La Madre alle nozze di Cana (Gv 2,1-12)
Data: Mercoledi 11 Maggio 2011, alle ore 16:52:11
Argomento: Bibbia


di Salvatore A. Panimolle in «Parola spirito e vita». Quaderni di lettura biblica, n. 6 - luglio - dicembre 1982, La Madre del Signore, pp.126-135.



In una monografia biblica consacrata alla madre del Signore, non poteva essere omessa l'analisi della pagina evangelica che descrive con tanta vivacità le premure materne di Maria per chi si trova in difficoltà. Nel brano delle nozze di Cana in effetti la Vergine ci è presentata come la madre, attenta ai bisogni dei figli, che intercede con efficacia per essi.


A) L'INIZIO DEI SEGNI A CANA


Il primo miracolo riportato nel quarto vangelo appare di chiaro carattere cristologico, esso infatti è presentato come un segno, cioè come un prodigio mediante il quale Gesù ha rivelato la sua gloria divina (Gv 2,11). Questo evento costituisce il vertice della manifestazione iniziale del Verbo incarnato, come è rappresentata da Giovanni.

1. La settimana inaugurale della rivelazione di Gesù1

In effetti il quarto evangelista raggruppa i primi episodi del ministero pubblico del Cristo in una settimana:
il primo giorno è riportata la testimonianza del Battista dinanzi all'ambasceria inviata dai capi di Gerusalemme (Gv 1,19-28);
il giorno seguente è descritta l'indicazione del Messia, l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, l'eletto di Dio che battezza con lo Spirito santo (Gv 1,29-34);
il terzo giorno è narrata la vocazione dei primi discepoli (Gv 1,35-42);
il quarto giorno abbiamo la chiamata di Filippo e l'incontro di Natanaele con Gesù (Gv 1,43-51);
tre giorni dopo avviene il segno del vino durante la festa di nozze (Gv 2,1-12).
In questa settimana inaugurale della manifestazione del Cristo tutto tende verso il passo finale, nel quale l'evangelista dichiara solennemente che «Gesù diede inizio ai segni in Cana di Galilea e rivelò la sua gloria» (Gv 2,11). Il Battista ha preparato quest'opera del Cristo, egli infatti proclama di essere venuto ad amministrare il battesimo d'acqua, affinché il Messia si rivelasse a Israele (Gv 1,31). Il segno del vino costituisce quindi la manifestazione iniziale piena della persona divina di Gesù. Quella gloria propria del Figlio unigenito del Padre (Gv 1,14), fu contemplata per la prima volta dai discepoli a Cana di Galilea (Gv 2,11).

