Maria canta il Dio misericordioso
Data: Martedi 5 Gennaio 2010, alle ore 11:25:46
Argomento: Ecumenismo


Il Capitolo Sesto del libro di Renzo Bertalot, Ecco la Serva del Signore. Una voce protestante, Edizioni "Marianum", Roma 2002, Capitolo Sesto, pp. 81-85
 

Osservazioni preliminari

In occasione delle tentazioni nel deserto Gesù si rivolge a Satana ricordando le parole bibliche "Adora il Signore che è il tuo Dio e a lui solo rivolgi la tua preghiera" (Lc 4,8). Satana era pronto a cedere il dominio di questo mondo in cambio dell'adorazione.
Gesù ricorda inoltre alla donna samaritana che l'ora viene anzi è già venuta in cui "gli uomini adoreranno il Padre guidati dallo Spirito e dalla verità" (Gv 4,23).
Al momento dell'Ascensione le donne che seguivano Gesù l'"adorarono" e così i discepoli (Mt 29,9 e 17).
Infine nel libro degli Atti troviamo Cornelio che all'arrivo di Pietro si gettò ai suoi piedi e l'"adorò" (At 10,25). Naturalmente Pietro rifiuta quel tipo di ossequio.
Nei casi citati non sono esplicitati il contenuto dell'adorazione e i sentimenti che vengono espressi o sottintesi.
Ora mentre tutti i credenti, di ogni tempo e luogo, sono coinvolti nell'imperativo biblico di adorare il Signore nostro Dio, è per lo meno curioso il fatto che il verbo "adorare non ricorre mai in rapporto alla madre di Gesù. Sembra anzi affacciarsi un'inversione di tendenza. Nel canto del Magnificat sono proprio i contenuti e i pensieri di Maria che vengono espressi apertamente e con forte efficacia. Con le sue parole (o quelle che la comunità mette sulle sue labbra) ci troviamo nel concreto biblico, ricco di orientamenti precisi.

1. GRUPPO DI DOMBES

Nel riprendere l'esame del commento di Lutero al Magnificat non possiamo oggi non tenere presenti le tesi del gruppo di Dombes: i dogmi mariani e in particolare la figura di Maria non rappresentano più un'occasione di separazione tra le chiese. Vi sono delle memorie da risanare (Graz 1997); vi sono nuovi orientamenti da sviluppare e da tenere dovutamente in conto sia da parte protestante sia da parte cattolica. Continuare a tacere sulla Maria biblica potrebbe significare anche un tacere su Cristo, mentre un eccessiva insistenza sulle devozioni popolari potrebbe a sua volta nascondere qualcosa del volto del Signore.

2. FORMA E FONDAMENTO

Infine il recente accordo cattolico-luterano sulla giustificazione per fede (31 ottobre 1999)1 spinge verso una forte rivalutazione del commento di Lutero con convergenze che sono ormai più che parallele. Il "fondamento" comune in materia di giustificazione dev'essere riaffermato al di là della diversità della "forma" usata dai diversi settori del cristianesimo nelle loro dichiarazioni di fede2.
Trovano inoltre attuazione le indicazioni del Concilio Vaticano II che distingueva tra la "verità" e la "formulazione della verità".
Infine la Dichiarazione congiunta afferma la nostra totale dipendenza dalla grazia salvatrice e non dalla nostra libertà personale. Siamo "incapaci" di convertirci a Dio, di meritare la giustificazione e di ottenere la salvezza tramite i nostri meriti. La cooperazione è un "effetto" della grazia e non della nostra abilità. Lo Spirito Santo ci rigenera, ma non è neppure giusto dire che siamo senza peccato.
La Dichiarazione congiunta è, quindi, un punto di arrivo importante dopo le polemiche del XVI secolo, ma soprattutto è un punto di partenza determinante per le nuove prospettive del dialogo interconfessionale.
Le prime difficoltà si sono tuttavia registrate con l'emergere del problema delle indulgenze relative all'Anno Santo. I luterani e i riformati si erano espressi fermamente rifiutando di esserne coinvolti in particolar modo durante la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Una serie di chiarimenti ha permesso di prendere atto delle difficoltà esistenti senza tuttavia interrompere il dialogo che comunque presuppone anche per i cattolici (e le indulgenze) l'accordo sulla giustificazione per fede come "interpretazione autentica" del Concilio di Trento.
Tra i primi interpreti della Dichiarazione congiunta si è parlato di "un accordo differenziato". L'espressione non ricorre nel testo, ma vorrebbe esprimere i limiti e le cautele necessarie per progredire nel dialogo. Personalmente la definizione non mi sembra felice, perché un accordo o è tale o non lo è affatto. Preferirei dire "un accordo in un contesto differenziato". Nel contesto, infatti, ritroviamo il problema dei sacramenti, dei ministeri, del primato petrino e della mariologia a tutt'oggi in via di consultazione e di confronto.

