Il mistero della Theotokos in Nicola Cabasilas († dopo 1391)
Data: Martedi 27 Agosto 2013, alle ore 17:23:34
Argomento: Ortodossi


Dal libro di Luigi Gambero, Fede e devozione mariana nell'impero bizantino. Dal periodo post-patristico alla caduta dell'impero (1453), San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 334-349.



Cenni biografici

Cabasilas è indubbiamente uno dei maggiori personaggi della cristianità orientale nel secolo XIV. Scrittore e pensatore di fama, ha coltivato molteplici interessi culturali che vanno dalla retorica alla filosofia, dalla teologia al diritto, alla politica, all'astronomia. Buona si rivela inoltrò la sua conoscenza della Scrittura e della tradizione dei Padri della Chiesa. Dimostrava una particolare apertura c sensibilità per i problemi sociali e politici. Nell'organizzazione della società, nutriva una manifesta preferenza per una forma di monarchia che incarnasse gli ideali della repubblica platonica, difendesse il diritto di proprietà dei singoli cittadini e mettesse al bando ogni ingiustizia. A questo proposito si hanno di lui due trattati, in uno dei quali polemizza contro l'usura e gli usurai, mentre l'altro esprime una violenta protesta contro le ineguaglianze sociali e il processo di progressivo impoverimento delle popolazioni bizantine. Circa il suo impegno per la mariologia, si può ritenere che le tre omelie mariane da lui elaborate per le feste della Madre di Dio siano più che sufficienti a confermare l'eccezionale levatura del suo ingegno e della sua sincera ed autentica devozione verso la Madre di Dio. Nacque intorno al 1322 a Tessalonica, da una famiglia di nobili proprietari terrieri. Il nome di suo padre era Chamaetos e sua madre, di nome Cabasilas, era sorella di Nilo Cabasilas, metropolita di Tessalonica dal 1361 al 1363. Invece del nome del padre, Nicola ha preso quello della madre. Non si conosce molto del periodo della sua infanzia e della prima giovinezza. Sappiamo che, dopo aver iniziato gli studi a Tessalonica sotto la guida dello zio Nilo, li prosegue a Costantinopoli dal 1335 al 1340. Fu uno dei rari teologi bizantini che conobbero la dottrina dell'Aquinate, con il quale tuttavia ha polemizzato sulla dottrina dello Spirito Santo. Ha seguito la teologia spirituale di Gregorio Palamas, dal quale ha pure ereditato la passione per la pratica ascetica dell'esicasmo. Non sembra che si sia sposato né che sia mai entrato nella vita clericale; è più probabile che abbia abbracciato la vita monastica. Si hanno dettagli più sicuri circa gli anni nei quali Nicola fu coinvolto nei giochi di corte e in certe inqualificabili vicende della politica imperiale bizantina. Infatti nel 1341 si trovò implicato nel conflitto scoppiato tra il giovane e ricco magnate Giovanni Cantacuzeno, amico di Andronico III Paleologo (1328-1341), e l'imperatore Giovanni V Paleologo. Questi, ancora minorenne, succedeva al padre Andronico, ma la reggenza era esercitata dalla madre Anna di Savoia. Il Cantacuzeno si oppose alla reggenza dell'imperatrice Anna, spalleggiato da una fazione di aristocratici, e si autoproclamò imperatore, provocando quindi una divisione dell'impero. Questa situazione determinò una scissione nella Chiesa bizantina: il patriarca antiesicasta Giovanni Calecas (13341347) si schierò dalla parte dei Paleologi, mentre gli esicasti, capeggiati da Gregorio Palamas, si dichiararono per Giovanni Cantacuzeno. In quegli anni le due fazioni attraversarono vicende alterne, insanguinate da uccisioni. Infine, nel 1347, prevalse il partito di Giovanni VI Cantacuzeno (1347-1354), che si insediò come unico imperatore. Nicola Cabasilas, che durante il conflitto si era pronunciato per il Cantacuzeno, fu da questi invitato a Costantinopoli e incaricato di svolgere qualche missione di carattere religioso e politico in Grecia. Nel 1350 lo ritroviamo alla corte imperiale; ed è possibile che nel 1354 sia stato proposto come successore di Filoteo Kokkinos alla sede patriarcale di Costantinopoli, ma non venne eletto. Trascorse gli ultimi anni di vita nello studio della filosofia e della teologia. La sua morte, avvenuta probabilmente a Costantinopoli, deve essere collocata dopo il 13911, perché di detto anno è datata una lettera a lui indirizzata dall'imperatore Manuele II (1391-1425). Cahasilas ha lasciato scritti di grande valore contenutistico nonché stilistico, che appartengono al meglio che la letteratura cristiana in genere abbia mai prodotto. Nella sua opera più celebre, La vita in Cristo2, sostiene la tesi che la preghiera e la vita sacramentale debbono avere come fine ultimo l'abbandono in Dio. La dimensione mistica che traspira da questo importante libro è chiaramente modellata sul pensiero di Massimo il Confessore. Molto noto ed apprezzato è pure il suo Commento alla divina liturgia3.