2. La rivelazione della messianicità divina di Gesù

In realtà il Maestro di Nazaret alle nozze di Cana manifestò la sua messianicità divina. Il segno del vino infatti mette in piena luce la dignità messianica di Gesù e la sovrabbondanza dei beni messianici. La quantità del vino prodigioso simboleggia bene la realizzazione delle profezie veterotestamentarie sull'abbondanza dei frutti della terra al tempo del re Messia.
Il racconto giovanneo di questo segno mette in risalto la centralità della figura di Gesù. Nelle nozze di Cana infatti l'attore principale è proprio Gesù. Gli sposi non compaiono quasi per nulla sulla scena: la sposa non è mai menzionata e lo sposo è citato solo una volta in Gv 2,9s, dove però l'evangelista implicitamente lo identifica con Gesù, perché è stato questi a conservare il vino buono, anche se l'architriclino erroneamente pensa diversamente. La madre di Gesù, come stiamo per mostrare, occupa un posto molto importante sulla scena, ma solo nel passo iniziale (Gv 2,1-5), poi scende nell'ombra, facendo agire il figlio, per ricomparire alla fine (Gv 2,12). Si noti che anche in questi passi Maria è chiamata sempre «madre di Gesù», quindi la sua importanza e grandezza dipendono dal figlio suo. I servi sono esecutori docili degli ordini di Gesù e i discepoli sono spettatori passivi: in questo episodio è posto in primo piano proprio Gesù: è lui che comanda e opera tale segno straordinario. L'elogio del vino buono, fatto dall'architriclino (Gv 2,10), intende mettere in evidenza la bontà del dono di Gesù, anche se qui abbiamo un esempio di equivocità intenzionale, tipicamente giovannea. L'architriclino infatti ritiene che il vino nuovo sia offerto dallo sposo, ma il lettore sa bene che esso è dono di Gesù.
In realtà il primo segno di Cana è di carattere prevalentemente cristologico. Esso riveste la finalità di rivelare la gloria del Cristo per favorire la fede dei discepoli (Gv 2,11). Se inoltre si accetta l'interpretazione del segno del vino in chiave di sostituzione dell'economia dell'AT,2 allora risalta maggiormente il carattere cristologico di questo brano. Sotto tale luce Gesù è presentato come il creatore o realizzatore della nuova economia della salvezza, rappresentata dalla sua rivelazione, simboleggiata dal vino buono in sostituzione dell'acqua per la purificazione dei giudei, immagine del dono della legge mosaica cioè della rivelazione veterotestamentaria.
Il segno di Cana è stato operato in occasione di una festa nuziale. Ora, se si tiene conto dello sfondo profetico, secondo il quale l'èra messianica è presentata come una celebrazione nuziale, nella quale i beni messianici sarebbero stati donati con abbondanza, appare molto probabile che Giovanni abbia voluto presentare Gesù come lo Sposo-Messia, che realizza le attese veterotestamentarie. Il passo di Gv 2,10 insinua questa tematica; qui infatti il Cristo implicitamente è descritto come lo sposo, con l'accorgimento dell'equivocità voluta, perché l'autore del vino buono conservato per la fine è proprio Gesù.
La liturgia già da molti secoli ha interpretato in questo senso il segno di Cana, allorché fa cantare l'antifona:
«Oggi la chiesa si è unita allo Sposo celeste, perché Cristo ha lavato i suoi peccati nel Giordano: i magi accorrono alle nozze regali con doni e i convitati si rallegrano con il vino trasformato dall'acqua» (Epifania del Signore, antifona al «Benedictus»).
Nella Bibbia infatti l'èra messianica è descritta come una festa nuziale, ossia come un'epoca felice nella quale abbondano la gioia e la salvezza (cf. Is 54,4-8; 62,4s; Mt 8,11; 22,1-14). Anzi nel NT Gesù è chiamato lo sposo (cf. Mt 9,15; M c 2,19s; Lc 5,34s). Il quarto evangelista riecheggia questo elemento della tradizione antica, quando dal Battista fa presentare Gesù come lo sposo che ha la sposa (Gv 3,29).
L'abbondanza del vino nuovo donato dal Cristo a Cana indica l'inaugurazione del tempo messianico, nel quale i beni della salvezza sovrabbondano. L'AT in merito è molto esplicito: al tempo del Messia abbonderanno il vino, il grano e l'olio (cf. Am 9,13; G1 2,23ss; 4,18; Os 2,23s). Quindi con il dono del vino abbondante durante la festa nuziale a Cana Gesù inaugura i tempi messianici, rivelandosi come il Cristo e il Figlio di Dio.


B) L'AZIONE DI MARIA NELLA MANIFESTAZIONE DI GESÚ


Alle nozze di Cana Gesù rivelò la sua gloria divina (Gv 2,11), ma ciò avvenne alla presenza della madre, anzi in seguito a un suo invito discreto ma efficace (Gv 2,3s). Come la manifestazione suprema del Cristo sul trono regale della croce ebbe luogo all'ombra di Maria (Gv 19,25ss), così la rivelazione iniziale della messianicità divina di Gesù si verificò sotto lo sguardo materno della Vergine (Gv 2,1ss). In queste due scene, che formano una grande inclusione del quarto vangelo, il ruolo di Maria non appare identico, perché sul Calvario la madre di Gesù non agisce, non parla, ricopre un ruolo piuttosto passivo; invece a Cana prende l'iniziativa dell'azione e inconsciamente induce il figlio a rivelare la sua gloria divina.

