Dal libro di Aristide Serra, Maria serva del Signore e della Nuova Alleanza, San Paolo, Cinisello Balsamo 2010, pp.64-70
Il consenso prestato gioiosamente da Maria ha per oggetto «la parola (to rhema)» dell'angelo (Lc 1,38). O, meglio, «le parole» del messaggero del Signore. Elisabetta, in effetti, riferendosi al "sì" di Maria, esclama: «Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole (tois lelalemenois) del Signore (Lc 1,45). Ora, a ben riflettere sulla scena dell'annunciazione (Lc 1,26-38), si rileva che l'angelo Gabriele parla tre volte a Maria: «Esulta, o piena di grazia...» (Lc 1,28); «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio...» (Lc 1,30-33), «Lo Spirito Santo scenderà su di te...» (Lc 1,35-37). Dunque: la rivelazione concessa dal Signore a Maria tramite l'angelo riveste aspetti molteplici. E sono tutti di natura cristologica, poiché riguardano il Bambino che nascerà da lei. In sintesi, ecco i temi messi in luce dall'angelo.
Il contenuto globale di Lc 1,26-38
Maria di Nàzaret è salutata come «Figlia di Sion», vale a dire come donna che nella sua persona rappresenta Gerusalemme-Israele. L'angelo, infatti, si rivolge a lei echeggiando gli stessi oracoli che i profeti Sofonia (3,14-17), Gioele (2,21-23.26-27) e Zaccaria (2,14-15; 9,9) indirizzavano a Gerusalemme-Figlia di Sion (cfr. Lc 1,28-33). Il titolo di kecharitomene ("piena di grazia", "ricolma del favore divino") è di natura funzionale. La vergine di Nàzaret è «piena di grazia» (charis), cioè dell'amore di Dio, in quanto Dio l'ha scelta per una missione, per un compito (charis) del tutto eccezionale: dare alla luce un essere divino, il Figlio dell'Altissimo, il Figlio di Dio (Lc 1,30.32.35). Egli sarà il re messianico, nel quale si adempiono le antiche promesse indirizzate dal Signore alla casa reale di Davide, mediante il profeta Natan (2Re 7,8-17.2529; cfr. Sai 89,27-38). La parabola umana di questo essere divino è racchiusa entro due estremi: la concezione-parto e la glorificazione eterna del suo regno (Lc 1,31-33). La sua concezione avverrà non per concorso d'uomo, ma per opera dello Spirito Santo. E questo evento prodigioso è finalizzato a rivelare infine la natura divina del Bambino. Egli sarà riconosciuto come «Santo-Figlio di Dio» (Lc 1,35). La concezione di Giovanni Battista dall'anziana e sterile Elisabetta (avvenuta peraltro con il normale concorso maritale: Lc 1,23-24) è preludio a quella, ancor più prodigiosa, di Maria. Niente, infatti, è impossibile a Dio (Lc 1,37; cfr. Gen 18,14). A questa somma di eventi, alla totalità del disegno divino così denso di mistero, Maria presta il suo consenso di fede. A Nàzaret il Dio dell'alleanza dischiude «il mistero taciuto per secoli eterni» (R m 16,25). E tale mistero che ha dell'incredibile, poiché è avvolto nella penombra della sapienza divina (Rm 16,27), Maria risponde con «l'obbedienza della fede» (Rm 16,26). Veramente lei è «la beata credente» (Lc 1,45: makarìa he pisteùsasa).
Un piccolo "credo cristologico" in Rm 1,3-4 e Lc 1,31-33
Il messaggio rivelatorio scandito dall'angelo Gabriele nei tre momenti del suo dialogo con Maria si configura come un breve compendio di cristologia, nel quale sono riassunti i punti capitali della missione e dell'opera del nascituro Re messianico59. Il nucleo di questa rivelazione è concentrato soprattutto nei vv. 31-33, ove l'evangelista (o la sua fonte) impiega un modulo letterario conosciuto anche da altri sei brani del Nuovo Testamento. Di queste sette testimonianze, cinque sono ricavate dalla tradizione Paolina (Gal 4,4.6; Rm 1,3-4; 10,6-7; lTm 3,16; 2Tm 2,8), due dalla tradizione evangelica (Lc 1,31-33; Gv 1,13[al singolare]-14). Si tratta di sette passi, ove l'intera vicenda del Cristo Messia è racchiusa nel polo iniziale e in quello terminale della sua esistenza, cioè l'incarnazione e la risurrezione. Da notare, in particolare, che i testi di Gal 4,4.6 e Lc 1,31-33 congiungono in successione immediata l'incarnazione e la risurrezione di Cristo però con riferimento alla "donna" dalla quale prende carne il Figlio di Dio.
A titolo di esempio esplicativo, vediamo Rm 1,3-4 e Lc 1,31-33.
