Maria, madre della Chiesa
Data: Mercoledi 1 Agosto 2012, alle ore 10:21:12
Argomento: Magistero


Dall'intervento di Angelo Amato: La Mariologia dal Vaticano II alla "Dives in misericordia", tenuto al Convegno "La Madre della Misericordia", Centro Studi Amore Misericordioso, Collevalenza 1986.

  

 

1. La relazione Maria - Chiesa

Uno degli orientamenti più significativi della mariologia postconciliare è dato dalla linea ecclesiologica che vede una relazione stretta tra Maria e la Chiesa. Già nel 1951 Hugo Rahner, nel suo noto volume «Maria e la Chiesa» aveva invitato a «reimparare ciò che era così familiare e caro alla chiesa primitiva: vedere la chiesa in Maria e Maria nella chiesa»77. Per la teologia patristica Maria è il «tipo della chiesa e cioè esempio, sostanza, e insieme compendio di tutto ciò che si doveva poi sviluppare nella Chiesa nella sua essenza e destino»78. I Padri «vedono Maria e la chiesa in un’unica immagine: tipo e antitipo sono uniti come il sigillo e la cera»79. «Nei tempi dei Padri l’intera mariologia era già delineata nell’ecclesiologia, senza comunque che venisse nominata la madre del Signore: la virgo eclesia, la mater ecclesia, la ecclesia immaculata, la ecclesia assumpta - tutto quanto più tardi diverrà mariologia - è stata inizialmente pensato come ecclesiologia80. Per questo la devozione a Maria e alla chiesa stanno o cadono insieme. De Lubac, nelle sue celebri «Meditazioni sulla Chiesa» - pubblicate un anno dopo quelle di Hugo Rahner - afferma che «le accuse fondamentali che la Riforma rivolge all’idea cattolica della Chiesa, corrispondono a quelle che essa rivolge al culto cattolico della Vergine»81. In entrambe si vede un attacco e un’usurpazione sacrilega dell’unica mediazione di Cristo e dell’assoluta sovranità di Dio. Rifacendosi anch’egli alla tradizione patristica riafferma i legami «essenziali», «intessuti dal di dentro»82 esistenti tra Maria e la Chiesa. Le due realtà sono intrinsicamente solidali e si rimandano a vicenda. Gli stessi simboli biblici sono applicati alternativamente o simultaneamente alla Chiesa e a Maria: novella Eva, paradiso, arca dell’alleanza, scala di Giacobbe, porta del cielo, tabernacolo dell’Altissimo, città di Dio»83. Le litanie di Maria sono spesso le litanie della Chiesa e le litanie della Chiesa sono le litanie di Maria84. Questo non è semplice parallelismo o uso improprio di simboli ambivalenti, ma consapevolezza che Maria è figura ideale della Chiesa, «il tutto della Chiesa»85. «Sicut enim Christi mater, sic mater Ecclesiae» avrebbe detto Ivo di Chartres86, sulla scia dell’agostiniano: «Nam Ecclesia quoque et mater et virgo esta»87. E S. Pier Damiani: «Madre grande e beata, dalle sui viscere si formò la carne del Cristo e dalla quale nuovamente, come l’acqua e il sangue, oggi emana la Chiesa»88. La dimensione mariana dell’ecclesiologia e quella ecclesiale della mariologia furono ampiamente dibattute e messe in rilievo al congresso mariologico internazionale di Lourdes del 1958 (Maria ed Ecclesia)89, alla luce di interessanti indicazioni del magistero pontificio sulla «mediazione sociale» di Maria90. Il concilio raccolse queste suggestioni e, dopo intenso dibattito, inserì Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa definendola membro sovreminente e singolare della Chiesa («superemines», «singulare membrum Ecclesie» LG 53; cfr anche 54), e sua figura e modello eccellentissimo («typus et exemplar spectaqtissimum» LG 53; cfr. anche LG 63-65)91. Nel post concilio questa dimensione ecclesiale di Maria è stata approfondita ampiamente con la considerazione ad esempio di Maria «Chiesa nascente»92. «Maria nel momento del suo sì, è l’Israele in persona. E’ la chiesa in persona e quale persona. Ella è certamente questa personalizzazione della chiesa perché a motivo del suo fiat é diventata la madre in carne ed ossa del Signore. Ma questo fatto biologico é realtà teologica per ché é realizzazione del più profondo contenuto spirituale dell’alleanza da Dio liberamente stipulata con Israele»93. Importanti esponenti della teologia tedesca postconciliare chiamano Maria «Realsymbol der Kirche», vedendo nel suo fiat la «forma mariana» della stessa fede, dal momento che il sì di Maria si riflette in tutti i sì dei cristiani. Essendo la persona storica di Maria «Realsymbol» della Chiesa viene affermata anche la marianità essenziale della Chiesa»94. La Commissione Teologica Internazionale nel documento «Temi scelti di ecclesiologia» (1985) dedica il paragrafo finale a «Maria, chiesa già realizzata» affermando: «La Chiesa e il regno trovano la loro più elevata realizzazione in Maria. Che la Chiesa sia la presenza in mysterio del regno, risulta evidente in maniera definitiva partendo da Maria, dimora dello Spirito Santo, modello della fede Realsymbol della chiesa. Per tale motivo il concilio afferma riguardo a lei: “La Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione che la rende senza macchia e senza ruga (cf Ef 5,27)” (LG 65). La distanza, spesso dolorosa, tra la chiesa pellegrinante e il regno compiuto, é già percorsa in lei che, “assunta”, “resa simile a suo Figlio risuscitato dai morti, già conosce in anticipo la condizione che tutti i giusti vivranno” (Paolo VI, Professione di fede, n. 15). Perciò la madre di Gesù “é l’immagine e la primizia della chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura” (LG 68)95. Paolo VI nella «Marialis cultus» approfondisce la dottrina conciliare dell’esemplarità di Maria nei confronti della Chiesa. Maria come la Chiesa é «la vergine in ascolto» (virgo audiens: MC 17), «la vergine in preghiera» (virgo orans: MC 18), «la vergine madre» (virgo pariens: MC 19), «la vergine offerente» (virgo offerens: MC 20), «maestra di vita spirituale» (pietati magistra: MC 21). Ancora Paolo VI nell’«Evangelii nuntiandi» parla di Maria come «stella dell’evangelizzazione sempre rinnovata che la Chiesa deve promuovere ed adempiere» (EN 82). Puebla dedicherà una parte notevole del suo documento alla relazione che intercorre tra Maria e la Chiesa latinoamericana. C’è però un titolo che i Papi hanno usato spesso in questa seconda metà del nostro secolo e che il concilio non volle espressamente accettare: è il titolo di «Madre della Chiesa». E’ tale titolo che forse rende più appariscente la ricchezza di rapporto esistente tra Maria e la Chiesa. Maria, infatti, non solo è nella Chiesa come suo membro eminente, non solo è con la Chiesa come figura o modello, ma anche per la Chiesa come sua Madre.

