Dal libro di Ermanno Maria Toniolo, La Vergine Madre di Dio nei primi Padri della Chiesa, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 1988, Ristampa digitale 1011, pp. 73-86.
La figura di Origene e la sua vastissima opera letteraria in tutti i settori della scienza cristiana - critica testuale, apologetica, teologia, esegesi, omiletica, spiritualità.. - è di tale portata, che meriterebbe una trattazione adeguata, anche in campo mariano. Mi limito, in queste poche pagine, ad indicare alcune principali linee che percorrono il suo pensiero mariano1.
I. - LA FIGURA Dl ORIGENE
Il secolo II vide pullulare ovunque nell'impero romano scuole di filosofia e di gnosi eretica. Ad Alessandria d'Egitto, il maggior centro d'irradazione del mondo ellenistico e giudaico, sorse sul finire del II secolo, in dipendenza dalla Chiesa locale, la celebre scuola catechetica, istituita non solo per esporre in maniera dotta la fede cristiana ai molti dotti pagani che ormai venivano al cristianesimo, ma ancor più per approfondirla in maniera vitale. Si può dire che ad Alessandria nacque la «teologia», imperniata attorno al mistero del Verbo. Nomi insigni si susseguirono nella scuola, che restò per secoli il punto d'approdo e di riferimento culturale di tutto il mondo cristiano: Clemente, Origene, Dionigi, Pierio Atanasio. Didimo, Cirillo... Indubbiamente, Origene è la più grande figura della scuola d Alessandria e del III secolo; credo anzi di tutti i tempi. Una personalità d'eccezione. «Uomo d'acciaio», adamantius, lo soprannominarono i contemporanei. Visse in povertà eroica: camminava scalzo, possedeva una sola tunica, dormiva per terra il breve sonno; parco nel mangiare, dedito ai digiuni, impegnava il giorno nell'ascesi e nell'insegnamento, la notte nello studio delle divine Scritture. Era un esempio vivente, prima che maestro docente: «Quale la sua parola, dicevano, tale la vita; quale la vita, tale la sua parola»2. Nacque intorno al 185. Suo padre Leonida fu martire nel 202. Nel 203, a soli 18 anni, Origene ebbe dal vescovo Demetrio l'incarico della scuola catechetica: lo mantenne fino al 230 circa; poi, per invidie e contrasti che lo costrinsero ad esulare, si trasferì a Cesarea di Palestina, fondò una nuova scuola e fu celebre la sua biblioteca. Morì intorno al 252, in seguito ai tormenti subiti nella persecuzione di Decio. Intervenne attivamente a sinodi e dibattiti teologici. Si mantenne in costante contatto con le personalità più eminenti del mondo cristiano, filosofico e giudaico. Scrisse come nessuno mai (seimila libri, dice Epifanio) in tutti i campi dello scibile cristiano, sulle divine Scritture. ma soprattutto compose un colossale lavoro di critica testuale sull'Antico Testamento, le Esaple; una tra le più meravigliose e serene apologie del cristianesimo, il Contro Celso; il primo trattato di teologia sistematica a base scritturistica, I Principi; innumerevoli trattati, commenti, scoli, omelie sull'Antico e sul Nuovo Testamento, oltre a un copioso epistolario. A sua disposizione, l'amico Ambrosio aveva disposto sette stenografi che si alternavano e una scuola di copisteria. Il fulcro della sua teologia e della sua profonda spiritualità, che ha segnato il solco al cammino della Chiesa, è il Verbo del Padre diventato uomo per ridare all'uomo la partecipazione della Luce e della Grazia divina. Il mistero del Logos caratterizza la storia dell'umanità, del cosmo, della Chiesa e dell'individuo: egli è la via immanente che conduce al Padre, unico strumento del ritorno di tutte le creature intellettuali al Pleroma celeste e al Padre3. La Vergine Maria, verso la quale Origene dimostra somma venerazione, si inscrive in questo mistero illuminante del Vergo. Si potrebbe dire che Origene ha aperto la strada al nostro modo attuale di considerare Maria: le sue intuizioni di fondo sono state raccolte dal Concilio Vaticano II, dal magistero pontificio e dall'esegesi odierna. Per coordinare in sintesi il suo pensiero, lo potremmo ricondurre a due linee essenziali, con terminologia recente: 1. La figura teologica di Maria; 2. La figura evangelica di Maria
II. LA FIGURA TEOLOGICA DI MARIA
La figura teologica di Maria, si compendia - ed è interessantissimo! - su due capisaldi dottrinali, uno espressamente trasmesso dagli Apostoli e professato pubblicamente dalla Chiesa, l'altro insito nell'animo dei fedeli, nel sensus fidelium: la verginale maternità, la perpetua verginità.
