferimento al suo essere, alla sua
esemplarità per tutti i suoi discepoli"51.
Per questo motivo ogni uomo e donna che contemplano Maria quale "specchio
posto davanti alla creazione che aspira al rispetto della sua integrità"52,
non possono restare indifferenti alla richiesta di pacificazione che sale dalla
terra attraverso le voci della natura. Significative in merito le parole con le
quali SdM conclude la trattazione relativa ai rapporti tra Maria ed il cosmo: "Maria
di Nazareth - nota il documento - non subì corruzione. Degrado e
inquinamento le furono estranei"53. "Tota
pulchra es Maria". Questa frase non si limita ad un semplice, seppur
suggestivo, titolo litanico, ma manifesta la profondità di una reale condizione54.
Se - come osserva Giovanni Damasceno nella sua Omelia della Trasfigurazione del
Signore55 - l'uomo è per costituzione un
microcosmo tale da portare in sé il vincolo di ogni essenza visibile ed
invisibile, la presenza di Maria - indice di una umanità perfetta - induce a
pensare nei termini delle origini dove la bontà delle cose che Dio crea, in
forza della loro armonia, si sposa con la bellezza e questo perché tutta la
creazione è orientata verso un tèlos che la realizza e che è Dio stesso.
Proseguendo nel suo discorso, G. Damasceno osserva che è piaciuto al Signore,
creatore e governatore dell'universo che nell'unico Figlio a lui consustanziale
si facesse l'unità della divinità e dell'umanità e per mezzo di questa di tutta
la creazione perché Dio fosse tutto in tutti56.
Ragion per cui è possibile proseguire su quella strada e portare avanti le sue
istanze nell'elaborare un'estetica teologica che non si limiti a parlare della
bellezza, ma lasci che essa parli all'uomo contemporaneo.
IV. 4. Bellezza di Maria e bellezza della creazione
C'è da osservare che se questa unità della creazione con la divinità si
è attuata tramite la persona del Figlio eterno e consustanziale, questo fa sì
che la bellezza della creazione non è riducibile alle mode o ai gusti
passeggeri, quanto piuttosto è il linguaggio attraverso il quale Dio non
soltanto parla nella creazione e all'uomo, ma mediante il parlare tale
linguaggio l'uomo può conoscere e ritrovare quella verità, bontà, unità e
bellezza che egli porta in sé, essendo stato formato a immagine e somiglianza di
Dio, e che, nel loro insieme, lo realizzano tanto come credente quanto come
creatura, uomo o donna che sia. Di questo si è fatta eco la PAMI nel suo
documento, riprendendo ed approfondendo quanto Paolo VI, già alla metà degli
anni '70, sottolineava proprio in relazione alla bellezza attraverso l'immagine
della donna apocalittica57. Se - come osserva
ancora il documento La Madre del Signore - la via della bellezza è
passata da "strumento pastorale" alla categoria di "strumento di
indagine teologica", la riflessione mariologica non ha costituito certo un
ostacolo oppure un pregiudizio, anzi l'ha favorita grandemente. "La Tota
pulchra - nota il documento - è in strettissimo contatto con Dio, la
sorgente stessa della bellezza, che ella copiosamente riceve, da cui è
pienamente plasmata; la diffonde, dopo Cristo, sul Cosmo e la rimanda,
trasfigurata in inno di lode e di ringraziamento, alla Fonte da cui proviene"58. Tutto
questo lo ritroviamo nell'Omelia sulla Dormizione di G. Palamas (†1359)
quando il grande monaco e vescovo di Tessalonica pone la Vergine in situazione
mediana tra i due mondi: umano e divino. "Essa sola è il confine tra natura
creata e increata e nessuno potrebbe andare a Dio se da lei non fosse illuminato
di splendore divino: Dio sta in mezzo ad essa; non vacillerà (Sal 45,6)"59. Senz'altro
è possibile notare in questo testo una dimensione ecclesiale, ma ciò che
interessa è la posizione (prioritaria rispetto a quella ecclesiale) che Maria
ricopre di "Vertex creationis"60 per cui
Maria rappresenta senz'altro il "sì" di Dio all'uomo, ma un "sì"
che Dio non pronuncia esteriormente, ma prendendo e nobilitando quella creazione
della quale Maria è la parte più eminente61,
tale da sancirne il progressivo processo di théosis.
