05. Alcuni aspetti della Mariologia medievale - Madonna e cultura medievale
Data: Mercoledi 30 Dicembre 2009, alle ore 7:59:46
Argomento: Medioevo


Per gentile concessione del Prof. Vito Sibilio - Lezione del Novembre 2003


Questo fervore di fede si trasfuse, come ho detto, nelle molteplici forme della civiltà, producendo alti modelli di cultura cristiana, che contribuirono esse stesse a definire la fisionomia dottrinale e religiosa della Vergine nel Medioevo. A titolo esemplificativo, indicherò esempi artistici, letterari e musicali, atti ad esprimere la profondità dell'ispirazione religiosa della cultura nel periodo medievale.
In relazione all'arte, specie figurativa, va detto che l'antichità non conservò un ritratto di Maria "Neque enim novimus facies Virginis Mariae". (1) Nonostante ciò la tradizione iconografica della Vergine è antichissima, e risale all'arte funeraria catacombale, con soggetti tratti dai Vangeli canonici e apocrifi, specie dell'infanzia. Questi temi influenzeranno l'arte posteriore, assieme a quelli legati alla definizione dogmatica di Efeso (431). Ai suoi tempi, Roma aveva già quattro grandi basiliche mariane: la liberiana. Santa Maria Antìqua, Santa Maria Rotunda, Santa Maria in Trastevere, ognuna coi suoi tesori artistici. Il titolo di Sancta Maria è l'equivalente latino teologico del titolo Theotòkos - come attesta l'iscrizione dell'ambone di Santa Maria Antiqua: "Noviter fecit: + IOHANNES SERVUS S(an)C(t)AE MARIAE /IOANNOY ?OY?OY THS TEOTOKOY".(2) In quanto ai soggetti catacombali, subiscono una variazione: la Vergine viene isolata, e in grembo a lei il Bambino sta come sul trono, con angeli e santi intorno. (3) Troviamo questa tipologia per esempio alla catacomba di Commodilla, in un affresco del VI sec., o a S. Apollinare Nuovo a Ravenna. Contemporaneamente, l'Oriente sviluppa la tipologia della Vergine che indica la via, o Odighìtria: l'antica icona attribuita a San Luca fu venerata a Costantinopoli dal 451, e fu il modello di moltissime altre icone. A partire da questo periodo, poi, l'iconografìa mariana compare anche sulle pareti absidali. Essa raggiunge l'apogeo a Santa Maria Maggiore: la Maternità divina, l'Adorazione dei Magi e quella di Afrodisio, l'Annunciazione, la Presentazione di Gesù rappresentano la Madonna come Basilissa, creando un modello che sarà ripreso in Santa Maria Antiqua, nell'arte benedettina (che la diffonderà ovunque) e in Santa Maria in Trastevere. L'iconoclastia orientale favorirà la diffusione dei tipi iconici occidentali (si pensi alla ripresa di questo modello in Santa Maria Antiqua nella cappella dei SS.Quirico e Giulitta e nel sacello di San Pietro voluti da Giovanni VII (705-707), e al mosaico del catino absidale di Santa Maria in Domnica, voluto da s. Pasquale I (817-824). (4) In generale, ovunque in Italia, dal S. Salvatore di Brescia fino a S. Sofìa di Benevento, si riscontra il tema dell'Incarnazione.
