Di Ignazio de la Potterie, in La Civiltà Cattolica, 1979, IV, pp. 425-440.
«Quando si parla dell'insegnamento del Nuovo Testamento sulla madre di Gesù, si pensa spontaneamente ai Vangeli dell'infanzia di Matteo e di Luca, dove si trovano i racconti dell'annunciazione e della visitazione, il Magnificat, le indicazioni più esplicite sulla concezione verginale ed il titolo stesso di «vergine» applicato a Maria. Questi diversi dati sono praticamente assenti nel quarto Vangelo. Tuttavia, senza paradosso, si può affermare che la dottrina mariologica di san Giovanni è forse più ricca di quella dei sinottici. La concezione e la nascita verginali, comunque la pensino questo o quell'autore1, vi assumono la stessa importanza che in Matteo e Luca, anzi, c'è un legame più stretto con l'Incarnazione del Verbo2. Ora, noi vorremmo considerare con particolare attenzione la prima delle due pericopi giovannee nelle quali si tratta formalmente della madre di Gesù: il racconto delle nozze di Cana (la seconda è la presenza di Maria presso la croce). Di questo racconto, apparentemente semplice, non si percepisce immediatamente la portata teologica. Ma oggi avviene un fatto sorprendente: la teologia moderna sta scoprendo - o riscoprendo - la teologia profonda di questa pericope, e ciò non per un ritorno nostalgico all'allegorismo degli antichi, ma grazie allo studio minuzioso del vocabolario di san Giovanni, dei suoi procedimenti di composizione e delle leggi costanti del suo simbolismo. Nelle due pericopi giovannee il mistero della madre di Gesù appare sempre più come una parte integrante del mistero di Gesù stesso......»