La “via pulchritudinis” e la luce di Maria assunta in cielo
Data: Mercoledi 7 Agosto 2013, alle ore 10:28:56
Argomento: Dogmi


Relazione di Mons. Bruno Forte - XV Seduta Pubblica delle Accademie Pontificie, Città del Vaticano, 16 Dicembre 2010.



«[...]Maria è dunque l’icona pura dell’infinita bellezza di Dio perché in lei, nella concretezza del suo essere donna, il Figlio eterno è venuto ad abitare nella carne come il Tutto in un frammento. La bellezza di Lei non è che l’irradiazione purissima della presenza di Lui, “il bel Pastore” (Gv 10,11), nel suo grembo accogliente. La verginità perpetua e la maternità divina sono in questo senso il punto di partenza di ogni affermazione circa la “Tota Pulchra”, come peraltro di ogni prerogativa e funzione di Maria. Da queste verità di fede - definite dai due dogmi mariani del primo millennio - si irradiano - come esplicitazione luminosa - le definizioni dogmatiche del secondo millennio riguardo all’immacolata concezione e alla gloriosa assunzione. Non è difficile cogliere la continuità profonda fra le quattro formulazioni dogmatiche, che rinviano tutte all’unità del mistero che si compie in Maria: se “la fede della Chiesa nella Divina Maternità e Verginità di Maria è inscindibilmente collegata con la fede in Cristo e la sua formulazione storico-dogmatica”16, la formulazione dei cosiddetti 15 Cf. H. Rahner, Mysterium Lunae, in Id., L’ecclesiologia dei Padri. Simboli della Chiesa, Paoline, Roma 1971, 145-287. 16 G. Söll, Storia dei dogmi mariani, LAS, Roma 1981, 17. 7 dogmi “moderni”, partendo dallo stesso orizzonte cristologico, si muove all’interno del primario interesse antropologico dell’età moderna. Come la concentrazione sulla cristologia nei dibattiti della Chiesa antica reagiva al duplice riduzionismo, rispettivamente dell’umano e del divino in Cristo, propri delle eresie doceta e adozionista, così la domanda antropologica, che anima la riflessione teologica moderna si muove fra i due opposti estremismi della celebrazione della gloria di Dio a prezzo della negazione dell’uomo, caratteristica della Riforma, e della celebrazione della gloria dell’uomo a prezzo della morte di Dio, propria del “secolo dei Lumi”.[...]

 







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