Grazie al Figlio di Maria, «Dio non fa pił paura»
Data: Domenica 27 Ottobre 2013, alle ore 10:32:44
Argomento: Magistero


Lettera su Maria nel Concilio e la Rosarium Virginis Mariae del Preside della Pontificia Facoltà Teologica "Marianum" di Roma, Prof. Salvatore Maria Perrella, in Marianum Notizie News, Notiziario della Pontificia Facoltà Teologica «Marianum», n. 39 - 2/2012, pp.1-5.



  

Il mese di ottobre 2012 si è segnalato per due importanti ricorrenze che hanno a che vedere con la riflessione teologica sulla Madre di Gesù e con la pietà mariana ecclesiale: l’11 ottobre la Chiesa intera su input di Benedetto XVI ha solennemente ricordato il cinquantesimo dell’inizio del Concilio Vaticano II; il 16 ottobre si è ricordato, quasi sotto silenzio, il decimo anniversario della pubblicazione della lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae (RVM). Due eventi di natura e di portata diversa che hanno inciso, seppur in modo disuguale, sulla mariologia e sulla marianità nel cristianesimo odierno.

Il beato Giovanni XXIII (1958-1963) ha voluto la celebrazione del Vaticano II con lo scopo di ripensare il mistero, l’identità, la presenza e la missione della Chiesa nella duplice fedeltà a Cristo e all’uomo/donna, via stessa di Dio e della Chiesa. Il Vaticano II ha innestato nella Chiesa un processo carsico che ha provocato un mutamento totale non solo nel suo essere comunità di fede, ma anche nel vasto e diverso campo della riflessione critica della fede, cioè della teologia. Esso non va inteso, comunque, come stridente discontinuità col passato, ma come «erede della tradizione di due millenni cristiani»,1 costituendo anche la migliore garanzia di fedeltà dottrinale e di congruenza pastorale, che la Chiesa sta ancora recependo ed attualizzando, seppur con qualche fatica e ritardo.2 In tale consesso episcopale, la Chiesa non solo è stata colta e presentata dalla costituzione Lumen gentium come mistero, comunione e missione, sacramento universale di salvezza e madre di tutti i popoli; ma è stata anche proposta, specialmente con gli ultimi due capitoli (cf. Lumen gentium 48-69), su un registro nuovo e bello, donando una sintesi anche sul piano storico-escatologico, mediante l’immagine dell’Ecclesia peregrinans (Ecclesia viatorum), e su quello storico-salvifico, martiriale ed estetico-narrativo, con la persona di Maria, quale splendida icona della Chiesa (Ecclesiae typus). Il capitolo mariano del Vaticano II (cf. Lumen gentium 52-69), ha sponsorizzato una visione teologica diversa dal passato postridentino, che prediligeva considerare la Vergine quasi esclusivamente ex parte Christi, sottolineandone unilateralmente i suoi “privilegi” di “predestinata con Cristo” e le sue prerogative essenziali in relazione ai misteri del Salvatore, come corredentrice, mediatrice e regina dei santi.3 Il Concilio ha privilegiato la via di una mariologia narrativa, saldamente ancorata alla Parola biblica, offrendo quasi una sorta di breve ma incisiva lectio divina del mistero di Maria, nella quale contemplare la bellezza della sua umanità, la peculiarità della sua esistenza di figlia di Sion, la ricchezza esemplare della sua esperienza di fede pellegrinante, contribuendo non poco a far percepire il significato della sua vita per noi, nell’insieme del disegno di Dio (nell’historia salutis) e nell’unità del mistero di Cristo. In tal modo il Concilio ha inaugurato «un cambiamento: impegna ad entrare in pieno nella Bibbia, in quanto testo che non dipinge in maniera fissa e sintetica l’icona di Maria, ma “racconta” la sua vita, la vicenda di lei, ci fa scorrere davanti agli occhi (della fede) il “filmato” del suo itinerario specifico nella storia della salvezza». E, inoltre, «la dogmatizzazione - del suo mistero - viene prospettata solo intuitivamente come frutto finale, ma tale che fuori del processo a cui si riferisce potrebbe non essere interpretata correttamente».4 In questa luce il Concilio ha affrontato anche la delicata questione della “collaborazione” della Madre all’opera messianica del Figlio e della sua funzione salvifica subordinata ma efficace. Nell’ottica della teologia narrativa, anche tali funzioni vengono colte nella loro radice essenzialmente “esperienziale”, del “vissuto” di sequela di Maria, in modo che la loro singolarità appare sempre intimamente relazionata sia all’unicità del mistero di Cristo, come «una forma particolare dell’essere-in Cristo»,5 sia alla vita della Chiesa, nell’ordine simbolico proprio di una “mariologia ecclesiotipica”, recuperando così la grande tradizione dei Patres Ecclesiae. In tal modo la Vergine appare come uno “specchio” che riflette il volto della sposa di Cristo, e nel quale la sposa - Comunità contempla il suo mistero, il suo presente e il suo futuro eterno. Nella Madre di Gesù, infatti, questo nesso ecclesiologico fondamentale acquista una particolare rilevanza iconica, in cui si disvela pienamente il volto della Chiesa, perché essa «riunisce in sé (unit) e riflette in piena luce (reverberat) i più grandi valori/dati della fede cristiana (maxima fidei placita)» (Lumen gentium 65). Sulla scia propulsiva avviata dal Vaticano II si è incamminata anche la riflessione teologica, la prassi liturgica e la pastorale riguardante la Madre del Signore, (persona, evento, ruolo e significato) che viene scrutata, celebrata ed esperita quale presenza escatologica efficace ed operosa, secondo il disegno provvidente di Dio, all’interno del mysterium historiae, del mysterium ecclesiae, del mysterium hominis.