1. La maternità verginale
Il verginale concepimento ad opera dello Spirito Santo è articoli di fede; fa parte integrante di quella «regula fidei», che è tessera distintiva di ogni cristiano. Origene l'afferma come tale nella prefazione al trattato teologico I Principi: «Ecco le verità, che in maniera chiara sono state tramandate dalla predicazione apostolica... Gesù Cristo... negli ultimi giorni, annientandosi, si è fatto uomo, si è incarnato pur essendo Dio; e fatto uomo è restato ciò che era, Dio. Ha assunto corpo simile al nostro corpo, diverso solo perché nato dalla vergine e dallo Spiriti Santo...» (I Principi, 1,4. UTET, Torino 1968, p.l21-122). Nell'apologia Contro Celso, in cui ripetutamente si appella ai contenuti della fede trasmessa, sottolinea la nota di universalità che anche il verginale concepimento, come gli altri articoli di fede, ebbe nella predicazione apostolica: «Andando avanti, giacché Celso definisce spesso clandestina la nostra fede cristiana, pure in ciò si deve dire che sbaglia: infatti, quasi tutto il mondo conosce il messaggio dei cristiani, ancor più delle dottrine dei filosofi. Chi mai invero non conosce la nascita di Gesù dalla vergine, la sua crocifissione e la sua risurrezione...?» (Contro Celso, I,7. UTET, 1971, p. 48). Ma ciò che più colpisce nel maestro alessandrino è la sua incondizionata adesione alla letteralità e storicità del verginale concepimento, diversamente dal suo generale metodo esegetico, secondo cui egli cerca sotto la lettera e al di là dei fatti il senso recondito, e sotto le istituzioni - comprese le più alte, quali la gerarchia - il significate spirituale. Del resto, anche nel metodo allegorico dei filosofi e poeti greci nel quale eccellevano proprio gli alessandrini, le realtà epiche e i mondo divino proposto dai miti, sotto forma di racconto leggendario, vestivano un significato occulto, che invitava alla ricerca. Erano «miti» non tanto fondanti la storia, quanto illuminanti il suo divenire nei popoli. In questa linea il filosofo pagano Celso considerò il verginale concepimento di Cristo: un «mito», una veste leggendaria gettata su un fatto reale di diversa natura. Per Origene, invece (che pur conosce miti e metodi), e per la Chiesa a nome della quale egli insegna, non v'è dubbio: si tratta di un fatto «storico», non mitico; anzi, di un evento che realizza la storia: preparato, predetto, compiuto. Perciò egli insiste sulla profezia di Isaia a riguardo della Vergine partoriente, profezia che Celso intenzionalmente tace; ed evidenzia tutti gli elementi che ambientano la nascita di Cristo. La figura storica di Maria entra in questo contesto: il suo stato di verginità, la sua condizione di povera e di sposata, la realtà della sua gravidanza e del parto, la spelonca dove Cristo è nato, ecc.: tutto fa parte di una «storia vera»: la vera Incarnazione e nascita del Verbo, uomo tra gli uomini. Si tratta quindi di una vera e propria verginità fisica di Maria, diventata feconda per diretta azione dello Spirito: per cui il Verbo - senza suo disdoro, ma con nostro immenso onore - prese carne e dimora in un grembo di donna, umile, nascosta, povera, operaia, figlia del popolo più disprezzato, in un paese deriso dai suoi stessi connazionali. E fu uomo; ma proprio per questa veste di umili natali provò coi fatti di essere Dio4. Qui si vede come Origene si mostri assolutamente ligio e accolga senza eccepire o diversamente interpretare il dogma professato dalla Chiesa: poiché il teologo non ha libertà su ciò che espressamente la Chiesa propone, ma su ciò che ancora è oggetto di ricerca5.
