Dal libro di Maria Marcellina Pedico, La Vergine Maria nella pietà popolare, Edizioni Monfortane, Roma 1993, pp. 90-94.
L'antifona Regina Coeli, insieme con la Salve Regina, è la più popolare e celebre delle quattro antifone maggiori mariane in uso nell'Occidente cattolico. É composta di quattro stichi, ognuno dei quali si conclude con il grido di esultanza: «Alleluia!». Il testo latino si presenta in questi termini:
«Regina Coeli laetare. Alleluia!
Quia quem meruisti portare. Alleluia!
Resurrexit, sicut dixit. Alleluia!.
Ora pro nobis Deum. Alleluia! ».
Nel Tempo pasquale, per una disposizione data nel 1742 da Benedetto XIV, in luogo dell'Angelus Domini i fedeli innalzano la loro preghiera a Maria con il Regina Coeli.
1. Nota storica
Nulla di sicuro conosciamo sull'origine dell'antifona Regina Coeli. Una pittoresca leggenda medioevale, che per lungo tempo ha entusiasmato la fantasia popolare, tramanda che agli inizi del pontificato di Gregorio Magno (590-604) Roma era colpita da una furiosa epidemia (la peste inguinaria). Per scongiurare il flagello venne indetta una processione penitenziale che, partendo da sette punti diversi della città, doveva confluire nella basilica vaticana. Mentre la folla salmodiante attraversava il ponte Elio, dall'alto del mausoleo di Adriano si sarebbe udito un coro celeste che cantava:
«Regina Coeli, laetare
quia quem meruisti portare
resurrexit, sicut dixit».
Il pontefice avrebbe completato l'antifona aggiungendovi l'invocazione: «Ora pro nobis Deum».
E immediatamente sarebbe stato visto un angelo rimettere nel fodero una spada insanguinata, come segno che la peste sarebbe cessata. A motivo di tale visione il mausoleo è stato ribattezzato col nome di Castel sant'Angelo.99
Nonostante la narrazione si soffermi su minuziosi dettagli, è tuttavia da prendere con cautela. D'altronde la storia non è prodiga di informazioni. Allo stato attuale delle ricerche, le notizie sono ancora piuttosto vaghe. Autore, luogo e data di composizione dell'antifona Regina Coeli non sono ancora sicuri, anche se la paternità viene attribuita a Gregorio V (†999). Siamo invece relativamente meglio informati sulla sua diffusione. Dalle testimonianze a disposizione sappiamo che fin dalla prima metà del secolo XIII si trova inserita nel breviario francescano e in un altro edito a Venezia nel 1521. Da questi testi «particolari» l'antifona passa a quelli «universali»: prima con Clemente VI, che la include nel 1550 in quello della curia romana, poi con Pio V, che nel 1568 la ripropone nel breviario romano, riformato per volere del Concilio di Trento.
L'antifona Regina Coeli inizialmente viene recitata durante il periodo pasquale al termine delle Lodi e dei Vespri o della Compieta, in seguito, Benedetto XIV prescrive nel 1742 di recitarla nel Tempo pasquale, in luogo dell'Angelus Domini. Nell'attuale Liturgia delle Ore mantiene il suo posto a Compieta, come conclusione dell'ufficio quotidiano.
2. Contenuti spirituali
Al di là delle poche notizie storiche, è possibile cogliere in questa antifona una continuità con la tradizione biblica, dei Vangeli sinottici soprattutto, e con quella patristica, soprattutto orientale, alle quali il popolo cristiano ha sempre attinto per alimentare la propria pietà e la devozione nei confronti della madre di Dio. Il Regina Coeli - come l'Ave Maria e la Salve Regina - si pone sulla linea dei saluti alla Vergine, ed ha la sua più profonda ispirazione nella Scrittura. In essa riecheggiano:
- il canto gioioso di Sofonia per l'alleanza rinnovata: «Gioisci Figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore figlia di Gerusalemme! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente» (Sof 3, 14.17);
- I'invito al giubilo rivolto da Zaccaria al suo popolo, perché Dio è tornato nella sua terra e nel suo Tempio: «Gioisci. esulta, figlia di Sion, perché ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te» (Zac 2, 14);
- I'invito all'esultanza dello stesso Gabriele a Maria: «Rallegrati. piena di grazia» (Lc 1, 28).
Dalla tradizione sinottica, l'antifona mutua i due misteri fondamentali della fede cristiana: l'incarnazione e la risurrezione di Gesù. Nel primo stico infatti figura la parola «rallegrati, laetare, chaire» ( Lc 1, 28), la stessa con cui l'angelo si rivolge a Maria nel giorno dell'Annunciazione; nel terzo stico riecheggia il messaggio dell'angelo alle donne davanti alla tomba vuota «è risorto, resurrexit» (Mt 28, 6; Mc 16, 6; Lc 24, 6).
