La Vergine, Donna dell'evento dialogico
Data: Mercoledi 30 Giugno 2010, alle ore 22:04:53
Argomento: Donna


Articolo di Stefano De Fiores su Madre di Dio, n.7, luglio 2005



 

Nell’evento dialogico tra Dio e l’uomo è come tracciata l’esperienza di Maria, poiché in lei si specchiano tutti gli elementi dell’esperienza del popolo d’Israele, potenziati e arricchiti dalla novità evangelica.
Esegeti e teologi convergono nell’interpretare tutta la rivelazione biblica come un incontro tra il Dio vivo e l’uomo. La salvezza scaturisce da un duplice movimento, bene espresso in tedesco con termini che si richiamano: la proposta di Dio (das Wort) e la risposta della persona umana (die Antwort), il dono di Dio, cioè la sua grazia preveniente (die Gabe), e l’impegno che essa esige da parte dell’uomo (die Aufgabe).

Dio salva e benedice

Secondo C. Westermann, nell’AT Dio agisce in due modi: salva e benedice. La "salvazione" indica un evento (mentre "salvezza" esprime uno stato), quello di strappare da un pericolo mortale. Nel caso di Israele, Dio si mostra Salvatore quando lo libera dal giogo egiziano; tale liberazione costituisce il punto di cristallizzazione dell’esperienza fondamentale di salvezza del popolo di Dio. La "benedizione" invece riguarda il passaggio alla vita nella Terra Promessa ed è un’azione, non episodica ma permanente, che produce fecondità, prosperità comunitaria e felicità. Essa è affine a pace e mira allo stato di integrità dell’uomo, include salute e longevità.
Il NT specifica la salvezza come liberazione dal peccato, dalla legge e dalla morte (cfr. Rm 7, 6; 8, 2) e implica comunione con il Padre per mezzo di Cristo nello Spirito (cfr. Ef 2, 18). Alla salvezza si affianca la benedizione, poiché il Padre "ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo" (Ef 1, 3). Tale azione benedicente di Dio include la vocazione a camminare nella santità e nell’amore, l’adozione a figli, la remissione dei peccati e la ricchezza della grazia (cfr. Ef 1, 4-10).
Salvezza e benedizione provengono dalla natura stessa di Dio, cioè dal suo amore misericordioso. È l’esperienza di Israele, espressa in particolare nell’Esodo e nei Salmi: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e compassionevole, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Es 34, 6; cfr. Sal 87, 15; 103, 8; 145, 8). "Tutto è grazia" - interpreta Filone - perché il mondo è dono di Dio. La grazia indica soprattutto la benevola compiacenza di Dio che si cura dei più deboli e oppressi: è questo un Credo della letteratura protogiudaica, poiché "l’inferiore è meritevole di pietà" (Sap 6, 6). La misericordia di Jahwé, che i Salmi proclamano eterna (cfr. Sal 106, 1; 107, 1; 118, 1-4.29; 136, 1-26), è bontà travolgente e fedele, anzi "amore materno e affettuoso, quasi vulnerabile" (cfr. Ger 16, 5; Zac 7,9; Sal 25, 6; 40, 12).
All’azione salvatrice e benedicente di Dio la risposta dell’uomo è necessaria perché si possa parlare di evento dialogico. E l’uomo risponde con parole, azioni e meditazione, cioè con il salmo narrativo di lode, come fanno Mosè, Myriam e gli Israeliti nell’antico canto del mare (cfr. Es 15, 1-18.21), con il grande complesso dei comandamenti e del culto, con la riflessione sugli interventi di Dio nella storia.

Maria nell’evento dialogico

Mentre C. Westermann descriveva l’evento dialogico ci sembrava che egli tracciasse il ritratto di Maria; meglio ancora, la sua esperienza. In Maria scorgiamo infatti senza difficoltà tutti gli elementi dell’esperienza del popolo d’Israele, potenziati e arricchiti dalla novità evangelica.