1. «Non hanno più vino!»

L'evangelista Giovanni apre e chiude il racconto delle nozze di Cana, parlando della madre di Gesù; perciò la menzione esplicita di Maria forma una chiara inclusione tematica del brano, come appare dal confronto dei testi: LA MADRE di Gesù era là (Gv 2,1), Egli. . . con sua MADRE scese. . . e r i m a s e  c o l à (Gv 2,12)
Questa inclusione mette in risalto l'importanza di Maria nel primo segno operato dal figlio: ella qui occupa un posto di grande rilievo.
La madre di Gesù partecipava a una festa nuziale (Gv 2,1), probabilmente per motivi di parentela o di amicizia; il Maestro con i discepoli fu invitato in un secondo momento (Gv 2,2). In realtà presso il popolo ebraico il matrimonio era celebrato con solennità e per diversi giorni. Durante i festeggiamenti a Cana venne a mancare il vino. La vergine Maria fu la prima persona a notare l'increscioso incidente; ella con gesto delicato si rivolge al figlio per informarlo: «Non hanno vino!» (Gv 2,3).
Si osservi la sottile sfumatura di questa frase che mette l'accento non sulla mancanza di vino, ma sulle persone che stanno per essere umiliate e rattristate da tale inconveniente. Maria si preoccupa degli sposi e della loro felicità, che sta per essere incrinata fortemente dalla spiacevole sorpresa.
Tra gli esegeti si discute se la Vergine abbia domandato al figlio un miracolo; per alcuni tale richiesta sarebbe assurda, perché Maria non avrebbe potuto immaginare il potere taumaturgico del figlio. Ma probabilmente la madre di Gesù non domanda nulla, ella si affida completamente al figlio, le è sufficiente far presente l'incidente tanto increscioso. Del resto le sorelle di Lazzaro si comportano in modo analogo: notificano al Maestro la situazione disperata dell'amico, senza chiedere nulla (Gv 11,3).
Il comportamento di Maria in questa circostanza è animato da una fede profonda in Gesù che lei sa essere il Figlio di Dio: si abbandona fiduciosamente alla sua volontà, sicura di non restare delusa.

2. «Che c'è fra me e te, donna?»

La reazione di Gesù dinanzi ali interessamento della madre a prima vista appare poco incoraggiante. In effetti la risposta «Che c'è fra me e te?» (Gv 2,4) esprime una divergenza fra i due interlocutori.3 Qui il Cristo sembra mettere in questione la sua relazione con la madre; egli si emancipa dai legami di sangue, non rompe i rapporti con Maria, tuttavia afferma una certa autonomia e indipendenza da lei. Con l'arrivo dell'ora Gesù deve lasciarsi guidare solo dalla volontà del Padre (cf. Gv 4,34; 5,30; 6,38 ecc.). Anche secondo i sinottici il Maestro assume un atteggiamento analogo nei confronti della madre e dei parenti (cf. Mc 3,31ss e par.; Lc 2,48s).
Il carattere interrogativo della frase «che c'è fra me e te?» permette una duplicità di significato; quest'espressione di per sé suggerisce una risposta negativa, ma una risposta insinuata non è data, perciò la questione resta aperta e la risposta potrebbe essere insieme negativa e positiva.4 Il senso e il valore di questa frase interrogativa di Gv 2.4 non differiscono dalle risposte di Gesù in Lc 2,49; Mc 3,33, anche se in prospettiva mariologica molto più profonda, perché il quarto evangelista presenta la Vergine in atteggiamento di rinuncia ai legami di sangue e di disponibilità per l'opera del figlio, perché la madre di Gesù invita gli altri a una completa docilità agli ordini del figlio.
Ma perché in quest'occasione Gesù chiama sua madre donna? Tale fenomeno lo costatiamo anche in Gv. 19,26: dalla croce il Cristo morente si rivolge alla madre con quest'appellativo. Si potrebbe pensare che con tale nome il quarto evangelista voglia presentare Maria come la nuova Eva, riecheggiando Gn 3. Sembra però più probabile che Giovanni identifichi Maria con la comunità d'Israele, perché mette sulle sue labbra (in Gv 2,5) una professione di fede analoga a quella emessa dal popolo eletto sul Sinai (cf. Es 19,8; 24,3.7). In effetti nella letteratura biblico-giudaica Israele spesso è raffigurato e rappresentato come una «donna» (cf. Os 1,2ss; Is 26,17s; Ger 31,4); quindi Maria personifica il nuovo popolo di Dio.

