Maria, donna di caritą
Data: Domenica 6 Giugno 2010, alle ore 9:43:57
Argomento: Spiritualitą


Un articolo di Mario Scudu su Rivista Maria Ausiliatrice n. 8 del 2009

 


Leggiamo in Luca (Lc 1,39-56): «In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta».

È uno dei racconti più significativi del Vangelo e fa anche parte dei misteri del Rosario. Una bella pagina in cui vediamo Maria, nostra giovane sorella, che dopo aver creduto alle parole dell’angelo e aver pronunciato il suo “fiat” all’Incarnazione del Figlio di Dio, si fa missionaria e maestra di solidarietà per tutti noi, mettendosi in cammino con grande amore e coraggio.

È un bel racconto perché i protagonisti sono due donne e i loro rispettivi bambini, che si muovono guidati dallo Spirito di Dio. Le donne e i bambini: due categorie sociali che nella cultura ebraica, ma non solo, non trovavano molto spazio e non godevano dei diritti come gli altri. Qui invece sono soggetti e protagonisti, tutti con un ruolo importante, tutti guidati dallo Spirito. La Visitazione di Maria mostra ancora una volta l’assoluta libertà di Dio, che agisce al di là degli schemi culturali degli uomini, scegliendo “ciò che nel mondo è disprezzato” per farne strumento di salvezza.

Ha scritto Adrienne von Speyr: «La visita nel suo più profondo significato, non è una visita di Maria ad Elisabetta, ma una visita di Cristo a Giovanni. Entrambe le madri fungono ora solo da mediazione per i figli». È infatti la presenza di Cristo in Maria che fa sobbalzare di gioia Giovanni nel grembo di Elisabetta, quasi a santificarlo e prepararlo per il suo futuro ministero.

Questo racconto è anche una bella pagina di spiritualità oltre che di antropologia. «Di recente alcuni esponenti della psicanalisi hanno riscontrato nell’incontro tra Elisabetta e Maria una ricchezza antropologica di grande valore. Ogni donna infatti si può riconoscere in questo trasformare il proprio segreto spirituale ed esistenziale in una condivisione, tipicamente femminile. Quando Elisabetta riconosce in Maria colei che ha ricevuto la grazia di essere la Madre del Signore, e il bambino che è nel grembo di Elisabetta salta di gioia, vengono anticipate le concezioni più moderne del rapporto madre-feto, perché si attribuisce al nascituro una vita psichica, che a lungo era stata negata» (in Theotokos, n. 1, 1997).

Il principio“mariano” e “petrino”

Il Papa Paolo VI nella sua Marialis Cultus (n. 7) parla della Visitazione ricordando la liturgia che mette in risalto «la beata Vergine Maria... che porta in grembo il Figlio» e che si reca da Elisabetta per «portarle l’aiuto della sua carità e proclamare la misericordia di Dio Salvatore». Importante il risalto dato al duplice obiettivo di Maria: portare aiuto e lodare Dio per la meraviglia operata in lei. Un obiettivo di solidarietà propriamente femminile ed un atto di religiosità: far conoscere agli altri la grandezza di Dio e lodarlo per questo.

La Visitazione è quindi una pagina di vita quotidiana, di aiuto e di compagnia umana, il tutto però permeato dalla presenza di Dio, che dà sostanza a tutto ciò che accade. Non c’è quindi niente di difficile. Nel Cristianesimo, specialmente in quello occidentale, c’è sempre stato il rischio di cadere nell’intellettualismo astratto, nella teoria inconcludente o nel legalismo burocratico. Questo racconto ci invita a rivalutare quindi la dimensione corporea e relazionale, ambedue di grande importanza nella prospettiva dell’Incarnazione. Il card. Martini ha scritto che lo “spirito mariano” impedisce di coltivare e di proporre un Cristianesimo solo intellettuale, freddo, distaccato, legalistico, malato di burocraticismo.

La Chiesa non può vivere solo del “principio petrino” (che potremmo definire in senso vasto il principio della organizzazione e della istituzione), ma anche del “principio mariano”. Questo richiede nella Chiesa e da parte della Chiesa sensibilità, condivisione e solidarietà, non solo fredda organizzazione, progettualità e valutazione dei risultati. «Maria è al centro della fede e quindi della missione, in quanto assicura la verità dell’Incarnazione. Senza la Theotokos, anche il Figlio diventa un qualunque Maestro di etica, un saggio, un illuminato. Maria garantisce l’ortodossia, ma anche la dimensione “calda” della fede, l’aspetto “affettivo” del Credo, il rispetto e l’assunzione di tutta l’umanità del credente» (Card. Carlo M. Martini).
Questo episodio infine era il più caro a San Francesco di Sales. Proprio per questo fonderà una famiglia religiosa, le Suore della Visitazione. In esso vi vedeva tutto il mistero mariano: Maria e Gesù, Maria e Giovanni, Maria nella sua fede, Maria nella sua maternità, Maria nella sua obbedienza alla voce di Dio. Ed infine Maria nel suo coraggioso viaggio della carità e della solidarietà per Elisabetta. Alla base del suo inno di lode a Dio nel Magnificat e di tutta l’azione di Maria c’è Gesù. In una lettera alla Chantal ha scritto: «Maria con poche ma eccellenti parole, versava dalle sue sacre labbra il miele ed il balsamo prezioso perché era piena di Gesù».

