La Vergine Maria "Tempio del Signore"
Data: Giovedi 15 Luglio 2010, alle ore 15:40:31
Argomento: Mariologia


Un articolo del Sac. Cirino Versaci su "La Madonna del Tindari" n.3 (2009), pp. 7-8.



La ricorrenza del trentesimo anniversario di dedicazione del Santuario [di Tindari] costituisce un’occasione idonea per approfondire nuovi aspetti sull’”indole mariana dell’Antico Testamento”. La consacrazione del sacro edificio, infatti, più che un’ufficiale inaugurazione, richiama il senso eminentemente religioso e biblico dell’appartenenza di ogni anima a Dio.
Questo vincolo fra Dio e le sue creature è attestato già nelle prime pagine del Nuovo Testamento: l’apertura del Vangelo di Giovanni descrive l’avvento del Verbo di Dio che fa sua la natura umana, fissando una “tenda” tra i figli degli uomini; il Vangelo di Luca esordisce con l’appello di Dio che chiede alla Vergine la disponibilità necessaria per l’Incarnazione del Figlio, la Cui venuta sulla terra esige la consacrazione di tutta la vita dell’Interpellata.
Nell’Antico Testamento tale discesa di Dio in mezzo al popolo è adombrata mediante alcuni segni che la tradizione cristiana ha sempre associato alla Vergine Santa, designata come Giardino chiuso, Fontana sigillata, Santuario del Paraclito, Trono di Dio, Tesoro venerabile del mondo intero, Porta d’Oriente, Corona della verginità. Tutti questi titoli trovano la loro fondazione nel mistero del Tempio, simbolo della permanenza della santità di Dio sulla terra dell’uomo.
Secondo la mentalità biblica il Tempio riveste un duplice significato. Esso scaturisce, anzitutto, dal congiungimento fra la realtà umana e quella divina. Il Tempio è uno spazio delimitato, recintato, entro il quale Dio sceglie di rivelarsi ed abitare. La sua presenza realizza una nuova creazione imponendo un principio di vita su un contesto di morte, così come nella creazione Dio ha fatto prevalere la luce sulle tenebre, l’ordine sul caos.
Tale dimensione di separazione e delimitazione, ravvisabile strutturalmente nel Tempio, richiama il principio vitale che abita ogni persona, nella quale prevale l’energia della vita sul potere della morte. Pertanto, il Tempio esprime il luogo sacro che esiste dentro ogni uomo, anzi disvela quel punto delimitato e segreto che è lo stesso uomo in cammino verso Dio.
Questa simbologia emerge nelle dettagliate disposizioni date a Mosè che deve costruire la Tenda del convegno (Es 25-31 e 35-40), prototipo del futuro Tempio che Salomone innalzerà in Gerusalemme. Mosè e Salomone elevano a Dio una Casa, ma seguendo scrupolosamente le indicazioni che Dio stesso suggerisce. Sotto questo profilo, il Tempio giunge ad esprimere non solo il cammino dell’uomo verso Dio ma anche la venuta di Dio verso l’uomo, la presenza attiva di Dio che cerca l’uomo all’interno del suo stesso anelito di raggiungere il Signore.
Ora, il Tempio in alcune pagine veterotestamentarie, una volta ultimato e consacrato, diventa subito colmo della presenza di Dio, al punto che neppure i legittimi officianti possono accedervi. Infatti, sia in Es 40,35 che in 1Re 8,10-11 si afferma che la nube riempì il Tempio del Signore e neppure i sacerdoti poterono rimanervi per compiervi il servizio. Invece Ml 3,1 annunzia che “subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l’angelo dell’alleanza che voi sospirate, ecco, viene”.
Il Tempio diventa la realizzazione terrena della beatitudine eterna, segno della santità cristallina di Dio. L’edificio rappresenta il grembo di Dio dal quale gli uomini ricevono la salvezza, restandone, comunque, all’esterno per non intaccare l’assoluta trascendenza del Donante.
