Collaboratori di Dio, come Maria
Data: Lunedi 10 Maggio 2010, alle ore 23:57:55
Argomento: Spiritualitą


Un articolo di Don Pascual Chávez SDB su Rivista di Maria Ausiliatrice n. 7 del 2003

Il mondo sarà sempre più umano, più fraterno e più solidale nella misura in cui sarà sempre più conforme al “sogno” di Dio. Se riuscissimo ad essere umili, come Maria, per saper accogliere il progetto di Dio, anche se non sempre coincide con il nostro, la salvezza si incarnerebbe in noi, l’amore risplenderebbe e questa bellezza salverebbe il mondo.

Continuare a scommettere sui giovani

Per questo andiamo da Maria per affidarle i giovani del mondo, come farebbe Don Bosco e per attingere alla sua fede e al suo amore, sì da continuare a scommettere sui giovani. Abbiamo bisogno di trovare ispirazione ed energia per offrire loro un’esperienza educativa di qualità che permetta ad essi di sviluppare tutte le loro potenzialità, per raggiungere un’alta misura di vita umana e cristiana, al fine di scoprire ed assumere progetti di vita per il bene della Chiesa e della società.
Giovanni Paolo II ha promulgato un anno del Rosario, nella cornice della Novo millennio ineunte, perché vuole che impariamo a contemplare il Cristo con lo sguardo e il cuore materno di Maria. E ci ha regalato l’Enciclica sull’Eucaristia perché possiamo rivivere in qualche modo l’esperienza dei discepoli di Emmaus: «si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31).
Contemplare il volto di Cristo, e contemplarlo con Maria: ecco il programma spirituale e pastorale che ci ha additato il Papa all’alba del terzo millennio per prendere il largo nel mare della storia con l’entusiasmo della nuova evangelizzazione. Contemplare Cristo implica saperlo riconoscere dovunque Egli si manifesti, ma soprattutto nel Sacramento vivo del suo corpo e del suo sangue (cf EE, 6).

«Beata sei tu, o Vergine Maria, perché hai creduto»

La Parola di Dio illumina la nostra devozione alla Madonna perché ce la fa vedere come il segno per eccellenza di tutto quello che è stato il Suo disegno salvifico. Alla luce dell’inno della lettera agli Efesini, Maria appare come piena delle benedizioni di Dio in Cristo, scelta prima della creazione del mondo per essere santa e immacolata nel suo amore, predestinata ad essere Sua figlia, a lode e gloria della grazia che ci ha dato nel Figlio diletto. Ecco il piano meraviglioso di Dio, che trova in Maria il suo più perfetto compimento, il modello della Chiesa e l’annuncio di quello che vuole fare a favore di tutta l’umanità.
Il racconto dell’annunciazione di Maria ci dice che, anche se tutta la vita è vocazione perché Dio ha un “sogno” e una missione per ogni uomo e ogni donna che viene in questo mondo, in ogni vita, nonostante tutto, c’è una annunciazione per qualcosa di totalmente nuovo a cui siamo invitati.
Un bel giorno percepiamo con chiarezza che Dio ha pensato a noi e vuole contare su di noi per realizzare la Sua salvezza. L’unica cosa che esige è la capacità di accoglienza di questa proposta divina e una risposta amorosa e generosa, sapendo in Chi abbiamo posto la nostra fiducia, e metterci in cammino.
È normale che, di fronte ad un intervento di Dio, sentiamo il timore che Egli venga a cambiare i nostri progetti personali e, in un certo senso, a complicarci un poco l’esistenza. È questo il momento in cui si deve avere l’audacia e l’umiltà di cambiare i propri progetti ed imparare a lasciarsi condurre dallo Spirito. Il dialogo di Maria con l’Angelo Gabriele lascia intravedere in effetti che essa di fatto ha già dei piani per sposarsi con Giuseppe e organizzare la vita nel matrimonio con lui, come farebbe qualsiasi donna ebrea.
Maria non nasconde dunque la sua sorpresa e la sua incomprensione. Questo dà luogo alla spiegazione dell’Angelo circa la sua missione: diventare la madre del Figlio di Dio, dare “carne” alla Parola affinché possa farsi uomo e porre la sua tenda fra di noi (cf Gv 1,14).
La vocazione implica sempre una missione. Anzi, se Dio chiama è perché sta pensando di salvare il suo popolo e, pertanto, sta cercando mediatori della sua salvezza.
Tanto la vocazione, il semplice fatto di essere stata chiamata e che Dio abbia pensato a lei, così come la missione affidatale, e a cui non si sente preparata, spingono Maria a esporre la sua obiezione: «Come avverrà questo, dal momento che io non conosco uomo?». Questa obiezione, anche se è un ricorso letterario che appare in tutti i racconti di vocazione, mette in chiaro che colui che si sente chiamato da Dio non si sente mai all’altezza delle esigenze divine.

