I Santuari mariani della Provincia di Perugia
Data: Venerdi 19 Ottobre 2012, alle ore 17:02:15
Argomento: Storia


Dal libro di Mario Sensi - Mario Tosti - Corrado Frattini, Santuari nel territorio della Provincia di Perugia, Quattroemme, Perugia Ponte San Giovanni 2002, pp. 55-62.



Con lo sviluppo di una cristologia, vieppiù attenta all’umanità di Cristo, venne acquistando, a partire dal secolo XII, un’importanza sempre maggiore il culto della Madonna: all’epoca appaiono i primi santuari mariani che ben presto si moltiplicheranno in tutte le regioni, paesi, villaggi: un proliferare di santuari, regionali e locali, la cui storia si è iniziata a scrivere da non molti anni a questa parte. L’origine di questi santuari è legata a reliquie, ad apparizioni, a ritrovamenti di statue o immagini convalidate poi dell’autorità ecclesiastica; e non mancano casi di acculturazione, come nel caso di San Ponziano, santuario martiriale – posto ai piedi della grotta micaelica di Colle Ciciano – dove di certo, a partire dalla seconda metà del secolo XV, malaria e anemia mediterranea si curavano con l’olio prelevato dalla lampada che ardeva a fianco del simulacro della Vergine, posto nell’absidina della cripta di fronte all’entrata. È quanto tra l’altro attestano gli affreschi che ne adornano le pareti – Madonne in Trono e santi terapeuti, ivi compreso il beato Simoncino, il bambino trovato ucciso a Trento, il 25 marzo 1475, giorno di giovedì santo, presso una casa di ebrei – nonché le tavolette votive un tempo ivi esposte e di recente trasferite all’interno del monastero101.
Con il ritorno in occidente dei primi crociati, il culto delle reliquie, ormai entrato nella vita religiosa, assunse una nuova importanza, facendosi – per dirla con Alphandéry e Dupront – “strumento di rinascita per una spiritualità venuta dall’Oriente”102. Mentre quasi in parallelo, a cominciare proprio dalla Francia – dove, dall’epoca del Capitolare de imaginibus, avallato dal sinodo di Francoforte (794) e dal concilio di Parigi (825), le autorità avevano preso una posizione rigida sulla questione del culto da prestarsi alle immagini103 – si verificò una splendida fioritura di statue. Queste erano rappresentazioni simboliche della Madonna o del santo, il che comportò una rivoluzione sconosciuta in Oriente: il passaggio dal culto dell’immagine dipinta a quella tridimensionale, appunto alla statua che, grazie anche alla presenza di reliquie – le più antiche furono statue reliquiario – svolse un ruolo del tutto simile a quello dell’icona in Oriente, quello di rendere presente il mondo invisibile e di fungere, per usare un’espressione di san Giovanni Damasceno, da “canale della grazia con virtù santificatrice”104. Con la venerazione delle statue di Cristo in croce – celebri le Maestà di Catalogna e i Santi Volti d’Italia105 – della Madonna e dei santi iniziò il divario tra “la foi savante et la foi populaire”, o meglio tra “la foi des villes et la fois des champs” e il culto popolare compì così un percorso diverso da quello liturgico106. La gerarchia intervenne non per proibire, ma per giustificare il nuovo indirizzo107.
Pur continuando a riscuotere successi le tombe degli apostoli – in particolare quella di Pietro cui Gesù diede il potere delle Chiavi e quella di san Giacomo Maggiore, uno dei tre apostoli scelto dal Maestro per contemplare il miracolo della Trasfigurazione – ci fu così in Occidente un proliferare di santuari finché quelli mariani, nel giro di tre secoli, si imposero su tutti gli altri.
Pochissimi i santuari mariani della prima stagione giunti fino ai nostri giorni. Vi si veneravano statue cave che proclamavano la regalità della Madonna in trono o icone. Uno dei santuari mariani è appunto la Porziuncola, legato, a quanto sembra, a una statua, sostituita poi da una icona e a reliquie portate in occidente da pellegrini: è quanto si apprende dal racconto di fondazione, riferito da Salvatore Vitale108.
