Da Eva la tristezza, da Maria la gioia (II-IV Secolo)
Data: Martedi 7 Giugno 2011, alle ore 15:36:20
Argomento: Patristica


Di Albert Enard, Rallegrati Maria. Spunti di preghiera mariana, Città Nuova, Roma 1986, pp. 29-40



Dal II secolo, san Giustino e Sant'Ireneo parlano di Maria come della Nuova Eva, senza la quale l'idea di un Nuovo Adamo sarebbe impensabile. «Non è bene che l'uomo sia solo», aveva detto il Signore Dio. «Voglio fargli un aiuto che gli sia simile» (Gì 2, 18). E Dio aveva posto Eva presso Adamo, ed essi furono «due in una sola carne». Come Adamo non aveva ragione di esistere che in funzione di «Colui che doveva venire», e perfezionarlo - il Cristo, il Nuovo Adamo - cosí Eva sarà perfettamente realizzata da una Donna, quella stessa che la Genesi annunciava come trionfatrice del Serpente, in quel passo che la Tradizione chiama il «Protoevangelo»: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua discendenza e la sua discendenza» (Gv 3,15). Presso il Cristo, Dio ha posto «un aiuto che gli sia simile»: la Donna «benedetta piú di tutte le donne», Maria. Come la caduta ci è venuta dalla prima, la salvezza ci è trasmessa da colei di cui Eva era l'immagine profetica.



Origene (250)


Nato ad Alessandria, nel 185, Origene è al tempo stesso uno dei pensatori piú profondi e uno dei piú grandi maestri di spirito dell'antichità. Ha sempre voluto essere, per propria ammissione, un autentico «uomo di Chiesa». Diventa celebre per il suo insegnamento nella città natale, ma, nel 230, deve lasciare Alessandria per stabilirsi in Palestina. Installatosi a Cesarea, a nord-est di Gerusalemme, apre una scuola. Durante questi anni, Cesarea è il centro intellettuale piú brillante della cristianità. Da ogni dove si viene a consultare questo teologo universalmente conosciuto. Nel 250, scoppia una delle piú temibili persecuzioni scatenate dall'imperatore Decio. Gli anni non hanno fatto che acuire in questo prete la sete del martirio e il suo eterno entusiasmo. Egli resiste, racconta Eusebio di Cesarea, «catene, torture corporali, torture con il ferro, torture per imprigionamento in fondo a carceri...». Il martire sopravvive ma, sfinito, muore poco tempo dopo, probabilmente a Cesarea.

Origene ha lasciato un'opera gigantesca di cui la piú gran parte è consacrata alla Bibbia. D'altra parte, egli rappresenta una data importante nella storia della teologia «mariana»: insiste sul ruolo privilegiato di Maria nel progetto di Dio. Il XII secolo latino ha considerato Origene come dottore mariano. Fra i suoi numerosi studi biblici che ci sono pervenuti, le Omelie su san Luca sono il piú antico commento del terzo Vangelo che possediamo. Questo fatto è importante nel nostro studio.2 L'opera di Origene comprende omelie che sono state tenute ai fedeli di Cesarea; essa comprende anche commenti, studi di carattere piú scientifico, e scolii che sono semplici note esplicative su passi o parole difficili. Questo breve brano che apre la serie dei testi patristici sulla «Salutazione evangelica» fa parte di questi scolii: la sua influenza sarà decisiva sull'interpretazione ulteriore:
«Dio aveva detto a Eva: "Tu partorirai nel dolore", per questo l'Angelo dice: "Rallegrati, ricolma di grazia"; questa gioia infatti abolisce l'antico dolore. Se infatti, a causa della maledizione di Eva, la maledizione è stata trasmessa a tutte le donne, bisogna dunque congetturare che a causa della benedizione accordata a Maria la gioia si estende ad ogni anima vergine».3

San Gregorio il Taumaturgo (270)