Il 16 ottobre 2002 il beato Giovanni Paolo II (1978-2005) pubblicava la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae. È noto che il magistero dei Vescovi di Roma sia sempre stato particolarmente attento a motivare, regolare, incrementare e accompagnare la pietà dei fedeli verso la Madre del Signore, consapevole che tale consuetudine, «varia nelle sue espressioni e profonda nelle sue motivazioni, è un fatto ecclesiale rilevante e universale».6 Come pure rilevante è stato l’interessamento dei Papi verso il Rosario (cf. RVM 2), sovente raccomandato per la sua caratura o impronta biblica incentrata sulla contemplazione degli eventi salvifici della vita di Cristo, cui fu strettamente associata la Vergine.7 E sono anche numerose le testimonianze di Pastori e di uomini di santa vita sul valore e sull’efficacia di tale preghiera.8 La RVM non tratta solo della pia pratica cara alla pietà popolare, né tratta solo della Vergine; è una lettera dalla preziosa caratura cristologico-mariana. Infatti, più che per la rilevanza data alla recita del «Salterio della Vergine» o per la proclamazione dell’Anno del Rosario (ottobre 2002-ottobre 2003), si segnala perché sottolinea con forza, all’inizio del nuovo millennio, che Maria, in quanto Madre di Cristo e Madre della Chiesa, deve occupare un posto di rilievo nella vita di fede e di preghiera del credente. (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2617-2619). La lettera sul Rosario è una sorta di necessario complemento o coronamento dei contenuti della lettera apostolica Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), per esortare i cristiani della postmodernità alla contemplazione del volto di Cristo in compagnia e alla scuola della Madre (cf. RVM 3).9 Non fa quindi meraviglia ch’essa continui a ritenere e a sottolineare come il Rosario di Maria «si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. Sviluppatosi in Occidente, esso è preghiera tipicamente meditativa e corrisponde, in qualche modo, alla “preghiera del cuore” o “preghiera di Gesù” germogliata nell’humus dell’Oriente cristiano» (RVM 5). A questo scopo Giovanni Paolo II dà vari suggerimenti, dicendo sempre esplicitamente che intende rispettare «la struttura ampiamente consolidata di questa preghiera» (RVM 28), senza «pregiudicare nessun aspetto essenziale dell’assetto tradizionale» del Rosario nel suo ordito originario, consolidato nella pratica più comune e avvalorato dall’autorità ecclesiale, organizzato sul numero 150, corrispondente a quello dei Salmi (cf. RVM 19). Il Pontefice, edotto dalla Parola e dallo stesso esempio della Serva del Signore, così come emerge dall’attestazione lucana (cf. Lc 2,51b),10 sottolinea come «il contemplare di Maria è innanzitutto un ricordare. Occorre tuttavia intendere questa parola nel senso biblico della memoria (zakar),che attualizza le opere compiute da Dio nella storia della salvezza […]. Il Rosario, quale meditazione su Cristo con Maria, è contemplazione salutare. L’immergersi infatti, di mistero in mistero, nella vita del Redentore, fa sì che, quanto Egli ha operato e la liturgia attualizza, venga profondamente assimilato e plasmi l’esistenza» (RVM 13). Ricondurre la recita del Salterio di Maria al suo vero cuore, la contemplazione di Gesù insieme a Maria (cf. RVM 9-17), è l’obiettivo della lettera pontificia.11 Al fine di «potenziare lo spessore cristologico del Rosario» (RVM 19), vengono proposti una nuova serie di misteri, detti ”della luce” (cf. RVM 19. 21), che rivelano il Regno ormai giunto nella persona e nell’evento stesso di Gesù, figlio di Dio e della Vergine. L’opportuna integrazione esplicita maggiormente l’assunto pontificio secondo cui il Rosario è compendio di tutto il Vangelo (totius Evangelii breviarium),12 per cui diventa conveniente, «dopo aver ricordato l’incarnazione e la vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo della risurrezione (misteri della gloria), che la meditazione si porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica (misteri della luce) » (RVM 19) del Signore. Se pregato e meditato bene, individualmente, in comunità o nella famiglia, il Rosario diventa veramente un percorso spirituale in cui Maria si fa madre, sorella, maestra e guida al Dio Trinitario. Non deve stupire il fatto che lo stesso rapporto orante e contemplante del credente col Mistero abbia bisogno di un metodo serio, efficace e rispettoso, che coinvolga la persona nella sua totale e complessa realtà psicofisica e relazionale, oltre che spirituale. Nella convulsa cultura e temporalità contemporanea, in cui tra l’altro si sperimenta una sorta di apostasia silenziosa da parte di una umanità, specie occidentale, troppo sazia di beni materiali ma assai indigente dal punto di vista spirituale, il Rosario insegna ed impegna nella difficile ma necessaria esperienza della contemplazione sulle grandi opere di Dio. Per cui l’opera compiuta dai Papi, dagli inizi sino ai nostri giorni, è stata quella di incentivare nei fedeli la preghiera del Rosario, prece che sa ben accompagnare le stagioni della vita dei credenti. Ci auguriamo che l’appello rivolto dieci anni addietro da Giovanni Paolo II e più volte ripreso da Benedetto XVI, non cada inascoltato e i cristiani tutti (pastori, teologi e laici) riprendano con fiducia il Rosario tra le mani, riscoprendolo alla luce della Parola rivelata, in armonia con la liturgia della fede e nel contesto dell’esistenza quotidiana (cf. RVM 43). Nel febbraio 2012 per noi frati Servi di Maria la memoria comune è sostata con nostalgia e gratitudine su Davide Maria Turoldo (1916-1992), per i vent’anni del suo transito. Frate appassionato, grande poeta di Dio, della Vergine, dell’uomo e della donna, nonché del creato, per il suo stile profetico ed anticonformista fu definito “coscienza inquieta della Chiesa”. L’Ordine dei Servi, i mariologi e i cultori di mariologia rileggono ancora oggi i suoi belli e densi poemi. In occasione della grande festa del Natale di Gesù e dell’inizio del nuovo anno 2013, mi piace concludere con alcuni suoi versi:
«Sei la nostra natura innocente,
la nostra voce avanti la colpa,
il solo tempio degno di Lui.
Per questo è venuto sulla terra,
uomo in tutto simile a noi.
Ora Iddio non fa più paura
».13

