Maria Regina nell’iconografia mariana a Roma nel primo millennio
Data: Lunedi 14 Giugno 2010, alle ore 9:24:38
Argomento: Arte


Uno studio del compianto Georg Garib, professore del Marianum di Roma
 





Maria “Basilissa” o Regina

Il titolo mariano “Basilissa” o Regina, è fra i titoli più frequenti della pietà mariana. Si tratta di un appellativo che non si trova tale e quale nella Scrittura, ma che le prime generazioni cristiane scoprono facilmente nelle parole di Gabriele a Maria quando le rivela che al Figlio che da lei nascerà “il Signore darà il trono di Davide, suo Padre” e che “egli regnerà in eterno nella casa di Giacobbe, e il suo regno non avrà fine” (Lc 1, 32-33). La stessa idea è suggerita anche dal saluto rivolto da Elisabetta a Maria, sua parente, venuta a farle visita: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo. A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me?” (Lc 1,42-43). Molto presto poi la liturgia ha dato un significato mariano al salmo 45 (44), in cui si canta: “Alla tua destra sta la Regina in ori di Ofir... La Figlia del re è tutta splendore, gemme e tessuto d’oro è il suo vestito” (Sal 45 (44),10. 14).
Il titolo di Regina si incontra in non pochi Padri della Chiesa. Romano il Melode (+ ca. 565), ad esempio, si rivolge così ai fedeli che si affollavano al suo pulpito di diacono a vita: “Venite, con l’arcangelo Gabriele rechiamoci anche noi presso la Vergine e porgiamole il saluto come a Madre e nutrice della nostra vita: non è prerogativa soltanto del comandante il saluto alla Regina, ma anche gli umili possono vederla, parlare con lei, Madre di Dio...”. In un altro inno mette in bocca di Maria che vezzeggia il Figlio le seguenti parole: “Non tradisco la grazia di cui ebbi esperienza, o Maestro; non ignorerò la dignità a me toccata nel darti alla luce, per cui divento la Regina del mondo. Avendo portato nel grembo te, Potente, io ho impero su tutti. Con la tua condiscendenza tu hai trasformato la mia miseria; ti sei umiliato e hai esaltato me e la mia stirpe...” Di Romano merita speciale menzione la Supplica alla Madre di Dio Regina universale, data in appendice.
Da notare che molto spesso, specie in ambiente siro, il nome “Maria” viene interpretato nel senso di “Signora” e “Regina”.

Maria Regina a Roma

Ben presto gli artisti hanno illustrato in diversi modi la regalità di Maria. Nel primo millennio il tipo iconografico di Maria Regina è stato espresso in molte immagini romane, tanto da far supporre che il tema stesso sia di origine romana. Lo si ritrova in affreschi nelle Catacombe romane, poi nei mosaici del secolo V di Santa Maria Maggiore. Al secolo VI risale il mosaico della “Madonna Basilissa” dell’Oratorio di S. Pietro fatto eseguire da Giovanni VII nella basilica vaticana; la Madonna dello stesso tipo si incontra in un affresco della chiesa di S. Maria Antiqua nel Foro Romano. Risalgono al sec. VIII: l’icona ad encausto della “Madonna della Clemenza”, nella chiesa di S. Maria in Trastevere; la “Vergine Basilissa” dell’abside di Sant’Ermete; il mosaico della “Madonna in trono”, sull’arco trionfale della chiesa dei SS. Nereo e Achilleo. Appartengono invece al secolo IX: la “Vergine Regina” della chiesa di S. Clemente; “Maria Regina circondata da angeli”, nel mosaico dell’abside di S. Maria in Domnica; il mosaico di “S. Maria Liberatrice” della cappella di S. Zenone, nella chiesa di S. Prassede; la “Vergine in trono tra le Sante Pudenziana e Prassede”, nella chiesa di S. Pudenziana, ecc. Presenteremo alcuni di questi capolavori.

Maria Regina nelle Catacombe

Il tipo iconografico della Regina è già abbozzato nelle Catacombe nella scena dell’adorazione dei Magi i quali, vale la pena di ricordarlo, avevano lasciato il loro lontano paese per cercare, sotto la guida della stella, il Re che doveva nascere in Palestina.