Nativo di Neocesarea (Niksar in Turchia), verso il 213, Gregorio, alla fine dei suoi studi, si reca col fratello Atenagora a Cesarea di Palestina dove incontra Origene. Subito affascinato dalla sua dottrina, resta cinque anni presso questo maestro incomparabile. Ritornato a Neocesarea, diventa il primo vescovo della sua città natale. Sebbene la sua vita sia stata soprattutto quella di un pastore popolare e di un ardente missionario, egli conserva il gusto della speculazione teologica. Presente al Concilio di Antiochia (264), Gregorio muore verso il 270. Il suo nome di Taumaturgo è dovuto alla pietà popolare che ha serbato il ricordo dei suoi numerosi miracoli. La sua vita, scritta un secolo piú tardi da san Gregorio di Nissa, mette in risalto la sua devozione a Maria. Se la si potesse dedurre dalle omelie mariane un tempo ascrittegli, Gregorio apparirebbe come un teologo mariano. Ma queste omelie hanno senza dubbio per autore un altro discepolo di Origene, posteriore a Gregorio. Nella linea di una simile ricerca, questo dettaglio è secondario.

Questi testi omiletici rafforzano l'interpretazione di Origene sulla «Salutazione evangelica». Ostentando un certo antropomorfismo, l'autore immagina un dialogo tra Dio e Gabriele. Al pari di altri Padri, egli accosta il «Rallegrati» dell'Annunciazione a quello della Risurrezione. Mi sorprende come nessuna traduzione moderna del Nuovo Testamento ci abbia dato l'interpretazione - quella buona - dello Pseudo-Gregorio nell'apparizione di Gesú alle pie donne: «Ecco che Gesú venne incontro a loro e disse loro: Rallegratevi!» (Ml 28, 9).
1. «...Oggi, Gabriele, l'Assistente di Dio, si avvicina alla Vergine Pura per annunziarle questa buona novella con il suo: "Rallegrati, ricolma di grazia!" perché conviene che ti rallegri, poiché è con te che la grazia divina, come vedi, drizza la sua tenda; con la Serva, il Re della gloria, con la primaverile (la ragazza matura per il matrimonio) il primaverile in bellezza tra i figli degli uomini...».4
2. «..."Rallegrati, ricolma di grazia", sulla santa concezione e sul tuo glorioso parto... "Io vi annuncio una buona novella, che sarà una grande gioia per tutto il popolo". Inoltre, arrivando alla sua salutare Passione, il Signore diceva: "Vi vedrò e il vostro cuore allora si rallegrerà, e nessuno vi rapirà questa gioia" (Gv 16, 22). E dopo la sua risurrezione, di nuovo, con le pie donne, egli comincia ad annunciarci questo "Rallegrati". Di nuovo, l'Apostolo ha fatto risuonare annunci quasi simili, quando dice: "In ogni tempo rallegratevi... siate sempre nella gioia..." (1 Ts 5, 16). Cosí vedete, miei diletti, il Signore ci ha individualmente e particolarmente elargito la gioia che supera ogni conoscenza e che sarà eterna». «(Gabriele) le fa cosí questo annunzio: "Rallegrati, ricolma di grazia", perché sei tu che fai ciò che è degno di una gioia vera, poiché ti sei rivestita di una tunica senza macchia e ti sei cinta di una cintura di castità. "Rallegrati, ricolma di grazia", divenuta il ricettacolo della gioia superceleste. "Rallegrati, ricolma di grazia" è per mezzo tuo infatti che la gioia è impartita a tutta la Creazione e che il genere umano ritrova la sua antica dignità». «...Maria si diceva: "Questo 'Rallegrati' non diverrà per me causa di tristezza, come una volta per Eva, la nostra prima Eva, quando ricevette dall'astuto serpente demoniaco l'allettante promessa di divinizzazione?...". Allora, di nuovo, l'Arcangelo le dichiara in anticipo una gioia degna di fede per tutti e indiscutibile, segnalandola a lei in anticipo in questi termini: "Non temere, Maria"...».5
3. «...Quando Dio dà le sue consegne a Gabriele, Egli precisa: "La prima parola che tu le annunzierai sarà un grido di gioia. Di' a Maria il 'Rallegrati, ricolma di grazia' affinché abbia pietà di Eva resa cosí infelice". L'Arcangelo udí queste parole e si può pensare che dicesse tra sé: "Molto strano questo affare! Quello che mi è stato detto supera ogni pensiero... e Colui che condannò Eva si affretta a glorificare la sua figlia!". Dio l'interrompe dicendo: "Perché esiti?". L'Angelo risponde obiettando a Dio quello che c'è di inaudito nel "la Vergine che partorirà". Dio insiste ricordando il testo di Abramo (Gn 18, 14). "Come il fuoco della Divinità può fecondare Maria?...". Dio risponde parlando del Roveto ardente. Convinto, l'Angelo griderà alla Vergine: "Rallegrati, ricolma di grazia! Il Signore è con te!". Giammai il Diavolo (sarà) contro di te, perché là dove questo nemico inflisse una ferita, ora il Medico oppone il primo rimedio salutare. Da dove uscí la morte, da lí la Vita si è aperta una strada; da una donna venne fuori il peggio, e da una donna ha inizio il migliore. Rallegrati, ricolma di grazia...».6