2. Il titolo Θεοτüκος (Theotòkos, Madre di Dio)
Stando a una attendibile testimonianza dello storico Socrate, Origene avrebbe usato per Maria - e l'avrebbe difeso - il titolo d'onore Θεοτüκος nel suo commento all'epistola ai Romani. Purtroppo, non possediamo l'originale greco, né il titolo ricorre nella traduzione adattata di Rufino. Non vi è tuttavia motivo alcuno di dubitare dell'asserzione di Socrate, tenuto specialmente conto delle circostanze storico-ambientali (periodo di Efeso) in cui egli scrisse e della facile polemica che gli avrebbero mosso i nestoriani. Origene sarebbe così il primo autore finora conosciuto che abbia usato (o coniato addirittura, come ha coniato l'analogo termine cristologico θεÜνθρως, Dio-Uomo) il termine Θεοτüκος6.
3. La perpetua verginità di Maria
Con Origene prende consistenza e piede teologico una verità che la Chiesa delle origini ufficialmente non aveva ancora proposto, ma era insita da sempre nel cuore dei fedeli: la perpetua verginità di Maria. Verità non essenziale, se la guardiamo alla luce della storia della salvezza; verità però che ci aiuta a vedere fino a che punto non solo una transeunte azione materna (concepimento e parto), ma l'intera vita di Maria sia implicata in questa storia salvifica. La Scrittura non parla della perpetua verginità; sembrerebbe anzi offrire indizi in contrario, quali la menzione dei «fratelli» di Gesù ecc. Origene almeno in tre testi e contesti differenti, scritti in tre distinti momenti della sua vita, afferma e riafferma la stessa verità avallando con la sua capacità interpretativa e la sua autorità teologie gli ingenui sforzi di taluni, che ne cercavano la base teologica e storica in racconti apocrifi7. Base esplicita non sono le Scritture, ch espressamente non ne parlano; base non possono essere neppure i racconti apocrifi, benché talvolta raccolgano tradizioni vere. Base fondamento, nel caso specifico, è il senso dei fedeli, è il sentire della Chiesa: esso basta a suffragare la legittimità di un asserto dommatico, e la sua veridicità. Perché tutta la Chiesa è guidata dallo Spirito, è sacramento dello Spirito, è il tempio vivo del Verbo. Son qui, forse, le radici remote della nostra attuale teologia mariana, che vede la Vergine attivamente partecipe dell'opera di Cristo, a lui pienamente consacrata come ancella del Padre (linea del Vaticano Il e della Marialis Cultus). Ma se avesse avuto altri figli, altri campi di interesse all'infuori dell'unico suo Figlio, come avrebbe potuto consacrare persona e vita solo a Lui e alla sua opera? La percezione ecclesiale di sempre che Maria - investita dallo Spirito nell'Annunciazione sì da diventare Madre di Cristo ed esserne consacrata nell'anima e nel corpo - non abbia potuto aver altri figli, e quindi altri rapporti o campi di affetto, ma sia stata - come finemente nota Origene - benedetta una volta per sempre in tutto l'arco della sua vita ed inserita per sempre nel mistero di Cristo, funge nel cuore della Chiesa da leva per capire gli altri testi che parlano di lei e per cogliere la plenarietà della sua figura teologica nel mistero del Verbo. La perpetua verginità di Maria si illumina in quest'alone di «benedizione divina» che la colloca nel cuore della salvezza umana8.