Fra le immagini delle Catacombe merita menzione speciale l’affresco votivo della Vergine in trono fra i santi Adautto e Felice e la donatrice, dipinto nella Catacomba romana di Commodilla, datato 528. Il bellissimo affresco, in buono stato di conservazione, costituisce una pittura votiva e possiede già tutti i connotati di una icona su legno. Raffigura Maria con il Bambino a figura intera, seduta su cuscino purpureo di un trono a spalliera rettangolare, gemmato. Ai due lati del trono sono raffigurati i due santi sepolti nella catacomba, i martiri Felice e Adautto, quest’ultimo posa le mani sulle spalle di una donna che le sta davanti. La donna si chiama Turtura, come risulta dall’iscrizione posta sotto il dipinto; è vestita di abito scuro e tiene nelle mani un doppio rotolo, che fa pensare a due ceri offerti alla Regina dei Martiri, alla quale la donna si raccomanda. Si tratta molto probabilmente di una vedova consacrata che i figli alla sua morte hanno affidata alla Madonna e ai due santi che le stanno ai lati.

Mosaici di Santa Maria Maggiore

La basilica di S. Maria Maggiore, costruita dal papa Sisto III (432-440) subito dopo il trionfo di Maria nel concilio di Efeso (431), ci offre l’esempio più compiuto di immagini di Maria Regina. Risalgono al secolo V i mosaici della navata e quelli dell’arco trionfale, mentre quelli rifatti della facciata e dell’abside sono del XIII secolo.
I mosaici del V secolo costituiscono un’opera maestra dell’arte musiva paleocristiana e formano il primo esempio di un complesso decorativo, di contenuto prettamente cristologico e mariano. I mosaici invece dell’arco trionfale rappresentano il pieno compimento della promessa con l’avvento del Messia, nella pienezza dei tempi. Tutte le scene infatti riguardano l’infanzia del Salvatore e sono disposte in registri sovrapposti, ciascuno con due scomparti.
Il messaggio dottrinale dell’insieme, prettamente cristologico e mariano, è tratto dall’Antico Testamento come preparazione del Nuovo, che inizia con l’avvento del Messia promesso nella persona di Gesù, il Figlio di Dio fattosi uomo, nato da Maria Vergine. Ed è nei mosaici dell’arco trionfale che questo termine della storia della salvezza viene descritto esplicitamente.
Scopo primario dell’illustrazione musiva è sì l’affermazione della divinità del Bambino dal momento del suo concepimento fino alla sua parousia (venuta); ma con uguale forza, anche se su un piano secondario, viene sottolineata la grandezza e dignità di Maria, presente in tutte le scene come Madre di questo Bambino. Come tale, Maria viene sempre presentata con maestosità straordinaria, con abbigliamento da Basilissa, ornata da diadema e pietre preziose nei monili che le adornano le orecchie, una collana di perle e una spilla sulla cintura, e sempre attorniata da angeli, che le fanno da guardia d’onore.

La basilica di S. Maria Maggiore possiede altri due cicli in mosaico, risalenti al Medioevo. Il primo si trova nell’abside; è opera del Torriti, e fu fatto eseguire dal papa Nicolò IV (1288-1292) che costruì l’abside attuale. Il mosaico originale del secolo V, secondo una ipotesi attendibile, avrebbe rappresentato la Madonna col Bambino, attorniati dalle figure di alcuni martiri. Il mosaico attuale del Torriti si articola in due zone distinte. Nella conca absidale si svolge il tema dell’Incoronazione della Vergine. In esso Cristo e la Madonna sono raffigurati seduti su un largo trono al centro di una grande mandorla, decorata da stelle e dalle figure del Sole e della Luna. Gesù fa il gesto di deporre una corona gemmata sul capo della Madre. Ai lati inferiori della mandorla si vedono angeli alati inginocchiati, con gli occhi meravigliati alzati verso la scena centrale. Dietro gli angeli sono raffigurati due gruppi di santi in piedi, gli sguardi rivolti verso la scena centrale. Essi sono a sinistra: Pietro, Paolo e Francesco, preceduti dal papa Nicolò IV inginocchiato; a destra Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Antonio, preceduti a loro volta dal cardinale Giacomo Colonna, anche lui inginocchiato.
Nella fascia sottostante, interrotta dall’arco delle finestre, sono rappresentati i momenti salienti della vita terrena di Maria; le scene sono da destra a sinistra: l’Annunciazione, la Nascita di Gesù, la Dormizione-Assunzione (al centro), l’Adorazione dei Magi e la Presentazione di Gesù al tempio.

Affreschi di S. Maria Antiqua

La Basilica di S. Maria Antiqua, alle soglie del Foro Romano, attualmente purtroppo mal ridotta, ci ha conservato il ciclo più completo di pitture antiche, molte delle quali raffigurano la Madonna. Alcune risalgono al secolo VI, altri al VII, le ultime sono dei secoli VIII-IX.