V. IL RUOLO DI MARIA
Abbiamo qui un interrogativo di fondo che si impone con certa urgenza: come
è possibile parlare della Vergine Santa quale Serva del Signore, da Lui stesso
collocata a servizio della vita e del cosmo? La risposta possiamo trarla ancora
una volta dalla S. Scrittura e, in modo particolare, riprendendo l'episodio
delle nozze di Cana (cfr. Gv 2,1-12).
V. 1. Ritorno a Cana
Cominciamo con il dire che in tale episodio abbiamo almeno tre motivi di
interesse: un insieme di elementi, di simboli e di segni tra loro collegati,
l'atteggiamento di collaborazione proprio di Maria e, al centro e più
importante, la sovranità di Cristo sulla creazione, sovranità in ottica di
rinnovamento e compimento. Tali motivi non sono staccati, ma vivono e trovano il
loro significato in reciproca connessione. Circa la simbolica soggiacente al
testo, essa è stata evidenziata molto bene da A. Serra a partire dal significato
del numero 6, il numero delle giare, che "rappresentano le sei epoche del
mondo, nel corso delle quali è stata rivelata la Torâh. Siccome ciascuna giara
realizza il numero 6, ossia la totalità, potremmo dire che ogni età della Legge
mosaica era in cammino verso la pienezza rappresentata da Cristo"62.
Con la sua presenza in parole ed opere, Cristo completa quanto è stato rivelato
prima di lui e lo orienta alla sua persona: nel suo affacciarsi alla storia,
Cristo ne rappresenta la totalità ultima. Di qui discende anche il secondo
elemento costituito dal cambio dell'acqua in vino: alla Torâh, all'AT si
sostituisce la Nuova Legge, quella dell'Alleanza Nuova tra Dio e l'umanità
racchiusa e compiuta dalla persona di Cristo63 che
è Colui che fa nuove tutte le cose (cfr. Ap 21,5). A tutto questo progetto posto
in azione dal Figlio di Dio, Maria collabora silenziosamente limitandosi a far
osservare la mancanza del vino in quel banchetto, circostanza pregiudicante la
riuscita di esso. Si tratta di un atteggiamento di somma discrezione oltre che
di partecipazione gioiosa ad un evento - come le nozze - che celebra il trionfo
della vita. Ed è proprio questo trionfo che il Figlio di Dio - con il suo primo
miracolo - inizia a siglare nel mondo e nella storia. Se con Lui entra nel tempo
il valore più profondo e più alto della vita, Maria oltre ad esserne la prima a
beneficiarne, è, al contempo, la prima a rendersene promotrice. "La
beatitudine di Maria è dovuta proprio alla sua capacità di lasciar entrare nella
propria vita il mistero di Dio e renderlo operativo con la sua collaborazione"64.
Non deve meravigliare allora la sua premura, unita a profonda discrezione, nel
rilevare che non c'è più vino alla festa e - accanto a ciò - non deve stupire
più di tanto il rinviare a Cristo per ricevere da Lui la novità rappresentata
dal fatto che, con il suo vino, Egli come Dio torna ad offrirsi come Sposo
dell'intera umanità. Il mutamento dell'acqua in vino concorre a rendere gioiosa
l'atmosfera di un mondo che sappiamo essere piagato da ogni sorta di male e di
squilibrio. Ma, pur con le sue difficoltà, il mondo resta sempre creatura di Dio
bisognosa di trasformazione. In tal senso è possibile attuare una ricomprensione
di questa storia e della creazione non come pure entità che passano o sulle
quali è possibile spadroneggiare, quanto piuttosto luoghi entro i quali Dio
vuole far festa con noi e per noi. E la festa per eccellenza è la Pasqua: evento
in cui l'uomo e la creazione vengono rivestiti nuovamente della gloria di Dio di
cui Maria è già partecipe: Vergine Annunziata e piena di grazia (cfr. Lc 1,28) e
Vergine Assunta alla quale i cristiani e tutti gli uomini possono guardare alla
creatura "nella quale si sono compiute le meraviglie di Dio, le meraviglie
della grazia e sono invitati a camminare verso la stessa meta"65.
V. 2. Fede e testimonianza
Anzitutto il tema della fede: il v. 11 ci ricorda la manifestazione di
Cristo alla quale si accompagna il fatto che "i discepoli credettero in Lui".