III. - LA FIGURA EVANGELICA Dl MARIA
Ieri come oggi, il Vangelo resta la fonte primaria - anche se in pochi tratti - per cogliere ed approfondire il volto spirituale di Maria, la sua intima figura, che è parola alla Chiesa. Accostare il Vangelo e dunque strumento indispensabile e via sicura per restare nel vero, al di là dei sentimentalismi vani e della vuota retorica, al di là delle non giustificabili restrizioni. Un salto di oltre sedici secoli ci serve a vedere non solo come gli antichi riguardavano Maria, ma come noi di oggi stiamo prolungando le loro intuizioni. Origene è il primo nel tempo che abbia fissato lo sguardo direttamente sulla persona di Maria come tale: non per isolarla, ma per accomunarla con tutti nell'unico cammino. Indubbiamente, la sua verginale preminenza e gli eventi di grazia che lei sola ebbe il dono di sperimentare, la collocano a capofila, ma sui nostri passi, con le nostre difficoltà. Origene, in questo, è del nostro tempo: il precursore della sensibilità odierna, e forse della futura. Mi limito ad indicare i punti - luce mariani del suo meraviglioso sistema esegetico - spirituale, centrato sulla ricerca e l'esperienza - in progressivo crescendo - del Verbo, come di sposa che cerca lo Sposo: esperienza ecclesiale, esperienza sacramentale, ma più d'ogni altra, esperienza della Parola: poiché sotto la lettera, quasi veste umana, si cela la Parola viva di Dio, il Verbo. Neppure uno iota della Scrittura manca di profondo significato, divino, sull'infinito mistero di Cristo. Quanti, come Origene, hanno sofferto l'ansia dell'incontro col Verbo a trasformare la loro povertà in Luce, sanno quant'è avvincente questo travagliato cammino. Anche Maria. La sua figura, letta da Origene in questa dimensione, la propone a modello e la colloca al fianco di ognuno. Maria è la cristiana di tutti i tempi; è l'anima sposa più toccata nell'intimo dall'azione operante dello Spirito, cui risponde con assoluta generosità, con esclusiva disponibilità. Due linee di forza percorrono parallelamente la vita di Maria: il cammino nella fede, il cammino nell'amore.
1. Maria e la Parola: il cammino nella fede
Le divine Scritture sono per Origene un immenso sacramento, che via via santifica chi più profondamente lo vive: poiché conoscenza e vita, intelligenza ed esperienza vanno di pari passo, essendo frutto del medesimo Spirito: crescere nell'intelligenza è crescere nella vita; e inversamente crescere nella vita è crescere nella comprensione dei misteri del Verbo. Camminare la Parola è camminare la Vita.
I tratti dai quali Origene vede Maria in cammino nella Parola per tradurla in Vita, sotto l'azione illuminante dello Spirito, sono soprattutto quelli del Vangelo di Luca.
a) Maria e la Parola di Dio.
- L'annunciazione - primo momento del suo comparire sulla scena della storia - ci dice chi sia Maria: una donna protesa intensamente a Dio, attraverso l'ascolto della Parola di Dio. «Vergine in ascolto» la direbbe Paolo VI. Origene lo deduce dal comportamento riflessivo di Maria e dal suo turbamento alle parole «nuove» dell'angelo, mai prima di allora udite, che quindi la rendono guardinga ed attenta nel ponderare se vengano da Dio: «Mai tali parole: Ave, piena di grazia, furono rivolte ad essere umano; tale saluto doveva essere riservato soltanto a Maria. Se infatti Maria avesse saputo che un tale saluto fosse stato indirizzato a qualcun altro - Ella possedeva infatti la conoscenza della legge, era santa e conosceva bene per quotidiana meditazione gli oracoli dei profeti - non si sarebbe certo spaventata per quel saluto che le apparve così insolito. Sicché l'angelo le dice: Non temere...» (Omelie su Luca, VI, 7).
b) Maria e le parole del Figlio.