Le tre omelie mariane di Cabasilas

Sono state composte per le tre principali feste in onore della Madre di Dio riportate dal calendario liturgico bizantino, ossia per la Natività, l'Annunciazione e la Dormizione4. Il loro primo obiettivo è quello di celebrare i misteri in cui la Vergine ha avuto un ruolo da protagonista; e pertanto la lode, il ringraziamento, l'invocazione ed altre espressioni eucologiche sono i contenuti che danno una qualifica complessiva ai testi. Ciò non toglie che l'autore abbia potuto introdurre elementi personali che certificano i contenuti della sua fede nel mistero della Vergine Madre e il suo sentire interiore sulle verità che fanno da sfondo dogmatico al linguaggio liturgico, in particolare sui tre eventi che giustificano le celebrazioni medesime. Già i titoli delle tre feste richiamano il contesto dogmatico ed esegetico offerto dalla Scrittura e dalla paradosi ecclesiale, in cui la fede del cristiano trova il suo supporto fondamentale e il suo nutrimento spirituale, in sintonia con la fede di tutta la Chiesa. Nelle tre omelie Nicola Cabasilas ha modo di manifestare la profondità del proprio animo di asceta e mistico, come pure di autentico teologo che sa coniugare l'attività del pensiero con la pratica della vita cristiana, nella quale il culto e la venerazione della Madre di Gesù appaiono indispensabili per chi intende camminare con animo sicuro nella via della salvezza. Se si può dire per i Padri orientali in genere che essi usavano professare le verità della fede nella preghiera personale e nella celebrazione della liturgia, questo si deve affermare ovviamente anche per Cabasilas. I tre interventi omiletici di Nicola mettono in luce tre momenti fondamentali nella vita della Madre di Dio, come bene annota E. Toniolo: «L'omelia sulla Natività pone i fondamenti della grandezza di Maria, l'omelia sull'Annunciazione ne mostra il culmine, l'omelia sulla Dormizione il coronamento finale»5. Pertanto in queste tre splendide composizioni omiletiche è possibile cogliere anche alcuni contenuti dottrinali che caratterizzano la fede di Nicola sulla funzione della Vergine all'interno della storia della salvezza6.