Primo passo verso un vero servizio è la fede: aderire alla proposta di un Dio
che, gratuitamente, si rende servo per fare dell'uomo da tutto ciò che lo
offende. Anche noi - sorretti dalla fede - ci troviamo come discepoli di Cristo
nell'analoga situazione di coloro che hanno assistito al miracolo di Cana.
Accanto alla fede (e da essa derivante) una testimonianza coerente in direzione
di una reale promozione della vita. È chiaro che la lode e la venerazione a S.
Maria non possono restare staccati e isolati da una condotta coerente, sempre in
connessione con la circolarità lex orandi, lex credendi, lex vivendi nella
quale si attua una sinergia di elementi utili ad un servizio che renda credibile
la grandezza di Colui che è venuto per risanare le antiche rovine (cfr. Is 61,1-2
e Lc 4,16-21). Tutto questo è vita recuperata con una forza maggiore rispetto a
quella propria del drago apocalittico e, come vita recuperata e valorizzata,
induce alla festa che è tale solo se celebra l'armonia e la comunione dell'uomo
e del cosmo con Dio che ne è l'Origine e, nel celebrare, vive costantemente con
scelte coerenti. Gli invitati alle nozze non digiunano, né sono in lutto o
afflitti quando lo sposo è con loro (cfr. Mt 9,15), ma fanno festa, che non è
euforia disordinata e chiassosa, quanto piuttosto gioia di ritrovarsi con Colui
che dona la vita e la dona in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Venendo meno l'Autore
della Vita, mettendolo in un angolo sotto la falsa idea che esso possa limitare
lo spazio dell'uomo, non si tarda ad entrare nel mondo dell'errore, della
non-chiarezza e dell'incompletezza. Ma soprattutto smarrendo il senso della vita
se ne acquistano e se ne sposano quei moduli che ne incoraggiano il disprezzo e
che si alleano ad azioni che, come abbiamo già detto, offendono gravemente Dio
ed il cosmo.
CONCLUSIONE
"Fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene" (Rom 12,9). Il
pressante invito di S. Paolo alla comunità di Roma oltrepassa spazio e tempo e
giunge a noi nella sua freschezza. "Fuggite il male con orrore…" è allora
soltanto un aspetto del vivere cristiano. Un male che non è soltanto il peccato
puntuale (piccolo o grande che esso sia), ma è - in modo più apparentemente
innocuo - il limite, l'incompletezza proprie del genere umano. Allontanarsi da
questo limite significa non ristagnare nella mediocrità e nell'accogliere
acriticamente quegli schemi che vengono oggi proposti come latori di una
realizzazione che, ben presto, si rivela illusoria. Oltrepassare questo limite
significa crescere e far crescere. Qui si cala la forza di persuasione di un
discorso su Maria. "È Lei la donna la cui "cultura" fu a tal punto "la
coltivazione di un essere umano" che la sua esperienza al riguardo coincise col
"culto" dovuto a Dio solo"66.
"…attaccatevi al bene" è la seconda parte del monito paolino che è possibile
ricondurre alla felice espressione "coltivazione di un essere umano";
essa ci indica le due direzioni del servizio di Maria: all'uomo e, attraverso di
lui, al mondo. Servizio all'uomo, perciò servizio alla vita, anzi all'Autore
della Vita: attaccamento, fatto di comunione, al Bene Sommo dell'umanità e che è
la vera Fonte della Vita, indice di una novità che sempre si ripropone nella sua
attualità. "…attaccatevi al bene": non si tratta di un bene statico, ma
si è dinanzi ad una Persona che ci spinge a compiere il bene e che rende l'uomo
protagonista di un'azione di bene per sé per gli altri e per il cosmo.
Soprattutto e più visibilmente nell'episodio di Cana, Maria - la Nuova Eva, la
prima Redenta - può indirizzare l'uomo a Dio67,
affinché collabori con Lui alla trasformazione, alla promozione gioiosa della
vita. La festa della vita indica il trionfo della fede. È possibile allora
osservare che il modo con il quale Maria si pone "davanti a noi come luce per
i problemi della nostra umanità è insieme presenza, esemplarità e richiamo a
collaborare con lei oggi per rendere presente la cultura dell'amore di Dio che è
vita e Risurrezione"68.
Si impone perciò un atteggiamento vitale, ottimistico, ma non superficiale:
ripartire dalla positività e dalla bellezza della creazione per vedere
attraverso di essa l'Originaria Bellezza che ha un volto ed un nome: Gesù di
Nazareth nel quale tutte le promesse di Dio hanno il loro "sì" (cfr. 2
Cor 1,20). Un "sì" alla salvezza, alla vita e alla cultura che da essa
proviene. Un "sì" potente, insomma, entro il quale si modellano tutti gli
atteggiamenti che parlano di promozione e rispetto della vita69.
