Mariologia: quale futuro?
Data: Sabato 14 Gennaio 2012, alle ore 9:54:31
Argomento: Mariologia


di Stefano De Fiores su Madre di Dio n. 5, maggio 2005.



Il futuro degli studi su Maria consisterà in un lavoro interdisciplinare che rappresenti una vera proposta da incarnare nel vissuto concreto del processo formativo dell’uomo e della donna del Terzo Millennio.

È quanto mai azzardata la pretesa di prevedere qualunque futuro, ora che la storia ci fa toccare con mano che esso è imprevedibile al punto di sconvolgere non solo le fantasticherie di maghi e astrologi, ma pure le proiezioni di sociologi e "futurologi" avanzate talora con spavalda sicumera. Anche perché è un dato constatabile come il futuro ci sorprenda con i suoi ritorni al passato, le sue oscillazioni e contraddizioni. La stessa teologia post-conciliare ha conosciuto alterne vicende, tra cui il periodo degli "spiazzamenti" che l’ha posta dinanzi a fenomeni e problemi al di fuori del suo campo visivo. Nonostante il futuro sia globalmente imprevedibile, possiamo da certi movimenti e caratteri del presente arguire ad una legittima e sia pure parziale proiezione verso l’avvenire della mariologia.
Affinché la ‘vera’ mariologia – o discorso vitale su Maria, ispirato alla Parola di Dio – nasca nel nostro tempo è necessario che obbedisca ad alcuni postulati, senza i quali è difficile ipotizzare un suo lieto evento. Li spieghiamo.

Primato assiologico della Parola di Dio

Data la coscienza acuta dell’importanza della Sacra Scrittura per costruire una vera teologia cristiana, di cui essa "deve essere come l’anima" [cfr. DV 16], tale primato va riconosciuto. Ne consegue che risulta acquisito anche il fatto che il discorso su Maria deve essere animato dalla Parola di Dio, in misura più grande e in modo qualitativamente nuovo che non nel passato: "I brani biblici in cui Maria è implicata non vanno utilizzati per provare delle tesi [come fanno i manualisti], né come capitolo introduttivo [alla stregua di F. Suarez]. Essi devono permettere il recupero dell’inizio radicale [del momento povero e non sviluppato, ma ricco qualitativamente] nel suo rapporto con il centro e con il tutto: cioè Maria di Nazareth come personaggio della costellazione di Gesù, mentre partecipa alla ‘drammatica teologica’, ossia all’agire di Dio per la salvezza dell’uomo. Non è l’affastellamento dei testi che conta, quanto il senso profondo di essi alla luce dei temi biblici dell’Antico Testamento e del mistero pasquale. Qui si dà spazio ad un’autentica teologia biblica circa Maria [la cui importanza come base di un consenso ecumenico non potrà venire sottovalutata], ricorrendo opportunamente all’applicazione della logica divina, che fa scoprire il nesso interiore alla vicenda della Madre di Gesù. Lo studio biblico di Maria, che si avvale dei vari metodi esegetici, se condotto in prospettiva di globalità, diventerà criterio di discernimento in ordine a tutta la storia del fenomeno mariano nelle Chiese" [Nuovo Dizionario di mariologia, Ed. San Paolo, p. 909]. Con questo necessario riferimento alla Bibbia non si intende bloccare la varietà delle metodologie e impostazioni nel campo della mariologia: non è questione di priorità, che potrebbe essere consentita per esempio all’analisi critica della realtà ecclesiale e culturale, ma di primato assiologico da riconoscere alla testimonianza privilegiata [costituita dalla Scrittura ispirata] della rivelazione perfetta in Gesù Cristo. Una futura mariologia esige una conoscenza approfondita dell’Antico e del Nuovo Testamento, onde comprendere i brani mariani e dare all’intero discorso mariologico una base biblica esegeticamente seria e solida. 

Accettare le sfide culturali

Una mariologia ripetitiva, incapace di mettersi in questione e imboccare nuovi cammini, non ha futuro, perché rende cronica la crisi invece di risolverla. Il mariologo dovrà essere un’antenna sensibile alle interpellanze contemporanee: valorizzerà le varie correnti culturali che si susseguono, cogliendone i valori atti a purificare, maturare, riscoprire tanti aspetti del riferimento dottrinale e cultuale alla Vergine; adotterà i diversi modelli di pensiero e indagine evidenziati nell’epoca recente [modello linguistico-analitico, socio-critico, ermeneutico]; percorrerà i cammini alternativi e complementari a quello razionale, come la via del simbolismo, della tipologia, dell’estetica teologica, ecc. Solo restando inserita nel movimento storico, la mariologia potrà presentare una figura di Maria davvero significativa: "un referenziale vivente" che non ritarda ma promuove un futuro migliore, anzi offre spiragli per una soluzione a livello più profondo delle problematiche contemporanee. Per questo, il mariologo del futuro sarà una persona ecumenica, saldamente ancorata alla Parola di Dio, pronta a cogliere i segni dei tempi e degli spazi senza lasciarsi incapsulare in unilaterali e provvisorie mode culturali; saprà districarsi dalle maglie delle opposte esigenze, trovando il loro punto di incontro.