Maria nel disegno di Dio per la salvezza del genere umano

Il pensiero di Cabasilas abbraccia, in uno sguardo davvero grandioso, tutto quello che Dio, nel suo amore inconcepibile e incommensurabile, ha compiuto nel corso della storia umana per tirar fuori l'uomo dal baratro peccaminoso in cui era caduto fin dai primordi della sua creazione. Egli definisce questa iniziativa di Dio come la sua opera più mirabile: «...L'opera più eccellente e grandiosa da quando esiste il mondo, la più paradossale, la più apportatrice di comune vantaggio. Parlo dell'incarnazione, grazie alla quale è nato fra gli uomini, prendendo da noi una madre»7. La scelta di una madre per sé e dei genitori di lei, che l'avrebbero generata in circostanze straordinarie, dimostra la continuità dell'economia salvifica in cui Dio fin dall'Antico Testamento ha dimostrato di voler realizzare il suo progetto servendosi degli uomini. In questa linea di condotta divina, Cabasilas riprende il vecchio e sempre significativo parallelo Eva-Maria, per illustrare la necessità di una collaborazione dell'uomo Il rifiuto dei nostri progenitori di offrire a Dio la loro collaborazione mette ancora meglio in luce la collaborazione che Maria ha dato a Dio in misura totale e senza riserve: «Eva, sola tra tutti i viventi, fu data come aiuto ad Adamo (cfr. Gen 2,1 Y); invece a Dio fu di aiuto la Vergine, sola tra gli esseri, per manifestare la sua bontà»8. Nel sermone sulla Natività, Nicola si impegna a mostrare la grandezza, la santità e la dignità della madre che Dio si è scelta, per convincere i suoi uditori che Dio fa bene le sue scelte, che gli strumenti dell'elezione divina sono estremamente adatti alla realizzazione dei suoi piani provvidenziali. Perciò egli parla della Madre di Dio in termini ampiamente elogiativi, in quanto ella si è comportata da strumento perfetto nelle mani del Dio salvatore: «.. Sola fra tutti gli esseri umani esistiti, ella rimase salda dall'inizio alla fine contro ogni tentativo di malizia e, grazie a tutte le facoltà e i mezzi donati all'uomo, restituì intatta a Dio la bellezza che egli ci aveva elargito. Con l'amore verso Dio, la fortezza dell'animo, la rettitudine della coscienza, la grandezza della mente, mise in fuga ogni peccato e si levò come simbolo di vittoria, senza aver avuto modello alcuno a cui ispirarsi. In tal modo fece emergere 1'«uomo», secondo la sua natura originaria e mise in luce anche l'immagine di Dio, con la sua ineffabile sapienza ed il suo amore verso gli uomini»9. La condotta della Vergine non solo la abilitò agli occhi di Dio; ella riscattò e nobilitò anche l'immagine dell'essere umano, cosicché questi fu reso da lei partecipe della sua vittoria, più illustre, ricettivo della sua bellezza spirituale. E conclude: «Così non solo in se stessa ma in tutti gli uomini, per quanto era possibile, mantenne integra da qualsiasi contrarietà della natura, la bellezza originaria»10. Cabasilas mette a confronto due persone così straordinarie quali furono la Vergine santa e il Figlio suo, al fine di sottolineare la differenza abissale intercorrente fra due esseri umani per un certo verso così vicini nell'economia salvifica, ma contemporaneamente così distanti nella loro origine e nella loro funzione: «...La Madre donò alla natura la sua primitiva purezza; il Figlio la seconda, quella cioè più bella... Dio manifestò se stesso nel modo in cui è possibile che Dio si manifesti (cfr. Rm 1,19-21), e la Vergine, lei sola, mostrò l'uomo; in tal modo il Dio che esisteva fin dal principio e l'uomo apparso a fatica alla fine dei tempi, in questi ultimi giorni (cfr. Eb 1,2), si è manifestato il Dio - Uomo»11. Questo è il prodigio che si è verificato nel mistero dell'Incarnazione, nel quale la natura umana nata da Maria è stata assunta dal Verbo Incarnato. Nella persona di Cristo c'è il Dio generato dal Padre e l'Uomo perfetto generato da Maria.