3. «Fate qualunque cosa vi dica!»

In realtà come Israele dichiarò a Mosè di fare tutto quello che il Signore aveva detto (Es 19,8) e di eseguire tutti i comandi dati dal Signore (Es 24,3), così Maria dispose i servi ad obbedire alla parola del Figlio, che è il Figlio di Dio (Gv 2,5). In tal modo la Vergine si mostra come la madre dei fedeli, cioè di coloro che eseguono i comandi del Cristo; ella infatti vuoi favorire l'accoglienza della rivelazione del Verbo di Dio. Maria, in quest'episodio delle nozze di Cana, coopera alla nascita della fede nel cuore degli uomini (Gv 2,5.11), perciò è presentata realmente come la madre della chiesa.


C) MARIA, DISCEPOLA, MADRE E MEDIATRICE

Il brano del segno del vino contiene quindi una ricca dottrina mariologica, che qui vogliamo presentare in forma sistematica. La Vergine infatti non solo svolge la funzione di mediatrice e di madre, ma è considerata anche come la prima discepola del Cristo, che accetta la rinuncia ai legami di sangue con il figlio, per aderire alla sua persona divina con la fede.

1. Maria, la prima credente

In quest'episodio evangelico la Vergine ci è presentata innanzi tutto come la perfetta discepola del Signore. Ella infatti, di fronte al bisogno, ricorre spontaneamente a suo figlio (Gv 2,3), perché sa bene che è il Figlio dell'Altissimo (Lc 1,32), il Figlio di Dio (Lc 1,35).
Maria inoltre accetta il distacco e l'autonomia del figlio, perché questi è legato alla volontà del Padre, è proteso verso la sua ora (Gv 2,4). Quindi la madre di Gesù simboleggia il vero Israele, disponibile e docile alla Parola; per tale ragione dal figlio è chiamata donna (Gv 2,4). Maria è la prima cellula vivente del nuovo popolo di Dio, caratterizzato dalla fede nel Cristo.
In tal modo Maria è presentata come modello di fede e di docilità al Figlio di Dio, per tutta la chiesa (cf. Lumen Gentium, 63.65).