Qui Maria rientra a pieno diritto e proprio per la convergenza di intenti -
esemplare per l'uomo - assume quella grandezza che, nel suo stile così
personale, Pierre Teilhard De Chardin illustra quale "gemma scintillante della
Materia, la Perla del Cosmo e suo punto d'attacco con l'Assoluto personale
incarnato, la Beata Vergine Maria, Regina e Madre di tutte le cose..."70.
Una visione affascinante e che è suscettibile - se vogliamo - di ulteriori
approfondimenti, ma basta la sua carica dirompente a rinsaldare la speranza in
un miglioramento del nostro mondo con il ricordare all'uomo la sua singolare
vocazione di collaboratore con il Creatore e custode dell'universo.
NOTE
1 Si tratta della Colletta della S. Messa Maria Vergine Sede della Sapienza, un
formulario appartenente alla Raccolta delle SS. Messe mariane (siglata
comunemente CMBVM) edita dalla CEI nel 1987. La S. Messa è siglata con il n. 24.
2 "Dio chiama all'esistenza le creature operando su una massa priva di forma e
di ordine, designata nella bibbia col nome di "terra". Essa raggiunge la sua
compiuta bellezza, da caos diviene cosmo, accogliendo senza opposizione l'opera
dello Spirito che compie l'opera divina introducendo sulla terra il germe delle
parole di Dio", G. VANNUCCI, La Parola creatrice, Cernusco sul Naviglio
1993, 25.
3 "Dio pensa e vuole la luce, la terra, le acque, il cielo, l'uomo e all'istante
queste creature appaiono all'esistenza. Dio ama, e il suo amore nella regione
del creato, sono le piante, gli animali, le rocce, i monti, le stelle, ecc. Dio
non fa teorie sulla creazione, crea; non specula sulla natura dell'amore e sulle
sue manifestazioni, ama", G. VANNUCCI, La Parola creatrice, 23.
4 Si tratta di una superiorità globale dell'uomo nel cosmo rispetto agli esseri
viventi che si vede anche nella costituzione del corpo. Osserva in merito J. M.
Maldamé che "il corpo umano è più che un elemento del mondo. Abitato dallo
spirito, è un potere sul mondo. È l'unità dinamica in cui il visibile comunica
con l'invisibile", J. M. MALDAMÉ, Cristo e il cosmo, Cinisello Balsamo
1995, 97.
5 "La terra in sé è inerte e priva di forma: il suo movimento verso l'ordine e
la bellezza è promosso dallo Spirito di Dio che agisce inserendo nel suo seno le
parole divine, che sono il principio e la fine della vicenda gloriosa di ogni
creatura, il dono dell'esistenza e la gioiosa energia che conduce avanti, al suo
termine sacro, ogni essere creato", G. VANNUCCI, La Parola creatrice…,
25.
6 Osserva A. Ganoczy: "La soggiogazione della terra viene espressa tramite il
verbo kabash, un verbo che presenta diverse accezioni e che può significare sia
'dominare', 'violentare', sconfiggere i nemici', come anche 'prendere possesso
di un pezzo di terra'. Il contesto ci autorizza a vedere quest'ultimo
significato ad a considerare contrastante con la Bibbia quello che per secoli
popoli di cultura cristiana hanno fatto nel mondo: saccheggiare la natura", A.
GANOCZY, Dottrina della creazione, Brescia 1992 (orig. 1983), 13.
Analogamente, ma in toni meditativi si esprime G. Vannucci: "L'uomo domina le
creature aiutandole a raggiungere la piena manifestazione delle loro possibilità
di bellezza e di vita. L'uso delle creature per costruzioni di brutture e di
scempio è il dominio dell'uomo caduto nel vortice della esteriorità egoistica ed
effimera", G. VANNUCCI, La Parola creatrice…, 33. I corsivi sono nel testo.
7 A. C. MOLINERO, La Domenica. Dies Domini: celebrazione del mistero di
Cristo, Napoli 1998, 183.
8 La letteratura sul peccato originale è vastissima. Una panoramica dello status
quæstionis è offerta dall'insieme dei vari contributi presenti in un volume
curato dall'ATI, Questioni sul peccato originale, Padova 1996.