- Dal momento dell'Annunciazione Maria fu protesa alla conoscenza del Figlio. Ma anche il suo cammino, come il nostro, fu un cammino oscuro. Indice di questa progressiva conoscenza, del suo camminare nell'oscurità della fede verso la perfetta comprensione del Figlio, è per Origene lo smarrimento nel Tempio. Giuseppe e Maria soffrono nell'intimo la loro ricerca del Verbo di Dio, Sapienza del Padre: «tuo padre ed io addolorati ti cercavamo». «Così come tu, se qualche volta leggi la Scrittura, ne cerchi il significato con dolore e tormento, non perché pensi che la Scrittura abbia sbagliato, oppure che essa contenga qualcosa di falso, ma perché ha in sé una verità spirituale, e tu non sei capace di scoprire questa verità; ebbene, è proprio in questo modo che essi cercavano Gesù...» (Omelie su Luca, XIX, 5). Il fatto di una ricerca esterna è indice e segno della loro interna sofferta ricerca. Ma le parole di Gesù, che essi non comprendono, mostrano che non sono ancora perfetti nella fede. Poiché fede perfetta è conoscenza piena. Non ignorano, essi, il senso letterale ed ovvio della risposta del Signore; ne ignorano o non conoscono ancora appieno il senso spirituale profondo: che cioè Cristo lo si deve cercare, e lo si trova, solo nel «tempio» che è la sua Chiesa. Anche Maria sì dovrà molto progredire per raggiungere l'immensa vastità del mistero del Figlio9.
c) Maria e la realtà del Figlio.
- Il Calvario, preannunciato da Simeone a Maria, è il terzo momento, il più tragico e travagliato, in cui la Vergine viene a confronto non più con le parole, ma con la realtà del Figlio. Origene scava nel fondo dell'anima di Maria, seguendo il filo del Vangelo: «anche a te una spada trapasserà l'anima». La contempla ai piedi della Croce, straziata più nell'animo che nel cuore; non tanto nelle viscere di madre, quanto nella fede di credente: come discepola della Verità, come credente nel Dio che muore. È la figura più umana della Madre di Dio che, nel supremo momento della prova, tocca l'abisso del dolore: un dolore umano e divino. Anche in lei, come in tutti, compresi gli Apostoli, si infigge la «spada del dubbio»; anche in lei, sia pure per un istante, si oscura la luce de Verbo che muore: «Dice poi Simeone: 'E una spada trafiggerà la tua anima' (Lc 2,35). Qual è questa spada che trafigge non solo il cuore degli altri, ma anche quello di Maria? Sta scritto chiaramente che al tempo della passione tutti gli Apostoli si scandalizzarono, come aveva detto lo stesso Signore: 'Tutti voi vi scandalizzerete in questa notte' (Mt 26,31). A tal punto tutti rimasero scandalizzati, che anche Pietro, il capo degli Apostoli, rinnegò Gesù per tre volte. Che pensare allora? Mentre gli Apostoli rimanevano scandalizzati, la Madre del Signore fu preservata dallo scandalo? Se anche lei non subì lo scandalo durante la passione del Signore, Gesù non morì per i suoi peccati. Ma se 'tutti hanno peccato e sono privati della gloria di Dio' (Rom3,23), e se «tutti sono giustificati e riscattati dalla sua grazia» (Rom 3,24) ebbene, anche Maria, in quel momento, fu soggetta allo scandalo. Proprio questo è quanto profetizza ora Simeone, dicendo: 'E la tua stessa anima', di te, che sai di aver partorito senza intervento di uomo, in stato di verginità, di te che hai udito da Gabriele le parole: 'lo Spirito Santo verrà su di te e la Potenza dell'Altissimo ti ì coprirà con la sua ombra' (Lc 1,35), sarà trafitta dalla spada dell'infedeltà, sarà ferita dalla punta aguzza del dubbio. Pensieri contradditori ti dilanieranno, quando vedrai che colui che tu avevi sentito chiamare Figlio di Dio e sapevi esser nato senza intervento d'uomo, è crocifisso, sta per morire, tormentato dai supplizi degli uomini, e che, infine, piange e si lamenta, dicendo: 'Padre, se è possibile passi questo calice da me' (Mt 26,39). Perciò 'una spada trafiggerà la tua anima'» (Omelie su Luca, XVII, 6-7). Questa profonda sconvolgente esegesi di Origene si incise per secoli nella Chiesa d'Oriente e rivive in parte nell'attuale esegesi. Pilastri portanti del commento origeniano sono:
