Maria e l'impegno cristiano nel Commento al Magnificat di Lutero
Data: Martedi 15 Novembre 2011, alle ore 11:09:43
Argomento: Riforma


di Renzo Bertalot, in AA. VV., Maria e l'impegno sociale dei Cristiani, Edizioni AMI, Roma 2003, pp.117-121.



PREMESSA

L'epoca più feconda per tornare a riflettere sul nostro tema da un punto di vista protestante è ancora la prima metà del XVI secolo. Era l'epoca delle riforme volute da papi, imperatori, principi e teologi.
L'incidenza del protestantesimo per quanto riguarda la figura di Maria vuol essere un tentativo di eliminare gli «abusi» intravisti e di proporre una concentrazione cristologica.
Ecolampadio, riformatore di Basilea, con il suo scritto La lode di Dio in Maria vuole richiamare l'attenzione sul calo di interesse per le liturgie che si riferiscono alla Trinità in rapporto a quelle che si andavano ampliando sempre più in rapporto alla figura di Maria. Le feste dedicate a Maria erano affollatissime, piene di entusiasmo e commozione, mentre quelle dedicate alla Trinità lo erano molto meno. Anche oggi vi sono più candele accese davanti alla statua di Maria che ai piedi della croce del Cristo. Il suo messaggio era sostanzialmente questo: non lasciare che la nostra attenzione per Maria assorba la dovuta centralità del Cristo.
Per Calvino le feste mariane non hanno ragione di esistere; ma la madre di Gesù rimane nostra «madre» e «maestra». È opportuno assistere con cura la gente che non sempre sa distinguere tra madre fisica e madre ipostatica. A volte il giusto titolo Theotokos può essere frainteso e perdere il suo carattere eminentemente cristologico.
Lutero mantiene alcune feste mariane interpretandole cristologicamente, ma vuole metterci in guardia contro l'«abuso» di titoli trinitari che vengono frettolosamente usati nei confronti di Maria mentre sono sola prerogativa del Cristo e dello Spirito (es. consolatrice, avvocata...). Non bisogna prendere dal Figlio per dare alla madre e occorre evitare i «parallelismi» cristologici della devozione popolare.

1. IL COMMENTO DI LUTERO AL MAGNIFICAT

Si è ormai scritto molto sul commento di Lutero al Magnificat che ha occupato buona parte dell'attenzione ecumenica del post-concilio Vaticano II. Una prima parte tocca la testimonianza particolare di Maria riguardo al miracolo di Natale. La seconda vuoi essere una rivisitazione del Dio liberatore nella storia d'Israele e la terza il compiersi della promessa di Abramo.
Il nostro tema ci impegna in modo particolare sulla seconda parte. Per Lutero l'intero commento coinvolge direttamente l'impegno sociale. Lutero, come devotissimo cappellano del «serenissimo, nobilissimo principe e signore, Giovanni Federico di Sassonia, langravio di Turingia e margravio di Meissen», ricorda al suo «grazioso patrono» che la salvezza di molta gente dipende da lui, dal lasciarsi governare da Dio, perché chi governa senza misericordia è causa di rovina per molti. «Dio vuol infondere timore ai potenti» affinché ricordino che «non sono neppure in grado di pensare, se Dio non li ispira in modo speciale» (p. 12). All'infuori della scuola dello Spirito Santo «nulla viene insegnato che non siano "chiacchiere" o parole appariscenti» (17). Tutta la nostra capacità viene da Dio; non siamo, infatti, neppure capaci di pensare (58). Ora in tutta la Scrittura, Lutero non saprebbe trovar di meglio del cantico di Maria per tutti quelli che vogliono «governare bene» ed essere principi per la salvezza del popolo.

2. LE OPERE DI DlO

Sia ben chiaro fin dall'inizio che l'agire di Dio non ha nulla a che vedere con la sapienza, la potenza e la ricchezza di questo mondo perché è sempre orientato verso la misericordia, il giudizio e la giustizia.

2.1
. La misericordia di Dio ci ricorda che la ragione potrebbe mutare il diritto in ingiustizia, mentre la misericordia di Dio ci chiede a volte di rinunciare alle nostre idee, ai nostri diritti, alla nostra sapienza e ai nostri beni a favore dei poveri guidati dallo Spirito (72).

2.2.
Dio sottrae la sua grazia ai malvagi. La sua potenza si manifesta contro i ricchi, i potenti e i dotti che estinguono la verità. Egli lascia che si gonfino di forza propria, ma «quando la bolla è gonfia» e pensano di essere arrivati, Dio fa un buco nella bolla e tutto è finito (76).

2.3
. Dio giudica i potenti. I troni sono necessari al governo, ma i potenti vengono buttati giù dal posto che occupano: non dureranno (80).

2.4.
Dio è con gli umili che non gridano perché si reputano un nulla (82).

2.5/6.
Lutero tratta insieme la quinta e la sesta opera parlando contemporaneamente di poveri e di ricchi e distinguendo tra quelli che confidano in se stessi (i ricchi) e quelli che confidano soltanto in Dio (i poveri). Dio disdice la sua amicizia ai ricchi (84).
Ricevere i doni della misericordia di Dio è l'occasione di lodare Dio perché gli uomini sono senza merito e fuori di Cristo la loro «essenza» è «maledizione» (94). «Dopo che Maria ha finito di cantare di sé e dei doni ricevuti da Dio e ha lodato Dio», ci insegna a cantare le opere che il Signore ha compiuto e compie in tutti gli uomini per potere «ben riconoscere la sua volontà» (62).