9 È la tesi suggestiva ed interessante contenuta in A. GESCHÉ, Il Male,
Cinisello Balsamo 1996, 76.
10 "La mente separata ha ucciso nell'uomo la capacità di essere in comunione con
gli altri da sé ed ha fatto sorgere in lui la mente del mercante, per la quale
la bilancia è lo strumento, ogni cosa ha il suo contro-valore, il suo
contrappeso, la sua contropartita; da essa nasce la logica equazionale, il
sistema decimale, l'algebra…. Che dimenticando il mistero delle creature tutto
riducono a quantità e misura. Per questo l'uomo decaduto scorge solo l'universo
quantitativo e tutto misura con l'occhio del bottegaio: il bello e il buono, il
vero e il sacro", G. VANNUCCI, La Parola creatrice, 58.
11 GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitæ, 4, in EV, Bologna 1997, XIV,
1213-1215. Un gran numero di commenti appare nel volume monografico
sull'enciclica: M. TOSO (a cura di), Educare alla vita. Studi sull'"Evangelium
vitæ", di Giovanni Paolo II, LAS, Roma 1996.
12 PONTIFICIA ACADEMIA MARIANA INTERNATIONALIS (PAMI), La Madre del Signore.
Memoria, presenza, speranza, n. 2, Città del Vaticano 2000.
13 "La cultura moderna allorché sostiene che la dignità della persona sta nella
libertà radicale e totalmente indifferente, poggia su un tragico e deleterio
equivoco, sulle sabbie mobili. Difatti una libertà radicale non può conferire
dignità alla persona, perché non ha un'identità previa da difendere, su cui
radicarsi e a cui far riferimento. La libertà radicale è libertà vuota di
contenuti, che non si può determinare a nulla, In essa non si può scorgere alcun
segno della grandezza, delle perfezioni e dei fini dell'uomo. Con la conseguenza
che essa non ha neanche ragioni per chiedere rispetto delle altre libertà
altrettanto radicalmente libere", M. TOSO, Alla ricerca di una gnoseologia e
di un'etica che consentano la soluzione della crisi della cultura della vita,
in ID. (a cura di), Educare alla vita, 31. Il corsivo è nel testo.
14 Il Capitolo Generale è la riunione periodica nella quale gli appartenenti ad
una famiglia religiosa si ritrovano per verificare la loro vita nei suoi
ordinamenti (con l'elezione o la riconferma dei superiori), nella fedeltà al
proprio carisma e nell'apostolato. Per i Frati Servi di Maria esso ha scadenza
sessennale.
15 210° CAPITOLO GENERALE DEI SERVI DI MARIA, Servi del Magnificat (da
ora siglato con SdM anche nel testo), Ed. Servitium, Sotto il Monte 1995.
16 Cfr. SdM, 103.
17 Ibidem.
18 Cfr. SdM, 107.
19 Cfr. Ibidem.
20 In tal ambito risalta la proposta di J. Moltmann secondo il quale è possibile
parlare di Dottrina ecologica della creazione.
21 Cfr. CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA (CCC), 1430-1433. Di tali 4 numeri, il
1431 spiega di cosa realmente si tratti tale penitenza interiore.
22 È interessante notare come la sequenza delle risposte date a Dio prima
dall'uomo (Gen 3,12) e quindi dalla donna (Gen 3,13) nel loro tentativo di
discolparsi frantumano la comunione attraverso il pensare solo a sé stessi e a
come liberarsi dalla responsabilità di un gesto ormai compiuto e, almeno
dall'uomo, irreparabile.
23 "Noi che siamo figli della violenza, impostati sull'egoismo, pensiamo che il
"dominare" sia facile; mentre "dominare", secondo l'esempio di Dio, è avere
comprensione delle cose, aiutare le creature a raggiungere la propria creazione.
L'uomo è chiamato a dare il nome ad esse, questo nome deve corrispondere alla
realtà ultima delle cose. L'uomo deve scoprire l'immagine sapienziale di ogni
creatura e deve aiutarla ad adeguarsi a questa meta: solo tale dominio ci è
concesso", G. VANNUCCI, La Parola …, 22.
24 "Libero è solo colui che nel suo intimum si unisce a Dio, che è Amore.