I tre testi indicati contribuiscono a comprendere lo sfondo biblico da cui muovono gli Autori del Nuovo Testamento nel presentare la Vergine Santa. Ciò si evince particolarmente in Lc 1,34-35, ove l’Angelo conferma a Maria che lo Spirito Santo, ombra e potenza dell’Altissimo, scenderà su di Lei perché nasca il Figlio di Dio. A partire da questo momento il grembo verginale di Maria diventa il definitivo Tempio del Signore, il luogo incontaminato ove Dio sceglie di abitare senza tema di essere raggiunto dalla profanazione e dall’impurità dell’uomo. In Maria la congiunzione tra Dio e l’uomo, tra lo spazio cosmico e quello umano, trovano perfetta comunione e simbiosi.
Ne deriva, pertanto, che mediante il suo fiat, Maria diventa la Madre del Verbo che redime l’intera umanità. È in Lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9). Ed anche dopo la nascita di Gesù, l’ombra dello Spirito di Dio che l’aveva reso feconda, rimane sempre su Maria; possiamo, così, riconoscere che Ella è il permanente Tempio del Signore. In Lei nessuno poté mai accedere all’infuori di Dio; l’unico accesso al suo cuore era destinato unicamente al Creatore. Di questa esclusiva divina proprietà è segno l’integra, benedetta e perpetua verginità della sua anima e del suo corpo.
Inoltre, la Vergine che accoglie il Verbo nel suo grembo, consente a tutti coloro che credono in Lui di diventare figli di Dio. La sua verginità non è ostacolo ma apertura alla grazia; essa è “l’immortal sorgiva” donde germina l’umanità redenta e per la quale Maria diventa Madre di tutti i credenti, immagine della Chiesa. Così, sotto il segno del Tempio si celebra, in perfetta consequenzialità, l’insigne analogia fra la Vergine Maria e la Vergine Chiesa. Quest’ultima, specie nei testi paolini, è designata come Tempio santo del Signore, di cui fanno parte i cristiani, edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti (cf. Ef 2,19-21 e 1Cor 3,16-17).
Tale identità mistica fra la Vergine Santa e la Chiesa è ravvisabile in ogni luogo della terra in cui vive la comunità dei credenti in Cristo, ma per particolare grazia il cuore la respira, la contempla, la percepisce a Tindari, ove la fede dei cristiani e l’audacia di Mons. Pullano hanno innalzato alla Vergine bruna l’artistico Santuario. A Tindari, nell’afflusso dei pellegrini, nella fede dei devoti, nella celebrazione dei sacramenti, negli occhi dei visitatori, si apprende che “non c’è che una sola vergine madre e mi piace chiamarla Chiesa” (Clemente Alessandrino, PG 8, 300). Di tutto ciò alcune anime ne hanno percezione viva e diretta. Basti ricordare la testimonianza di Paul Claudel, nella quale pare riecheggiare il flusso di grazia che quotidianamente opera nel mistico silenzio del Santuario di Tindari, che neppure il tumultuoso afflusso delle turbe riesce a frantumare.
Il venticinquenne francese colmo di obiezioni e di avversione, racconta che in una sera di Natale, mentre seguiva le funzioni di Notre-Dame di Parigi, al canto del Magnificat, tutta la fede della Chiesa aveva fatto irruzione in lui. Era la stessa Vergine che l’istruiva con grande pazienza ed umiltà. Con la faccia appoggiata contro la grata del coro egli guardava vivere la Chiesa. “Ciò che Paolo mi diceva, ciò che Agostino mi insegnava, il pane che Gregorio mi spezzava… erano gli occhi di Maria al di sopra di me che me lo spiegavano” (L’Epée et le Miroir, pp. 198-199). La materna e rassicurante maestà da cui si sentiva avvolto, era insieme, indissolubilmente, quella della Chiesa e quella di Maria. Non abbiamo, dunque, come afferma il P. H. De Lubac, che da appoggiarci senza troppe distinzioni su questa duplice ed unica Madre che medita nel suo cuore e riunisce in un solo centro tutti i termini di contraddizione (Meditazione sulla Chiesa, 238).
 







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