NOTE
1. GIOVANNI PAOLO II, Udienza generale, del 28 settembre 1994, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, LEV, Città del Vaticano 1979-2006, vol. XVII/2, p. 402.
2. Cf. G. ROUTHIER, Un Concilio per il XXI secolo. Il Vaticano II cinquant’anni dopo, Vita e Pensiero, Milano 2012.
3. Cf. E. M. TONIOLO, Il capitolo VIII della «Lumen gentium». Cronistoria e sinossi, in Marianum 66 (2004), pp. 9-425.
4. L. SARTORI, La Lumen gentium. Traccia di studio, Messaggero, Padova 1994, p. 111.
5. G. COLZANI, Maria. Mistero di grazia e di fede, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, p. 70.
6. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti, LEV, Città del Vaticano 2002, n. 183, p. 152.
7. Cf. S. M. PERRELLA, Rosarium Beatae Virginis Mariae «totius Evangelium breviarium». Il contributo dei Vescovi di Roma Sisto IV – Giovanni Paolo II (1478-2003): tra storia e dottrina, in Marianum 66 (2004), pp. 427-557.
8. CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Direttorio su pietà popolare e liturgia, cit., n. 197, p. 163; cf. tutta la sezione dedicata al Rosario nei nn. 197-202, pp. 163-166.
9. «Il Rosario, proprio a partire dall’esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Privato di questa dimensione, ne uscirebbe snaturato, come sottolinea Paolo VI [in Marialis cultus 47]: “Per sua natura, il Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, perché l’orante più facilmente possa insistere nella meditazione della vita di Cristo, vista attraverso il cuore di Colei che fu più vicina al Signore, e ne dischiuda le insondabili ricchezze”» (RVM 12). Il contemplare del credente è un «Ricordare Cristo con Maria» (cf. RVM 13); un «Imparare Cristo da Maria» (RVM 14); un «Conformarsi a Cristo con Maria» (RVM 15); un «Supplicare Cristo con Maria» (RVM 16); un «Annunciare Cristo con Maria» (RVM 17).
10. Cf. A. SERRA, Maria di Nazaret. Una fede in cammino, Paoline1993, pp. 31-48.
11. «Il contemplare di Maria è innanzitutto un ricordare. Se la Liturgia, azione di Cristo e della Chiesa, è azione salvifica per eccellenza, il Rosario, quale meditazione su Cristo con Maria, è contemplazione salutare. L’immergersi, infatti, di mistero in mistero, nella vita del Redentore, fa sì che quanto Egli ha operato e la Liturgia attualizza venga profondamente assimilato» (RVM 13).
12. Pio XII ha il merito di aver coniato quest’espressione poi divenuta ricorrente nel magistero dei suoi Successori (cf. MC 42; RVM 1; 18-19).
13. D. M. TUROLDO, Laudario alla Vergine. «Via Pulchritudinis», Dehoniane, Bologna 20122, p. 19: «Dio non fa più paura».

 

 







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