La Mariologia del Petrarca
Data: Domenica 30 Settembre 2012, alle ore 0:54:53
Argomento: Cultura


Un articolo di Jessica Mauta, in Missio Immacolatae International, anno 7, settembre - ottobre 2011, pp. 11-12.

Vergine bella, che di sol vestita,
coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sí, che 'n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole:
ma non so 'ncominciar senza tu' aita,
et di Colui ch'amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede:
Vergine, s'a mercede
miseria extrema de l'humane cose
già mai ti volse, al mio prego t'inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench'i' sia terra, et tu del ciel regina.

Vergine saggia, et del bel numero una
de le beate vergini prudenti,
anzi la prima, et con piú chiara lampa;
o saldo scudo de l'afflicte genti
contra colpi di Morte et di Fortuna,
sotto 'l qual si trïumpha, non pur scampa;
o refrigerio al cieco ardor ch'avampa
qui fra i mortali sciocchi:
Vergine, que' belli occhi
che vider tristi la spietata stampa
ne' dolci membri del tuo caro figlio,
volgi al mio dubbio stato,
che sconsigliato a te vèn per consiglio.

Vergine pura, d'ogni parte intera,
del tuo parto gentil figliola et madre,
ch'allumi questa vita, et l'altra adorni,
per te il tuo figlio, et quel del sommo Padre,
o fenestra del ciel lucente altera,
venne a salvarne in su li extremi giorni;
et fra tutt'i terreni altri soggiorni
sola tu fosti electa,
Vergine benedetta,
che 'l pianto d'Eva in allegrezza torni.
Fammi, ché puoi, de la Sua gratia degno,
senza fine o beata,
già coronata nel superno regno.

Vergine santa d'ogni gratia piena,
che per vera et altissima humiltate
salisti al ciel onde miei preghi ascolti,
tu partoristi il fonte di pietate,
et di giustitia il sol, che rasserena
il secol pien d'errori oscuri et folti;
tre dolci et cari nomi ài in te raccolti,
madre, figliuola et sposa:
Vergina glorïosa,
donna del Re che nostri lacci à sciolti
et fatto 'l mondo libero et felice,
ne le cui sante piaghe
prego ch'appaghe il cor, vera beatrice.

Vergine sola al mondo senza exempio,
che 'l ciel di tue bellezze innamorasti,
cui né prima fu simil né seconda,
santi penseri, atti pietosi et casti
al vero Dio sacrato et vivo tempio
fecero in tua verginità feconda.
Per te pò la mia vita esser ioconda,
s'a' tuoi preghi, o Maria,
Vergine dolce et pia,
ove 'l fallo abondò, la gratia abonda.
Con le ginocchia de la mente inchine,
prego che sia mia scorta,
et la mia torta via drizzi a buon fine.

Vergine chiara et stabile in eterno,
di questo tempestoso mare stella,
d'ogni fedel nocchier fidata guida,
pon' mente in che terribile procella
i' mi ritrovo sol, senza governo,
et ò già da vicin l'ultime strida.
Ma pur in te l'anima mia si fida,
peccatrice, i' no 'l nego,
Vergine; ma ti prego
che 'l tuo nemico del mio mal non rida:
ricorditi che fece il peccar nostro,
prender Dio per scamparne,
humana carne al tuo virginal chiostro.

Vergine, quante lagrime ò già sparte,
quante lusinghe et quanti preghi indarno,
pur per mia pena et per mio grave danno!
Da poi ch'i' nacqui in su la riva d'Arno,
cercando or questa et or quel'altra parte,
non è stata mia vita altro ch'affanno.
Mortal bellezza, atti et parole m'ànno
tutta ingombrata l'alma.

Vergine sacra et alma,
non tardar, ch'i' son forse a l'ultimo anno.
I dí miei piú correnti che saetta
fra miserie et peccati
sonsen' andati, et sol Morte n'aspetta.

Vergine, tale è terra, et posto à in doglia
lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne
et de mille miei mali un non sapea:
et per saperlo, pur quel che n'avenne
fôra avenuto, ch'ogni altra sua voglia
era a me morte, et a lei fama rea.
Or tu donna del ciel, tu nostra dea
(se dir lice, e convensi),
Vergine d'alti sensi,
tu vedi il tutto; e quel che non potea
far altri, è nulla a la tua gran vertute,
por fine al mio dolore;
ch'a te honore, et a me fia salute.

Vergine, in cui ò tutta mia speranza
che possi et vogli al gran bisogno aitarme,
non mi lasciare in su l'extremo passo.
Non guardar me, ma Chi degnò crearme;
no 'l mio valor, ma l'alta Sua sembianza,
ch'è in me, ti mova a curar d'uom sí basso.
Medusa et l'error mio m'àn fatto un sasso
d'umor vano stillante:
Vergine, tu di sante
lagrime et pïe adempi 'l meo cor lasso,
ch'almen l'ultimo pianto sia devoto,
senza terrestro limo,
come fu 'l primo non d'insania vòto.

Vergine humana, et nemica d'orgoglio,
del comune principio amor t'induca:
miserere d'un cor contrito humile.
Che se poca mortal terra caduca
amar con sí mirabil fede soglio,
che devrò far di te, cosa gentile?
Se dal mio stato assai misero et vile
per le tue man' resurgo,
Vergine, i' sacro et purgo
al tuo nome et penseri e 'ngegno et stile,
la lingua e 'l cor, le lagrime e i sospiri.
Scorgimi al miglior guado,
et prendi in grado i cangiati desiri.

