Maria “Madre della Chiesa” in S. Agostino
Data: Sabato 8 Giugno 2013, alle ore 0:58:14
Argomento: Patristica


Di Luigi Manca, in  Verso l'Avvenire, 24 (2013) n. 1 gennaio-marzo 2013, pp. 25-27



Maria è veramente madre delle membra (di Cristo)…perché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel capo sono le membra”. (De sancta virginitate 6)

Il pensiero di Agostino su Maria non è sistematico, ma è ampio e profondo. Le occasioni più frequenti per parlare della madre di Dio vengono offerte al vescovo d’Ippona dal commento al Simbolo della fede e da testi dell’Antico e del Nuovo Testamento. La preoccupazione, però, non è strettamente esegetica, è soprattutto catechetico- pastorale. Il passo sopra riportato e citato dal Concilio (LG cap. VIII, 53) è preso dallo scritto sulla verginità e precisamente nel punto in cui Agostino presenta Maria come l’unica donna ad essere “madre e vergine, tanto nello spirito come nel corpo” e come tale è il modello più perfetto della Chiesa e madre della stessa Chiesa. Se da una parte questo testo presenta il rapporto Maria-Chiesa come un aspetto ormai consolidato della riflessione patristica, dall’altra parte costituisce una prova di come tale aspetto è suscettibile di ulteriore sviluppo. Infatti, è proprio nel De sancta virginitate dove vanno rintracciati gli elementi di progresso della riflessione mariana. Anche Agostino, come Ambrogio, esalta il valore della verginità consacrata e ne vede il modello culmine in Maria. Se Maria è diventata la madre di Cristo è stato grazie alla sua verginità. Questa virtù acquista in Maria il massimo valore perché non è solo un elemento fisico ma è una componente particolarmente preziosa della fede. Maria è vergine per libera scelta, non per necessità. La sua consacrazione a Dio nella verginità è qualcosa di inusitato, di nuovo, non appartiene alle usanze degli ebrei. Maria, in questo modo, diventa inizio ed esempio delle vergini consacrate. La sua scelta ha preceduto l’annuncio dell’angelo e non è condizionata dal privilegio d’essere stata scelta quale madre di Cristo:

E Cristo nascendo da una vergine che aveva deciso di restare vergine quando ancora non sapeva chi sarebbe nato da lei, mostrò che preferiva intervenire all’approvazione della verginità piuttosto che ad impartirne un comando; e per questo motivo volle che, anche in colei che gli avrebbe somministrato la forma di servo, la verginità fosse di libera scelta” (De s. verg. 4,4).

Agostino vede nella verginità di Maria una forza e un valore esemplare anzitutto in quanto si tratta di una scelta tutta umana, anzi in quanto costituisce la massima possibilità per una creatura umana di scegliere Dio. Se la verginità offre ad Agostino l’occasione per sottolineare il valore dell’apporto umano, la maternità verginale di Maria diventa argomento preferenziale per esaltare l’onnipotenza di Dio e l’imperscrutabilità dei suoi disegni. Sulla maternità di Maria, il vescovo d’Ippona ritorna con insistenza. Egli è consapevole di trovarsi di fronte a un elemento essenziale della regula fidei e da pastore avveduto e illuminato catechista fa ricorso alle parole del simbolo: natus de Spiritu sancto et virgine Maria, come a sicura via d’accesso al mistero della divinità di Cristo. In numerose omelie, in particolare in occasione della festività del Natale e in occasione della consegna del Simbolo ai catecumeni, si sofferma a considerare il mistero della generazione eterna del Figlio dal Padre in rapporto alla generazione nel tempo dal grembo della vergine Maria. Duplice la nascita di Cristo: la prima da Padre senza concorso di madre, la seconda da madre senza concorso di padre (cfr. Sermo 195,1). Inutile tentare di capire come avviene la generazione divina dal Padre e la generazione umana da Maria vergine. Agostino invita i catecumeni a non indagare sul mistero, ma a riconoscerne l’inenarrabilità. Incomprensione e meraviglia suscita il mistero della generazione del Figlio. Maria, per il suo grembo, diventa, per così dire, oggetto della nostra fede; per il suo cuore ne è, invece, il modello: fides in mente, Christus in ventre (Sermo 196,1). Agostino, più degli altri Padri, riflette sugli effetti della maternità verginale di Maria, da cui scaturisce il rapporto tra Maria e la Chiesa:

“Forse che, santa Maria non partorì da vergine, e vergine rimase tuttavia? Così anche la Chiesa partorisce ed è vergine. E se consideri bene, (anche) essa partorisce il Cristo, perché son membra di Cristo quelli che vengono battezzati. Voi siete il corpo di Cristo e le sue membra, dice l’Apostolo. E se partorisce membra di Cristo, essa è somigliantissima a Maria” (Sermo 213,9)

La fede, dunque, è la radice della verginità in Maria e nella Chiesa. La verginità, a sua volta, è la condizione ritenuta da Dio adatta per la prodigiosa maternità. Il rapporto Maria-Chiesa è così intuito da Agostino soprattutto in riferimento alla maternità. Ed è qui che il santo vescovo apporta elementi novi in materia di mariologia. Il testo agostiniano richiamato dal Concilio al cap. VIII della Lumen gentium, rappresenta una novità in campo patristico e anticipa in modo sorprendente il titolo Mater Ecclesiae con il quale Paolo VI ha suggellato la riflessione del Concilio sulla Chiesa e su Maria. La maternità di Maria nei confronti dei membri della Chiesa ha una fortissima connotazione ecclesiale. La maternità spirituale di Maria è dunque la maternità stessa della Chiesa. Maria è madre della Chiesa ma ne è anche figlia e discepola. Agostino non sa guardare alle prerogative di Maria se non all’interno di una rigorosa dimensione ecclesiale. Maria, per Agostino, è madre della Chiesa non in forza di una superiorità che la pone fuori della Chiesa e al di sopra di essa, ma in forza di una superiorità nella carità rispetto alle altre membra, e perciò, più di ogni altro membro, Ella genera figli alla Chiesa; più di ogni altro membro è madre. E sempre in forza di questa superiorità, di questa eccellenza nella carità, la maternità di Maria verso i cristiani è immagine-modello della stessa maternità della Chiesa. In questo senso, Agostino ha apportato un notevole contributo rispetto alla riflessione patristica precedente. L’unico mistero di grazia è presente in Maria e nella Chiesa.
 







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