Rm 1,3-4 (contesto: vv. 1-4): «1Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio, 2che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture, 3riguardo al Figlio suo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, 4costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore». In apertura della sua magistrale epistola ai fedeli della chiesa di Roma, Paolo presenta se stesso come apostolo, cioè un inviato, scelto per annunziare il vangelo di Dio (v. 1). Questo vangelo, che il Signore aveva preannunciato nell'Antico Testamento mediante i profeti suoi portavoce, ha per oggetto il Figlio suo (v. 3). E, volendo compendiare in anteprima le caratteristiche di questo suo Figlio, Paolo ne ricorda l'incarnazione e la risurrezione. L'incarnazione, in quanto egli discende dalla stirpe di Davide «secondo la carne» (v. 3), ossia in ciò che riguarda la sua genesi umana, la sua dimensione di Figlio dell'uomo. La risurrezione, in quanto il Padre, facendolo risorgere dai morti in virtù dello Spirito Santo, lo pone in grado di esplicare la sua «potenza». L'energia vivificante dello Spirito Santo ha investito la persona di Gesù Risorto e lo trasforma a sua volta in soggetto attivo di santificazione. Sedendo ora alla destra del Padre, essendo stata rivelata la sua uguaglianza con Dio come Figlio suo, egli può effondere la forza dello Spirito su ogni creatura (cfr. Rm 4,25b) e diviene «Signore nostro» (v. 4). Alla "debolezza" o kènosi della sua condizione prepasquale subentra ora la sua «potenza» di Risorto60.
Lc 1,31-33 (contesto: vv. 30-33): «30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ecco: concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine"». Le parole dell'angelo rivelano a Maria la «grazia», ossia il compito, il carisma, il ruolo al quale è stata chiamata da parte del Signore (v. 30). La sua vocazione è questa: divenire madre del Messia, Figlio dell'Altissimo. E per delineare in sintesi la parabola dell'esistenza del Messia atteso, l'angelo fa riferimento a due stadi della sua missione: quello iniziale (l'incarnazione) e quello conclusivo (la risurrezione). Anzitutto l'incarnazione. Maria concepirà il bambino, lo darà alla luce e lo chiamerà Gesù (v. 31). Poi la risurrezione. Risorgendo dai morti Gesù rivelerà la propria identità profonda. Egli apparirà «grande», ma in senso divino, come Figlio dell'Altissimo. La Pasqua farà comprendere la maniera decisamente nuova con la quale egli erediterà il trono di Davide suo padre, per regnare in eterno sulla casa di Giacobbe (vv. 32-33).
Mediante il profeta Natan, il Signore rivolgeva queste promesse al giovane re Davide: «Te poi il Signore farà grande, poiché una casa farà a te il Signore [...] assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere e renderò stabile il suo regno [...] renderò stabile per sempre il trono del suo regno [...] Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. [...] La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre» (2Sam 7,11-16). Queste promesse - tradotte in preghiera nel Sal 89,27-28.30 - riguardavano Salomone, figlio di Davide. Ma nel clima dell'attesa messianica furono trasferite al Messia, figlio di Davide. La comunità cristiana delle origini comprese che tali oracoli si erano compiutamente realizzati nel mistero pasquale di Cristo. Il Padre, facendo risorgere da morte Gesù di Nàzaret, figlio di Davide, lo rivela come Figlio suo divino (cfr. Sal 2,7 e At 13,16-33), lo intronizza alla sua destra, conferendogli un regno eterno su tutta la nuova casa d'Israele, che è la Chiesa (cfr. Sal 110,1 e Al 2,25-36; 20,28)61.
Pertanto, il consenso che Maria presta alla "parola" dell'angelo è aperto su tutto l'arco dell'opera del Figlio. Il suo "sì" permette al Figlio dell'Altissimo di entrare nel nostro mondo, come re messianico. La venuta del regno di Dio è certo un dono che viene dall'alto, ma è propiziata anche dal fiat della vergine di Nàzaret. Scrivevano i vescovi della Svizzera in una lettera pastorale del 16 settembre 1973: «Non è sufficiente, perché vi sia un vero dono, che qualcuno abbia la volontà di farlo; occorre anche che qualcuno abbia la fiducia di accettarlo. Senza dubbio il Padre che dona il Figlio, il Figlio che obbedisce, lo Spirito che effonde questo dono, sono tutti e tre Infiniti, e la povera Vergine che lo riceve è un'umile creatura, come un nulla davanti alla Divinità. Ma senza questo povero niente, senza la fede di Maria, l'amore di Dio per gli uomini non si sarebbe tramutato nel dono manifestatosi in Cristo Gesù. Ecco perché la Vergine, con il suo "sì", sposa realmente l'amore che Dio vuole manifestare agli uomini e permette a questo amore di esprimersi»62.
NOTE
59 A. Serra, Maria, Madre di Gesù, soggetto e oggetto di catechesi. Riflessioni sugli scritti del Nuovo Testamento, in Aa. Vv., Il posto di Maria nella nuova evangelizzazione, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa, Roma 1992, 53-74; Id., Dimensioni mariane del mistero pasquale, Con Maria dalla Pasqua all'Assunta, Paoline, Milano 1995, 140-146.
60 R. Penna, Lo Spirito di Cristo. Cristologia e pneumatologia secondo un'originale formulazione paolina, Paideia, Brescia 1976, 227-231, 273-275; Id., Lettera ai Romani. Rm 1-5. Introduzione, versione, commento, vol. 1, Dehoniane, Bologna 2004, 93-101; F Manzi, Tratti mariologici del "vangelo" di Paolo, in Theotokos 8 (2000) 680-685.
61 L. Legrand, L'Annonce à Marie (Le 1,26-38). Une apocalypse aux origines de l'Évangile, Cerf, Paris 1981,153-215. A p. 191: «Gesù è figlio di Davide nella sua risurrezione come è Figlio di Dio. Figliolanza davidica e figliolanza divina si compenetrano a livello della risurrezione».
62 Cfr. Marianum 36 (1974) 365-369, qui 367.
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