In Oriente invece, superata la crisi iconoclastica, la produzione iconica riprende rigogliosa, ma anche stereotipata, per evitare abusi. I tipi più importanti sono parecchi. L' Odighìtria, di cui si è detto, si diffuse a Roma, Grottaferrata, Bari, Venezia, Monopoli, Bologna, Torino, in Russia, in Polonia (Czestochowa), Medio Oriente, Balcani. L' Eleùsa (Madonna della Tenerezza, col Bambino guancia a guancia), attribuita a san Luca, si diffuse in Francia (Cambrai, XII sec., con l'icona famosa in cui Bernadette Soubirous riconobbe la Vergine vista in visione), in Russia, nell'Illirico. Ci sono poi i tipi della Vergine orante: l'Aghiosoritissa, detta così dalla chiesa dell'Urna Santa (Aghìa Sóros;), contenente la veste della Vergine, a Costantinopoli, riprodotta a Roma, a Frisinga, sul Monte Athos, in Egitto, in Russia; la Blachernitissa, dal santuario di Blachèrne, copiata a Nicea, in Russia e a Venezia; la Deèsis, il cui nome indica la triade Gesù, Maria e il Battista. Infine vanno ricordati il tipo della Madonna che allatta, o Galaktotrofùsa, proveniente dall'Egitto e diffusa ovunque vi fossero reliquie del latte di Maria; quello della Madonna del Segno, legato all'Annunciazione; il tipo miracoloso della Tpicherùsa, e la Kiriotìssa o Basilìssa, di cui ho detto (diffusa in Medio Oriente, Africa, Balcani, Russia, Italia). Quasi tutti questi tipi entreranno nelle arti romanica e gotica. (5) Il Medioevo occidentale sviluppa un'arte autonoma mariana a partire dal XII sec., ed essa viene diffusa dai Cistercensi e dai Premostratensi. In onore della Vergine sorgono le meravigliose cattedrali di Laon (1150), Parigi (1163), Amiens (1220), Chartres (1194), ecc. Esse sono modello per tutta Europa: Westminster, York, Burgos, Colonia, Palma di Maiorca, Tolosa; santuari mariani come Arras e Clermont fungono poi da modello per tutta la Francia. In Sicilia la Martorana di Palermo è dedicata alla Madre di Dio (1143) da Giorgio di Antiochia, mentre Guglielmo II (1166-1189) dedica invece alla Vergine la cattedrale di Monreale. Anche Suger di Saint-Denis (luogo che fu lo scrigno più eccelso di tutte le forme dell'arte gotica) immortala nelle vetrate della sua abbazia il mistero mariano dell'Annunciazione. E nella statuaria, troviamo capolavori come la scultura che fa da pilastro divisorio alla cattedrale di Reims. A Parigi, due portali sono dedicati a Maria, la cui vita è immortalata nella cattedrale di Senlis. Le raffigurazioni si arricchiscono degli spunti più disparati, tratti dalla Bibbia, dalla patristica, dall'innografia, dalle leggende agiografìche, dalla devozione, senza però mai sacrificare l'aspetto umano e sentimentale: si veda per esempio la "tempesta che è nel cuore", ossia la raffigurazione tipica del dubbio di Giuseppe davanti alla nascita di Gesù, quando gli si ripropone l'angoscioso dilemma sulla sua nascita, insinuatogli da Satana, e fugato dalla Vergine che mostra amorevolmente il Figlio divino (abside di Santa Maria Maggiore, opera di Jacopo Torritti, fine sec. XII). Non mancarono raffigurazioni simboliche, come per esempio quella della "Sedes Sapientiae", in cui Maria è tra i massimi filosofi e tra le figure delle arti liberali (facciata di Chartres). Bisogna poi ricordare le Maestà toscane e umbre, ad un certo punto influenzate dallo spirito francescano (Madonna con gli Angeli e s. Francesco, nella Basilica Inferiore ad Assisi; Maestà di Duccio di Buoninsegna, all'Opera del Duomo di Siena; Madonna Rucellai a Firenze, in Santa Maria Novella). (6)
Nella letteratura, la Vergine ricevette un'attenzione ancora maggiore: la grande tradizione mediolatina si nutre di elementi mariani. L'agiografia produce centinaia di Miracula, o raccolte di prodigi attribuiti alla Vergine, generalmente avvenuti presso i suoi santuari. La poesia si sbizzarrisce con inni, tropi, sequenze, spesso caratterizzati da virtuosismi versificatori, come acrostici (per esempio: "Mater Alma Redemptoris Iubar Aurei viroris" è un esempio di acrostico perché le prime cinque iniziali formano il nome Maria), sia in un solo verso, che in più strofe, in cui ogni parola inizia per la lettera che si vuole mettere in rilievo (per esempio, "Margarita mundans mentes /mater mitigans maerentes/ mel misericordiae// Aula agni, Abel ara / arbor auferens amara/ ales