Ministero e devozione mariana
Data: Giovedi 5 Settembre 2013, alle ore 17:25:15
Argomento: Chiesa


Riflessione di Corrado Maggioni nel Ritiro per i Sacerdoti del 16/05/2013 ad Albano.




 

La storia della spiritualità ha sintetizzato spesso la devozione mariana nel celebre detto “per Maria a Gesù”. Questo corretto orientamento (Maria è come l’aurora che annuncia il Sole) è tuttavia insufficiente, poiché la devozione mariana evangelicamente narrata è rischiarata dal movimento inverso, ossia “da Cristo a Maria”. Il primo Rivelatore del “mistero” Maria è Cristo: conosciamo la Madre alla luce del Figlio. La devozione mariana è dunque percorsa da due movimenti complementari: da Cristo a Maria e per Maria a Cristo. Ciò riguarda tutti i cristiani e non solo i preti, anche se noi, a motivo del ministero che ci connota, siamo i primi a dover fare i conti con la devozione mariana. Non penso che i preti debbano essere “più” devoti di Maria rispetto agli altri fedeli: ciascun credente, nella propria condizione di vita, deve vivere in comunione con Maria e imitarne le virtù. Già sant’Ambrogio ricordava che «dev’essere in ciascuno dei cristiani l’anima di Maria per magnificare il Signore; dev’essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio» (Expositio Evangelii secundum Lucam II, 26); e ancora osservava che «la vita di Maria è regola di condotta per tutti» (De virginitate 1,2,2, n.15). A noi preti si chiede di esserne credibili testimoni davanti a tutto il popolo di Dio. Perciò vorrei suggerire alcuni motivi di riflessione a partire da tre interrogativi: perché la devozione mariana? quale devozione? come servirla e testimoniarla? Parlando di devozione, il termine esige forse una precisazione dal momento che il suo impiego per indicare pratiche di pietà, le devozioni appunto, ha finito per sfumarne la valenza interiore. Devotio dice il votarsi, voto, offerta votiva, attaccamento a…; devovere significa offrire in voto, consacrare, dedicare. Nel vocabolario liturgico la devotio è riferita a Dio (cf. A. Blaise, Le vocabulaire latin des principaux thèmes liturgiques, Brepols 1966, 45). E’ dalla devozione a Dio che sgorga la devozione a Maria.