2) Il titolo «Madre della Chiesa» nei dibattiti conciliari

«Se é vero dunque che Maria, sotto un certo aspetto appartiene alla Chiesa, se si è potuto talvolta, non senza esagerazione, dirla sua figlia, con molta maggiore verità la si dovrà chiamare invece sua madre»96. Per la tradizione patristica e medievale Maria è la madre del popolo nuovo, è la terra nella quale è stata seminata la Chiesa, è la «madre della Chiesa che siamo noi»97. Tra Maria e la Chiesa c’è «communicatio idiomatum», c’è «pericoresi», c’è cioè perfetta reciprocità. La Chiesa è Madre di Maria, ma anche Maria è Madre della Chiesa: «ater igitur Ecclesia Mariae; et Maria mater Ecclesiae»98. Questo senza che Gesù cessi di essere solo capo della sua Chiesa e anzi nella riaffermazione che Maria fa parte della famiglia dei redenti e che tutte le sue grandezze le derivano dalla redenzione di Cristo»99. Insomma «Mater et Ecclesia, una mater et plures»100. Il titolo «Madre della Chiesa» non si trova in modo esplicito nel capo VIII della costituzione dogmatica sulla Chiesa. Nella preparazione alla «Lumen gentium» erano state avanzate richieste in tal senso, sia nelle proposte di alcuni padri conciliari, sia all’interno di alcuni schemi conciliari. L’allora Card. Montini, insieme al Card. Suenens, il 5 dicembre 1962 aveva osservato a proposito dello schema «De Ecclesia»: «Cum gaudio etiam maiore accipio fore ut Beata Maria Virgo ut Mater Sanctae Ecclesiae a Concilio honoretur»101. E infatti lo schema del 22 aprile 1963 riportava nel titolo: «De Beata Maria Virgine Matre ecclesiae»102. Non pochi padri conciliari, però ritenevano «Mater Ecclesiae» «non tradizionale», «non chiaro», «inadeguato», «non ecumenico»103. Nonostante che Papa Montini, il 4 dicembre 1963, avesse espresso la speranza che il concilio potesse ornare Maria col nome di Madre della Chiesa104, lo schema del 3 luglio 1964 del capo VIII aveva eliminato il riferimento esplicito alla «Madre della Chiesa»105. Le ragioni dei Padri conciliari favorevoli al titolo - suo uso in Paolo VI e Giovanni XXIII; inadeguatezza della sola tipologia ad esprimere la relazione Maria - Chiesa; motivazioni bibliche106- non impedirono la sua scomparsa nelle successive redazioni del capo VIII107. Il titolo non veniva accettato anche perché sconosciuto in Oriente e ambiguo. Non senza una certa dose di ironico sofisma, e in un latino abbastanza contorto, così il Vescovo di Cuernavaca si opponeva al titolo: «Quaestio est nimis subtilis et non paucas difficultates praebet...(e.g.): 1) Si Maria esset Mater Ecclasiae cum Ecclesia sit Mater nostra, Maria... (dicenda) esset avia, i.e. Grand-Mère, sicut dixerat S. Franciscus Salesius... (a nemine secutus). 2) Si Maria mater Ecclesiae, tunc et angelorum, quos S. Thomas membra Ecclesiae cosiderat. 3) Si Maria mater Ecclesiae, certe non eo sensu quod esset Mater suiipius, nam ipsa membrum est insignissimum; sed 4) hoc innueret quod Maria... (quidem sopra Ecclesiam esset; sed) extra Ecclesiam ut Pater extra filiam esset, et supra (est), cum vera relatio cum Ecclesia vedeatur esse Intra, sed Supra, quia in Maria Ecclesia acquirit privilegia quae nullo modo aliis suis membris conceduntur... (vel saltem non eo modo)»108. Possiamo aggiungere subito che una ricerca linguistica e storica più approfondita avrebbe fatto evitare a non pochi penose cadute di stile: «l’uscita d’alcuni teologi che nel titolo denunciarono una novità senza senso o un significato puramente devozionale, d’estrazione meridionale e privo di