Compimento del piano divino nell'Annunciazione

Nel sermone per la festa dell'Annunciazione, Nicola inizia con un solenne ed esultante invito all'allegrezza perché in questa occasione è disceso dal cielo il massimo bene che gli esseri umani avrebbero mai potuto sognare: «Per la creatura quale maggior motivo di godimento ci potrebbe essere - parlo non solo della natura visibile, ma anche di quella che supera la capacità dell'occhio umano - vedendo il suo Creatore sceso in se stessa, il Padrone dell'universo nel luogo riservato ai servi..., e l'Altissimo non caduto dalla sua altezza, bensì nell'atto di elevare il misero?» L'autore include la Vergine santa tra le cause che hanno provocato un evento talmente felice per il genere umano e di cui ella stessa si rallegra: «Colei che per tutti ha agito come causa di tutte queste cose, certamente si rallegra partecipando da parte sua ai beni comuni, giacché lei pure è parte del creato. Inoltre si rallegra perché ella stessa ha usufruito di questi beni prima di tutti gli altri e in misura molto maggiore di loro; perché tramite lei questi beni sono stati elargiti a tutti. Il quinto motivo ha un peso ancora maggiore: non è stato solo Dio a procurare agli uomini la risurrezione per mezzo di lei, ma ella stessa lo ha fatto prendendo qualcosa di suo in seguito a quanto ha capito e provveduto»12. Il tema della collaborazione della creatura con il Creatore ai fini della realizzazione della storia della salvezza è tipico nel pensiero cabasilasiano. Maria è la creatura che, più di ogni altra, ha cooperato con il Creatore e Redentore dell'uomo. Lo ha fatto attivamente. Ella infatti ha innanzitutto attirato il Dio Salvatore mediante la ricchezza spirituale della sua persona: «Non come la terra che diede il proprio contributo alla creazione dell'uomo, senza fare nulla, giacché essa era unicamente materia nelle mani del Creatore, ed era soltanto presente, ma non operante. Non fu così la Vergine; infatti fu lei ad introdurre e ad assumere quegli atteggiamenti che hanno attirato sulla terra lo stesso Artefice supremo e hanno messo in movimento la mano plasmatrice di Dio. Quali sono questi comportamenti? Una vita totalmente immacolata, una condotta caratterizzata dalla massima castità, il rifiuto di ogni cosa cattiva, la pratica di tutte le virtù, il conservare un'anima più pura della luce e un corpo spiritualizzato... Esercitando il corpo e l'anima per conseguire questo ideale di bellezza, attrasse su di sé lo sguardo di Dio... che a motivo della Vergine si fece uomo»13. Ci troviamo di fronte ad un'immagine ascetica della Madre di Dio che ha esercitato un fascino importante nella vita dei monaci orientali, in particolare degli esicasti, i quali vedevano in Maria un altissimo modello di ascesi penitenziale e di preghiera contemplativa14 perché ella, con il suo stile di vita, si è inconsapevolmente preparata a ricevere la chiamata di Dio alla sua futura e incomparabile missione. Su questo aspetto della figura di Maria l'autore si era ampiamente diffuso anche nel sermone per la Natività. L'Annunciazione è il momento in cui la vocazione della Vergine alla maternità divina diviene esplicita. Ella è invitata a dare la sua risposta a Dio, che la interpella direttamente. Nicola accentua con forza il significato e la rilevanza fondamentale di questo confronto tra Dio e la sua futura Madre, e non esita a definire necessario il sì da lei pronunciato: «Quando giunse il momento e vide arrivare il rivelatore (l'angelo Gabriele), ella gli prestò fede, diede il suo consenso e accettò il servizio. Infatti questo suo comportamento era necessario e assolutamente richiesto ai fini della nostra salvezza. Senza queste cose non sarebbe più rimasta speranza di salvezza per gli uomini. Se la Beata non si fosse preparata (a questo momento), come ho già fatto notare, non sarebbe stato possibile che Dio rivolgesse all'uomo uno sguardo benevolo e decidesse di discendere (sulla terra), perché