Il discorso di Lutero vuoi essere un monito severo per il suo principe, ma lo è per ogni età nonostante il variare delle situazioni umane. Il canto di Maria ha animato tutti i millenarismi sorti nell'ambito del cristianesimo. Ma cogliere l'essenza del lievito o del sale che la madre di Gesù stava spargendo nella nostra storia con la sua predicazione non è mai dato per scontato. La fede è e rimane sempre un dono che non può essere ridotto a livello di razionalità. Dio non si può catturare!
Gli stessi riformatori del secolo XVI possono aver simpatizzato in un primo tempo con le proteste dei «rivoluzionari» anabattisti, che pure si appellavano alla Bibbia, ma la storia ci ricorda che troppo presto si è passati dalla lode alle armi spegnendo nel sangue quello che voleva essere un canto alla grazia di Dio. Anche nel nostro tempo si è parlato del Magnificat come di una «nuova rivoluzione» (Max Thurian). Il millenarismo è sempre stato una breccia del divenire nella staticità di ogni presente che trasuda ingiustizia. Il millenarismo sconfina anche nelle utopie e nelle ideologie di tutti i tempi che, distaccate ormai dal loro riferimento biblico, tentano di stimolare il secolare verso nuove mete e speranze. Purtroppo il secondo millennio ci lascia in ginocchio per le troppe disavventure.
Per ben comprendere la portata del «ben governare» e quindi dell'apporto sociale del Magnificat occorre richiamare l'inizio e la fine del canto di Maria.

3. APPORTO SOCIALE DEL MAGNIFICAT

3.1. È di fondamentale importanza mettere l'accento sullo «sguardo» di Dio rivolto a Maria. È il punto centrale della storia cristiana. Lutero pone questo sguardo in parallelo con la creazione dal nulla (12). Non vi sono meriti o condizionamenti umani, ma pura grazia divina. Quello sguardo cambia la nostra storia; come abbiamo visto significa liberazione; significa un appello alla vita piena. È l'inaugurazione del Regno veniente e un'anticipazione di cuori nuovi, di nuovi cieli e di nuova terra. È un'àncora di salvezza che scarta ogni velleità insita nell'animo umano. Per quello sguardo Maria è beata e tutti glielo riconosceranno sempre. La gioia e la lode che esaltano il suo canto fanno di Maria una parabola dell'umanità credente. Senza questo punto di partenza, questa prospettiva, anche l'inno al Dio liberatore e misericordioso non avrebbe concretezza, non sarebbe altro che il sogno di menti frustrate chiuse inesorabilmente entro i confini della loro povertà senza contestazione dall'alto.

3.2. La predicazione di Maria (o quella che il canone ha voluto registrare sulle sue labbra) termina rifacendosi alla promessa di Abramo. Nel compiere le sue promesse, nel suo farsi vivo nella storia di Israele attraverso i profeti e la custodia del suo popolo, Dio ha attualizzato la sua memoria di Abramo e le benedizioni di tutte le nazioni.
Quello che accade sul piano sociale, nella gestione divina della storia, annuncia il compiersi dei tempi nuovi non certo dovuti alla saggezza umana, ma solo alla volontà del Signore.
Abramo e Maria non avranno una vita facile. Non molto tempo dopo l'incontro con il Signore devono lasciare la loro terra, la «Terra promessa», per fuggire in Egitto. Il progettato sacrificio di Isacco e la spada che trafigge il cuore della madre di Gesù anticipano il dolore della croce, ne sono testimoni. Non ci è promessa una vita di successo, esente da sofferenze.

CONCLUSIONE

Nella prospettiva del canto di Maria vanno letti oggi gli impegni delle chiese per «l'opzione per i poveri», la «remissione» dei debiti al Terzo Mondo, la lotta per i «diritti umani», la contestazione del potere inappellabile dei potenti e l'affermazione della libertà e della dignità umane. La pace, la giustizia e la salvaguardia del creato sono all'orizzonte dell'impegno non solo dei cristiani, ma di intere nazioni.
Il canto di Maria rimane la motivazione segreta e profonda di quanti ubbidiscono con riconoscenza alla Parola di Dio. È questa motivazione segreta che li salva dal cedere al mero secolarismo spesso vuoto o narcisistico o idolatra. È ancora questa motivazione, viva e segreta come il Regno di Dio, che mette a nudo le furbizie degli approfittatori che vorrebbero salire sempre più nella conquista del potere. Occorre ricordare loro, con Maria e secondo l'interpretazione di Lutero, che Dio li lascia crescere come bolle fino al momento di essere puniti; poi tutto è finito. Questa è anche la voce dei profeti del terzo millennio.

Bibliografia essenziale di riferimento

GRUPPO Dl DOMBES, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, Qiqaion, Magnano1998.
MARTIN LUTHER, Commento al Magnificat, Sotto il Monte (BG) 1967.
G. ECOLAMPADIO, La lode di Dio in Maria, Edizioni monfortane, Roma 1983.
RENZO BERTAEOT, «Il Magnificat di Lutero», in Theotokos, 5(1997) 2, 539-549.

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