alimoniae", che danno le prime due lettere del nome Maria, mentre le altre tre lettere sono le iniziali delle parole delle strofe tre, quattro e cinque), o semplicemente in più versi, inizianti tutti con la stessa lettera (ad esempio: "Mater mirabilis, Maria, nomine/ multum lucidior, quocumque lumine/ muni me miserum, mortis in limine/ malignis obvians tuo iuvamine", che suggeriscono la prima lettera del nome Maria). Non mancano mesostici e telostici combinati tra loro, o versi disrupti, in cui il nome della Vergine è scomposto in sillabe, dislocato su versi diversi. Versi assai creativi anche in ordine alle rime si hanno con le strutture dei cruciferi, con rima incrociata ("Angelico verbo tactus tuus intumet alvus/ ut fieret salvus homo tentus ab hoste superbo"), dei serpentini, con l'ultima parola dei vari cola che rima con la prima del colon successivo ("Ave, porta poli, noli te plaudere mota/ vota tibi grata suscipe, dirige mentem"; "Tu es fìlia novella/ cella eloquentiae/ simplex, clara columbella/ stella excellentiae/ ornans stipem tu agnella/ fiscella clementiae"), dei trinini salientes, con esametri rimati tra coppie di membri dattilici e clausole, e con divisioni basate su cesure tritemimere e eftemimere ("Stella maris, quae sola paris, sine coniuge prolem/ iustitiae clarum specie super omnia solem"). (7) La Madonna entra anche nel mondo del lamento poetico, con i planctus Mariae, che spesso assumono forma drammatica, e sconfinano nei ludi scaenici, di svariato argomento religioso, e quindi anche mariano, rappresentati sovente presso i santuari. I maggiori autori mediolatini che scrissero di Maria in età barbarica furono: Gregorio Magno (570-604), Isidoro di Siviglia (560-636), Cesario di Arles (470-542), Beda il Venerabile (672-735), che ne parlarono come padri e dottori, da un punto di vista strettamente teologico-religioso; Ennodio (473-521) e Venanzio Fortunato (530-600ca), in componimenti poetici di sapore classicheggiante; Draconzio (V-VI sec.), nelle poesie del De Laudibus Dei; Lussorio (VI sec.), nell'imitazione dell'epigramma classico; Avito (450-518), come poeta epico-biblico, e Adelmo di Malmesbury (640-709), come poeta didascalico. Durante il rinascimento carolingio, scrissero della Vergine Alcuino di York, i raffinati poeti Teodulfo d'Orléans (760-821), Vandalberto di Prum (813 - 850 ca.) e Prudenzio di Troyes (†861), i poligrafi Rabano Mauro (784-856) e Valafrido Strabone (809-849). In età feudale, la Madonna diede ispirazione alla poesia di Nokter il Balbo (840 ca. - 912), alla poliedrica produzione di Odone di Cluny (1930), di Odilone suo successore (†1049), alla teologia di Remigio d'Auxerre (841 ca.- 908) e di Silvestro II (999-1003), alla drammaturgia di Rosvita di Gandersheim (935-973). L'età scolastica riprese temi mariani con Fulberto di Chartres (964- 1045), Pier Damiani (1007-1072), Anselmo d'Aosta (1033-1109), Abelardo (1079-1142), Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), Ugo di San Vittore (1097-1141), Riccardo di San Vittore (†1173), Pietro Lombardo (†1164): tutti dottori che non hanno bisogno di presentazione. E ancora parlarono di Maria Gioacchino da Fiore (†1203), e i poligrafi Gilberto Porretano (†1154), Ildegarda di Bingen (†1179), Giovanni da Salisbury (1120-1180 ca.), Ildeberto di Lavardin (1056-1123), Alano di Lilla (1118-1203), più il poeta Adamo di San Vittore (1112-1192) e un numero infinito di anonimi autori di poesie e drammi sacri. La letteratura erudita dei secc. XIII-XIV ha nei grandi Dottori (Tommaso d'Aquino, Alberto Magno, Bonaventura, Duns Scoto, Vincenzo di Beauvais, Raimondo Lullo) gli autori mariani più fecondi, accanto ai predicatori e agiografi più insigni come Antonio da Padova (†1231), Giacomo di Vitry (†1240), Roberto Grossatesta (1175-1253), lacopo da Varazze (1230-1298). Più di un'intera generazione di lirici sacri cantò la Vergine - Filippo il Cancelliere (1160-1236), Stefano Langton (†1228), Giovanni Peckham (†1292), Iacopone da Todi (†1236) - distribuita su tutto il continente. Come si vede, un'intensa produzione latina plurisecolare. (8)