non avrebbe trovato qualcuno disposto ad accoglierlo né qualcuno capace di mettersi al servizio dell'economia della salvezza. Se ella non avesse creduto e dato il suo consenso, sarebbe stato impossibile che si realizzasse il progetto di Dio a nostro favore»15. Il testo è molto esplicito e dimostra quanto l'autore fosse convinto che Dio abbia annesso un'importanza insostituibile alla collaborazione della Madre sua al mistero della salvezza. E, come se non bastasse, egli insiste ulteriormente con un dettaglio che si commenta da sé: «Ma Dio ancora non discendeva, fintantoché la Vergine cercava di conoscere il modo della gravidanza. Quando però la vide persuasa e pronta ad accogliere la richiesta, l'opera si compi immediatamente: Dio rivesti l'uomo, e la Vergine divenne Madre del Creatore»16. A questo punto Cabasilas introduce di nuovo il parallelo Adamo-Eva e Cristo-Maria, per rilevare una basilare diversità di situazione. Dio non preavvertì Adamo che stava per trarre Eva dalla costola di lui, né ebbe bisogno di attendere il suo consenso e di persuaderlo; anzi agì ad insaputa di lui. Con Maria si comporta diversamente: la informa, attende una risposta di fede e infine compie l'Incarnazione, opera che esigeva il consenso della controparte. Ciò spiega il motivo per cui, prima di creare il primo Adamo, Dio si è consigliato soltanto con il suo Unigenito, dicendogli: «Facciamo l'uomo» (Gen 1,26); al contrario, quando ha deciso di inviare il Figlio sulla terra, ha messo la Vergine a parte del suo disegno. Cabasilas fa un'affermazione alquanto forte: «Dio lo disse, ma fu la Vergine a ratificarlo. Pertanto l'Incarnazione del Verbo non fu operata soltanto dal Padre, dalla sua Potenza (il Figlio) e dallo Spirito, il primo approvando, il secondo venendo e il terzo adombrando; ma fu anche conseguenza della volontà e della fede della Vergine..., senza la quale sarebbe stato impossibile che si attuasse il disegno di Dio»17. La risposta affermativa di Maria offre all'autore la possibilità di interpretare variamente le parole di lei e di farne ampi commenti. Tra l'altro egli insiste sulla collaborazione che le veniva richiesta da parte di Dio e alla quale ella ottemperò con il suo sì obbediente. Ella viene definita dal Cabasilas come donna che «è cosciente e che vuole» l'Incarnazione, cosicché questo mistero abissale è il risultato sia della libera volontà di Dio che dell'altrettanto libera decisione della Vergine. Scrive: «Ciò soprattutto affinché Maria, avendo accolto l'economia divina, non desse il suo contributo quasi fosse stata spinta da altri, ma impegnasse totalmente se stessa e divenisse cooperatrice di Dio per provvedere al bene del genere umano e così diventare socia di lui, compartecipe della gloria che ne sarebbe derivata»18. Si tratta di una cooperazione che nasce dalla totalità della persona di Maria, perché il Verbo Incarnato ha operato la salvezza del genere umano in qualità di uomo totale e perfetto, detentore di un corpo e di un'anima umana. La Scrittura dimostra con chiarezza inconfondibile che Cristo ha operato come Dio e come uomo, nella totalità del suo essere divino-umano. La Vergine non poteva sottrarsi a questo criterio di totalità instaurato dal Figlio Redentore, per cui anche lei cooperò alla salvezza dell'umanità con tutte le componenti della sua persona umana, cioè con il corpo e con l'anima: « (Cristo) doveva pure trovare una madre perfetta, che prestasse il suo servizio alla generazione (di Gesù) non soltanto con il corpo, bensì anche con la mente, la volontà e con tutte le facoltà di cui era in possesso. In tal modo la Vergine diventava madre con il corpo e con l'anima per impegnare la sua intera natura umana in un parto talmente ineffabile»19. L'omelia termina con una preghiera di ringraziamento alla Vergine per il suo comportamento di fronte a Dio nell'evento dell'Annunciazione, riconducendo cosi in modo più visibile il discorso alla sua specifica funzione liturgica.