Al secolo VI risale una pittura di cui si sono conservati solo frammenti sulla parete al centro del presbiterio; essa doveva raffigurare la Madonna in trono col Bambino in grembo e affiancata da due angeli che si inchinano davanti a Lei, abbigliata come una basilissa. Gli affreschi del secolo VIII sono per lo più dovuti al papa Giovanni VII (705-707), figlio di un alto funzionario bizantino. Egli ha lasciato scritto sull’ambone della basilica da lui rifatta la seguente incisione: “Giovanni, servo della Madre di Dio”. Gli ultimi affreschi risalgono ai secoli VIII-IX, periodo della querela sulle immagini in Oriente. Il piano di decorazione è un po’ simile a quello delle basiliche romane del secolo V, ma lo spirito è ora bizantino nei temi e nei tipi, con titoli e scritte quasi sempre in greco e santi greci, vero programma di unione tra Oriente ed Occidente che sono in quel momento in urto proprio a proposito delle immagini. Fra le scene nuove sono notevoli per questo periodo le seguenti raffigurazioni mariane: Maria Regina in trono fra angeli e santi, nella parete destra dell’atrio; vi è anche il ritratto del papa committente, Adriano I (772-795): il nimbo azzurro quadrato è il segno che egli era ancora in vita. In una nicchia della navata centrale, si trova la famosa immagine delle Tre Madri: Maria è raffigurata seduta con in grembo il Bambino dentro una mandorla; ai fianchi di Maria si tengono in piedi S. Anna con in braccio Maria bambina, e S. Elisabetta con in braccio S. Giovannino. Si ha in questa immagine la prima attestazione a Roma del culto ai parenti di Maria.
L’abside della basilica contiene l’immagine di Cristo benedicente tra Cherubini e la Vergine che presenta Paolo I (757-767) munito del nimbo quadrato. Nella cappella di sinistra ai fianchi dell’abside, si distinguono tre strati di pittura: nel primo è raffigurata Maria Regina con angelo; nel secondo l’Annunciazione; nel terzo Padri della Chiesa con piccolo nimbo giallo. Nella cappella di sinistra si trovano le immagini meglio conservate: nella nicchia rettangolare del fondo è raffigurata la Crocifissione: Cristo è vestito col “colobion” di porpora, impassibile, con gli occhi aperti; ha da un lato la Vergine, indicata con la scritta in latino: SCA MARIA; essa esprime dolore e alza le mani velate all’altezza del volto; dall’altro lato si trova S. Giovanni; sono inoltre raffigurati, più in piccolo, Longino che colpisce il fianco di Gesù con la lancia e un altro soldato che gli presenta la spugna intrisa di fiele; ai lati della croce si vedono anche il Sole e la Luna; tutte le scritte sono in latino. Sotto la nicchia, si trova un affresco raffigurante la Madonna col Bambino seduta fra i Santi Pietro, Giulitta, Paolo e Quirico; all’estremità sinistra, il papa Zaccaria (741-752), ancora vivente come dimostra il nimbo quadrato; all’estremità destra, Theodotos, primicerio degli avvocati e amministratore della diaconia, offre la chiesa “SANCTA MARIA QUAE VOCATUR ANTIQUA”, da lui fatta restaurare. Sul muro di sinistra, entrando, comincia la Passione di S. Giulitta e del figlioletto Quirico, martiri a Tarso di Cilicia. La serie dei quadri continua sulle altre pareti della cappella: nella parete destra è di nuovo raffigurato Theodotos in piedi, con un cero in ciascuna mano, che presenta a Maria un fanciullo, mentre sua moglie presenta una fanciulla.
Da questa arida descrizione di temi, risulta che Maria forma il cuore della chiesa di cui è Patrona e Regina, vicina al cuore dei suoi fedeli.