1. PERCHÉ LA DEVOZIONE MARIANA?

Per obbedire a Cristo e imitare il suo esempio

Maria non è un personaggio qualsiasi del Vangelo: è colei che, grazie allo Spirito, ha generato il Salvatore delle nostre anime. Questa “donna” ci è infatti necessaria per dire che il Figlio di Dio si è fatto veramente uomo per farci rinascere alla vita divina (cf. Gal 4, 4-5). Perciò Maria è parte del deposito della fede creduta, celebrata e vissuta. Non è possibile dire il Dio in cui crediamo, la fede in Cristo, l’appartenenza alla Chiesa, senza riferimento a Maria. L’annuncio di Cristo suppone Maria, così come il vivere in Cristo esige Maria. Lo ricordava incisivamente Paolo VI: «se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani» (omelia al Santuario di Bonaria, 24.04.1970). Anche i santi misteri li celebriamo «communicantes, et memoriam venerantes, in primis gloriosae semper Virginis Mariae, Genetricis Dei et Domini nostri Iesu Christi» (Canone romano). Non è dunque facoltativo per noi amare, contemplare, stringere il nostro cuore a quello della Madre del Signore: è obbedienza al volere di Gesù, manifestato nell’ora suprema del dono totale (cf. Gv 19,25-27). Se non manca al riguardo la riflessione sia a livello biblico che teologico e spirituale, da parte mia vorrei prestare attenzione alla lex orandi, attingendo al formulario n. 13 delle Messe della Beata Vergine Maria. Così prega l’orazione sulle offerte: Accogli, o Signore, i doni della tua Chiesa e trasformali nel corpo e sangue del tuo Figlio, che dal patibolo della croce affidò alla Vergine Maria nella persona di Giovanni tutti i suoi discepoli e li fece eredi del suo amore verso la Madre. Dallo scambio di doni che qualifica il sacrificio eucaristico, l’orazione passa a far memoria delle mirabili oblazioni avvenute nell'ora della croce: Cristo dona a Maria tutti i discepoli, rendendoli così «eredi del suo amore verso la Madre». Questa espressione, mediata dall'antico Sacramentario Veronese1, è di profondo spessore teologico: il triangolo oblativo-comunionale dell'ora del sacrificio di Cristo, implicante anche la Madre e il discepolo, trova perenne attualità nel far memoriale di quell'unico sacrificio. Da una parte, donandosi totalmente ai discepoli, insieme al suo Corpo e Sangue, Cristo offre ad essi anche la Madre. E, dall'altra, i discepoli sono fatti eredi (vicari, secondo l'antica fonte) dell'amore stesso di Cristo per la Madre. Cioè, l'amore dei discepoli verso Maria perpetua quello del Cristo verso di lei. Così alla domanda: come deve essere il nostro amore per Maria, si può rispondere che deve avere le stesse caratteristiche dell'amore nutrito da Cristo per sua Madre. Lo sviluppo a livello spirituale si intravede facilmente. Un ulteriore approfondimento è offerto dal prefazio: Noi ti lodiamo e ti benediciamo per il perenne vincolo di amore, instaurato ai piedi della croce fra i discepoli e la Vergine Maria, come supremo testamento del tuo Figlio. Egli la dona loro come Madre; essi la ricevono in eredità preziosa dalle mani del Maestro. A lei, costituita per sempre madre dei credenti, ricorreranno nei secoli i fedeli come a sicuro rifugio. Nei suoi figli adottivi Maria riconosce e ama il Figlio: essi, obbedendo ai richiami della Madre, custodiscono le parole del Signore. Il «perenne vincolo di amore tra i discepoli e la Vergine Maria» è il motivo del rendimento di grazie al Padre. Tale vincolo, infatti, non deriva da “una certa” devozione mariana, ma è «il supremo testamento del tuo Figlio». Tenerne in debito conto è dunque obbedire al volere di Cristo e accogliere il suo dono: «Egli la dona loro come Madre; essi la ricevono in eredità preziosa dalle mani del Maestro». Non è pensabile di raccogliere l'eredità di Cristo, escludendo l'amore a Maria, riconosciuta come Madre. Siamo chiamati a diventare figli di Maria sull’esempio del Figlio, che, certo non è stato un “mammone” (cf. Lc 2,41-52: smarrimento e ritrovamento di Gesù dodicenne al tempio), ma autenticamente “figlio”. Se nell'orazione i discepoli son detti «eredi dell'amore di Cristo verso la Madre», nel prefazio si dice che «nei figli adottivi Maria riconosce e ama il Figlio». I pensieri si illuminano, aiutandoci capire che l'amore di Maria nei confronti del Figlio si perpetua nell'amore che ella nutre per ogni rigenerato nel battesimo2: affinché non resti solo parola detta bisogna convenire che tale legame si attualizza nel momento celebrativo dell'amore di Cristo, ossia l'Eucaristia. E ciò in funzione del vissuto. La conclusione del prefazio evidenzia il frutto del «perenne vincolo di amore» tra Maria e i discepoli i quali «obbedendo ai richiami della Madre, custodiscono le parole del Signore». Sulla base delle precise parole di Maria a Cana: «fate quello che vi dirà» (Gv 2,5), risalta la portata “cristologica” della comunione tra Maria e i discepoli. Dunque, il «perenne vincolo di amore» è suscitato da Cristo ed è ordinato a Cristo. Mi pare importante riscoprire il dinamismo che va “da Cristo a Maria”, giacché la devozione mariana è obbedienza a Cristo ed insieme imitazione del suo esempio. In realtà, il primo devoto di Maria è Cristo! Non è sfuggito al Santo di Montfort, il quale, presenta il donarsi a Maria come l’imitazione di quanto ha compiuto il Verbo divino che, nell’incarnazione, ha voluto consegnarsi “tutto” a Maria (Vera devozione nn. 120-121. 125-126; L’Amore dell’eterna Sapienza n. 226). Il “totus tuus” (tanto caro anche a Giovanni Paolo II) dice anzitutto il sentire di Cristo verso la Madre, e quindi dice anche il sentire del discepolo amato verso Maria.