3. MARIA "CANTA" LA MISERICORDIA DI DIO3

Lutero interpreta il .Magnificat come un "inno di lode" a Dio determinato dallo Spirito Santo. Senza lo Spirito Santo ci sono soltanto "chiacchiere"4 e la nostra libertà è anarchia5. Nel commento di Lutero ci vien detto che Maria non tiene conto di se stessa, non si esalta, ma "magnifica" Dio, lo loda con tutta la sua "anima" cioè la sua vita (31); lo lascia operare secondo la sua volontà (33), Maria ci insegna perciò ad amare Dio (20 e 34) senza porre in lui qualcosa di nostro (34); la bontà divina sono il suo diletto e la sua gioia. Non così per gli interessati e gli egoisti: la loro umiltà è scorretta perché fanno di se stessi un idolo (35). La vera umiltà è quella degli umili che vengono esaltati da Dio a loro insaputa nella loro nullità (tapeinosis) e indegnità (40). Maria è beata per quel che Dio opera in lei, per lo "sguardo" che Dio le rivolge (Barth: "per quel che Dio le dice"). I beni che possediamo sono certamente doni di Dio, ma solo per il tempo mentre il suo "sguardo" riguarda l'eternità. Non possiamo consolarci con i beni, ma siamo "beati" per lo sguardo di Dio. Maria "canta" (54), infatti, lo sguardo di Dio. In ciò consiste la sua lode per la misericordia di Dio.
Ora lo sguardo di Dio è contemporaneamente progetto di salvezza e liberazione. Così è stato al momento della vocazione di Mosè. Il Signore posò il suo sguardo sul suo popolo oppresso e schiavo in Egitto; subito mise in atto il suo intervento. La promessa fatta ad Abramo riprende vigore. Mosè viene chiamato e mandato dal Faraone a preparare l'esodo degli ebrei e metterli in cammino verso la terra di Canaan.
Dunque lo sguardo di Dio verso Maria è il punto focale di tutto il canto di Maria ed aggiungiamo pure, senza esitazione, di tutto l'Evangelo. L'essere e il divenire di Dio sposano la storia e l'umanità. Se qualcosa di universalmente capitale è accaduto è precisamente questo sguardo. L'operare di Dio è solo suo (60); è tutta grazia (49): santo è il suo nome, cioè la sua presenza. Maria ne è coinvolta, "canta" (54); è piena di gioia; è beata e le generazioni successive la chiameranno ancora beata (45 e 49).
Non la nullità (tapeinôsis) di Maria è oggetto di lode, ma la considerazione divina; "esattamente come quando un principe porge la mano a un povero mendicante, non è da lodarsi la nullità del mendicante, ma la grazia e la bontà del principe" (41). "Con ciò non essa viene lodata, ma la grazia di Dio scesa su di lei" (49).
A questo punto non possiamo dimenticare Ecolampadio (Giovanni Hüssen) e il suo trattato, contemporaneo al commento di Lutero (1521): La lode di Dio in Maria6. Tutte le creature devono lodare Dio, anche per i doni concessi ad altri e quindi a maggior ragione alla Vergine Maria. Bisogna elogiare Maria per l'incarnazione, dono ricevuto da Dio e oggetto della sua beatitudine: "tutta la sua vita non era sua, ma di Dio".

CONCLUSIONE

Maria canta e loda la misericordia di Dio per il miracolo di Natale. Conosce bene la storia d'Israele e gli interventi liberatori di Dio. Riassume il tutto nel compimento delle promesse fatte ad Abramo. Dio si è ricordato del suo popolo. Anche la nostra vita nell'anno 2000 è raccolta in quel contesto e proiettata verso i pagani (Gal 3,14) e verso il futuro che attendiamo dalle mani del Signore.
Maria predica con coerenza il mistero dell'incarnazione che fonda il miracolo di Natale e tocca tutti gli strati della nostra società.
Anche Lutero, "devotissimo cappellano" di Giovanni Federico di Sassonia, coglie nel Magnificat un forte richiamo diretto al suo stesso principe: "I principi non sono neppure in grado di pensare se Dio non li ispira in modo speciale" (12) "Se noi non insegniamo queste opere divine e non vi acconsentiamo, non ci sarà servizio divino, né popolo d'Israele, né grazia, né misericordia, né Dio..." (91).
Anche nel nostro tempo si è parlato del Magnificat come della "marsigliese" della comunità cristiana. Lo si è fatto soprattutto in America Latina.
La misericordia di Dio non è mai disincarnata dalla storia dell'umanità. Ogni giorno ci confronta con la nostra misericordia che si rivela sempre troppo piccola e inadeguata rispetto a quella del Signore che ha tanto amato il mondo... (Gv 3,16).


NOTE

1. PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI - FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE, Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, trad. it. in Il Regno-documenti 43 (1998) n. 7, p. 250-256; FEDERAZIONE LUTERANA MONDIALE - CHIESA CATTOLICA ROMANA, Dichiarazione ufficiale comune e Allegato, trad. it. in Il Regno-documenti 44 (1999) n. 15, p. 476-480.
2. Così si era già espresso il cardinale veneto Gaspare Contarini in una lettera al cardinale Pole nel 1542. Cf. R. BERTALOT, Gaspare Contarini (1483-1542): contesto e attualità della giustificazione per fede, in Ateneo Veneto 187 (1999) p. 206-218.
3.  M. LUTUER, Commento al Magnificat, Centro Studi Ecumenici Giovanni XXIII, Sotto il Monte (BG) 1967. Saranno indicate tra parentesi le pagine del testo.
4. R. BERTALOT, Il Magnificat di Lutero, in Theotokos, 5 (1997), p. 539-548.
5. Come affermato nell'Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese a Camberra nel 1991.
6. ECOLAMPADIO, La lode di Dio in Maria, Edizioni Monfortane, Roma 1983.

 







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