La vergine Maria avrebbe poi rivelato a san Francesco d’Assisi (24 giugno 1182-3 ottobre 1226) che questo “devotissimo tempio, quasi nel cuore dell’Umbria”, stava per divenire uno dei santuari al mondo da lei più amati109. La fortuna di questo santuario mariano è appunto legata al Poverello d’Assisi. Il santo, terminata la riparazione di questa chiesina, vi esercitò l’ufficio di eremita custode: “portava l’abito eremitico allora in uso, un bastone tra le mani, i piedi calzati e ai fianchi una cinghia”110. Si fece allora attento ai bisogni degli uomini – emblematico è l’incontro con un lebbroso cui il santo baciò la mano e da cui il lebbroso ricevette il bacio della pace111 – mentre, in qualità di penitente, compì pellegrinaggi: di certo si recò alla tomba dell’apostolo Pietro112; ma Bartolomeo da Pisa, sul finire del Trecento, nella sua famosa opera, Conformità della vita del beato Francesco alla vita del Signore Gesù, parla di pellegrinaggi di Francesco a Monte Sant’Angelo sul Gargano, a Santiago di Compostella e a San Nicola di Bari – all’epoca i più grandi santuari della cristianità occidentale – pellegrinaggi sui quali però le Fonti Francescane tacciono113.
Quindi, tra il 1208 e il 1209, allorché durante la celebrazione della messa udì le parole rivolte da Gesù nel Vangelo ai discepoli inviati a predicare (Mt 10, 9-10), lasciò l’abito eremitico e iniziò con letizia a mettere in pratica quei consigli per cui “depose subito le cose che aveva doppie, non usò più bastone o calzature o sacco da viaggio o bisaccia; si fece poi una tunica molto rozza e disadorna, gettò via la cintura e la cinse con una corda”114, mentre, come predicatore, cominciò a percorrere le strade del mondo. Ad arricchire la sacralità della Porziuncola, residenza canonica del nuovo Ordine dei frati Minori, sopravvenne il Perdono, l’indulgenza plenaria che lo stesso Francesco, mediante l’intercessione della Madonna, impetrò – forse nel 1221 – da Gesù Cristo durante una visione avuta nel piccolo sacello della Porziuncola, indulgenza che fu poi ratificata da papa Onorio III e promulgata da Francesco, presenti sette vescovi dell’Umbria. Questa storia meravigliosa è narrata nel polittico eseguito per la Porziuncola, nel 1393, da Prete Ilario. È un libro per immagini dove, al popolo che non sapeva leggere, viene raccontata, in sei scene, la storia del perdono che si lucra nel santuario della Porziuncola. Quivi compare una delle rare immagini che rappresentano Francesco pellegrino. È la seconda scena che narra di Francesco il quale, dalla sua cella, accompagnato da due angeli, si reca al santuario della Porziuncola, dove avrà la visione della Madonna e di Cristo da cui otterrà il grande privilegio del Perdono. San Francesco, estatico e sorridente si lascia condurre per mano, mentre sotto i suoi piedi risplende un magnifico tappeto di seta multicolore. Al di là del rimando immediato – l’indulgenza detta anche perdono – la scena allude e a Francesco pellegrino e all’azione missionaria sua e dei suoi frati minori115.
Funzione della Porziuncola, e dei tanti eremi amati da Francesco – dalle Carceri di Assisi (figg. 31, 32) alla Verna, a quelli della Valle Reatina, per citare i più celebri santuari sanfrancescani116 – fu quella di temperare la predicazione con la contemplazione. Si tratta della cosiddetta via media, di cui si parla nella Vita Prima di Tommaso da Celano, riferendo un episodio accaduto nei pressi di Spoleto in un viaggio di ritorno di Francesco e dei suoi compagni da Roma. Entrati nella Valle Spoletana, alla vista di Monteluco, popolato di romitori, i frati si andavano interrogando “se dovevano svolgere la loro vita tra gli uomini, o ritirarsi negli eremi. E Francesco, che, non fidandosi mai di sé stesso, in ogni decisione cercava ispirazione da Dio nella preghiera, scelse di vivere per Colui che morì per tutti ben consapevole di essere stato inviato da Dio a conquistare le anime che il diavolo tentava di rapire”117.