Perché Maria riverbera i misteri della fede e introduce in essi come mistagoga

A che serve la devozione mariana? Per vivere meglio in Cristo, con e come Maria. Al n. 52 dell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, Giovanni Paolo II chiama Maria «Madre e educatrice del nostro sacerdozio» (n. 82). Il rivolgersi a lei è ricevere in risposta l'invito ad entrare dentro i misteri della salvezza, interpellando la nostra vocazione di preti. E’ la mistagoga! E’ illuminante Lumen gentium 65: «La Chiesa pensando a Maria piamente e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, penetra con venerazione e più profondamente nell'altissimo mistero dell'incarnazione e si va ognor più conformando col suo Sposo. Maria, infatti, che è entrata intimamente nella storia della salvezza, riunisce in sé in qualche modo e riverbera i massimi dati della fede; così quando la si predica e la si onora, ella rinvia i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre. (...) Onde anche nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a Colei che generò Cristo, concepito dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine, per nascere e crescere anche nel cuore dei fedeli per mezzo della Chiesa. La Vergine, infatti, nella sua vita fu il modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti quelli che nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini». Come Maria è preziosa per interpretare il mistero dell’incontro tra Dio e l'uomo, così ci è preziosa per cogliere il ministero di chi coopera a tale incontro. A posare lo sguardo su di lei ci si accorge che la sua figura rifrange molteplici luci. Riflette anzitutto la luce del suo divin Figlio: «è la Madre del Figlio di Dio» (LG 53). Nella festa dell’Immacolata ascoltiamo il vangelo dell’Annunciazione: è il concepimento del Figlio a dar valore alla vita della Madre, fin dal suo primo istante, così che l’Immacolata parla prima del Redentore che di Maria. Come guardare a lei senza pensare a Gesù? Suscitata alla vita in ordine a Cristo, l'attenzione rivolta a lei viene da lei stessa riorientata su Gesù. Anche le pagine del Vangelo che parlano di Maria, lo fanno per dire del Figlio che ha generato: è un movimento questo che contraddistingue la sana devozione mariana. Ci mettiamo «alla scuola di Maria per imparare Cristo» (Rosarium Virginis Mariae). Ma posandosi sulla «piena di grazia» (Lc 1,28), lo sguardo vi contempla anche il fulgore dello Spirito Santo, di cui ella è «il tempio» (cf LG 53). Tutte le virtù che ornano Maria, sono frutti dello Spirito maturati in lei per la grazia divina e per la corrispondenza incontrata. Quanto di grande è avvenuto in Maria, dal concepimento senza peccato all'assunzione al cielo in anima e corpo, chiama in causa lo Spirito Santo. L’Amore di Dio ha trovato casa nell'umile serva del Signore, consacrando ogni spazio della sua umanità. Il Soffio di Dio ha ossigenato ogni ora della sua vita: ha gonfiato le vele del suo quotidiano pellegrinaggio di fede, permettendole di attraversare la storia lasciandovi una traccia indelebile. L'interezza dell'unzione dello Spirito in Maria si coglie dagli eventi che stanno all'inizio e al coronamento del mistero redentivo: l'Annunciazione e la Pentecoste. Maria rifrange, ancora, la luce della relazione con Dio Padre, di cui è «la figlia prediletta» (LG 53). In lei ha trovato obbedienza il volere del Padre celeste, gratitudine e lode per le meraviglie operate nella sua vita. Il Magnificat testimonia la consapevolezza con cui Maria ha vissuto il pellegrinaggio terreno: con il cuore e lo sguardo rivolti al cielo. Non un cielo pauroso, dal quale difendersi: ma un cielo generatore di vita, di misericordia, di salvezza per tutte le generazioni umane, anzi per l'intera creazione, opera delle mani di Dio. Quale «immagine purissima» della Chiesa (cf. SC 103) Maria riflette come uno specchio la vocazione e missione della comunità cristiana (typus et exemplar: LG 53): le associa la medesima fede, speranza e carità. Il vincolo che ha unito in un solo corpo Cristo e Maria è paradigmatico per tutta la Chiesa e per ciascuno dei suoi membri: «Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione che la rende senza macchia e senza ruga (cf Ef 5,27), i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (LG 65). Infine, venuta al mondo senza peccato e uscita dal mondo non intaccata dalla corruzione del sepolcro, Maria riflette la bellezza dell'umanità ricreata dall'Amore. Lo sguardo che Dio non distolse mai dagli esuli figli di Eva, è giunto a maturar frutto in Maria. L'eccellenza di questa donna che ha fatto far pasqua alla storia l'intuì Elisabetta, che l'acclamò: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42). La benedizione di questa Donna, unica fra tutte e ispiratrice di ciascuna, proviene dal Figlio che ha concepito da Spirito Santo: dando la vita a Colui che l'ha suscitata alla vita, Maria ha contribuito di persona - anima e corpo - al riscatto dell'umanità dal potere della morte. Sta qui il senso del titolo attribuito a Maria di Madre dell’umanità. E' la nuova Eva, la Madre del Vivente e di tutti i viventi in lui: il suo eccomi ha cooperato a far sì che l'umana natura risplendesse pienamente ad immagine e somiglianza di Dio, secondo l'originale disegno. Questa donna “nuova”, assunta in cielo in anima e corpo, riluce per uomini e donne pellegrini sulla terra quale primizia dell'umanità ricreata in Cristo. Ecco l’orizzonte che apre la devozione a Maria: guardiamo a lei per imparare ad entrare dentro il mistero dell’incontro tra Dio e l’uomo, in Cristo, e servirlo degnamente.

