Maria, donna dal cuore memore
Data: Giovedi 27 Dicembre 2012, alle ore 20:05:03
Argomento: Bibbia


Articolo di Aristide Serra in DMA, Rivista delle Figlie di Maria Ausiliatrice, 54(2007) n. 9-10 settembre ottobre, pp.14-16.



 L’evangelista Luca - artista delicato, venato di femminilità - fissa magistralmente l’indole silenziosa e meditativa di Maria. Per due volte egli presenta la Vergine assorta col pensiero sugli avvenimenti riguardanti la nascita e la crescita di Gesù, fino al dodicesimo anno: «Maria, dal canto suo, conservava tutte queste cose, interpretandole nel suo cuore» (Lc 2,19). «E sua madre conservava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51b). È incredibile la ricchezza di dottrina condensata in questo versetto e mezzo di Luca (2,19.51b). Uno dei segreti per scoprirla, è quello di leggere queste due frasi alla luce dei libri dell’Antico Testamento. In essi, infatti, il tema della “memoria”, del “ricordo” è sicuramente capitale. È virtù di fondo, che fa parte dell’educazione di base del popolo eletto. Israele è il popolo della memoria. La memoria, oggi, è un valore o un perditempo? La Sacra Scrittura insegna che Dio si rivela come “Sposo” del suo popolo. Egli è “innamorato” di Israele, di noi tutti, sua “Sposa”. Gli innamorati, si sa, mai si stancano di ricordare, di raccontare ... Perciò il linguaggio biblico, da un capo all’altro, è intriso di memoria. Dio si “ricorda” di noi, e chiede a noi di “ricordarci” di Lui. Ecco alcuni brevi richiami all’insegnamento proposto dai libri dell’Antico Testamento sulla “memoria-ricordo”, coi rispettivi riferimenti al caso di Maria.

Ricordare la storia salvifica, tutta quanta

 Il libro del Deuteronomio, vero breviario di spiritualità dell’Antico Testamento, esorta di continuo il popolo d’Israele a ritornare con la mente sui fatti del passato. Mosè, in qualità di maestro, così esortava l’assemblea dei suoi fratelli e sorelle: «Guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita ... Guardatevi dal dimenticare l’Alleanza che il Signore vostro Dio ha stabilita con voi ... » (Dt 4,9.23). Quella di Israele è una memoria totalizzante, perché niente deve tralasciare di tutto ciò che il Signore ha fatto per lui. È un memoriale che sottende i suoi estremi «... dal giorno in cui Dio creò l’uomo sulla terra» (Dt 32,7), fino al giorno presente. Oggetto cui deve applicarsi tale memoriale sono quindi “tutti” i fatti che costituiscono l’Alleanza di Dio col suo popolo: dalla creazione ad Abramo, da Abramo al Sinai, dal Sinai all’esilio babilonese... Maria, come figlia del popolo dal quale discende, eredita questa fede dei suoi padri e delle sue madri. Luca, in effetti, testimonia che ella « ... conservava “tutte” queste cose nel so cuore» (Lc 2,19.51b). La sua meditazione si concentra su tutta la storia del Figlio, che va dal grembo materno fino all’altro grembo, cioè la tomba dalla quale Cristo rinasce con la risurrezione dai morti. Così la Madre ripeteva l’itinerario sapienziale che già aveva caratterizzato la fisionomia spirituale di Israele. Voci della tradizione medievale ameranno poi presentare la Vergine come colei che “ruminava” tutto ciò che riguardava il Figlio. Non pochi autori di quei secoli paragonano la Madre di Gesù ad un’ape industriosa che succhia il nettare dal Fiore, che è Cristo Gesù.

Ricordare per rivivere, per attualizzare

 Per la Bibbia, “ricordare” equivale ad “attualizzare” il passato nel presente. Di qui il carattere dinamico della memoria secondo la Scrittura. La memoria è principio di fecondazione, di vita; sprigiona infatti energie vitali; è fonte di propositi rinnovati per l’oggi e per il domani. Basti un solo esempio. Con insistenza reiterata, Mosè predica al popolo: «Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là ... » (Dt 5,15; 15,15; 24,18). Per quale motivo Israele deve ricordare che fu schiavo in terra d’Egitto? La ragione è la seguente: in Egitto gli Ebrei fecero esperienza della misericordia soccorritrice del loro Dio, che li sottrasse al duro giogo del Faraone (cf. Es 3,7-9). Adesso, perciò, Israele deve mostrarsi misericordioso verso i più derelitti, come lo schiavo, il forestiero, l’orfano, la vedova (Dt 5,14-15; 15,12-15; 24,17-22). E l’Eucaristia - culmine della memoria! («Fate questo in memoria di me») - non ci insegna forse a rivivere il dono di noi stessi, sull’esempio di Gesù? E anche il ricordare di Maria è dinamico. Ella, infatti, non solo conserva nel cuore tutti gli eventi che riguardano il Figlio, ma al tempo stesso li pone a confronto, li “simbolizza”, dice il testo greco di Luca 2,19 (symbállusa). Il verbo symbállô, usato qui dall’evangelista, vuol dire mettere insieme, confrontare i diversi elementi o aspetti di una situazione alquanto enigmatica, in vista appunto di “interpretarla”, di “darne la retta spiegazione”, insomma di “farne l’esegesi”. Ecco allora il momento dinamico e attivo della fede di Maria. Davanti al suo sguardo si dispiega tutta la vicenda del Figlio, dalla concezione verginale fino alla Risurrezione. Ella niente lascia cadere di tanto memoriale: «tutto conserva». Al tempo stesso, Maria è in grado di rimettere ogni tessera al suo posto, per individuare l’armonia complessiva di tutto il mosaico. Lei attinge questo risultato ermeneutico “simbolizzando”, ossia “confrontando” eventi e parole di Gesù con le rispettive prefigurazioni dell’Antico Testamento (come ben documenta il Magnificat), e poi situando in rapporto dialettico i vari segmenti dell’itinerario di Gesù: dalla sua discesa nel grembo materno come Verbo divino incarnato, fino al ritorno nel grembo del Padre. Dalla Risurrezione, infatti, emanava la luce piena sulla persona e sull’opera di Cristo Salvatore. Dalla sommità del mistero pasquale, la Vergine poteva contemplare la coerenza sottesa al disegno dell’intera storia salvifica. Per così dire, ella fu la prima “esegeta” di Cristo, suo Figlio.