NOTE
101 Sensi, 2002a.
102 Alphandéry, Dupront, 1974, p. 143.
103 Sul Capitulare de imaginibus, o Libri carolini (il testo, in PL 98, coll. 999-1248 o in MGH, Concilia, II, supplemento, ed. H. Bastgen, 1924), cfr. inoltre Arnaldi, 1979, pp. 61-86. Il Concilio di Parigi – un’assemblea consultiva – fu riunito il 1° novembre 825, dietro esplicita autorizzazione di Eugenio II (MGH, Concilia, 482, l. 30; 533, l. 12; 534, l. 15-19).
104 Schönborn, 1976.
105 Queste immagini, diffuse particolarmente in Catalogna, Roussillon e Cerdagne, ma presenti anche in Italia – celebre il Volto Santo di Lucca – rappresentano il Cristo trionfante, maestoso, gli occhi aperti e senza segni di sofferenza sul volto, mentre la corona in testa ne proclama la regalità, cfr. Baracchini, Filieri, 1982; Maetzke, 1994.
106 Sulla nascita dei santuari mariani in Occidente, a titolo indicativo, Foi populaire, 1974, pp. 9-40; Manselli, 1985; Lobrichon, 1994; Maetzke 1994; Iogna-Prat, Palazzo, Russo, 1996; Leonardi, Degl’Innocenti, 2000, pp. 95-108. Sulla scultura lignea, per uno sguardo d’insieme relativamente all’Italia, Carli, 1960.
107 “Non enim truncus ligneus adoratur, sed per illam visibilem imaginem mens interior hominis excitatur”, Concilio di Arrás del 1025, ed. Mansi, Concilia, 19, p. 455.
108 “Dicunt quod illi homines, qui venerunt de Terra Sancta – scilicet quatuor sancti eremitae – portaverunt multas reliquias, quas dedit illi episcopus Cyrillus, qui vidit crucem magni splendoris in aere, longam
et altam mirabilis magnitudinis inter Golgotha, et montem Oliveti. Et inter illas reliquias dicunt, quod erat de petra Sepulchri Virginis Mariae et de veste illius; et propter istam causam dederunt ecclesiae illud nomen de Iosaphat”, Vitale, 1645, p. 28.
109 Compilatio Assisiensis, p. 131. Identica l’espressione che si trova nello Specchio di Perfezione (Fonti francescane, 1745); Iacobilli, 1647, p. 20.
110 Iulianus de Spira, Vita s. Francisci, III, 15 in An. Franc., X, p. 342, inoltre Tommaso da Celano, Vita prima di s. Francesco, IX, 21, Fonti Francescane, n. 355, p. 428.
111 Tommaso da Celano, Vita Seconda, V, 9, Fonti Francescane, n. 592, p. 561; san Bonaventura, Leggenda maggiore, I, 5, Fonti Francescane, n. 1034, p. 842.
112 Tommaso da Celano, Vita Seconda, IV, 8, Fonti Francescane, n. 589, pp. 559-560. Lo stesso san Francesco, nel Testamento, fa risalire la maturazione della propria conversione a un suo mutato atteggiamento nei confronti dei lebbrosi: “Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo”, Fonti Francescane, n. 110, p. 131.
113 Bartolomeo da Pisa, De conformitate vitae beati Francisci ad vitam Domini Iesu, in An. franc. V, 121 e 195. La tradizione è ripresa da Wadding, Annales, I, a. 1222, p. 280. San Francesco è un cristiano modello: e la condizione propria di ogni cristiano è quella di essere pellegrini su questa terra. Viandanti lungo strade del mondo alla ricerca di se stessi, delle proprie origini. Agli inizi del basso Medioevo, con il miglioramento delle condizioni generali delle strade, ripresero anche i pellegrinaggi; e tra i primi santuari ad avvantaggiarsene fu Compostella, proprio quando i Luoghi Santi d’Oriente cadevano in mano ai Turchi Selgiuchidi (1076).
114 Tommaso da Celano, Vita prima di s. Francesco, IX, 21, Fonti Francescane, n. 356, p. 429.
115 Sensi, 2002b.
116 Una puntuale rassegna dei santuari sanfrancescani umbri in Cavanna, 1926.
117 Tommaso da Celano, Vita Prima, XIV, 35, Fonti Francescane, n. 381, p. 440.

 







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