validità teologica, non rivelò nemmeno il pregio del buon gusto, del tutto mancante essendo quello della buona informazione»109. Per quanto riguarda il gioco linguistico è chiaro che il termine «Madre» deve essere preso non in senso univoco, ma analogico. Maria non è infatti Madre della Chiesa come lo è del Figlio. Non è generando fisicamente Cristo, che Maria genera allo stesso modo la Chiesa. Però Maria è Madre della Chiesa, perché è Madre del Cristo, e cioè nell’ordine della grazia. La maternità infatti, è una relazione con fondamento reale che congiunge Maria e il Cristo da una parte, Maria e la Chiesa dall’altra: «Ma tra l’una e l’altra parte si definiscono caratteristiche e aspetti specifici, modificanti la relazione stessa di maternità e determinanti in Maria un diverso modo di essere Madre nei confronti del Cristo e nei confronti della Chiesa: fisicamente nel primo caso spiritualmente nel secondo. E tuttavia nell’uno e nell’altro le conviene sempre il medesimo nome di Madre se pur a titolo diverso»110. Il procedimento analogico diventa più chiaro se spostiamo l’attenzione sul concetto di Madre predicato sia della Chiesa, sia di Maria. La Chiesa è chiamata la madre di tutti i fedeli, la nostra santa madre. Di Maria si dice a sua volta che è la Madre dei fedeli e quindi madre della Chiesa. In entrambi i casi il discorso si fonda sull’analogia di funzioni materne nell’ordine della grazia: una relazione di maternità unisce Maria alla Chiesa ed entrambe ai fedeli. Per questo il capo VIII della «Lumen gentium», pur non registrando apertamente il titolo, ne riafferma comunque tutto il suo contenuto, quando chiama Maria «madre delle membra (di Cristo)» («mater membrorum Christi»: LG 53), «madre di Cristo e madre degli uomini specialmente dei fedeli» («mater Christi et mater hominum maxime fidelium»: LG 54), «nostra madre nell’ordine della grazia» («mater nobis in ordine gratiae existitit»: LG 61; cfr. anche LG 62, 63, 65, 67, 69).

3) La proclamazione del titolo «Madre della Chiesa»

Chiudendo i lavori della terza fase conciliare (21 novembre 1964), nello stesso giorno della promulgazione della costituzione dogmatica sulla Chiesa, «che ha come vertice e coronamento un intero capitolo dedicato alla Madonna»111, il Papa Paolo VI affermava «essere questo il momento più solenne e più appropriato per soddisfare un voto che, accennato da Noi al termine della precedente sessione, moltissimi Padri Conciliari hanno fatto proprio, chiedendo istantaneamente una dichiarazione esplicita, durante questo Concilio, della funzione materna che la Vergine esercita sul popolo cristiano»112. E così continuò: «A tale scopo abbiamo creduto opportuno di consacrare in questa stessa pubblica sessione, un titolo in onore della Vergine suggerito da varie parti dell’orbe cattolico ed a Noi particolarmente caro, perché con sintesi mirabile esprime il posto privilegiato riconosciuto da questo Concilio alla Vergine nella Santa Chiesa. A gloria dunque della Vergine e a nostro conforto. Noi proclamiamo Maria Santissima “Madre della Chiesa”, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata ed invocata da tutto il popolo cristiano»113. Secondo il Papa il titolo «non è nuovo», «appartiene alla genuina sostanza della devozione a Maria» e trova «la sua giustificazione nella dignità stessa della Madre del Verbo Incarnato»: «Madre di Colui che fin dal primo istante della Incarnazione nel suo seno verginale, ha unito a sé come Capo il suo Corpo Mistico che è la Chiesa»114.