San Gregorio di Nissa ( 394)

Gregorio di Nissa è uno dei Padri greci conosciuti sotto l'appellativo di «Caappadoci». La Cappadocia è una provincia dell'Asia Minore situata ad ovest dell'Armenia. Tre grandi nomi resero illustre nel IV secolo la Chiesa della Cappadocia: san Basilio il Grande, san Gregorio di Nazianzo e san Gregorio di Nissa. Nato verso il 335, Gregorio beneficia della forte influenza di sua sorella Macrina e ancor piú di quella del fratello maggiore, Basilio, che egli chiama «maestro e padre», benché lo superi con la sua profondità e originalità di teologo. Gregorio era sposato, quando l'insistenza fraterna gli fece accettare di essere ordinato vescovo di Nissa, piccola contrada della Cappadocia ad ovest di Cesarea. Si dedica allora totalmente alla sua carica e si fa amare da tutti. Piú tardi, continuerà l'opera dottrinale di suo fratello acquistando a sua volta una grande autorità. I suoi ultimi anni furono particolarmente fruttuosi dal punto di vista letterario. Poeta e mistico, è anche il pensatore piú vigoroso e piú brillante tra i Padri greci del IV secolo. Tra le sue opere importanti sulla Bibbia, Gregorio di Nissa ci ha lasciato quindici omelie sul Cantico dei Cantici. Si mostra discepolo di Origene e difende la sua interpretazione spirituale: Il Cantico dei Cantici rappresenta l'unione sponsale fra Dio e Maria. Origene insisteva di piú sull'aspetto ecclesiale.