Glorificata in cielo con l'anima e il corpo

L'omelia sulla Dormizione è stata pure redatta nello stile tipico dell'omiletica bizantina, con ricercata marcatura dei titoli gloriosi attribuiti alla Madre di Dio e con l'aperta confessione dell'autore a proposito della propria indegnità ed incapacità di fronte al compito arduo di lodare e glorificare adeguatamente colei che è stata da Dio gratificata con una beatitudine celeste estesa alla componente corporea della sua persona. Il testo non rivela nessun sintomo delle incertezze talora emerse nei secoli precedenti circa la glorificazione corporea di Maria subito dopo la morte. La finalità liturgica della composizione viene richiamata fin dal suo inizio: «Tutti celebrino la Panaghia e non vi sia alcuno che non si impegni in questa gara, si tratti di gente più capace o meno di farlo, dal momento che ella è oggetto di tante lodi, non solo nell'occasione della sua nascita, ma anche prima di essere donata agli uomini»20. Le componenti dottrinali del mistero celebrato sono quelle presenti ormai da secoli in tutta la tradizione bizantina: morte, risurrezione e ingresso della Vergine nella vita eterna con l'anima e il corpo. Nicola motiva questi momenti finali della vita terrena della Madre di Dio ricorrendo all'analogia Christi: «Era necessario che fosse partecipe, insieme al Figlio, a tutto quello che il disegno di Dio prevedeva a nostro favore... Così fu la prima a diventare in tutto conforme, a titolo di somiglianza, alla morte del Salvatore. E perciò, prima fra tutti, fu partecipe anche della sua risurrezione»21. Conseguenza della morte è la separazione dell'anima dal corpo e la stessa Vergine è passata attraverso questa fase, ma solo durante il breve tempo in cui il corpo è rimasto nascosto nel sepolcro. Anche questo dettaglio viene esposto in base all'analogia Christi: «Era necessario che quell'anima tutta santa fosse separata dal suo corpo santissimo. Si separò infatti e si congiunse con l'anima del Figlio: luce seconda della prima Luce. Ma quel corpo, rimasto per un po' di tempo sulla terra, migrò anch'esso dal mondo. Bisognava infatti che passasse attraverso tutte le fasi per le quali era passato il Salvatore e risplendesse ai vivi e ai morti, santificasse in ogni modo la natura e infine ottenesse il luogo che le conveniva. ((questo corpo) lo ebbe dunque per poco la tomba; ma poi il cielo accolse questa nuova terra, ossia il corpo spirituale, il tesoro della nostra vita, questo corpo più venerabile degli angeli, più santo degli arcangeli. Al Re fu restituito il trono, al legno della vita il paradiso, il disco alla luce, l'albero al frutto, la Madre al Figlio, corrispondendo ella in tutto a Colui che è la sua Prole»22. Oltre all'analogia con la risurrezione di Cristo, è accennata in questo passo un'altra ragione: il corpo di Maria doveva rimanere per breve tempo sepolto nella terra: per santificare la natura intera con la sua presenza. Siamo alla stessa funzione che il Cabasilas assegnava al corpo sepolto di Cristo, come Redentore e autore di una nuova creazione Cristo, come Dio e Salvatore, ha svolto questa funzione in misura assoluta; Maria in misura relativa.