4) Fondamento storico del titolo

Sembra che il titolo esplicito di «Mater ecclesiae» non sia presente nella tradizione patristica (l’espressione dell’epitaffio del bambino di nome Mago, del secolo V, è probabilissimamente da leggersi «Mater ecclesia» e non «Mater ecclesiae»)115. Gli autori concordano nell’attribuire la prima testimonianza del titolo «Mater ecclesiae» riferito a Maria (l’espressione, infatti, poteva anche riferirsi alla «grazia dello Spirito, alla «Sinagoga», o ad altre realtà)116 al monaco Berenguado (IX secolo; da non confondersi con Berengario di Tours di qualche secolo posteriore), il quale, commentando i primi versetti del capo 12 dell’Apocalisse, propone, oltre all’interpretazione «ecclesiale» anche l’interpretazione «mariana» della «mulier quae paritura erat» del versetto 4: «Possumus per mulierem in hoc loco et beatam Mariam intelligere, eo quod ipsa mater sit Ecclsiae; quia eum peperit, qui caput est Ecclesiae et filia sit Ecclesiae, quia maximum membrum esta Ecclesiae»117. Maria è allo stesso tempo Madre della Chiesa, perché ha generato il capo della Chiesa e Figlia della Chiesa, perché è membro eminente di essa. La ragione teologica della sua maternità ecclesiale è la maternità del Cristo capo. Un secondo testo lo si trova nelle «Distinctiones monasticae» (inizio del secolo XIII). L’autore, un monaco cistercense, afferma: «Ipsa (Maria) etiam mater videtur Ecclesiae; nam quum sit certissime mater capitis, non incongrue mater esse intelligitur et corporis. Mater igitur Ecclesia Mariae; et Mariae mater Ecclesiae. Et sicut sancta Ecclesia multum ut iustum est, diligit Mariam, plus tamen Maria Ecclesiam. Ecce cui minus dimittitur, plus diligit. Illa esta ergo nostra mater verissima, quae nos maxime diligit. Nihil enim sic veram matrem probat sicut vehemens dilectio»118. Dalla maternità fisica nei confronti del Capo della Chiesa, si ricava in modo non incongruo la maternità spirituale nei confronti della Chiesa, Maria, inoltre, è Madre della Chiesa, per il suo grande amore per essa. Altre testimonianze si trovano in Ruperto di Deutz († 1135), in un’opera attribuita a Sant’Alberto Magno († 1280), in alcuni documenti liturgici dei sec. XIII-XIV (in un tropo alla Salve Regina si trova: «Virgo, mater ecclesiae»), in S. Lorenzo Giustiniani119. Nei documenti pontifici il primo riferimento esplicito si trova nella Bolla aurea «Gloriosae Dominae» di Benedetto XIV, del 27 settembre 1748120, il cui testo fu sostanzialmente ripreso dal Vaticano II: «la Chiesa Cattolica edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale la venera come madre amatissima» (LG 53). Tale titolo si trova anche in Leone XIII (1878-1903), almeno cinque volte in Giovanni XXIII (1958-1963), parecchie volte in Paolo VI (nell’Esortazione Apostolica «Signum magnum» il titolo è considerato «di fede»)121 e moltissime volte in Giovanni Paolo II, il quale ne ha dato la seguente descrizione: «Maria è madre della Chiesa, perché, in virtù dell’ineffabile elezione dello stesso eterno Padre e sotto la particolare azione dello Spirito d’amore, ella ha dato la vita umana al Figlio di Dio (...). Il suo proprio Figlio volle esplicitamente estendere la maternità di sua madre (...) additandole dall’alto della croce il suo discepolo prediletto come figlio. Lo Spirito santo le suggerì di rimanere anche lei, dopo l’ascensione di nostro Signore, nel cenacolo raccolta nella preghiera e nell’attesa, insieme agli apostoli fino al giorno della pentecoste, in cui doveva visibilmente nascere la chiesa, uscendo dall’oscurità. E in seguito tutte le generazioni dei discepoli e di quanti confessano ed amano Cristo - così come l’apostolo Giovanni - accolsero spiritualmente nella loro casa questa madre, la quale in tal modo, sin dagli inizi stessi, cioè dal momento dell’annunciazione, è stata inserita nella storia della salvezza e nella missione della chiesa»122.