Gli atteggiamenti della fede


È proprio questo riconoscere la nostra insufficienza naturale davanti alle esigenze e ai compiti che Dio ci affida, questo sentirsi superati del tutto nelle proprie possibilità di fronte alle attese divine, ciò che rende possibile il fatto che Dio venga in nostro aiuto fornendoci i doni necessari per realizzare la missione affidataci. L’Angelo promette a Maria che lo Spirito Santo scenderà su di lei e la coprirà con la sua ombra. Risulta in questo modo più che mai evidente che il figlio che nascerà da Maria sarà il Figlio di Dio, ad indicare che la salvezza viene solo da Dio. Così la nostra vita diventa necessariamente “carismatica”, nel senso che non è puramente naturale ma che è lo Spirito a rendere possibile in noi l’impossibile.
Sempre secondo il testo di Luca, è la stessa presenza dello Spirito promesso che apre Maria alla proposta di Dio; e Maria l’accoglie con una apertura senza limiti, dandosi incondizionatamente e senza riserve alla volontà di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore. Dio faccia con me come tu hai detto».
L’annunciazione a Maria ci presenta gli atteggiamenti da coltivare per saper ascoltare Dio e rispondere a Lui, che non cessa di parlarci e chiamarci. Essi si potrebbero riassumere in tre grandi atteggiamenti:

La ricerca del piano di Dio per la propria vita,

sapendo che Dio ha un piano per ciascuno di noi e che ce lo va rivelando nella misura in cui noi ci chiediamo cosa vuole da noi a favore degli altri. L’annunciazione di Dio per noi giungerà attraverso gli avvenimenti, le persone e la Sacra Scrittura. Di qui la necessità di convertirci in ascoltatori attenti della Parola e in lettori credenti della storia. In questo senso mi sembra molto eloquente vedere Maria rappresentata in molti quadri dell’annunciazione con la Sacra Scrittura in mano, mentre la medita, quasi come se volesse accoglierla nel suo cuore.

L’accettazione della volontà di Dio come progetto di vita,

riconoscendo che il progetto di Dio sarà sempre migliore del nostro. Aprirsi a Dio significa ammettere la propria situazione di creatura, limitata, propensa a fabbricarsi idoli e dèi a propria misura. Ammettere Dio nella propria vita implica riconoscere la sua signoria, non dipendere da nessun altro, non avere altre priorità nella nostra vita, identificarci con la sua volontà in modo tale da farla veramente nostra. Non si può essere vero credente e pretendere di disporre di Dio, volere che sia piuttosto Lui a fare la nostra volontà e compiere i nostri desideri. Maria, quindi, ci insegna in secondo luogo a credere a Dio, fidarci di Lui, fargli spazio nella nostra esistenza come Colui che è amato perché ci ha amato per primo, perché ha pensato a noi. «Ecco la serva del Signore. Avvenga di me quello che hai detto».

La docilità allo Spirito di Dio,

che rende possibile in noi l’impossibile. Il racconto ci dice che per la forza di Dio, che è lo Spirito Santo, Maria concepì e diventò Madre di Dio. È la docilità allo Spirito che rende feconda la Vergine Maria. Lo dimostra il fatto che, visitando Elisabetta, questa risponde al saluto di Maria: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno». Il vissuto profondo di questa energia divina permette a Maria di sentirsi libera per poter disporre di sé e farsi schiava del suo Dio. Tale è il senso profondo della “verginità” di Maria, che, più che un’affermazione di un elemento fisico, è la totale disponibilità per il suo Dio: «Nulla è impossibile a Dio».

Accogliere Dio incondizionatamente

Nel racconto evangelico dell’Annunciazione troviamo, quindi, il modello più perfetto di fede umana davanti a Dio. Spesso – un po’ sotto l’influsso dell’iconografia – ci immaginiamo che il Signore Iddio manifestò a questa giovane di Nazareth tutto il suo piano di salvezza, con lo scopo che essa, comprendendolo, lo accettasse e così collaborasse con Lui. Invece non è così; non è questa la struttura della fede cristiana. La fede in Dio non è la conseguenza dell’aver compreso ciò che vuole Dio da noi, ma al contrario: è accettare Dio nella propria vita in modo incondizionato. Ed è proprio questo fidarci di Dio che ci permette di scoprire a poco a poco, lungo tutta la nostra vita, quel che ci succede come espressione della volontà di Dio. Si direbbe che solo alla luce splendente della Risurrezione, Maria poté cogliere pienamente il mistero di suo Figlio, ma nel frattempo aveva già dato il suo “sì” al progetto del Padre e si era lasciata condurre dallo Spirito. Prima di accoglierla nel suo seno, Maria accolse la Parola nel suo cuore e nella sua mente e così fu fatta madre di Dio.
Il nostro mondo, assai travagliato, specie quello dei giovani, ha bisogno di persone che accolgano il progetto di Dio e collaborino nella sua realizzazione per rendere palese la sua Salvezza.
Maria Ausiliatrice ci insegni a contemplare il Cristo con il suo cuore e il suo sguardo materno, a riconoscerlo nelle sue diverse manifestazioni, soprattutto nel Sacramento vivo del suo corpo e del suo sangue, e a fare nostro il progetto di Dio per collaborare con Lui nella salvezza dei giovani.
 
 







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