Aprirsi all’esperienza ecclesiale di Maria

Se nel passato si poteva scrivere di mariologia senza far trasparire il proprio atteggiamento verso la Madonna [che veniva considerata come oggetto di studio razionale], "nel futuro non saranno gli Accademici a parlare di Maria, ma i testimoni, coloro che sui paradigmi di lei s’impegnano a realizzare il regno di Dio con l’ascolto e con la vita". Ci si convince ogni giorno di più che il parlare di Maria, anche in modo rigoroso e sistematico, presuppone una sintonia spirituale con la sua persona viva, maternamente operante nella Chiesa e modello compiuto dei discepoli del Signore. La mariologia deve conseguire all’incontro con la Madre di Gesù, divenendo testimonianza di quanto nello Spirito e in connessione con il tessuto globale della vita cristiana si è sperimentato. Tale compito, come mostra la storia dei dogmi mariani, rischia di percorrere una strada individualistica qualora non lo si viva e condivida con il Popolo di Dio in tutte le sue componenti. Ciò implica che il discorso mariologico consideri "luogo teologico" il Popolo di Dio nella sua esperienza di Maria e non pretenda di costituirsi al di fuori del sensus fidelium. Poiché l’esperienza ecclesiale va intesa senza restrittive discriminazioni, la mariologia deve operare un esodo dalle sacche elitarie dell’Europa verso le prospettive delle teologie autoctone: un necessario tentativo di fondere gli orizzonti in vista di un recupero dell’universalità dell’esperienza umana. "Ugualmente è indilazionabile [e non solo circa la maternità] che dopo le molte voci, per lo più di teologi celibi, che lungo i secoli hanno illustrato i vari aspetti della maternità di Maria, essa sia illustrata anche dalla voce di donne portatrici della stessa esperienza antropologica". Il mariologo non può considerarsi un pensatore solitario, che cammina sul filo dei suoi ragionamenti, ma piuttosto un carismatico ecclesiale, che pone la sua preparazione culturale e i doni suscitati o comunicati dallo Spirito al servizio della Parola di Dio e della comunità degli uomini. Egli costruirà il discorso su Maria in comunione con la Chiesa in tutte le sue componenti, dal Papa e Vescovi fino alla più umile gente del popolo. La sua voce, mentre non si stacca dal coro dei fedeli, deve trovare risonanza vitale nel loro cuore e insieme riproporre il timbro dottrinalmente ortodosso proprio dell’autentica tradizione ecclesiale. Così, insensibilmente, siamo passati dalla mariologia al mariologo, guidati dal presentimento che prima di imbastire un nuovo discorso sulla Vergine Maria sia necessario pensare alla persona in grado di assolvere tale compito. Spetta in modo speciale a lui – al di là degli interventi straordinari della stessa Madre di Gesù mediante le mariofanie – illuminare e testimoniare che "la beata Vergine Maria è un ‘bene’ che appartiene all’intera Chiesa e a tutte le generazioni". Egli procederà nel suo severo e impegnativo lavoro ermeneutico e spirituale, sostenuto prima ancora che dalla prospettiva di una immancabile ricompensa – secondo gli effetti della teologia medioevale – dalla convinzione che "privare il mondo di questa bellezza di nome Maria è contribuire a renderlo più povero; farla conoscere in modo teologico e senza equivoci è trarre dalla comunità storica degli uomini un motivo stupendo di lode al Dio dell’Alleanza, che compie grandi cose nell’umile sua serva Maria" [cfr. Lc1, 48]. 

Dal mariologo al credente

La teologia del XX secolo pone al sicuro e sviluppa la presenza della Madre di Gesù nella vita spirituale, proponendo un itinerario cristiano dal Battesimo alla gloria, avvalorato dalla maternità educatrice esemplare di Maria. Ma essa ha pure avvertito l’esigenza di recuperare l’antica mistagogia come introduzione nel mistero, scorgendo in Maria una creatura in cui convergono i principali dati della fede (cfr. LG 65). In tal modo si è rivendicata la specificità del vissuto cristiano al di là di un piatto naturalismo che confida nei ritrovati umani nel campo educativo. Al di là di questo pericolo, certo da evitare, ci chiediamo se si possono trascurare le scienze umane dell’educazione senza compromettere l’inculturazione del Cristianesimo, e in esso della figura di Maria. In questo caso il rischio sarebbe quello di separare la vita secondo lo Spirito dalla sua incarnazione nella cultura, intesa come modo organico di vivere. Qui riaffiora come ancora non realizzata l’ipotesi che preconizza l’elaborazione rigorosa di una "pedagogia mariana" quale capitolo del trattato di mariologia. Da parte nostra riteniamo valida nella sostanza questa proposta con due modifiche. Innanzitutto, preferiamo parlare di "dimensione mariana della pedagogia cristiana", o meglio con la stessa Maria "attrice nell’educazione cristiana". In secondo luogo, non dovrebbe trattarsi di un capitolo aggiunto alla trattazione mariologica ma di una nuova impostazione del trattato su Maria o meglio dell’educazione/mistagogia cristiana in comunione con Maria. Per tenere conto degli apporti teologici su riferiti, l’educazione come "processo di personalizzazione" deve armonizzarsi con la figura discepolare di Maria, oltre che con la sua missione materna ed educatrice, ed insieme con l’itinerario mistagogico che arricchisce la pedagogia di specifici contenuti cristiani. In una parola, auspichiamo che la mariologia si stacchi dalla trattazione accademica e illuministica che si dirige alla ragione e imbocchi la strada della vita in perenne processo di maturazione; che diventi cioè itinerario mistagogico di vita, con tutti gli apporti della teologia e delle scienze umane, prendendo per mano il soggetto e aiutandolo nell’autoformazione cristiana di cooperazione alla grazia divina, sull’esempio e con l’aiuto della Vergine Madre. Ciò impone un’autentica conversione del mariologo e un’impostazione inedita del discorso educativo.

 

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