Nella letteratura volgare, la Vergine trova altrettanto posto. Il genere letterario che più si sostanzia di elementi mariani è la lauda. Il suo maggior autore è il b. Jacopone da Todi, che ci ha lasciato pagine di intensa commozione, specie in "Donna de' Paradiso". I vari poeti italiani in volgare del Duecento, come Guittone d'Arezzo o Bonvesin della Riva, hanno dedicato versi alla Vergine, spesso di non gran valore, fino a che la poesia devota trovò il suo campione in Dante, la cui Divina Commedia ha un'altissima ispirazione mariana, lungo l'arco di tutte e tre le cantiche, presentando Maria come mediatrice di salvezza, e dedicandole la splendida preghiera attribuita a San Bernardo. Meno devota la vita, ma altrettanto sentita la poesia mariana del Petrarca, che elevò alla Vergine un'invocazione di salvezza che è la pietra angolare di tutto il Canzoniere, e che Carducci considerò la più bella di tutte le poesie mariane. Meno ispirate le poche liriche del Boccaccio dedicate a Maria, mentre in generale i trecentisti minori, come Fazio degli Uberti o Sannuccio del Bene, seguirono un'ispirazione mariana costante ma più tenue rispetto alla musa dell'Alighieri e del Petrarca. In clima umanistico, la lauda "Dì, Maria dolce", di Giovanni Dominici (1357-1419), è certamente la pagina più ispirata, anche se non la più erudita; chi cercasse tale raffinatezza, dovrebbe leggere le liriche del Magnifico o del Poliziano: sebbene il secondo non sia stato disprezzabile nei suoi componimenti mariani, tali opere rimangono piuttosto asettiche. Molto più sentita fu la Confessione che, con importanti elementi mariani, il Pulci scrisse dopo il 1481.
In Francia la lirica volgare dei secc. XII-XIII è altamente mariana mentre si sviluppa un teatro sacro che tocca la vetta artistica con i Miracles de la Vierge di Gautier de Coincy (†1236) e il Miracle de Théophile di Théophile de Rutebeuf (XIV sec.). Anche nell'anonimo Jeu d'Adam si rintraccia un'ispirazione mariana di tipo patristico, che sviluppa l'equiparazione Eva - Maria. Il Quattrocento ha poi un'opera splendida ne La Balade pour prier Notre Dame, di François Villon. In Inghilterra gli antichi Anglosassoni ebbero il loro poeta mariano in Cynewulf (sec. IX), e durante tutta l'età normanna abbondarono liriche e opere mariane in genere, proseguite fino a tutto il Trecento, e giunte ad alto livello artistico con G.Chaucer (1340-1400) e di John Lydgate (1370-1451 ca.).
In Spagna, emersero le figure di Gonzalo de Berceo (1195-1268) e del re Alfonso X il Saggio, assieme all'anonimo autore dei duecenteschi Miraclos de Nuestra Señora. Le loro opere posero motivi letterari che vennero riecheggiati per tutto il '400. In Germania, tra i secc. XII e XIII, fiorirono laudari e canzonieri mariani, ispirati dalla letteratura francese, che però andarono isterilendosi nel '400. (9) Ovviamente, anche la musica fu intrisa di spirito mariano, a partire dal canto cristiano bizantino. Esso è la prima forma di civiltà musicale che s'ispira largamente a temi religiosi cristiani. I suoi canti furono raggruppati secondo l'uso liturgico, ed ebbero dal V sec. dei grandi autori. Il primo fu Efrem Siro, a cui si attribuiscono tre milioni di versi. Assenzio e Romano, di poco posteriori, sono considerati gli iniziatori del genere del kontàkion, ossia di una composizione di ventisei strofe, di cui una introduttiva e una finale. Perfezionatore del kontàkion fu Giovanni Damasceno, che tuttavia compose versi e musiche anche in altri sistemi metrici e strofìci. Ovviamente, tutti costoro scrissero anche melodie specificamente mariane. Il maggior poeta dei kontàkia fu Romano il Melode, a cui si deve la celebre raccolta di canti mariani e Parthènos, e a cui si attribuisce persino l'inno Akhàtistos, il più grande capolavoro poetico-musicale della tradizione greca sulla Vergine. Quest'inno, la cui musica c'è stata tramandata nel kontakàrion del codex ashburnamensis LXIV della Biblioteca laurenziana di Firenze, è talmente lungo che veniva cantato a pezzi da gruppi diversi, che si alternavano stando in piedi (da cui il nome, che significa appunto "che sta in piedi"). Il testo è sostanzialmente litanico, e ha un retroterra assai composito di cultura biblica, liturgica e patristica. (10)
Andrea di Creta, padre della Chiesa, fu invece l'iniziatore del sistema strofico del canone, inno in nove odi, ciascuna di almeno tre tropi. A lui seguirono, in questo genere di composizione, Giovanni Damasceno, Teodoro e Giuseppe Studita e molti altri.
