L’Assunta gloria del creato: una testimonianza dei Padri della Chiesa
Data: Mercoledi 8 Agosto 2012, alle ore 9:17:03
Argomento: Patristica


Un articolo di Luigi Gambero in Riparazione mariana, n. 3 - 2008, pp. 7-10. 



Per alcuni secoli il mistero dell’Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo è rimasto coperto da un velo di silenzio che gli scrittori cristiani di allora non hanno mai cercato di sollevare, mantenendo un atteggiamento di rispettoso riserbo verso un evento che gli scritti neotestamentari non hanno proclamato. Di questo silenzio delle Scritture e della tradizione apostolica non è facile comprendere le ragioni. Ha cercato di farlo Andrea di Creta († ca. 450) in epoca piuttosto tardiva, formulando un paio di ipotesi non prive di una certa consistenza. Andrea ha pensato che la morte e l’assunzione di Maria potrebbero essere avvenute quando gli scritti del Nuovo Testamento erano stati ormai completati; oppure che l’urgenza di predicare innanzitutto l’incarnazione del Figlio di Dio abbia fatto mettere in sordina altri eventi dell’economia salvifica1.
Nei secoli precedenti i primi a rompere questo silenzio, che sembrava imposto dalla Scrittura, sono stati gli apocrifi; e lo hanno fatto con dovizia di dettagli che vanno dal verosimile al fantasioso. L’unica voce di un Padre della Chiesa abbastanza antica, ma rimasta a lungo isolata, è stata quella di Epifanio di Salamina († 403), che ha fatto accenno al problema del termine dell’esistenza terrena di Maria, ma non ha voluto o potuto dare una risposta ai suoi interrogativi. Eppure Epifanio, palestinese di origine e che era vissuto a lungo in un monastero della Palestina, non poteva ignorare le narrazioni apocrife sorte e circolanti proprio tra i cristiani del suo paese. Se non ne ha tenuto conto, il motivo più probabile è che egli non attribuisse nessun credito storico a questo tipo di racconti.
Bisogna comunque riconoscere che nei secoli più antichi sono stati gli apocrifi a veicolare verso il futuro la fede del popolo cristiano in questo mistero. Gradualmente e con il procedere del tempo, i Padri della Chiesa hanno incominciato a distinguere in questi scritti ciò che era frutto di pura fantasia dalla verità che essi trasmettevano, interpretando, sia pure a modo loro, la fede del popolo di Dio. Le prime omelie dei Padri che celebrano la festività dell’Assunzione o, come dicono i cristiani orientali, la Dormizione, appaiono soltanto tra il VI e il VII secolo. La credenza in questa verità, agli inizi, manifesta ancora qualche esitazione o incertezza circa le peculiarità e le circostanze in cui l’evento si è verificato; ma con la predicazione degli ultimi Padri della Chiesa orientale il mistero appare come verità comunemente acquisita dal sensus fidei dei credenti e un forte motivo di glorificazione della Madre di Dio.

La creazione gloria di Dio

Affascinati dalla bellezza e dalla gloria di Maria, quale si irradia dal mistero dell’Assunzione, i Padri erano istintivamente portati a paragonarla alla creazione, che essi ammiravano come uno spettacolo grandioso e globale della gloria di Dio, che ne prova l’esistenza e ne rispecchia le mirabili perfezioni. Come, infatti, nella Rivelazione Dio manifesta la sua verità, così nella creazione egli fa contemplare la sua onnipotenza e la sua bellezza archetipa, per cui il vero e il bello diventano vie maestre che conducono a lui.
Basilio di Cesarea († 379) scriveva che la bellezza delle cose visibili ci rimanda all’invisibile divina bellezza: «Se la realtà visibile è così bella, come si dovrà ritenere che sia quella invisibile? Se la grandezza del cielo supera le capacità dell’umana intelligenza, quale intelligenza potrebbe mai scrutare la natura delle cose eterne? Se il sole, che è anch’esso una creatura corruttibile, è così bello, così grande…, di quale bellezza sarà mai il sole di giustizia2.
Un contemporaneo di Basilio, il patriarca costantinopolitano Giovanni Crisostomo († 407) ribadisce la stessa osservazione: «Perché Dio ha creato cose tanto belle? Per manifestare la sua sapienza e la grandezza della sua potenza, affinché conoscessimo in tutto la sua gloria. Non soltanto i cieli “narrano la gloria di Dio” (Sal 18, 2), ma anche la terra … Alcune creature infatti rendono lode al Creatore con i loro frutti, altre con la loro grandezza, altre con la loro bellezza»3.
Come la shekina dell’Esodo nascondeva la gloria di Dio, così la bellezza delle creature nasconde la sua universale presenza nel creato, lasciando trapelare alcuni spiragli che permettono di immaginare la sua gloria infinita.
Nel quadro immenso della creazione, l’uomo occupa un posto di prim’ordine, per le speciali prerogative e qualità di cui Dio lo ha dotato. Lo ricorda, tra altri, il suddetto Crisostomo: «Se Dio manifesta una cura così sollecita nei confronti di cose di modesto valore, come ad esempio l’erba e i fiori, potrà forse dimenticare te che sei la più eccellente delle sue creature?»4.  Del resto il processo stesso della creazione, come appare dal libro della Genesi, dimostra come Dio abbia collocato l’uomo al vertice della sua opera.