Il testo seguente è tratto dalla tredicesima omelia sul Cantico dei Cantici. Rappresentando il parallelismo Eva-Maria, Gregorio sottolinea che la Nuova Eva doveva cominciare il tempo della sua gravidanza con la gioia e terminare il suo parto nella gioia: «Bandendo la tristezza, l'Angelo le dice: "Rallegrati"».
«...Ma come un "figlio ci è stato dato" senza (aver avuto) padre, cosí il bambino è stato messo al mondo senza il dolore del parto. Come, infatti, la Vergine non poté sapere come nel proprio corpo si formò il corpo che riceveva la divinità, cosí non provò alcuna sensazione dolorosa del suo parto; la profezia aveva attestato per lei l'assenza di dolore del suo parto. Isaia ha detto infatti: "Prima di essere in travaglio, ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio" (Is 66,7). Ecco perché, "insigne piú di diecimila" (Ct 5,10) meravigliando per una tale novità, ella disorientò il corso normale della natura. Ella non cominciò nel piacere e non terminò con il dolore. Anche questo avviene secondo il concatenamento (logico) e non è fuori del verosimile. Poiché infatti colei che con il proprio peccato introdusse la morte nella (nostra) natura fu condannata (da Dio) a partorire nelle tristezze e nei dolori, bisognava assolutamente che la madre della Vita cominciasse il tempo della gravidanza con la gioia e concludesse il parto nella gioia. "Rallegrati!" infatti "ricolma di grazia", le dice l'Arcangelo, bandendo con questa parola la tristezza che fu legata al parto dall'origine a causa del peccato. Di conseguenza, Costui (il Cristo) il solo fra tutte "le miriadi" che sia divenuto tale per la novità e per la particolarità della sua nascita, lui che fu ben chiamato "bianco e vermiglio" per la sua carne e il suo sangue (che fu chiamato) "insigne piú di diecimila" (Ct 5, 10) e ciò a causa della incorruttibilità e della non-sofferenza di questo fanciullo privilegiato fra tutti».
In seguito Gregorio di Nissa fa notare che ogni dolore è assente nel nostro battesimo e sarà assente nella nostra risurrezione: vi si possono vedere dei concepimenti verginali e dei parti verginali.7

San Giovanni Crisostomo (407)

Nato ad Antiochia verso il 344, Giovanni è educato da sua madre, donna meravigliosa, che, a vent'anni sacrifica la sua gioventú, rinuncia a nuove nozze per dedicarsi a suo figlio. Esercita un'influenza su di lui. Giovanni riceve il battesimo verso i diciotto anni, data decisiva che egli ricorderà piú tardi in un sermone a dei neo battezzati. Dopo brillanti studi e parecchi anni vissuti nella solitudine, Giovanni viene ordinato sacerdote nella sua città natale nel 386. Rivela subito una forza oratoria eccezionale. Nominato vescovo di Costantinopoli nel 398, si dà a combattere gli abusi che erano penetrati in quella Chiesa e a sviluppare la fede dei suoi fedeli. Il suo messaggio, eco di tutta la Bibbia, sembra rivoluzionario a molti dei suoi contemporanei. Commenta Isaia e i Salmi. Ama predicare sul Vangelo. Ha commentato a lungo quello di Matteo e di Giovanni. San Paolo è il suo autore preferito. Prova un'affinità con lui. Il coraggio con il quale denunzia il lusso della corte imperiale lo conduce per due volte in esilio. Relegato ai confini del Mar Nero, muore sfinito nel 407.