Il dí s'appressa, et non pòte esser lunge,
sí corre il tempo et vola,
Vergine unica et sola,
e 'l cor or coscïentia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliuol, verace
homo et verace Dio,
ch'accolga 'l mïo spirto ultimo in pace.

Francesco Petrarca, scrittore e poeta italiano, nasce ad Arezzo, il 20 luglio 1304 e muore ad Arquà, il 19 luglio 1374. L'opera - per cui è universalmente noto - è il Canzoniere, o meno comunemente conosciuto col titolo originale in lingua latina Francisci Petrarchae laureati poetae Rerum vulgarium fragmenta (Frammenti di componimenti in volgare di Francesco Petrarca, poeta laureato).
Si tratta di un'autobiografia spirituale, caratterizzata da 366 componimenti divisi in 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali.
Frequenti sono i riferimenti alla Sacra Scrittura (sonetto LXXXI Io son sì stanco), al Vangelo (O voi che travagliate, ecco 'l camino) e ai Salmi ( salmo LIV,7 "Qual grazia, qual amore o qual destino/ mi darà penne in guisa di colomba/ ch'io mi riposi e levimi da terra?"), ma, un aspetto da non sottovalutare è l’amore che egli nutre per la Vergine Maria, tanto da dedicarle la lode finale dell’opera, implorando perdono ed esprimendo un intenso desiderio di superare ogni conflitto e di trovare finalmente la pace.
A differenza di Dante, Petrarca resta legato alla sfera umana, esaminando, dinanzi alla Vergine, la sua coscienza e sentendo il bisogno del suo soccorso. Mentre, nel poeta fiorentino, Maria Santissima è l’ideale della contemplazione, modello delle virtù, che affascina e conquista l’anima, la Vergine cui si rivolge il poeta aretino, è il rifugio dei peccatori - Consolatrix afflictorum, Auxilium christianorum - e, difatti, il dissidio tra peccato e grazia, che vive Francesco, viene risolto proprio dalla preghiera a Colei che è refrigerio al cieco ardor ch’avvampa qui fra i mortali sciocchi.
La mariologia del Petrarca si caratterizza di una serie di appellativi che mettono in risalto lo splendore e la missione altissima della Madre di Dio, ma soprattutto, ci presenta una bellezza memore dell’Apocalisse:
Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle...
La sua, è una lode dettata dalla fiducia e dalla speranza, mostrando un'autentica devozione e un sincero affetto.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede:
Vergine, s'a mercede
miseria extrema de l'humane cose
già mai ti volse, al mio prego t'inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench'i' sia terra, et tu del ciel regina.
versi, questi, che sembrano ricordarci la splendida preghiera-lirica di San Bernardo di Chiaravalle: Se insorgono i venti delle tentazioni, se ti imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria...; insomma, il poeta è convinto della potente intercessione della Regina del Cielo e le chiede aiuto e sostegno
saldo scudo delle afflitte genti,
con un’accorata preghiera.
L’estasi “amorosa” del Petrarca è suscitata, anzitutto, dalla Bellezza celestiale e inimitabile della Madonna;
Vergine sola al mondo senza exempio,
che 'l ciel di tue bellezze innamorasti
quasi a confermare che è dall’eternità che Dio La guarda; è dall’eternità che Egli aspettava la pienezza dei tempi; è dall’eternità che Dio pensava a Maria, formandola più bella che mai, riempiendola di grazie, di ogni bellezza, e rendendola Immacolata. Scrive bene Benedetto XVI: L’autentica Bellezza schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la Bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere... . Si capisce allora perché – come scrive Dostoevskij – l’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la Bellezza non potrebbe più vivere.
Tutta la Canzone alla Vergine, si incentra sulla sospirata cessazione della sua lotta interiore, cercando soccorso contro il Tentatore:
Vergine, ma ti prego
Che 'l tuo nemico del mio mal non rida
,
ma soprattutto cercando di “toccare” il Cuore di quella Mamma che tanto soffrì presso la Croce, provando un vero e proprio martirio interiore.
Quante lacrime ha versato l’autore e quanto spesso si è sentito incapace di sostenere le sue ansie, le sue preoccupazioni, i suoi timori e le sue lotte; solo la Madonna, dunque, Mediatrice di tutte le Grazie, può intercedere presso Dio, concedendogli la guarigione.
Vergine tu vedi il tutto…
Medusa e l'error mio m'àn fatto
un sasso d'umor vano stillante
.
La Vergine sa e conosce l’animo di Francesco, il quale si è lasciato pietrificare da Medusa (Laura) che lo ha legato a sé con un amore che non ha una funzione beatificante, come nello Stil Novo, ma più che altro di peccato.
Raccomandami al tuo Figliuol,
verace omo e verace Dio,
ch'accolga 'l mio spirto ultimo in pace
è questo l’ultimo verso della lode che ci ricorda la stessa di Sant’Ignazio di Loyola, che accompagna le nostre comunioni: In hora mortis meae voca me, et jube me venire ad Te, quando, o Signore, arriverà l’ora della mia morte, chiamami, e ordina che io sia portato dinanzi a Te e al tuo Cuore che è fornax ardens caritatis.
Francesco guarda a Maria senza timore, innamorandosi sempre più di quella Bellezza che sola salverà il mondo, di quella Bellezza, che, a detta di Hans Urs von Balthasar, è l'ultima parola che l'intelletto pensante può osare di pronunciare, non facendo altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene ed il loro indissolubile rapporto.







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