Maria la più eccelsa tra gli esseri umani

I Padri hanno sempre visto la Vergine come donna appartenente alla famiglia umana. Alcuni di loro l’hanno anche chiamata nostra sorella perché, come tutti gli esseri umani, ella pure è una discendente di Adamo5. Maria, inoltre, è membro della Chiesa, pur essendo un membro straordinario, come precisa Agostino († 450): «Maria è parte della Chiesa, un membro santo, un membro sovreminente, e pur tuttavia un membro dell’intero corpo»6.
Quale creatura umana privilegiata e membro singolare e santissimo della Chiesa, Maria è come la nube dell’Esodo, che in modo mirabile nascondeva e contemporaneamente testimoniava la presenza di Dio tra il suo popolo. Ella è dunque paragonabile alla nube della shekina, giacché nel suo seno si è nascosta la gloria del Creatore fatto uomo. Si comprende allora perché la tradizione iconografica bizantina abbia attribuito ad un tipo di icona il titolo: «In te si rallegra ogni creatura». Maria è la madre della bellezza e riassume nella sua persona le meraviglie del creato. La sua appartenenza al nostro mondo e la sua funzione giustificano il coraggio con cui alcuni autori cristiani si appropriavano, in certo qual senso, della sua persona per farne un dono eccellentissimo a Dio in nome di tutta la creazione. Ricordando il vecchio Adamo, Andrea di Creta così predicava: «Oggi Adamo presenta a Dio in nome nostro la primizia proveniente da noi; gli offre Maria e grazie a lei la primizia che non era stata contaminata diventa pane per la rigenerazione della stirpe… Oggi la natura generata, rimanendo unita alla Madre del Bello, riceve quale impronta ottima e divinissima quel fulgore di bellezza che l’ignobiltà della malizia aveva oscurato»7.
Pertanto, se i figli di Adamo vogliono offrire a Dio un dono a lui gradito, possono presentargli la Madre sua, che può essere davvero un dono nostro, in quanto appartenente alla stirpe umana.
Il fatto di essere una creatura non impedisce che Maria sia superiore alle nostre umane possibilità e capacità, per il fatto che il suo ruolo di Madre di Dio tende a proiettarla verso le altezze della trascendenza divina. I Padri della Chiesa, perciò, la paragonavano alla scala di Giacobbe che univa la terra al cielo. Lo si legge, ad esempio, in Giovanni Damasceno († ca. 750): «Oggi Cristo si è costruito una scala. La sua base è piantata sulla terra ma la sua sommità tocca il cielo… Attraverso essa Cristo è disceso sulla nostra terra; si è manifestato ed è vissuto con gli uomini»8.
Come scala che unisce il cielo alla terra, Maria ha contribuito ad inaugurare una presenza nuova di Dio tra noi quando il Verbo divino si fece carne nel suo seno; d’altra parte, salendo al cielo con il suo corpo
glorificato, ha precorso la futura presenza dei corpi degli eletti nella Gerusalemme celeste. Il patriarca di Costantinopoli Germano († 733), rivolgendosi a Maria, ricorre a metafore bibliche per sintetizzare la condizione gloriosa di lei in cielo: «Tu sei il trono santo di Dio, offerta divina, casa della gloria, splendore bellissimo, gioiello scelto, universale propiziatorio, cielo che narra la gloria di Dio, oriente che fa spuntare una luce intramontabile… Ti saluto, Maria, piena di grazia, più santa dei santi, più gloriosa dei cherubini, più onorata dei serafini, venerata al di sopra di tutta la creazione»9.
Anche Andrea di Creta rivolge alla Madre del Signore lodi superlative, quali si addicono a colei che fu da Dio elevata al di sopra di tutte le creature: «Benedetta nei cieli e glorificata sulla terra... Tutta la creazione è piena della tua gloria e l’universo è stato santificato dalla sensazione del tuo profumo… Per causa tua tutti cantano con noi: Gloria in cielo e pace sulla terra!... O Regina di tutto il genere umano…, tu stai al di sopra di tutte le cose, eccetto Dio»10.
L’intera creazione, ripete Giovanni Damasceno, è stata asservita a lei, che nella sua glorificazione celeste giustamente viene onorata come Signora (Kuria) e Regina (Basilissa) di tutto il creato11.