1 Esperienza di salvezza.

L’interpretazione di quanto è avvenuto in Maria nell’annuncio dell’Angelo e nella visita ad Elisabetta è data dal Magnificat, che Rudolf Schnackenburg chiama "la più antica teologia mariana". Infatti, "gli inni di Lc 1-2 hanno la funzione di spiegare pneumaticamente quanto accade".
Maria inizia il cantico esprimendo la sua gioia di sentirsi salvata: ella ha compiuto l’esperienza di "Dio mio Salvatore" (Lc 1, 47); anzi, meglio: di "Dio mia salvazione". Aggiungendo le due motivazioni della sua esultanza [oti: "perché ha guardato alla povertà della sua serva", Lc 1, 48; "perché grandi cose ha fatto in me il Potente", Lc 1, 49], Maria spiega il contenuto della salvazione da lei sperimentata.
Innanzitutto, Maria sperimenta lo sguardo benevolo di Dio su lei povera serva. La Vergine versa in una situazione afflittiva, del tipo di quelle in cui si sono trovati altre donne [Sara, Rachele, Anna...] e soprattutto i "poveri di Jahwé": "condizione di piccolezza, povertà, mancanza d’influsso e di potere". Ciò non ostante, anzi proprio per questa situazione, ella attira l’occhio di Dio che si curva sui deboli e sugli oppressi (cfr. Gc 2, 5). Se essere oggetto di attenzione e di stima da parte dei propri simili rafforza l’io di una persona, a più forte ragione Maria si sente esistere sotto lo sguardo di Dio che si rivolge a lei con amore!
Ma l’amore di predilezione di Dio non resta inerte. Egli, secondo la teologia classica d’Israele, interviene nella storia con il "ribaltamento delle sorti", facendo passare dalla bassezza all’esaltazione, dall’umiltà alla gloria, dall’insignificanza ad una partecipazione attiva alla salvezza del popolo. Dio dunque, in base alla sua costante storico-salvifica, opera in Maria un cambiamento di situazione, compiendo in lei "grandi cose" (Lc 1, 49).
Queste "mirabilia" compiute da Dio in Maria sono gli eventi accaduti all’Annunciazione: il concepimento verginale del Figlio dell’Altissimo, realtà che richiede l’azione di Dio cui nulla è impossibile (cfr. Lc 1, 37), e la sua risposta di fede piena alla Parola di Dio. Ambedue questi eventi provocano la "maria-eulogía" di Elisabetta: "Benedetta fra le donne... Beata colei che ha creduto" (Lc 1, 42.45). Qui passiamo dalla salvezza alla benedizione, che è come un prolungamento della salvezza.

Esperienza di benedizione

Secondo la Bibbia, la benedizione "è un dono che ha rapporto con la vita e il suo mistero". Essa implica fecondità, come forza vitale ed energia vivificante. Dio è fonte di benedizione, perché è fonte della vita (cfr. Sal 36, 10). "Benedetta fra le donne" è un participio che suppone l’attività divina: significa "Dio ti ha benedetta più di tutte le altre donne", come traduce la Bibbia in lingua corrente. La motivazione profonda della benedizione è cristologica: Maria "è la più benedetta fra le donne, perché il frutto germinato nel suo grembo non è una vita qualsiasi, ma l’Autore stesso della Vita (cfr. At 3, 15), il Figlio di Dio Altissimo (Lc 1, 32.35). E all’origine di quella Vita non vi è il seme di Giuseppe, ma unicamente l’energia potente dello Spirito Santo, alla quale niente è impossibile (cfr. Lc 1, 35.37.49)".
Maria è benedetta nel grembo reso divinamente fecondo, adempiendo al massimo grado le promesse di Dio ad Abramo (cfr. Gn 12, 1-3); ed è benedetta nel cuore rinnovato dallo Spirito, anticipando in sé il compimento delle promesse di Cristo ai suoi fedeli. Anzitutto per Maria il Figlio è fonte di ogni benedizione spirituale (cfr. Ef 1, 3), poiché in vista di lui ella è scelta e amata da Dio. Kecharitoméne significa "oggetto in permanenza dell’amore di Dio", ma anche "trasformata dalla grazia di Dio", che benedice Maria facendola entrare nell’adozione filiale (cfr. Ef 1, 5).
Alla radice della salvezza e della benedizione, Maria pone la misericordia di Dio che si effonde sui fedeli di generazione in generazione (cfr. Lc 1, 50).