2. QUALE DEVOZIONE MARIANA?

Si parla di vera devozione perché esiste anche la falsa. In LG 67 si ricorda che «la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù». In breve è vera devozione mariana se incide sulla vita trasformandola. Alla luce di LG 67 ecco alcune indispensabili accordi della devozione mariana, validi per la nostra vita spirituale come per il nostro ministero pastorale.

Ancorata alla Scrittura

Senza bandire l'apporto della letteratura e della poesia, la genuina pietà verso Maria esige d’essere lievitata dalla Rivelazione. Più che ricercare nell’umano orizzonte i motivi della devozione mariana, giova lasciarsi evangelizzare dal Vangelo. Tra i vari approcci, merita attenzione l'esegesi sapienziale della pagina biblica, onde non limitarsi alla pura conoscenza dei dati storici su Maria, ma giungere invece a riviverne l'esperienza spirituale, riproducendone gli atteggiamenti che la connotano (serva del Signore, uditrice della Parola, discepola di Cristo, portatrice di Cristo ecc.). Se la nostra catechesi e predicazione riecheggiano il vocabolario biblico e le categorie della Scrittura, sarà facile evitare i rischi di una mariologia senza Cristo o avulsa dal mistero della Chiesa; sarà spontaneo per i fedeli familiarizzarsi con gli appellativi e le espressioni con cui il Nuovo Testamento presenta Maria. La familiarità con la pagina biblica facilita anche l'intelligente comprensione del linguaggio tipologico e dei riferimenti simbolici in ordine alla conoscenza di Maria nell'economia della Rivelazione (si pensi ad es. alle donne dell'Antico Testamento; ai titoli di nuova Eva, madre dei viventi, arca dell'alleanza, Figlia di Sion, tempio di Dio, sede della Sapienza, ecc). Ciò permette, inoltre, di cogliere meglio le ricche allusioni contenute nelle preghiere, nelle antifone e nell'innologia mariana, giacché la liturgia trae ispirazione dalla Scrittura. La stessa iconografia mariana, rischiarata dalla Scrittura, porterà a fissare nella mente e nel cuore i motivi sostanziali della devozione a Maria.