Mediatrice tra Cristo e le creature

In cielo Maria conserva un rapporto speciale con la nostra terra. Se, infatti, nell’Incarnazione il genere umano ha gustato la gloria di aver dato una Madre al Dio Salvatore, nel mistero della di lei Assunzione, Dio medesimo ha provveduto una Madre a noi creature terrene, perché nella gloria celeste Maria non solo gode la vita beata per i suoi meriti straordinari, ma svolge anche il ruolo di mediatrice che il Signore le ha affidato in favore di tutti noi, ai quali ella si sente legata da un forte vincolo di solidarietà. Alcuni Padri hanno ben compreso ed insegnato questa consolante verità. Citiamo ancora Germano di Costantinopoli: «La sempre Vergine, splendente di luce divina e piena di grazia, mediatrice innanzitutto a causa del suo parto soprannaturale, e ora mediante l’intercessione del suo materno potere, sia coronata di incessanti benedizioni. Che durante tutta la notte di questa vita l’accompagni la venerazione dei nostri inni. Non dimentichiamo neppure un istante le meraviglie che Dio ha operato in nostro favore per mezzo di lei, per non farle interrompere la sollecitudine e la protezione che ella ci garantisce»12.
Pertanto la funzione mediatrice della Vergine stava diventando una credenza comune nella Chiesa e gli ultimi Padri greci ne danno una sicura testimonianza. Tra altre, abbiamo quella di Andrea di Creta: «Che meraviglia! Ella opera come mediatrice tra la sublimità di Dio e la bassezza della nostra carne»13.
In un’altra omelia Andrea la saluta come «mediatrice tra la legge e la grazia»14, sembrando volerla collocare al punto di incontro tra Antico e Nuovo Testamento e invocare il suo aiuto per conseguire la salvezza: «Immacolata Madre di Dio e Vergine, innalzata tra i canti, noi ti imploriamo con le braccia aperte affinché possiamo conseguire la nostra salvezza »15.

Conclusione

La gloria dell’Assunta ha iniziato ad illuminare la coscienza dei credenti partendo dall’Oriente, perché è qui che l’evento-mistero si è compiuto. I Padri della Chiesa ne hanno dato testimonianza ed hanno scoperto in questo mirabile avvenimento soprannaturale la tappa finale di quel percorso di divinizzazione (theiosis) che tutti gli esseri umani sono chiamati a percorrere per conseguire la salvezza nella visione beatifica di Dio. Ma anche la creazione nella sua totalità dovrà ripercorrere lo stesso itinerario trasfigurante per raggiungere la vaticinata trasformazione finale dei cieli nuovi e della terra nuova nella gloria divina.

NOTE
1 Prima omelia sulla Dormizione, PG 97,1060.
2-3 Omelie sull’Esamerone 6, 1, PG 29, 120; SC 26, 328-330.
4 Commento al Vangelo di Matteo 22, 1, PG 57, 300-301.
5 Ivi.
6 Cf ATANASIO DI ALESSANDRIA, Lettera ad Epitteto 7, PG 26, 1061; EPIFANIO DI SALAMINA, Panarion 77, 9, PG 42, 653; SEVERO DI ANTIOCHIA, Omelia 108, PO 25, p. 702; TEODOSIO ALESSANDRINO, Sermone copto per l’Assunzione, in C. ERBETTA, Gli Apocrifi del Nuovo Testamento ½, p. 590; TEOTECNO DI LIVIAS, Omelia sull’Assunzione, in A. WENGER, L’Assomption de la Très Sainte Vierge, p. 291; GIOVANNI DI TESSALONICA, Omelia sulla Dormizione 5, PO 19, p. 382.
7 Sermo Denis 25, 7, in Miscellanea Agostiniana, vol. I, p. 163. L’espressione: supereminens membrum è usata anche dalla Lumen gentium n 53.
8 Prima omelia sulla Natività, PG 97, 809-812.
9 Terza omelia sulla Natività, PG 96, 665.
10 Omelia II sulla Presentazione 17, PG 98, 308.
11 Terza omelia sulla Dormizione, PO 97, 1100.
12 Seconda omelia sulla Dormizione 14, PG 96, 741.
13 Omelia sulla liberazione di Costantinopoli 23, ediz. W. Grumel, in Revue des Etudes Byzantines 16 (1958), 198.
14 Prima omelia sulla Natività, PG 97, 808.
15 Quarta omelia sulla Natività, PG 97, 865.
16 Canone per la Pentecoste, PG 97, 1425







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