1) l'universalità del peccato, che postula l'universalità della redenzione: se Maria non avesse alcun peccato, per lei non sarebbe morto il Signore, sarebbe quindi tagliata fuori dal mistero operante di Cristo. Il Vaticano II la mostrerà, conseguentemente, in linea con tutti gli uomini, «bisognosi di salvezza». Identica argomentazione sarà addotta nelle dispute medievali e posteriori contro l'Immacolata Concezione;
2) la scala ecclesiale della santità. Anche nell'espressione del culto, che la Chiesa da sempre ha tributato ai suoi campioni, vengono prima gli Apostoli, poi i Martiri. Maria è solo una Vergine: Madre di Cristo, certo, ma secondo la carne. Gli Apostoli ne sono madri secondo lo spirito: sono i portatori del Verbo mediante l'annuncio del Vangelo. La Chiesa di poi (a partire dal secolo IV) dirà che Maria mai venne meno nella fede: la Chiesa d'oggi riscopre - sulla scia di Origene - l'abisso della prova cui la Madre stessa di Dio fu sottoposta. Un cammino di fede, il suo, tormentato, che dovette percorrere fino in fondo. Come noi.
2. Maria a servizio della Parola: il cammino nell'amore
Due dimensioni compongono questo cammino d'amore, consequenziale alla fede, che traduce in Vita e propaga la Parola: la dimensione verticale, per cui la Vergine, sotto il costante impulso dello Spirito che l'ha investita, ma con sollecita adesione di volontà, percorre la strada trasformante ed operativa della sua immersione in Dio; e la dimensione orizzontale, per cui diventa portatrice della Parola, generando negli altri il Verbo di Dio. Il «test», l'indice che Origene utilizza (come fanno i nostri esegeti) è la Visita ad Elisabetta e il Magnificat. Il «salire in fretta sui monti» (Lc 1,39) è per Origene come il velo esterno della lettera evangelica, che cela il rapido salire interiore di Maria verso le vette della perfezione, sollecitata dal Verbo che in lei abitava, e dallo Spirito che la possedeva. Il «Magnificat» della sua anima lascia intravedere «quanto grande abbia fatto in se il Signore», cioè l'immagine del Padre, che è il Verbo: per cui il suo «spirito» (la parte di se trasfigurata) «esulta in Dio salvatore» (Lc 1,46-47). Ma appunto perché è giunta alle vette della sua interiore trasformazione nel Verbo, tanto che in lei s'è fatto carne, può portare e comunicare agli altri il Signore. La sua voce diventa voce del Verbo, irruzione di Spirito Santo, che travolge e fa balzare di gioia il feto nel grembo di Elisabetta e riempie di luce profetica la madre. «Occorre osservare che, a causa della voce del saluto di Maria che è giunta alle orecchie di Elisabetta, il bambino Giovanni esulta nel grembo della madre, come se questa avesse ricevuto allora lo Spirito Santo in conseguenza della voce di Maria... Infatti la voce del saluto di Maria, pervenuta alle orecchie di Elisabetta, riempie Giovanni che è in lei: ed ecco perché Giovanni esulta e la madre diventa, per così dire, la bocca e la profetessa del figlio, esclamando a gran voce: 'Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno'» (Commento al Vangelo di Giovanni, VI,49). Maria è così apostolo: modello di ogni apostolo, che attraverso la Parola genera il Cristo nei cuori10.