Modellata dalla liturgia

In virtù della presenza viva di Maria nei misteri storici di Cristo, la sua presenza è sentita anche nell'attuazione liturgica di quei medesimi misteri, perennemente celebrati perché i credenti vivano in-con-per Cristo. Perciò la Chiesa orante è testimone e maestra di devozione mariana: con e come Maria la Chiesa crede, spera, ama, celebra, vive il mistero di Cristo. Penso alla raffigurazione della Vergine nell'abside di note basiliche, sotto l'immagine del Panthocràtor, a significare per la comunità raccolta in preghiera il mistero della Chiesa, iconicamente riflesso in Maria. La celebrazione liturgica intreccia la venerazione di Maria al mistero di Cristo e della Chiesa, come rileva il breve ma intenso testo di Sacrosanctum Concilium 103: «Nella celebrazione del ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo; in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, e contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere»3. La devozione liturgica a Maria risplende nelle solennità, feste e memorie mariane dell'Anno liturgico, ma il ricordo di lei non si limita ad esse4. Così, l’Avvento, «tempo particolarmente adatto per il culto alla Madre del Signore» (MC 3), aiuta i fedeli a prepararsi al mistero dell'Incarnazione, specie nei giorni dal 17 al 24 dicembre come nella IV domenica di Avvento. Il tempo di Natale, che «costituisce una prolungata memoria della maternità divina, verginale, salvifica, di colei la cui illibata verginità diede al mondo il Salvatore» (MC 5), rischiara l’esperienza della compagnia dell'Emmanuele. Anche nel tempo di Quaresima, non mancano stimoli a considerare il «cammino percorso dalla Vergine, prima discepola di Cristo, custode diligente della Parola (cf Lc 2,19.51) e donna fedele presso la croce (cf Gv 19,25-27)»5. Nel tempo di Pasqua risuona l'invito a stringersi alla Madre del Risorto: «essa infatti, secondo il sentire della Chiesa, fu riempita di ineffabile letizia per la vittoria del Figlio sulla morte e, secondo gli Atti degli Apostoli, fu al centro della Chiesa nascente, in attesa del Paraclito» (OPCAM 3). Infine, è da ricordare la discreta e preziosa memoria di santa Maria in sabato (cf MC 9; OPCAM 5). Non basta tuttavia considerare le feste mariane, né gli accenti mariani dell’anno liturgico, giacché ancor prima è da valutare la dimensione “mariana” della stessa preghiera liturgica della Chiesa (cf MC 16-23; Introduzione alle MBVM 12-18). Per antica e universale tradizione, la memoria di Maria appartiene alla celebrazione dell’Eucaristia e dell’Ufficio Divino. Nessuno dovrebbe pensare che il ricordo di Maria nella Preghiera eucaristica sia di stampo devozionistico: è il segno che non possiamo tacere la memoria di Maria nel memoriale dei misteri di Cristo. In effetti, «questa menzione della Madre di Dio non è dovuta a fatti storici o contingenti, ma scaturisce da un’intima necessità: l’Eucaristia, essendo celebrazione plenaria dei misteri salvifici operati da Dio per Cristo nello Spirito, non può non ricordare la santa Madre del Salvatore, che a quei misteri è indissolubilmente congiunta» (OPCAM 19; cf. Ecclesia de Eucharistia nn. 53-58). Il nesso Incarnazione-Eucaristia, ed in esso la comunione con Colei dalla quale sono venuti a noi storicamente il corpo e il sangue di Cristo (alcune preghiere eucaristiche orientali ed occidentali lo sottolineano6), annoda la pietà mariana alla celebrazione eucaristica. La “Donna” che in virtù dello Spirito Santo è divenuta tempio del Sacerdote eterno, sempre vivo ad intercedere per noi presso il Padre (cf Eb 7,25), è specchio della Chiesa celebrante i santi misteri. In Maria, dimora del Dio vivente, si è stabilito il sacrificio dell'eterna Alleanza che è Cristo Redentore; dal suo grembo si è elevata al cielo la lode perfetta del Verbo incarnato; da lei ha preso forma il Pane disceso dal cielo che dà la vita al mondo; da lei è sgorgato per noi il Sangue versato per tutti. Per questo, celebrando l’Eucaristia la Chiesa guarda a Maria, sperimentandone la sua comunione di preghiera e imitandone gli atteggiamenti interiori. In questa luce pensiamo al cantico del Magnificat pregato quotidianamente nei Vespri. Riferimenti alla missione della Vergine Madre sono rinvenibili anche negli altri sacramenti e sacramentali: non sono da trascurare «alcune risonanze mariane, provenienti dal nucleo stesso del sacramento o direttamente o per via analogica» (OPCAM 22; si vedano utilmente i nn. 22-45: i sette sacramenti; 46-50: la liturgia delle Ore).