Nel canto gregoriano abbiamo una produzione altrettanto varia, suddivisa nelle aree geoturgiche romana, gallicana, ambrosiana, mozarabica. Tipicamente monodico, il gregoriano ha generato innumerevoli messe cantate, di cui la più celebre e bella è la Cum iubilo; molte erano dedicate alla Vergine, e anche quelle di altro tema avevano un ricco tropario mariano, come soprattutto la Alme Pater. Una raccolta importante era contenuta nel Commune festorum B.M.V., in cui spesso le melodie mariane adattavano musiche ancora più antiche, come ad esempio la messa di S. Maria m sabato. Con l'avvento della polifonia e dell'Ars Antiqua intorno al X sec., irradiatasi dai grandi santuari - spesso mariani, come Parigi e Chartres - si diffondono nuove composizioni mariologiche, a due, tre o più voci: tra esse ci sono le canzoni di Gautier de Coincy, che in esse adattò i suoi stessi Miracles. Arrivata l'Ars nova (XIII-XIV sec.), la polifonia si sviluppa rigogliosa, e nascono opere come la Messe de Notre Dame, di Guillame de Machant (1300-1377), o i suoi mottetti Rex Virginum e Felix Virgo Inviolata. Non mancano antifone e tropi, specie in Inghilterra, dove fioriscono le cosiddette antifone votive. Nell'isola, l'innografìa fu diffusa soprattutto dai francescani, che se ne servirono come strumento di evangelizzazione. Anche inglesi furono i carols, ossia le melodie a carattere religioso non liturgico, usate nelle processioni o al termine delle messe. Nomi illustri della musica mariana europea del Quattrocento furono Lionel Power (†1445), John Dunstable (†1453), Guillame Dufuy (†1474), che musicarono celebri preghiere e antifone preesistenti. (11)
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(1) AGOSTINO, De Trinitate, in PL XLII, 952.
(2) In Dictionnaire d'Archèologie Chrétienne et de Liturgie (DACL), a cura di F.CABROL- H.LECLERCQ, vol. I-XV, Parigi 1924-1953, in particolare vol. V, s.v., c.2017.
(3) M.VLOBERG, Type romaine de la Vierge Reine, "Art Sacrè» 142 (1938).
(4) Cfr. P.AMATO, Arte/Iconologia, in DE FIORES - MEO, Dizionario pp. 138-154, in particolare pp. 140-144.
(5) Cfr. G.GHARIB, Icone, in DE FIORES-MEO, Dizionario, pp.670-679, con bibl.
(6) Cfr. AMATO, Arte, pp. 138-154.
(7) Cfr. D.NORBERG, Introductìon à l'ètude de la versification Iatine medievale Stoccolma 1955 pp.43-70.
(8) Cfr. la sintesi in V.PALADINI M.DE MARCO, Lingua e letteratura mediolatina, Bologna 1980 2 , pp. 120-266.
(9) Cfr.G.FRANCINI, Letteratura, in DE FIORES - MEO, Dizionario, pp. 735-759, in particolare pp. 735-742.
(10) Cfr. sull'arg. E.M.TONIOLO, L’Inno Acatisto, monumento di teologia e di culto mariano nella Chiesa Bizantina, in De cultu mariano saeculis VI-XI, vol. IV, Roma 1972, pp. 1-39.
(11) Cfr. sull'arg. P. SANTUCCI, La Madonna nella musica, Bologna 1984


 







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