5) Fondamento teologico del titolo

La già citata Kari Borresen ritiene che il titolo Madre della Chiesa, usato spesso nei documenti papali dopo il concilio Vaticano II, «applicato a Maria, rassicura i teologi che sono rimasti “massimalisti”, questo titolo infatti è cristotipico, implicando la collaborazione di Maria nell’opera della redenzione»123. Anche W. Beinart, editore dell’«Handbuch der Marienkunde», è piuttosto restio ad accettare il titolo Madre della Chiesa, che egli ritiene appartenere al linguaggio «immaginifico - simbolico» più che teologico124. Maria, più che Madre della Chiesa, è piuttosto Madre nella Chiesa. Anzi, il linguaggio teologico sembra essere più vicino alla realtà quando vede Maria non solo come madre, ma anche come sorella dei fedeli, il cui significato nella Chiesa e per la Chiesa è la solidarietà con noi nell’amore alla Trinità125. La persistente reticenza nei confronti di questo titolo mariano, conferma la realtà della Chiesa che continua a meditare nel suo cuore il ruolo di Maria nella comunità dei fedeli. E questo ruolo - stando anche alle indicazioni del concilio - non è adeguatamente espresso dalla sola considerazione tipologica o paradigmatica di Maria nei confronti della Chiesa. Qualche teologo non esita invece a ritenere tale titolo come «indispensabile nell’espressione della missione di Maria»126. Del resto, dopo accurate indagini positive, difficilmente si può negare al titolo il suo fondamento biblico - ecclesiale127, sì che a ragione Paolo VI già nel 1966 poteva parlare di «antica tradizione»128. Anzitutto la maternità ecclesiale di Maria si fonda sulla sua maternità divina. Maria è madre della Chiesa «perché Madre naturale di Cristo, nostro capo e redentore»129. «La forza di questo ragionamento deriva dalla teologia del corpo mistico»130. Il Verbo di Dio incarnandosi possiede in sé in modo virtuale ed eminente la vita divina di tutti i cristiani. Per questo Maria generando il Cristo genera i membri della Chiesa. La maternità ecclesiale di Maria risponde così alla sua missione materna integrale131. In secondo luogo, la maternità ecclesiale di Maria non è solo legata alla sua maternità biologica, ma anche alla cooperazione materna all’opera di Cristo. Siamo coscienti che in questo ambito bisogna essere prudenti per non contraddire il dettato della 1 Tm 2,5 sull’unica e completa mediazione di Cristo. Però anche il Vaticano II ha parlato di cooperazione di Maria - subordinata e del tutto dipendente da Cristo (LG 60,62) - «per restaurare la vita soprannaturale delle anime» (LG 61), «per la qual cosa è divenuta per noi madre nell’ordine della grazia» (ib). Sì che il concilio, pur evitando volutamente il titolo ne ha affermato la sostanza quando dice che «La Chiesa cattolica, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale venera Maria come madre amatissima» (LG 53). Il titolo è il prolungamento della dottrina conciliare sulla cooperazione di Maria e sulla sua maternità nell’ordine della grazia. Allo stesso tempo offre un’ulteriore specificazione al titolo di Madre di Dio. Se Theotokos innalza Maria fino al mistero della vita divina trinitaria, Ecclesiotokos porta Maria nel cuore stesso della vita della Chiesa, la quale mostra non solo il volto del Cristo, suo capo, ma anche quello materno di Maria sua Madre. Ecclesiotokos, infatti, è una conseguenza della maternità messianica di Maria, il cui contenuto più che da categorie classiche (non si tratta né di casualità efficiente, né di casualità finale) è dato da categorie di tipo personale e specificatamente femminili132. La casualità materna esercitata da Maria sulla formazione della Chiesa costituisce l’aspetto più fondamentale e