Trasmettere le cose custodite nel cuore

 La memoria riveste una dimensione socialecomunitaria. Infatti è finalizzata a trasmettere le cose ricordate. Le «grandi cose» operate dal Signore nella storia della salvezza costituiscono un tesoro di famiglia, che appartiene a tutto il popolo come tale e a ciascuno dei suoi membri. Nessun individuo o gruppo ha il diritto di appropriarsene in maniera esclusiva. Da qui deriva l’obbligo di far conoscere da padre in figlio, da una generazione all’altra il complesso degli eventi memorizzati e il senso che essi racchiudono. Esortava Mosè: «Non ti sfuggano dal cuore [le cose ricordate] per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4,9). E proclamando le grandi cose di Dio, Israele edifica se stesso come popolo dell’Alleanza su questa memoria comunionale. Essa, al dire del profeta Malachia (3,22.24), «converte... il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri». Quanto a Maria, un fatto è certo. Già dai secoli IV-V la tradizione della Chiesa ha ritenuto che lei fosse la fonte di informazione sulla nascita e sui primi anni di Gesù. Diversi esponenti di questa dottrina fondano la propria persuasione su Luca 2,19.51. E giustamente. Le «grandi cose» di Dio, anche se compiute verso una persona singola, ridondano in definitiva a vantaggio di tutto il popolo di Dio: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi» (Sal 126,3). Ecco il motivo per cui esse debbono essere annunciate e proclamate. Occorre farle conoscere. In ciò consiste un aspetto della evangelizzazione. Ora anche Maria è cosciente che il Potente ha operato in lei grandi cose (Lc 1,49a). Perciò, sempre nel Magnificat, può cantare che Dio, posando lo sguardo sulla «sua povertà», esalta i poveri (Lc 1,48.52). Inoltre, in quanto «serva del Signore», la Vergine sente di essere in comunione con tutto Israele, «servo del Signore» (Lc 1,48.54) e con i padri del suo popolo: «Come aveva promesso ai nostri padri» (Lc 1,55). Maria, in una parola, sa di non appartenere più a se stessa, bensì al mondo. Possiamo allora immaginare la madre di Gesù ripiegata gelosamente sui misteri cui fu chiamata a collaborare? È certamente più conforme al disegno divino pensare che ella, a Pentecoste avvenuta, abbia riversato sulla chiesa i tesori che, fino a quel momento, aveva racchiuso nello scrigno delle sue meditazioni sapienziali.

Conclusione

 Maria, tutta protesa a ripensare le «grandi cose» operate da Dio nella storia della salvezza, si converte facilmente in immagine conduttrice per noi, oggi. La nostra fede deve essere ricca di ascolto, di memoria. Non tanto di nuove rivelazioni abbiamo bisogno, quanto di ricordare l’Unica Grande Rivelazione che ci è stata consegnata nella Parola di Dio. «Scrutate le Scritture – dice Gesù – Esse mi rendono testimonianza» (cf. Gv 5,39). Giovanni Paolo II, il 1° gennaio 1987, nell’omelia tenuta in s. Pietro annunciava ufficialmente l’anno mariano 1987-1988, e si rivolgeva alla Vergine dicendo: «La Chiesa fissa i suoi occhi su di Te come sul proprio modello ... Tu sei Memoria della Chiesa! La Chiesa impara da te, Maria, che essere Madre vuol dire essere una Memoria, vuol dire “serbare e meditare nel cuore” le vicende degli uomini e dei popoli; le vicende gioiose e quelle dolorose. Quante vicende ... , quante speranze, ma anche quante minacce, quante gioie, ma anche quante sofferenze ... a volte quanto grandi sofferenze! Dobbiamo tutti, come Chiesa, serbare e meditare nel cuore queste vicende. Così come la Madre. Dobbiamo imparare di più da Te, Maria, come essere Chiesa in questo trapasso di millennio».

 







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