Maria regina nella Basilica di Santa Maria in Trastevere

La Basilica di S. Maria in Trastevere, inizialmente luogo di culto legato alla figura del grande Papa Callisto (217-222), fu ricostruita da Giulio I (337-353) intorno al 350, in proporzioni maggiori. Il titolo mariano lo ebbe dopo il concilio di Efeso (431). Nel Medioevo, sotto Innocenzo II (1130-1143), fu quasi interamente riedificata e adornata di splendidi mosaici. Un altro importante restauro fu fatto all’inizio del 1600, epoca in cui fu eseguito lo splendido cassettonato del soffitto, opera del Dominichino. Il culto in essa praticato ha un’accentuazione particolare per il mistero della Natività.
Risalenti ai secoli XII-XIII, in S. M. in Trastevere, troviamo le seguenti raffigurazioni mariane. Nella conca absidale fatta erigere da Innocenzo II (1130-1143), domina la scena, che più di un secolo dopo ritroveremo nell’abside di S. Maria Maggiore, dell’Intronizzazione della Vergine accolta in cielo e messa sullo stesso trono del suo divino Figlio che la stringe a sé in un tenero amplesso. Sul libro aperto nella sinistra del Signore si leggono le parole della liturgia dell’Assunzione. La Vergine è coronata come una imperatrice, avvolta in vesti riccamente adorne di ricami e di gemme. Il mosaico costituisce un vero inno di gloria a Maria.
Alla fine del secolo XII e inizio del XIII, risale invece il grande mosaico della facciata della stessa basilica: Maria è maestosamente seduta in un trono senza schienale, coperto di due cuscini; tiene nel braccio sinistro il Bambino e gli tende il seno scoperto con la mano destra per allattarlo: abbiamo qui uno dei rari esemplari dell’Allattante presenti a Roma. Ai fianchi di Maria sono raffigurate due file di figure femminili, nelle quali si crede di ravvisare le vergini sagge e le vergini folli della parabola evangelica. Ai piedi del trono sono due figure minute e inginocchiate, probabilmente offerenti.
Si attribuiscono infine a Pietro Cavallini (ca.1250-1350), pittore e mosaicista romano, e alla sua scuola i mosaici del ciclo detto “Storie della Vergine” eseguiti nella parte absidale della stessa basilica. Essi rappresentano sette scene della vita di Maria: la sua Natività, l’Annunciazione, la Natività del Signore, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al tempio e il Transito della Vergine.



Icona della Madonna della Clemenza

Fra le rare icone su legno raffiguranti Maria regina, merita segnalazione quella chiamata “Madonna della Clemenza”, venerata nella cappella Altemps nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Maria vi appare vestita da Basilissa, seduta su un trono gemmato, circondata da due angeli che le fanno da guardia. Maria è rappresentata come Regina degli angeli e dei santi. Al quadro, dapprima datato al XIII secolo, in tempi recenti, dopo un lungo e attento restauro che ha riportato alla luce l’originale dipinto a encausto, è stata attribuita una datazione assai più remota. La data più attendibile ora proposta è quella del primo decennio dell’VIII secolo: il pontefice che vi è raffigurato sarebbe Giovanni VII (705-707), lo stesso committente di S. Maria Antiqua. Secondo il Liber Pontificalís, egli, di origine orientale e grande devoto della Madonna, amava vedersi raffigurato nelle immagini che venerava. È quindi possibile che il titolo di «Madonna della Clemenza» dato al quadro, oltre ad esprimere una nota della sensibilità popolare, si richiami pure al ricordo di questo buon papa, conosciuto nella storia come il papa della compassione e della bontà.
La figura della Madonna colpisce per la sua imponenza armoniosa. Seduta in trono su un alto cuscino color porpora, trapunto di stelle, con la mano sinistra sorregge il Bambino che le è seduto in grembo mentre con la destra regge una croce. Indossa una tunica rossa, ora abbrunatasi, che una cintura stringe più in alto del punto vita, bordata ai polsi da galloni perlati. Sulla testa reca una corona gemmata e cosparsa di perle; collane di pietre le ricadono sulle spalle; altre, dopo molti giri attorno al collo, le scendono fino al petto. Nota singolare: il maphorion manca. Le aureole, della Madre e del Bambino, sono profilate di color nero e oro. Maria guarda frontalmente l’osservatore, così pure il Bambino, che ha una specie di piccolo globo nella mano sinistra, mentre protende la destra verso quella della Madre. Gli abiti del fanciullo sono completamente sbiaditi.
Ai lati della Madre di Dio, sono raffigurati due angeli: sembrano inginocchiati in atto di adorazione. Sono rivestiti di una tunica color verdastro e di un mantello color ocra e hanno gli sguardi fissi in avanti verso un punto indeterminato. Una delle loro mani si protende all’esterno in un gesto che sembra voler tenere a distanza del trono, mentre con l’altra reggono aste appoggiate sulle spalle. Questi angeli possono essere identificati negli arcangeli san Michele e san Gabriele. Il personaggio in basso a destra ai piedi della Vergine, che indossa pianeta e pallio, potrebbe essere, come si è detto, papa Giovanni VII.

 







Questo Articolo proviene dal PORTALE DI MARIOLOGIA


L'URL per questa storia è:
/modules.php?name=News&file=article&sid=451