sorprendente della sua maternità messianica. Si tratta di una casualità che appartiene all’esperienza comune dell’umanità e che ha un’importanza primordiale nell’esistenza di ogni essere umano. E’ una casualità che emerge dalla lettura evangelica dell’opera di Maria. L’annunciazione, ad esempio, è un sì all’instaurazione del regno messianico e quindi implicitamente alla formazione della Chiesa. Essere Madre del Messia significa per Maria impegnarsi anche in una maternità che contribuirà alla nascita del regno. Gli episodi di Cana e del Calvario sono tappe e manifestazioni di questo ruolo materno di Maria. Ricevendo Giovanni al Calvario (Gv 19,26), Maria riceve in eredità un altro figlio e in lui diventano figli di Maria. La maternità di Maria continua così nella Chiesa, come maternità nei confronti di ognuno dei discepoli133. La maternità di Maria da fisica si fa spirituale e adottiva e da individuale si fa comunitaria ed ecclesiale. Il titolo «Madre della Chiesa» rivela in terzo luogo la volontà del Padre di attribuire alla donna la più ampia influenza sulla formazione ed espansione della comunità ecclesiale. Evidenzia il ruolo di Maria come donna e come «madre amatissima» (LG 53). Questo aspetto di amore tra Maria e la Chiesa come fondamento della relazione materna era già stato indicato dalla tradizione teologica, quando affermava: «Illa est ergo nostra Mater verissima, quae nos maxime diligit»134. Nella maternità di Maria, Dio Padre ha voluto dare un volto materno alla comunicazione della grazia nella Chiesa. Inoltre, col suo cuore di Madre, Maria diventa nella Chiesa e per la Chiesa l’espressione dei sentimenti del Padre nei confronti dei propri figli nel Figlio. Infine il Padre, origine prima della maternità di Maria, diventa il termine ultimo verso cui conduce tale maternità ecclesiale di Maria135. Precisiamo subito che tale titolo non intende porre Maria sopra o fuori della Chiesa, della quale Maria è membro. Esso intende mostrare fondatamente che Maria esercita una propria casualità materna nella nascita e nello sviluppo della Chiesa nella storia. Maria è un membro della Chiesa, in quanto redenta e in quanto fin dalla Pentecoste fa parte della comunità ecclesiale storica. Tale realtà, però non può eliminare il fatto che Maria come Madre coopera al sorgere e all’evolversi della Chiesa. Qui emerge la complessità dei rapporti esistenti tra Maria e la Chiesa (membro, figura, modello, madre) e anche l’importanza del linguaggio per esprimerli adeguatamente. Questo però non deve essere motivo di rifiuto del titolo Madre della Chiesa. Anche Teotokos contiene dei rischi e delle ambiguità sia nel contenuto che nel linguaggio. Con tale titolo non si vuole affatto affermare che Maria sia superiore a Dio. Così l’affermazione che Maria è Madre della Chiesa, non intende dire che Maria è sorgente principale della Chiesa. Intende, invece, affermare che Maria offre al Padre, al Figlio e allo Spirito la collaborazione umana e materna - affidatale come compito dalla stessa Trinità - in relazione alla comunità ecclesiale. La teologia contemporanea ha approfondito tale presenza materna di Maria nei confronti della comunità ecclesiale: essa diventa madre e modello di fede, speranza, di offerta generosa nel sacrificio, nel servizio, nella preghiera, nella testimonianza, nella comunione, Maria, inoltre, intercede maternamente per i figli presso il suo Figlio e, essendo nostra «madre nell’ordine della grazia» (LG 61), non fa mancare il suo influsso sulla diffusione della grazia, soprattutto di quella sacramentale. In conclusione; Maria, come Madre della Chiesa, resta e opera fondamentalmente nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa.