NOTE
1Di pochi autori tanto si è scritto e tanto si scrive, come di Origene, benché la maggior parte delle sue opere sia andata perduta. H. Crouzel, lo studioso d'oggi più competente in campo origeniano, ha raccolto e redatto in ordine cronologico dalle origini al 1969 una preziosa bibliografia, che copre un intero volume, con indice degli autori e delle materie. Si intitola: Bibliographie critique d'Origène (Instrumenta Patristica VIII), Steenbrugis, 1971, 688 p. Ma continuamente si scrive di lui, e molto: si percorra, ad esempio, la rassegna bibliografica che ci offre la rivista trimestrale Bulletin signalétique - Sciences Religieuses del «Centre de Documentation Sciences Humaines» di Parigi, per convincersene. Rimando a questi sussidi generali per una bibliografia specifica.
2 EUSEBIO Dl CESAREA, Storia ecclesiastica, libro VI, III,7. Edizione greca e traduzione a cura di G. DELTON, Roma, 1964, p. 440. Gran parte del libro VI della Storia ecclesiastica di Eusebio tratta di Origene, di cui fu entusiasta ammiratore: è la fonte primaria delle informazioni che possediamo.
3 Origene, nel suo amplissimo e complesso sistema teologico, vede il mondo degli esseri intellettuali - uomini, angeli, demoni - come una grande arcata, che parte dalla preesistenza delle anime nel mondo celeste e attraverso una serie di lenti passaggi (perché tutti hanno peccato, eccetto l'anima di Cristo) ritornano al fervore della contemplazione divina, da cui volontariamente sono decaduti per propria apatia o tiepidezza. Anche i demoni, alla fine, dopo millenari passaggi - quasi lenta rievoluzione verso il bene - da stato a stato ritroveranno finalmente Dio: e tutto il creato vivrà eterno nel ritrovato Amore!. Son qui i germi che hanno portato alla condanna di Origene: la preesistenza delle anime; l'apocatastasi (ritorno riabilitante) dei demoni. Il Verbo funge da ponte: soltanto attraverso di lui tutti giungeranno alla teopìa o contemplazione del Padre, mediante una loro progressiva trasformazione in lui di tutto il loro essere creato.
4 Sulla contrapposizione tra mito e storia e sulle caratteristiche personali e sociali di Maria, vedi Contro Celso, 1,28-29.37.39. Traduzione a cura di A. COLONNA, Torino, UTET, 1971, p. 72-75; 84-86.
5 Su questo attualissimo argomento, che mette a confronto Magistero e teologia, Bibbia ed esegesi, si potrà leggere con profitto la prefazione di Origene a I Principi (traduzione italiana a cura di M. SIMONETTI, Torino UTET, 1968, p. 113 ss.): egli non solo appare l'uomo di Chiesa, ma della Chiesa, pur affermando la libertà di ricerca teologica sui campi liberi.
6 Il termine «Theotokos» (da Theos = Dio e tokos = parto, e per attrazione "genitrice" ) è parola composta ed ampiamente usata nell'ambiente alessandrino dei primi secoli. La ritroviamo nell'antico frammento papiraceo del Sub tuum praesidium; la usa diverse volte Atanasio; ricorre nei frammenti dei suoi predecessori, Alessandro e Pierio. Risalendo ancora fino a] secolo III, giungiamo ad Origene: Socrate, lo storico del secolo V, ci informa che Origene nel suo commento alla Lettera di Paolo ai Romani spiegò diffusamente in qual senso Maria si dicesse Theotokos. Il compianto P. Gabriele Giamberardini, in uno studio pregevole, ha cercato di mostrare come l'origine di questo celebre titolo mariano risalga alla lingua egiziana, anzi addirittura alla lingua faraonica, più antica della lingua greca: «madre di Dio» infatti era detta la dea Iside (Masnouti o Maynouti: Mas - genitrice; May = madre; Nouti = Dio). Quando però si sia operata la «traduzione» o l'applicazione del termine alla Vergine, trasponendolo dal titolo di Iside, non si sa. Forse, al tempo di Origene, che ne difende appunto la legittimità; o dallo stesso Origene. Per un ragguaglio più ampio, si veda: G. GIAMBERARDINI, Il «Sub tuum praesidium» e il titolo «theotokos» nella tradizione egiziana. In Marianum, 31 (1969) p. 350-362 (con esauriente documentazione).