Custodita dalla pietà non liturgica

L’orizzonte è la cosiddetta pietà popolare, in cui si stagliano pii esercizi come: l’ascolto orante della Parola di Dio, l’Angelus Domini, Regina caeli, il Rosario, le litanie della Vergine, la consacrazione–affidamento a Maria, lo scapolare e le medaglie, le feste mariane, i tridui e le novene, i “mesi mariani”7, i pellegrinaggi ai santuari (cf Direttorio su pietà popolare e liturgia, cap. V). Che senso ha questa eredità del passato? Non basta la pietà liturgica in onore di Maria, ben calibrata sul mistero di Cristo e della Chiesa? Mi limito ad alcuni enunciati: promuovere la pietà liturgica non significa escludere quella non liturgica; occorre conoscere le differenze tra loro e rispettarle; evitare contrapposizioni e ricercare l’armonizzazione. Sappiamo che i misteri celebrati hanno bisogno di un “terreno di coltura” per risultare fruttuosi nella vita quotidiana: a ciò provvedono le varie forme di pietà del popolo cristiano. Basta la sola liturgia ad alimentare la vita spirituale? Si deve rispondere sì e no (cf Sacrosanctum Concilium 12-13). La preghiera liturgica suppone altre forme di preghiera, che aiutino a custodire e interiorizzare i santi misteri. Certo – in contesto normale - la sola pietà popolare non basta. Il valore e l’attualità del Rosario sono stati richiamati nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae. Il fatto che sia sorto per i laici come sostituzione del Salterio, non ha impedito che si diffondesse tra il clero (il CIC lo raccomanda espressamente nella formazione e vita spirituale del clero: cann. 246, § 3; 276, § 2, 5°; 663, § 4). Il segreto è la semplicità e insieme la qualità della preghiera del Rosario. Pregare con il Rosario vuol dire mettersi con il cuore alla scuola di Maria, come ha scritto Giovanni Paolo II, per ricordare Cristo con lei (n. 13), imparare Cristo con lei (n. 14), conformarsi a Cristo con lei (n. 15), supplicare Cristo con lei (n. 16), annunciare Cristo con lei (n. 17). In una parola, il Rosario aiuta a far ri-vivere in noi lo sguardo ed il cuore di Maria. Che cosa pensare del prete che non recita il Rosario? E’ certo che il Rosario è segno di devozione a Maria; bisogna tuttavia aggiungere che essere devoti di Maria non vuol dire soltanto Rosario.

In sintonia con la Tradizione e il sentire ecclesiale

La devozione a Maria da coltivare personalmente e da predicare non potrà esaurirsi ai dati (fondamentali!) testimoniati su di lei dal Nuovo Testamento. E' necessario sintonizzarla sulla comprensione che la Chiesa ha della Rivelazione, la cui autentica interpretazione è custodita dalla Tradizione e affidata al Magistero. La pietà mariana, inoltre, deve sapientemente valorizzare il “sensus et vita fidelium”. Penso ai Santi che hanno dato impulso alla conoscenza-devozione ecclesiale di Maria e alle tradizioni-sensibilità mariane radicate nel tessuto delle Chiese locali (santuari, pellegrinaggi, feste particolari). Occorre tener conto, poi, della gerarchia delle verità (le rivelazioni private non sono sul medesimo piano della Rivelazione: cf Direttorio su pietà popolare e liturgia 90). La pietà mariana non deve trascurare, infine, «l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani», ponendo attenzione all'impronta ecumenica (cf MC 32-33). Giovanni Paolo II - nell'Enciclica Redemptoris Mater 34 - sottolinea quanto la Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa e le antiche Chiese orientali si sentano profondamente unite dall'amore e dalla lode per la Theotokos. E' importante che la devozione mariana impari dalla Chiesa a respirare a “due polmoni”. Le stesse Chiese della Riforma si stanno interrogando sul significato dell’icona evangelica di Maria e del suo riflesso nella preghiera (cf l’importante documento del Gruppo di Dombes, trad. ital. Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, Bose 1998).

3. COME SERVIRE DA PRETI LA DEVOZIONE MARIANA?

Mi fermo a qualche sottolineatura.