In quei giorni Maria si mise in viaggio…

È Luca che ci descrive la visita di Maria ad Elisabetta. Una visita tra parenti, che hanno bisogno gli uni degli altri, aiuto non solo materiale ma anche conforto di presenza spirituale ed esistenziale. La visita per eccellenza è, nel linguaggio biblico, quella che fa Dio al suo popolo per salvarlo. Zaccaria stesso nel suo Cantico loda Dio “perché ha visitato il suo popolo” (Lc 1,68).

Anche la contemplazione della visita di Maria è da porre in questo più ampio mistero di un Dio che si fa prossimo del suo popolo, che cammina con lui, che lo visita anche attraverso profeti o altri mediante altri segni diversi.

L’espressione «In quei giorni» cosa significa? Certamente queste parole si riferiscono ai giorni dell’Annunciazione, alle parole che l’Angelo Gabriele le aveva detto, all’Incarnazione nel suo grembo del Figlio dell’Altissimo, e anche al riferimento, “Elisabetta, tua parente ha concepito” anzi è già “al sesto mese”, lei “che tutti dicevano sterile, perché nulla è impossibile a Dio”. Scrive Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater (n. 12): «Il motivo della visita va cercato anche nel fatto che durante l’annunciazione Gabriele aveva nominato in modo significativo Elisabetta, che in età avanzata aveva concepito un figlio, per la potenza di Dio...».

Maria ricordava che l’accenno dell’angelo ad Elisabetta le era stato fatto quando lei aveva “obiettato” sul «come è possibile questo? Non conosco uomo». Maria quindi si era messa in viaggio mossa e guidata dallo Spirito Santo, portando il suo Bambino nel grembo, ma sostenuta da Lui stesso, certamente per un impulso di carità e solidarietà con Elisabetta, ma anche per “vedere”, constatare di persona le meraviglie operate dalla potenza di Dio nella cugina che abitava lontana da Nazaret. Non solo ma anche per comunicare con lei l’esperienza di se stessa, giovane ragazza tra i 15 e i 16 anni, già incinta, per condividere il proprio segreto e trovare comprensione, approvazione e sostegno. Maria si mosse non per ansia o per incertezza, non per superficiale curiosità o “per toccare con mano” prima di credere. Si è mossa in fretta perché aveva creduto a ciò che le era stato detto dall’angelo. È andata a leggere il segno che le era stato indicato e così davanti ad Elisabetta ha compreso il “dono impossibile” che le era stato dato.

Maria coopera con la grazia di Dio


Scrive Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater (n. 13): «Nell’Annunciazione, infatti, Maria si è abbandonata a Dio completamente, manifestando l’obbedienza della fede a colui che le parlava mediante il messaggero e prestando il “pieno ossequio dell’intelletto e della volontà”.

Ha risposto dunque, con tutto il suo “io” umano, femminile, ed in tale risposta di fede erano contenute una perfetta cooperazione “con la grazia di Dio che previene e soccorre” ed una perfetta disponibilità all’azione dello Spirito Santo, il quale “perfeziona continuamente la fede mediante i suoi doni”».
Maria aveva in sé un segreto ineffabile, ma umanamente pesante e schiacciante, e voleva condividerlo con un’altra donna, non solo parente ma nelle stesse condizioni.

Ancora il Card. Martini: «Anche a noi è capitato di portare pesi opprimenti che non possiamo comunicare: problemi, sofferenze senza limiti che altri ci hanno confidato o ci hanno lasciato intravedere. Non dovrebbe essere difficile, quindi, capire qualcosa di Maria che aveva un segreto bellissimo e però pesante: la sua verginità, il rapporto con Giuseppe, la nuova determinazione della sua vita, il mistero in cui cominciava ad entrare e che si sarebbe svelato pienamente con la croce e la resurrezione del suo Figlio.

Ecco che, ad un tratto, si sente compresa, avverte che un’altra persona senza bisogno di spiegazioni, sa del suo segreto, glielo conferma, le assicura che ha fatto bene a fidarsi, quasi a dire: “Coraggio, ti ho capita, non aver paura, sei sulla strada giusta, io stessa sto per avere un figlio”» (in Sui sentieri della visitazione, pag. 28).

Non diminuiamo la grandezza umana e soprannaturale di Maria o la genuinità della sua fede al progetto di Dio, se ipotizziamo anche in lei un desiderio, umanissimo, di venire confermata da altri nei propri propositi e decisioni esistenziali, e anche per ricevere un po’ d’incoraggiamento. Questa conferma e sostegno da parte di Elisabetta faranno esplodere in Maria il cantico della pura lode a Dio, il Magnificat.

 







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