7 Origene parla della perpetua verginità nel suo commento giovanile al Vangelo di Giovanni (I,4 - traduzione italiana di E. CORSINI, Torino UTET, 1968, p. 123): «Se infatti non c'è altro figlio di Maria, all'infuori di Gesù, secondo l'opinione di coloro che pensano rettamente di lei...»; nelle Omelie su Luca, VII,4 (cf. la traduzione di S. Arcuò, Roma, Città Nuova 1969, p.75); e soprattutto nel Commento a Matteo, X,17, opera della sua maturità: «Quanto ai fratelli di Gesù, alcuni - indotti da una tradizione del cosiddetto Vangelo di Pietro o del libro di Giacomo - dicono che sono i figli chi Giuseppe ebbe da una moglie precedente, da lui sposata prima di Maria. Coloro che così affermano vogliono salvaguardare l'onore di Maria in una verginità sino alla fine, affinché quel corpo che fu scelto a prestare servizio al Verbo, che disse: 'Lo Spirito Santo scenderà su di te e la Virtù dell'Altissimo ti adombrerà' (Le 1,35), non abbia conosciuto unione con uomo dopo che lo Spirito Santo discese in lei e l'adombrò la Virtù dall'alto. E io credo ragionevole che la primizia della purezza casta degli uomini sia Gesù, e delle donne sia Maria. non sarebbe infatti pio ascrivere ad altra che a lei la primizia della verginità» (traduce di E. TONIOLO, in H. CROUZEL, La Mariologia di Origene, Milano 1968, p.104).
8 ORIGENE, Omelie su Luca, VII,4 (traduzione citata, p. 75): «Io non so chi si e abbandonato a una tale follia, da affermare che Maria fu rinnegata dal Salvatore, per essersi unita, dopo la nascita di lui, a Giuseppe. Chi così ha parlato, risponda delle sue parole e delle sue intenzioni. Voi, se qualche volta gli eretici vi fanno una tale obiezione, dite loro per tutta risposta: Proprio in quanto era stata ricolmata di Spirito Santo, Elsabetta disse 'Tu sei benedetta fra le donne'. Se Maria è stata dunque dichiarata benedetta dallo Spirito Santo, in qual modo il Signore ha potuto rinnegarla?...». Questo brano ci mostra il metodo esegetico di Origene, che coglie i momenti come «indice» di vita; che vede quindi la «benedizione» come qualcosa di permanente in tutta la vita di Maria.
9 Su questa interpretazione di Origene, si veda E. PERETTO, La lettura origeniana di Lc 2,41-52. In Marianum, 37 (1975), p.336-357; dello stesso E PERETTO, Origene: l'esegesi biblica nelle Omelie XV.XVI.XVII. sul Vangelo di Luca. In Marianum, 39 (1977), p.397-411 (Maria e la profezia di Simeone).
10 Cf. sull'argomento H. CROUZEL, Marie modèle dà spirituel et de l'pôtre selon Origène. In Mariologie et oecuménisme (Études mariales 19), 1962, p. 9-25; E. TORSOLO, Maria e lo Spirito Santo nella riflessione patristica. In La Madonna, 20 (1972) [La Madre di Cristo nel dinamismo rinnovante dello Spirito Santo], p. 29-51; E. TONIOLO, Il Magnificat nei primi scrittori cristiani: Ireneo ed Origene. In Mater Ecclesiae, 13 (1977) p. 86-100. Restano sempre validi gli studi di C. VAGAGGINI, Maria nelle opere di Origene, Roma, 1942; H. CROUZEL, La Mariologia di Origene, Milano, 1968.