L’omelia

Se molteplici sono le forme di annuncio del mistero di Maria (catechesi, liturgia, letture, pietà popolare...), l'omelia è certo un luogo privilegiato. Aiutano a riflettere gli interrogativi seguenti: perché parlare di Maria nell'omelia, cosa dire di lei, come parlarne. Il cosa dire di Maria nell'omelia non attinge al dicibile in generale su di lei, bensì ai testi biblici proclamati, alle preghiere, ai canti, in sintonia con la fede di sempre ed il sentire odierno. Dato che l'omelia non è un'occasione qualsiasi per parlare di Maria è indispensabile impostare il “cosa dire” a partire dai testi biblici (lettura/e, salmo responsoriale, canto al vangelo, vangelo) e dai testi eucologici (orazioni e prefazio), senza tralasciare i canti. Anche la Preghiera eucaristica ha il suo peso, giacché l'omelia è ordinata a rendere significativa la comunione al Corpo e Sangue del Signore: nelle celebrazioni mariane, sarà più evidente il con e come Maria. L'indispensabile riferimento ai testi biblici non deve tuttavia tradursi in esegesi storico-critica della Scrittura, quanto esprimere l'esegesi della Parola compiuta dalla Chiesa orante. Un medesimo testo biblico è, infatti, proclamato in varie celebrazioni (ad es. il brano dell'Annunciazione: il 25 marzo, l'8 dicembre, domenica IV-B di Avvento…). Ora, se davanti allo stesso brano l'esegeta scritturistico reagisce univocamente, l'esegesi della Chiesa orante muta invece a seconda del mistero celebrato in un dato giorno: l'ermeneutica liturgica della Parola (e non tanto del testo scritto) proviene dai brani biblici e dal loro mutuo incontrarsi, e si trova (specie nelle solennità), per così dire, condensata nelle preghiere con cui la Chiesa reagisce alla Parola ascoltata. Poiché le opinioni e le ipotesi soggettive non hanno la loro sede nella cattedra liturgica, in merito all'Immacolata sempre Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa, Cooperatrice del Redentore, Assunta nella gloria in anima e corpo, l’omelia respirerà secondo il principio della lex orandi - lex credendi. Conoscere l'eucologia favorirà l'omileta nell’aiutare i fedeli a fare esegesi esistenziale della Parola ascoltata nell’assemblea liturgica, sull'esempio della Madre del Signore che custodiva-meditava nel cuore (cf Lc 2,19.51). Un'omelia sulla beata Vergine che, «priva di tale orientamento vitale si risolvesse in un semplice, se pur ornato encomio, concorrerebbe ad alimentare quello “sterile e passeggero sentimentalismo”, deprecato dal Concilio Vaticano II, che insidia costantemente la genuina pietà mariana» (OPCAM 17). Sulla base del Vangelo, alla cui luce brillano di tonalità mariana anche le pagine dell'Antico Testamento (schema annuncio-compimento o esegesi tipologica) e della preghiera ecclesiale, l'omelia mariana farà trasparire atteggiamenti celebrativi quali: memoria, esperienza, contemplazione, lode, invocazione, comunione, imitazione, impegno. Prendendo ad es. la dimensione laudativa per le meraviglie di grazia compiute da Dio nella Vergine, l'omelia favorirà il prolungare, presso le generazioni dei credenti, la confessione della «Piena di grazia», della «Benedetta fra le donne», della «Beata per aver creduto alla parola del Signore». Nella linea dell'attualizzazione, l’omelia non può sottrarsi alla considerazione del tipo di comunità cui si rivolge (parrocchiale o di un santuario), delle persone a cui si parla (ad es. ragazzi o giovani, assemblee composite), delle particolari circostanze (celebrazione di sacramenti, pellegrinaggi). E' importante tener presente la sensibilità e la mentalità dell'ambiente (massimalismo o minimalismo mariano, fanatismo o indifferenza), in modo da promuovere per un verso la corretta pietà verso la Vergine, e dall'altro evitare le esagerazioni, la vana credulità, lo sterile sentimentalismo (cf MC 38). In breve, deve essere situata “oggi” e “qui”. Troveranno saggia illuminazione, alla luce della persona di Maria e della sua vicenda umana, anche le istanze e le tematiche contemporanee quali ad es.: la donna nel tempo presente, il valore dell'interiorità, il senso del trascendente, il mistero del dolore, il dramma della morte, la forza del dialogo, la valenza della ferialità, il coraggio nella prova...