La tradizione patristica si sofferma a più riprese su questi due eventi salvifici, per un approfondimento teologico-spirituale. Parafrasando il saluto angelico dell'Annunciazione, i Padri della Chiesa fanno largo uso degli elogi encomiastici in onore della madre di Dio. Ireneo, vescovo di Lione nel II secolo, afferma che Maria «riceve il lieto annunzio per mezzo della parola dell'angelo, in modo da portare Dio obbedendo alla sua parola».100 Sofronio, vescovo di Gerusalemme nel VI secolo, sottolinea che l'annunzio che Maria accoglie è un messaggio di gioia per tutti gli uomini e per tutte le creature, perché lei stessa partorisce con gioia. Romano il Melode, il più celebre degli innografi bizantini del V-VI secolo, canta: l'autore della gioia è il Figlio nato da Maria.
Per Ambrogio, vescovo di Milano nel IV-V secolo, Maria da donna «evangelizzata» diventa a sua volta portatrice di gioia: «evangelizzatrice». La prima tappa di questa missione da parte di Maria è costituita dalla visita a Elisabetta: «Visitò Giovanni Battista il quale esultò nel seno della madre prima ancora che nascesse. Alla voce di Maria esultò il bambino, obbedendo ancor prima che nascesse».101 Frutto dell'evangelizzazione di Maria, annota Severiano di Gabala, è la liberazione di Eva, figura dell'umanità sofferente sotto il dominio di satana: «Viene l'angelo a dire alla Vergine: "Godi, o graziata" (Lc 1, 28). Con quel godi egli scioglie la catena del dolore».102
L'episodio della risurrezione offre altri spunti ai Padri della Chiesa per sottolineare che le donne del Vangelo, una volta giunte al sepolcro, da «evangelizzate» diventano «evangelizzatrici». Girolamo e Giovanni Crisostomo dicono infatti che appena liberate dalla paura annunciano con gioia agli apostoli l'avvenuta risurrezione del Signore. Sant'Agostino scrive in proposito: «Le donne furono le prime ad annunciare agli apostoli il Dio risorto; alcune donne annunciarono agli uomini la salvezza nella Chiesa. Gli apostoli dovevano annunciare la risurrezione di Cristo ai pagani; agli apostoli l'annunciarono le donne».103
L'affermazione trionfante dell'antifona: «E risorto come aveva promesso» suona quasi risposta all'incredulità degli apostoli (Lc 24,11), alla rassegnata amarezza dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), al dubbio delle donne, misto di affettuosa pietà per la morte di Cristo (Lc 24, 4-8). Solo la Vergine Maria, secondo un'autorevole tradizione, che del resto esplicita un atteggiamento di logica coerenza con tutta la sua vita, non dubita della risurrezione del Figlio. Ella, ai piedi della croce, rimane incrollabile nella fede, e quindi è il modello della Chiesa; nell'ora della risurrezione partecipa in modo pieno all'evento, mentre gli altri testimoni passano dall'incredulità alla fede (Gv 20, 19-29).
Oltre l'invito a rallegrarsi da parte della Chiesa, l'antifona Regina coeli termina con una nota di fresca, affettuosa ingenuità che non disdice sulla bocca dei figli che si rivolgono alla Madre: «Prega il Signore per noi». Al tripudio segue la supplica, quasi servi alla loro Regina: sono i vacillanti nella fede, che incitano a gioire Colei che incarnò in se stessa la certezza della fede. L'orante, infatti, sia nell'inno di lode che nella preghiera di ringraziamento, si riconosce in definitiva debole e peccatore.
Tale supplica finale sottolinea con incisiva discrezione l'appartenenza di Maria alla «comunione dei santi». In quanto membro privilegiato della comunione dei santi, Maria fa da «ponte» tra Dio e l'umanità peccatrice: per mezzo suo il Verbo di Dio ha condiviso in tutto, eccetto il peccato, la sorte dell'umanità. E ora Maria si trova alla presenza di Dio accanto al Figlio sempre vivo per intercedere a nostro favore (Eb 7,25). In quanto solidale con il genere umano, Maria diventa modello orante nella Chiesa e per la Chiesa, che sulla terra lotta e soffre, è santa e peccatrice. E la Chiesa, sull'esempio della comunità apostolica, prega con Maria e invoca quello stesso Spirito (At 1,14) che l'ha resa «piena di grazia» (Lc 1,28).104
NOTE
99 Cf. M. TODDE, Regina coeli, in Regina Martyrum 5 (1987), n. 17, 8-11.
100 IRENEO Dl LIONE, Contro le eresie, in TMPM, I, p. 175.
101 AMBROGIO Dl MILANO, La formazione delle vergini, 5, testo citato da M. TODDE, Regina Coeli, in Regina Martyrum 5 (1987), n. 17, 9.
102 SEVERIANO Dl GABAEA, Omelia Vl sulla creazione del mondo, in TMPM, 1, p. 427.
103 AGOSTINO D'IPPONA, Sermone 51, testo citato da M. TODDE, Regina Coeli, in Regina Marhyrum 5 (1987), n. 17, 11.
104 COMMISSIONE LITURGICA INTERNAZIONALE DELL'ORDINE DEI SERVI DI MARIA, L'antifona Regina Coeli, in Riparazione mariana 61(1976) 75-77.