Myriam, madre di Yesˇua di Nazareth
Data: Lunedi 29 Agosto 2011, alle ore 11:50:38
Argomento: Giudaismo


Articolo di Manuela Saddun Paggi «Amicizia ebraico-cristiana di Firenze», in Riparazione Mariana n 1 del 2009, p. 25



Ascoltare l’altro è allargare i nostri orizzonti, è aprire il nostro cuore. Se rimaniamo chiusi in noi stessi siamo vincolati ai nostri pregiudizi che crediamo verità, invece sono solo aridità. Attraverso il dialogo si rompono i muri di separazione, si stabiliscono contatti umani, le cose si manifestano in maniera diversa, non sono obiettive, ma soggettive. Quindi il dialogo tra ebrei e cristiani porta e deve portare alla riconciliazione, a una visione nuova che unisce e non separa e non c’è spazio per l’ostilità.
In questa visione Maria o Myriam, madre di Gesù, acquista un significato nuovo; come suo figlio è figlia del popolo ebraico, è madre di Israele che ha sofferto per la sofferenza del suo popolo come ogni madre di Israele. Tra ebraismo e cristianesimo non c’è netta separazione e questo devono capire ebrei e cristiani per trovare il loro spazio nel mondo e scoprire il senso di fratellanza che li unisce.
Maria è ebrea, pienamente appartenente per fede e costumi al popolo ebraico, ed è per i Cristiani figura esemplare e di profondo significato. Anche da qui scaturisce il vincolo di fratellanza indissolubile fra i due popoli che possono e devono riconoscersi reciprocamente.
Nella tradizione ebraica le figure bibliche, seppure esemplari, sono figure umane coi loro difetti, con le loro scelte di bene e di male, con le loro ombre; sia per le figure maschili che per quelle femminili. Evidentemente Dio non ci vuole perfetti ma così come siamo. Anche nell’Antico Testamento ci sono figure femminili che si possono avvicinare a Maria: Anna, la madre di Samuele, e anche la madre di Sansone che era sterile. Il libro dei Proverbi (31,11-31) delinea il ritratto della donna virtuosa, nella cui tipologia si può riconoscere la figura di Maria emergente dai vangeli. Da tutto questo possiamo vedere chiaramente che Maria, e tutto ciò che la riguarda, è di tradizione biblica. Siamo all’epoca del secondo tempio, l’epoca della Sinagoga: in ogni piccolo villaggio si legge, si traduce e si commenta la Torah. Anche Maria, come tutti i bambini ebrei dell’epoca, poteva avere una seria religiosità. Era quella del tempo; un tempo di vera ansia religiosa in una difficilissima situazione politica in cui numerosissime erano le sette ebraiche. Dopo l’annunciazione, l’allegria di Maria si esprime col Magnificat nel momento in cui si sente madre di un bambino che deve essere consacrato a Dio. Il Magnificat è un testo ebraico, preso dai vari testi biblici. Esso ricorda il canto di Anna, cioè la gloria di Dio, la sua grandezza e infinita bontà, con profonda fede e fiducia nel Signore. Otto giorni dopo la nascita Gesù viene circonciso e Maria avrà trepidato per il bambino, come tutte le madri nel giorno della circoncisione. In quell’epoca, per tutte le madri, ogni figlio che nasceva era motivo di gioia e di paura perché non si sapeva quello che gli sarebbe successo: anche Maria è tra queste madri. Segni di questa situazione sono la strage degli innocenti e la guerra per la terribile invasione romana. Continuando a seguire l’itinerario della vita di Maria, si rafforza quello che è stato detto finora. Maria certamente pensa di avere come figlio il Messia e nello stesso tempo ha paura per suo figlio. E quando sul Golgota, ai piedi della croce di fronte alla sofferenza del figlio, per il quale ha sognato una vita significativa ma non crudele, ripercorre a ritroso la sua storia col figlio, certamente tornano alla sua memoria le parole e quanto aveva preannunciato Simeone. Con lei altre due madri ebree perdono il figlio tra le torture della Croce e come lei soffrono in una situazione difficile e disumana. Dunque Myriam, madre di Gesù, madre ebrea nella più piena tradizione ebraica, ha visto morire il figlio come tante altre madri per la crudeltà umana, che si nutre di guerra in guerra, ma sempre nella speranza messianica portatrice di pace.







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