Soltanto Lui non rende schiavi. Dominus sui è colui che collabora con Dio in
tutto, così che non parla più "da sé stesso", ma "da Lui". Solo allora l'uomo è
dignità", S. GRYGIEL, La "Redemptor hominis" e la libertà della persona,
in AA.VV., A dieci anni dalla Redemptor hominis, Milano 1989, 65. I
corsivi sono nel testo.
25 G. PANTEGHINI, L'uomo scommessa di Dio, Padova 1998, 247.
26 La trattazione del bene originale è in De Civitate Dei, l. XXII, 24.
Una dettagliata esegesi di questo testo, unita ad un commento, appare in A.
SOLIGNAC, Le bien originel chez Augustin, in Nouvelle Révue de
Théologie 122 (2000), 400-415.
27 Partendo da qui si arriva facilmente alla possibilità per l'uomo di conoscere
naturalmente Dio senza un iniziale bisogno della Rivelazione. Aspetto
sottolineato dal Vaticano I (Dei Filius c. II, DH 3005) e dal Vaticano II (Dei
Verbum 2 e 4).
28 Cfr. CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium, 58.
29 Cfr. Ibidem, 62.
30 Tale è l'esempio dei Sette Santi Fondatori dell'Ordine dei Servi di Maria
come appare nella sezione più antica della Legenda de Origine (da ora siglata
LO), al n. 18: "Temendo la loro imperfezione pensarono rettamente di mettere
umilmente sé stessi e i loro cuori ai piedi della Regina del cielo, la
gloriosissima Vergine Maria, perché essa, come mediatrice e avvocata, li
riconciliasse (...) al Figlio suo...". Utilizziamo l'edizione a cura di E. M.
TONIOLO (Roma 1982) nella quale compare anche il testo originale latino. Due
notazioni si impongono a commento di queste poche, ma decisive, righe: anzitutto
la tensione dei sette uomini verso l'aldilà è mediata dalla Vergine sempre
congiuntamente al Figlio. Un aldilà che è pacificazione e riconciliazione nel
quale "non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno" (Ap 21,7) e
al quale si arriva - secondo aspetto - in modo totale attraverso "sé stessi", "i
loro cuori" posti "ai piedi" della Vergine Santa. Una totalità che suggerisce un
senso di fisicità all'esperienza dei Sette. C'è da osservare, tuttavia, che
l'atteggiamento di porsi ai piedi della Vergine Maria da parte degli uomini per
implorare grazia lo troviamo già agli inizi del 1100 nell'Omelia per la festa
della Purificazione di Goffredo di Vendôme (in PL 157, 266).
31 PAMI, La Madre del Signore, n. 3.
32 Significative in merito le parole della Marialis cultus al n. 57 (peraltro
riprese al n. 7 del citato documento della PAMI): "All'uomo contemporaneo, non
di rado tormentato dall'angoscia e la speranza, prostrato dal senso dei suoi
limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell'animo e diviso nel
cuore, con la mente sospesa nell'enigma della morte, oppresso dalla solitudine
mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la beata Vergine
Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede
nella Città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la
vittoria della speranza sull'angoscia, della comunione sulla solitudine, della
pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle
prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte".
33 Su questo aspetto si vedano gli scritti del biblista A. Serra il quale, più
volte è tornato ad esaminare il racconto dell'Annunciazione vedendolo in
connessione con gli eventi del Sinai in Es 19,3-8. Citiamo in particolare due
volumi che mostrano i risultati delle sue ricerche: A. SERRA, E c'era la
Madre di Gesù, Cernusco sul Naviglio 1989, 335-340 e ID., Maria secondo
il Vangelo, Brescia 1987, 8-15.
34 Una determinazione che, nel caso di Maria, diviene trasfigurazione e
glorificazione così come appare nel mistero dell'Assunzione che mostra il più
alto grado raggiunto dalla risposta che la Rivelazione offre alla domanda di
senso propria dell'uomo. In tal senso, C Rocchetta annota che "la Vergine
Assunta "in anima e corpo" alla pienezza della gloria di Dio rivela al mondo il
senso più profondo della Vita e della Morte del cristiano", C. ROCCHETTA, Pasqua:
trionfo della vita. Dalla morte alla gloria, in AA. VV., La vita e Maria
"Madre della vita", Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma
1994, 181. Si tratta, come osserva S. M. Perrella, di una vera e propria
"antropologia realizzata" quella rappresentata dall'Assunzione. Cfr. S. M.
PERRELLA, L'Assunzione di Maria nella teologia post-conciliare, in AA.
VV., L'Assunzione di Mar