6) Recezione del titolo

Nonostante difficoltà e incomprensioni teologiche a poco a poco il titolo entra nel tessuto vivo della pietà cristiana. Il titolo rifluisce nella liturgia, secondo la massima «lex credendi lex orandi», e cioè dalla convinzione di fede alla celebrazione della fede. Paolo VI, in seguito a richieste provenienti da tutto il mondo, approva tre formulari di Messe su Maria Madre della Chiesa. I primi due sono riservati rispettivamente ai Serviti (13 luglio 1968) e ai Vescovi polacchi (11 ottobre 1971). Il terzo per la Chiesa universale corrisponde al testo della messa votiva «De Beata Maria Ecclesiae Matre», introdotto nella seconda edizione tipica del Messale Romano di Paolo VI nel 1975136. L’analisi teologica dei testi liturgici evidenzia la ricchezza biblica di tale titolo mariano. Ad esempio, nel prefazio si dice che Maria, accogliendo il Verbo nel suo cuore immacolato, «meritò di concepirlo nel grembo verginale» e «divenendo madre del suo Creatore, segnò gli inizi della Chiesa»137. Anche l’edizione tipica latina del 1981 del Missale Abrosianum contiene il titolo «Mater ecclesiae»138. Amplissima recezione riservò a questo titolo il documento di Puebla nell’ambito della trattazione della Chiesa, «la famiglia che ha per madre la Madre di Dio» (n. 285; n. 282-291). Maria è «Madre della Chiesa, perché Madre di Cristo, capo del corpo mistico» (n. 287). «Essa è inoltre nostra Madre “perché cooperò con la carità” (LG 53) nel momento in cui dal cuore trafitto di Cristo nasceva la famiglia dei redenti» (n. 287). Puebla ha considerato Maria come Madre e modello non solo della Chiesa universale, ma in modo particolare della Chiesa latinoamericana. «Maria è nostra Madre» perché collabora alla generazione di nuovi figli nella Chiesa mediante l’opera dell’evangeliz­zazione (n. 288). Maria è «la Madre educatrice della fede» (n. 290) e con il suo «cuore grande come il mondo» (n. 289) non è solo «la pedagoga del vangelo nell’America latina» (n. 290), ma «implora il Signore della storia per tutti i popoli» (n. 289). Maria come vera Madre della Chiesa «è segno di riconoscimento del popolo di Dio» (n. 291). La presenza materna di Maria è indispensabile alla Chiesa: «Si tratta di una presenza femminile che crea il clima di famiglia, la volontà di accoglienza, l’amore e il rispetto per la vita. E’ una presenza e un sacramentale dei lineamenti materni di Dio. E’ una realtà così profondamente umana e santa da suscitare nei credenti accorate invocazioni d’affetto, di calore e di speranza» (n. 291). C’é disponibilità ad accogliere il titolo anche presso alcuni teologi non cattolici. Citiamo ad esempio, John Macquarry, il quale come «Lady Margaret Professor» ad Oxford, nel 1966 scriveva a proposito di Maria Madre della Chiesa : «io credo che questo titolo particolare più di ogni altro, fornisca una interpretazione del posto di Maria sulla quale cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti possono essere d’accordo»139. Le tre ragioni per questo suo consenso: 1) Gv. 19,27: molto probabilmente le parole «ecco tua madre» sono rivolte all’intera comunità cristiana; 2) il titolo dà a Maria una certa priorità nella Chiesa, dal momento che essa ha avuto un ruolo indispensabile nell’incarnazione del salvatore; 3) tale titolo vede in Maria il prototipo della Chiesa. secondo il cattolico G. M. Corr, trattandosi di un titolo personale e non istituzionale, esso può essere accettato da tutti i cristiani, creando così un clima di reale ecumenismo spirituale140. Ancora recentemente il teologo evangelico U. Wickert ha ribadito che, da storico della Chiesa, egli vede una linea provvidenziale che parte dal dogma dell’Assunta e, in concomitanza col concilio, giunge alla proclamazione di Maria Mater Ecclesiae: «La solenne definizione di Pacelli e l’ispirazione (conciliare) di Roncalli, si appartengono, e si sono rivelate reciprocamente provvidenziali: e la “Mater Ecclesiae” di Montini in un certo senso pone il sigillo a tutto ciò141. Lo stesso teologo parla di Maria che, come «Ecclesiotokos», è la madre dell’unità142. Così anzi intitola una sua relazione tenuta il 1 giugno 1985: «Maria madre della Chiesa, madre dell’unità», nella quale afferma che l’unità dei cristiani è possibile, solo se la pietra scartata (in questo caso Maria) diventerà pietra angolare143.