Alcuni stimoli pastorali

* Valorizzare la memoria di Maria nella preghiera liturgica ordinaria (Messa domenicale, Liturgia delle Ore, celebrazione dei sacramenti) e non solo in certe occasioni.
* Superare la monotonia per riscoprire varietà di proposte: spesso la devozione mariana è assimilata esclusivamente alla recita del Rosario: mi pare troppo riduttivo e parziale questo restringimento. Proporre differenti forme di preghiera mariana (Liturgia delle Ore, Celebrazioni della Parola, pii esercizi, Angelus, Litanie, Akathistos...), aiuta a educarsi e educare ai vari atteggiamenti della pietà mariana: memoria, lode, invocazione, supplica, imitazione...
* Intensificare il ricordo mariano in alcuni tempi e giorni: penso a suggerimenti semplici ma efficaci per la preghiera personale e in famiglia nella vigilia o nel giorno di festività mariane, nel tempo di Avvento-Natale; penso all’opportuna valorizzazione delle immagini mariane, nelle case oltre che nelle chiese.
Alcuni percorsi da attivare (sopratutto nella nostra vita di preti):
* Dal pietismo alla pietà mariana: in modo speciale alla pietà liturgica mariana, alla cui luce modulare le varie forme di pietà popolare.
* Dal sentimentalismo al sentimento: mentre il primo muove solo la superficie e non lascia tracce nella vita, il sentimento chiama in causa la persona con tutte le sue facoltà.
* Dall'esteriorità all'interiorità: promozione di convincimenti, itinerari di rinnovamento e di conversione dei cuori; in ciò molto conta la catechesi (ai bambini, ragazzi, fidanzati, sposi, anziani...) e la qualità della preghiera.
* Dalla supplica interessata alla lode per la Benedetta tra le donne: alla scuola del Vangelo dobbiamo prolungare la lode di Elisabetta: «Benedetta tu fra le donne; Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
* Dalle devozioni alla devozione: in obbedienza al volere testamentario di Cristo, sul suo esempio, in sintonia col sentire della Chiesa di sempre.

NOTE
1 Cf Sacramentarium Veronense (edd. Mohlberg - Eizenhöfer - Siffrin), n. 1276, prefazio «in natale sancti Iohannis evangeliste», 26 dicembre: «... et eum in cruce dominus constitutus vicarium sui matri virgini filium subrogaret». Il testo latino dell’odierna orazione recita: «qui, crucis ligno affíxus, in Ioánne univérsos discípulos Vírgini commendávit in fílios et sui amóris erga Matrem subrogávit vicários».
2 Il diventare figli adottivi di Dio nel battesimo, comporta anche l'instaurazione della relazione filiale verso Maria. Si confronti la colletta del medesimo formulario e questo passaggio del prefazio.
3 Marialis Cultus 2 ricorda che la revisione del Calendario «ha permesso di inserire in modo più organico e con un legame più stretto la memoria della Madre nel ciclo annuale dei misteri del Figlio».
4 Cf. C. Maggioni, Liturgia, in Mariologia, a cura di S. De Fiores – V. Ferrari Schiefer - S.M. Perrella, Dizionari San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, 726-737.
5 Congregazione per il Culto Divino, Lettera Orientamenti e proposte per la celebrazione dell’anno mariano (= OPCAM), 3.
6 Così l’antichissimo prefazio ambrosiano della VI dom. di Avvento: «De cuius ventre fructus effloruit, qui panis angelici munere nos replevit. …hinc (Maria) egressa mysteria Salvatoris» [Sacramentario Bergomense 85]; ripreso nel prefazio II/A dell’Avvento nel Messale Romano italiano: «dal grembo verginale della figlia di Sion è germinato colui che ci nutre con il pane degli angeli».
7 Cf. C. Maggioni, Mese mariano, in Mariologia, a cura di S. De Fiores – V. Ferrari Schiefer - S.M. Perrella, Dizionari San Paolo, Edizioni San Paolo Cinisello Balsamo 2009, 836-844.

 







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