2. Maria, madre di Gesù e dei fedeli

La Vergine, per Giovanni, non è solo la discepola ideale del Cristo, ma svolge anche funzioni materne: Maria è la madre. Innanzi tutto è la madre di Gesù, come afferma esplicitamente l'evangelista (Gv 2,1ss.12), perciò è la madre del Verbo incarnato (Gv l,ls.14), del Rivelatore escatologico (cf. Gv 1,17), del Salvatore del mondo (cf. Gv 4,42), del Figlio unigenito di Dio (cf. Gv 1,18: 3,16s): Maria è realmente la madre del Signore.
Giovanni inoltre, nel segno di Cana, insinua che la Vergine è anche la madre dei fedeli. La sua preoccupazione e premura a favore degli sposi (Gv 2,3) indicano non solo la sua gentilezza e finezza d'animo, ma anche la sua compassione materna (cf. Lumen gentium, 58). inoltre l'esortazione rivolta ai servi di fare quanto Gesù ordinerà (Gv 2,5), mostra con chiarezza la sua funzione materna di disporre il cuore dei discepoli ad accogliere la parola del Figlio di Dio. In questa scena il quarto evangelista ci presenta Maria come la madre dei cristiani, perché coopera allo sbocciare del fiore della fede nel cuore degli uomini e quindi alla nascita dei figli di Dio (cf. Gv 1,12).
S. Agostino, in un passo riportato nella costituzione sulla chiesa del concilio Vaticano II (Lumen gentium, 53), aveva già espresso questo concetto: Maria è «veramente madre delle membra (di Cristo)... perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della chiesa, i quali di quel capo sono le membra (De S. Virginitate, 6; P L 40, 399).

3. Maria, mediatrice della rivelazione e della fede

Infine nel brano delle nozze di Cana la Vergine è presentata nella funzione di mediatrice in rapporto al figlio e ai fedeli. In effetti Maria, con il suo intervento premuroso a favore degli sposi in difficoltà, spinge il Figlio a rivelare la sua gloria. La fede dei discepoli quindi è favorita dall'opera mediatrice della Vergine, essendo la conseguenza del segno straordinario al quale avevano assistito (Gv 2,11).
Maria perciò è realmente la mediatrice della rivelazione di Gesù e della fede dei discepoli. Il Cristo infatti ha operato il primo segno, con il quale ha manifestato la sua natura divina, perché sollecitato da sua madre. Inoltre i primi seguaci del Messia hanno creduto, in base a questo prodigio, compiuto in seguito all'intervento della Vergine.
In realtà la madre di Gesù fu associata all'opera redentrice del figlio e come ottenne con la sua intercessione che il Cristo desse inizio ai segni messianici proprio a Cana (cf. Lumen gentium, 58), così «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che siano condotti nella patria beata» (Lumen gentium, 62).5

NOTE

1 Cf. Olsson B.. Structure and Meaning in the Forth Gospel, Lund 1974, 102ss; Panimolle S.A., Lettura pastorale del vangelo di Giovanni, 1, EDB. Bologna 1978. 147s; Serra A., Maria a Cana e presso la croce, Roma 1978, 13ss.
2 Cf. Boismard M. E.. Du Baptême à Cana, Paris 1956, 139ss; Braun F. M.. La Mère des Fidèles, Tournai 1953, 69s; Dodd C. H., L'interpretazione del quarto vangelo, Paideia, Brescia 1974, 368ss; Panimolle S.A., Il dono della legge e la grazia della verità (Gv 1,17), AVE, Roma 1973, 421s; Id., Lettura pastorale, I. 220ss.
3 Cf. Gdc 11,12; Re 16.10; 19,23; 3Re 17,18; 4Re 3,13 ecc. Quest'espressione enigmatica è stata spiegata diversamente dagli esegeti (cf. Panimolle, Lettura pastorale, I. 206s).
4 Cf. Vanhove A., Interrogation johannique et exégèse de Cana (Jn 2.4), in Bib 55 (1974). 163ss.
5 Bibliografia scelta per un approfondimento dell'esegesi di Gv 2,1-12: Boismard, Du Baptême à Cana, 133-159; Braun, La Mère des Fidèles, 47-74; Feuillet A., La signification fondamentale du premier miracle de Cana (Jo 11,1-11) et le symbolisme johannique, RThom 65 (1965). 517-535: Olsson, Structure and Meaning, 18-114; Panimolle, Lettura pastorale, I, 203-231; de la Potterie I., La madre di Gesù e il mistero di Cana, in «La Civiltà Cattolica» 130 (1979). 425-440; Serra, Maria a Cana, 13-78; Spicq C., Il primo miracolo di Gesù dovuto a sua Madre (Giov 2,1-11), in SD 18 (1973), 125-144.
 







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