NOTE

77
RAHNER H., Maria e la Chiesa, Jaca Book, Milano 1977, p.17.
78 Ib., p.19.
79 Ib, p.20.
80 In RATZINGER J. - von BALTHASAR H.U., Maria chiesa nascente, Paoline, Roma 1981, p. 27.
81 Cf DE LUBAC H., Meditazione sulla Chiesa, Paoline, Roma 1955, p. 389.
82 Cf Ib. p.392.
83 Cf Ib, p. 393-396.
84 Cf Ib., p. 423.
85 Secondo l’espressione dell’Olier, citato da de Lubac, ib. p.397.
86 IVONIS CARNOTENSIS EP, De nativitate Domini; PL 162, 57OC.
87 AURELII AUGUSTINI, De sacra virginitate, c.II; PL 40, 397.
88 PETRI DAMIANI, Sermo 63; PL 144,861B «Magna igitur et felix mater et beata virgo Maria, ex cuius visceribus caro Christi desumpta est, ex qua rarsus por aquam et sanguinem profluxit Ecclesia» E subito dopo: «Hoc itaque modo et ex Maria prodiisse videntur Ecclesia» (Ib).
89 Cf gli atti «Maria et Ecclesia», pubblicati dall’Accademia Mariana Internazionale in 16 volumi.
90 Cf QUADRIO G., Maria e la Chiesa, La mediazione sociale di Maria SS. nell’insegnamento dei Papi da Gregorio XVI a Pio XII, SEI Torino 1962.
91 Per una sintesi e bibliografia aggiornata della questione cfr. GHERARDINI B., Chiesa in Nuovo Dizionario di Mariologia, p.350-368 (cfr nota 5).
92 Cf RATZINGER J.- VON BALTHASAR H.U., Maria Chiesa nascente, (cfr. nota 80).
93 Cf. Ib. p.30.
94 Cf COURTH F., Zur Situation der deutschsprachigen Mariologie, in Marianum 43 (1981) p. 152-174.
95 N. 10.4 (cfr. nota 55)
96 Cf DE LUBAC H., Meditazione, p. 415 (cfr nota 81).
97 Cf Ib. p.414.
98 Distinctionum monasticar. lib. III de Matre, in PITRA J.B., Spicilegium Solemense, Akad Druk - U. Verlagsanstalt Graz 1963 (ristampa anastatica dell’edizione parigina del 1855) III p.130,41s.
99 Cf DE LUBAC H., Meditazione, p.415 (cfr. nota 81).
100 Cf cit. in Ib.p. 419.
101 Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani Secundi, I 4,292. Citeremo come AS.
102 Cf AS II 3,306.
103 Cf AS II 300-338.
104 Cf AAS 56 (1964) p. 37.
105 Cf AS III 1,353-374.
106 Per una sitesi cf CASANOVAS CORTES R., El titulo«Madre de la Iglesia» en los textos y en las Actas del Vaticano II, in Ephemerides Mariologicae 32 (1982) p. 252-257.
107 Cf AS 60,10-35; AS III 8,151-171; 375.
108 Cf AS III 1,542.
109 Cf GHERARDINI B. Chiesa p.358 (cfr. nota 91).
110 Cf GHERARDINI B., Mater Ecclesiae Sacra Doctrina 18 (1973) p. 145-184.
111 Cf Discorso di Paolo VI a chiusura del terzo periodo del Concilio in Enchiridion Vaticanum I n.300*.
112 Cf Ib.
113 Ib.
114 Ib. n. 307*.
115 Cf DÜRIG W., Ist die Inschrift des Magus-Epitaphs die früheste Bezeugung des neuen liturgischen Marientitels «Mutter der Kirche»?, in  Münchener Theologische Zeitschrift 27 (1976) p. 376-384.
116 Cf ad esempio FERNANDEZ D., Origines Histórico de la expresión «Mater Ecclesiae», in Ephemerides Mariologicae 32 (1982) p. 189-200.
117 BERENGAUDI, E. Super septem visiones libri Apocalypsis; PL 17, 960B.
118 Distinctionum manasticar. lib. III, p. 130, 30- 131,3 (cfr. nota 98).
119 Per l’esame di queste testimonianze cf lo studio citato alla nota 116.
120 Cf «Bulla aurea gloriosae Dominae» (27 settembre 1748) in Bullarium Romanum 2, t. 2, n. 61 p. 428.
121 Cf AAS 59 (1967) p. 468.
122 «Redemptor hominis»n. 22. Per lo studio del titolo nei documenti pontifici cf MOLINA PRIETO A, Maria «Mater Ecclesiae» en los documentos pontificios Ephemerides Mariologicae 32 (1982) p. 201-222.
123 Cf BORRESEN K., Maria nella teologia cattolica, p.1312 (cfr. nota 59).
124 Cf BEINART W., Die mariologischen Dogmen, p. 301 (cfr. nota 1).
125 Cf Ib.
126 Cf GALOT J., Téologie du titre «Mère de l’Eglise» in Ephemerides Mariologicae 32 (1982) p.159.
127 Per gli studi sull’argomento cf RIVERA A., Bibliografia sobre María, Madre de la Iglesia, in Ephemerides mariologicae 32 (1982) p. 265-271.
128 Nell’enciclica «Christi matri» del 15 settembre 1966: AAS 58 (1966-67) p. 447s.
129 Paolo VI nel discorso del 2 febbraio 1965: AAS 57 (1965) p.250-251.
130 Così GHERARDINI B. Mater Ecclesiae, p.157 (cfr. nota 110).
131 Cf GALOT J. Théologie du titre p. 160 (cfr. nota 126).
132 Cf Ib. p.164.
133 CF Ib. p. 166.
134 Cf nota 118.
135 Cf GALOT J., Théologie du titre p. 173.
136 Cf Messale Romano, LEV, Città del Vaticano 1983, p. 894-850.
137 Cf Ib. p.336. Per uno studio accurato cf GARRIDO BONAÑO P., María, Madre de la Iglesia en la liturgía promulgada por Paulo VI, in Ephemerides Mariologicae 32 (1982) p.223-235.
138 Cf. TRIACCA A.M. La Vierge Marie Mère de Dieu, dans la liturgie eucharistique ambrosienne in TRIACCA A., La Mère de Jésus-Christ et la communion des saints dans la liturgie, Edizioni Liturgiche, Roma 1986, p.322.
139 MACQUARRY J., Principles of Christian Theology,  SCM London 1966, p. 254.
140 G.M. CORR, «Mother of the Church» an ecumenical Title? in Marianum 37 (1975) p. 290.
141 Cf WICKERT U., Freiheit, p.70 (cfr. nota 46).
142 Ib. p. 74, 82.
143 Ib. p.85.
 







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