Teologo ed esegeta, Giovanni Crisostomo (questa parola significa «bocca d'oro») lascia numerosi discorsi, un'abbondante corrispondenza e opere di spiritualità. Questo inno, che è stato pronunziato alla fine di un'omelia sull'Annunzio a Maria, riassume nel modo migliore l'interpretazione dei Padri greci di quell'epoca.
«L'Angelo arriva presso la Vergine e, avanzando dice:
"Rallegrati, ricolma di grazia!".
Apostrofa la serva come una padrona
e come se fosse già divenuta la Madre del Signore.
"Rallegrati, ricolma di grazia!"
La prima delle tue antenate, Eva, disobbedendo
meritò la condanna a partorire i figli nel dolore;
per te, al contrario, l'indirizzo è invito alla gioia.
Quella generò Caino e, con lui, mise al mondo l'invidia e la morte.
Tu, al contrarlo, metti al mondo un Figlio
che dà a tutti la Vita e l'incorruttibilità.
Rallegrati dunque, ed esulta!
Schiaccia la testa al Serpente!
Rallegrati, o ricolma di grazia!
Poiché la maledizione è finita,
la corruzione è dissipata, la tristezza svanisce,
la gioia fiorisce, la felicità preannunciata dai profeti si realizza.
Lo Spirito Santo aveva annunziato,
parlando per bocca d'Isaia:
"Ecco: la Vergine accoglie un figlio nel suo seno e lo mette al mondo" (Is 7,14).
Quella Vergine, sei tu!
Rallegrati dunque, o ricolma di grazia!
Tu sei piaciuta a Colui che ha plasmato il mondo,
Sei piaciuta a Colui che ha creato tutto,
Sei piaciuta al Creatore.
Sei piaciuta a Colui che si sazia di bellezza.
Tu hai trovato uno Sposo che protegge la tua verginità e non la distrugge;
Tu hai trovato uno Sposo che,
a motivo del suo grande amore per gli uomini,
ha voluto diventar Tuo Figlio.
Il Signore è con te!
Egli è in te, Colui che è dappertutto,
È con te e da te, Colui che, nel cielo, è il Signore,
che, nelle profondità, è il Santissimo,
che, in tutta la creazione, è il Demiurgo,
Creatore sui Cherubini, Guida del mondo sui Serafini,
il Figlio, in seno al Padre, il Figlio unigenito, nel tuo seno,
il Signore, in un modo che solo Egli conosce,
Tutto intero dappertutto e Tutto intero dentro di te!
Benedetta sei tu fra tutte le donne!
Poiché sei stata trovata degna d'albergare un tale Signore,
poiché, di tua volontà, hai racchiuso dentro di te
Colui che nulla può contenere,
poiché tu hai accolto Colui che riempie tutte le cose,
poiché sei divenuta il luogo purissimo dove si realizza la Salvezza,
poiché all'ingresso del nostro Re nella Vita
sei apparsa come il suo degnissimo carro.
Poiché ti sei mostrata lo scrigno dello Spirito Santo,
Benedetta sei tu fra tutte le donne!».
8
Riprendendo l'immagine di Giovanni Crisostomo, si potrebbe dire che il Saluto dell'Angelo è lo scrigno del quale l'invito alla gioia è la perla.

Severiano di Gabala (430)

Vescovo di Cabala, città della costa siriana, situata pressappoco a mezza strada tra Arcados e Laodicea, sembra che Severiano abbia compiuto profondi studi classici. Verso il 401 viene a Costantinopoli dove stringe amicizia con Giovanni Crisostomo, grazie alla quale viene spesso chiamato a predicare nella capitale. Quando Giovanni viene esiliato, affida a Severiano la cura della sua Chiesa, ma questi approfitta dell'occasione per imporsi a scapito del vescovo legittimo. Muore prima del 430.

Ci ha lasciato un commento della lettera ai Galati e alcune omelie. Questa breve citazione testimonia di nuovo l'interpretazione costante dei Padri greci di quell'epoca sulla «Salutazione evangelica».
«...con quel "Rallegrati", (Dio) distrugge il legame della tristezza. Viene colui che distrugge la tristezza».
Commentando il «Rallegrati», Severiano oppone alla tristezza di Eva la gioia di Maria che, «ogni giorno, si sente dire da tutti: Beata!».9

NOTE
1 J. Leclercq, L'Amour des lettres et le désir de Dieu, p. 95.
2 Origene, Homélies sur saint Luc, in Sources crétiennes, n 87, p.11.
3 Ibid., 473-475.
4 PG 10, I 148.
5 PG 10, I 156 ss.
6 PG 10, I 173.
7 PG  44, I 153.
8 PG 62, 765-766. Benché la paternità di questo testo sia stata messa in discussione, non esito a seguire gli editori recenti della Clavis Patrum Graecorum, i quali, sotto il n. 4677, credono di dover mantenere questo inno tra le opere di San Giovanni Crisostomo. Ad ogni modo, questo testo esprime bene il pensiero del Padre della Chiesa, il quale, nelle sue omelie su Matteo, ci mostra Maria all'Annunzio dell'Angelo «che non si abbandona subito alla gioia».
9 De Mundi Creatione orat., VI, n. 10; PG 56, 486-498.







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