Centralità del Cristo

I] titolo della sua opera: La vita in Cristo, capolavoro di teologia dogmatica e spirituale, ci orienta già verso l'idea che Cabasilas ponga al centro di tutta la realtà la persona divino-umana del Redentore, affinché il cristiano possa vivere già su questa terra quella vita che avrà il suo compimento finale nella gloria del cielo. Nicola ci presenta nella vita terrena e nel destino finale della Madre di Dio un modello perfetto di quell'itinerario che i credenti debbono percorrere per realizzare sulla terra questa vita in Cristo che prelude alla vita eterna. Per questo ha voluto comporre le sue omelie mariane scegliendo tre momenti fondamentali nell'esistenza della Vergine, momenti che significativamente riflettono l'azione della grazia divina nell'anima. Il primo e il momento della nascita, allorché la creatura è solo capace di accogliere i tesori della grazia che Cristo comunica nel battesimo. Il secondo momento e quello della risposta impegnativa che Cristo attende da ogni sua creatura, come l'ha richiesta a Maria nell'Annunciazione, e che ogni cristiano dà in occasione del sacramento della Confermazione. Il terzo momento è quello dell'Eucaristia, nel quale Cristo chiama il credente a realizzare con lui un'unione d'amore che deve prolungarsi nella vita celeste, ciò che per Maria si è verificato nel mistero della sua assunzione al cielo.

NOTE
1 K. Krumbacher, Geschichte der byzantinischen Literatur, pone la morte nel 1371.
2 PG 150, 493-725; ediz. italiana a cura di U. Neri, in Fonti Cristiane per il terzo millennio, Roma 1994.
3 PG 150, 368-492; SC 4 bis.
4 La prima edizione greca è opera di M. Jugie, pubblicata in PO 19, 456-510, con traduz. latina. In italiano abbiamo la versione curata da M. F. T. Lovato e L. Mortari, per Scritti Monastici 19, Edizioni Abbazia di Praglia 1997; e quella di E. Toniolo apparsa in TMSM, I, 442-482.
5 Consonanza profonda tra Oriente e Occidente. La mariologia di Nicola Cabasilas, in Lateranum 62 (1996), 512. In questo dettagliato e sottile studio, Toniolo accosta i testi del Cabasilas a quelli del Vaticano II (Lumen genitum, cap, VIII) per rilevare le profonde consonanze.
6 Sul pensiero mariologico del Cabasilas si è scritto tanto. Mi limito a dare un elenco degli studi meglio accreditati e più aggiornati. M. Jugie, La doctrine mariale de Nicolas Cabalisas, in EO 18 (1919), 373-388; E. Toniolo, La mariologia di Nicola Cabasilas, Excerpta e dissertatione ad Lauream in Pontificio Instituto Orientialium Studiorum, Vicenza 1958; C. Vona, I discorsi di Nicola Cabasilas. Riflessi popolari patristici bizantini, in Lateranum 30 (1964), 115-189; C. Tsirpanlis, The Mariology of Nicolas Kabasilas, in Kleronomia 11 (1979), 273-288  id., The Mariology of Nicolas Kabasilas, in Marian Studies 30 (1979), 89-107; G. Limouris, Les homeliés mariales de Nicolas Cabasilas (XIV s.). Monuments liturgiques et théologiques, in La Mère de Jésus-Christ et la communion des Santis, Conférenes Saint-Serge XXXII, Edizioni Liturgiche, Roma 1986, 149-171; H. M. Koester, Die Mariologie des Nikolaus Kabasilas, in Virgo Liber Verbi, Edizioni Marianum, Roma 1991, 269-280; Nicola Cabasilas († 1391 ca.), in TMSM, I, 436-482; Graef 306-309; Byzantium 2, 1088; O' Carroll 92-93; Marienlexikon III, 493-494.
7 In Nativitatem, Ibid., 1, PO 19, 348.
8 In Nativitatem, Ibid., 1, PO 19, 364.
9 Ibid., 6, PO 19, 353-354.
10 Ibid., 9, PO 19, 357.
11 Ibid., 16, PO 19, 363-364.
12 In Annuntiationem, 1, PO 19, 367.
13 Ibid., 2, PO 19, 367-368.
14 Cfr. E. Toniolo, art. cit., p. 528.
15 In Annuntiationem, 4, PO 19, 369.
16 Ibid.
17 Ibid.
18 Ibid., 4, PO 19, 370.
19 Ibid., 5, PO 19, 370.
20 In Dormitionem 1, PO 19, 378.
21 Ibid., 1, PO 19, 390.
22 Ibid., 1, PO 19, 391.

 


 







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