2 La risposta di Maria: parole, azioni, meditazione.

Come risponde Maria all’azione salvatrice e benedicente di Dio? Come il fedele dell’AT, che interviene nell’evento dialogico con parole, azioni e meditazione.
Maria partecipa responsabilmente al dialogo con Dio non solo reagendo con il turbamento e chiedendo spiegazioni, ma soprattutto offrendo un consenso di fede perfetta, che viene fortemente sottolineato da Luca. Maria dichiara a Dio la propria disponibilità e aderisce pienamente alla Parola divina trasmessa dall’Angelo: "Eccomi, sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola" (Lc 1, 38).
Inoltre, la Vergine risponde a Dio con il culto e con la vita. È fedele praticante della legge di Mosè, partecipando ogni anno al pellegrinaggio a Gerusalemme in occasione della Pasqua e offrendo il paio di colombe o tortore per il riscatto del bambino (cfr. Lc 2, 21.24.39.41). Soprattutto, ella svolge con amore e responsabilità la sua missione materna nei riguardi di Gesù, prendendosi cura di lui e soffrendo dolori indicibili durante il triduo del suo smarrimento (cfr. Mt 2, 13.14.20-21; Lc 2, 7.48).

Maria, "donna dal cuore memore e sapiente"

Infine, il profilo spirituale tracciato da Luca presenta Maria come una donna riflessiva, che medita nel silenzio del suo cuore (cfr. Lc 2, 19.51) dopo aver innalzato a Dio il cantico di lode (cfr. Lc 1, 46-55). Estremamente suggestiva la figura di Maria "donna dal cuore memore e sapiente"! è la Vergine in contemplazione, che trasforma la storia in coscienza.
Gli eventi che riguardano Gesù, le parole che egli pronuncia, sono l’oggetto della sua memoria persistente e penetrante. Così Maria ripeteva in sé l’itinerario sapienziale che già aveva caratterizzato la fisionomia spirituale d’Israele.
L’attività meditativa di Maria è resa da Luca con il participio symbállousa per indicare che ella "poneva a confronto, metteva insieme" i diversi aspetti del mistero di Cristo per poterli decifrare e comprendere. Maria fa l’esegesi degli eventi e parole riguardanti il Figlio, che rappresenta anche per lei un enigma permanente.
Possiamo concludere che Maria è icona, cioè rappresentazione concreta e viva, della Salvezza intesa dinamicamente come incontro dialogico tra Dio e l’uomo. In lei risplende l’azione di Dio che la salva e benedice ed insieme la risposta dell’uomo alla salvazione e benedizione di Dio.
Maria appare come un prisma terso e luminoso che riunisce e rifrange il massimo dato della fede che è la Salvezza, ovvero l’incontro vitale e trasformante di Dio con l’umanità. In questa linea Sant’Ambrogio giustamente osserva: "Non è da stupire che il Signore, dovendo redimere il mondo, abbia iniziato da Maria l’opera sua: se per mezzo di lei si apprestava la salvezza a tutti gli uomini, essa doveva essere la prima a cogliere dal Figlio il frutto di salvezza".
Con l’inizio e il termine della sua vita, secondo le verità maturate nella coscienza della Chiesa [Immacolata e Assunta], Maria illumina la vocazione primordiale alla santità da parte di tutti i chiamati e il traguardo finale cui la Chiesa tende. Maria unisce all’evento dialogico l’azione preveniente di Dio e quella definitiva della Redenzione totale per mezzo di Cristo nello Spirito.







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