Maria, la «Discepola dell'ascolto» secondo Benedetto XVI
Data: Giovedi 14 Novembre 2013, alle ore 9:55:07
Argomento: Magistero


Dal libro di Michele Giulio Masciarelli, Il segno della Donna. Maria nella teologia di Joseph Ratzinger, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007, pp.79-88.



1. La donna dell'ascolto

a) La spiritualità dell'ascolto
La Scrittura descrive sobriamente1 la Vergine di Nazaret come una donna che si è distinta per l'esercizio religioso e virtuoso dell'ascolto, rimarcando, così, un altro aspetto caratteristico della religione giudaico-cristiana. È noto che Maria appare subito nei Vangeli come donna d'ascolto e di dialogo. Lo sottolinea Ratzinger quando interpreta il testo di Luca 1,29 («si domandava che cosa significasse questo saluto») in prospettiva dialogica: «Maria entra interiormente in dialogo con la parola. Essa svolge un dialogo interiore con la parola a lei proposta, la interpella e si lascia da questa interpellare, per cercare di penetrarne il senso»2. Non è pensabile che quest'atteggiamento mariano sia improvvisato; esso rivela piuttosto un'attitudine della Chiesa della nuova alleanza, che si mostra totalmente immersa nella logica inestricabile dell'annuncio-ascolto, e vede Dio e il suo popolo impegnati in un mutuo ascolto. Così, Maria sente di far parte di un popolo in ascolto, anzi di un popolo di ascolto: «Ascolta, Israele! » (Dt 6,4 ) è il suo " credo". Il popolo dell'elezione è stato da Dio iniziato ed educato all'ascolto con una pedagogia paziente e a più voci (cfr. Am 3,1; Pro 1,8). Nel comportamento di Maria, come donna dell'ascolto della Parola, «s'intravede la figura del pio israelita dell'Antico Testamento, come lo descrivono i Salmi, in particolare il grande Salmo della parola di Dio, il 118 (119). Il pio israelita ama la parola di Dio, la porta nel suo cuore, vi riflette sopra, la medita di giorno e di notte, ne è totalmente penetrato nella sua vita»3.

b) Le tappe di una esistenza d'ascolto
L'intera esistenza della Vergine di Nazaret è stata scandita da tappe di ascolto, che l'hanno portata a un'elevazione sempre più alta della sua personalità, parallelamente al crescere della sua intimità col Dio trinitario e all'approfondirsi della sua partecipazione all'evento trinitario della salvezza. D'altra parte, la natura di quelle stesse "tappe" storico-esistenziali da lei vissute ha qualificato anche l'esperienza del suo ascolto, che s'impone per la ricchezza delle sue dimensioni: è un ascolto qualificato e poliedrico.
    - È anzitutto ascolto conservativo. «E sua madre conservava tutte queste cose» (Lc 2,19.51b)4. Ella, come pia ebrea educata all'ascesi e alla sapienza della memoria, s'è impegnata a ricordare la storia salvifica, tutta quanta (come può vedersi nel Magnificat), mostrando d'essere una donna dal cuore memore e sapiente5. Come esito d'una secolare azione educativa, Israele ha visto sviluppare in sé una solida psicologia dell'ascolto e una raffinata spiritualità dell'ascolto, che Maria ha posseduto nella forma più intensa: nella scia profetica; in un certo senso l'ha vissuta come «profetessa»: ha udito con gli orecchi il Signore degli eserciti (cfr. Is 5,9). E questa è la sua sapienza.
    - È anche ascolto interpretativo. È paradossale che la Vergine Maria nell'ascolto porti a parola gli avvenimenti di vita e di missione, decifrando tutto al lume della fede. Ascolta vedendo; meglio: vede ascoltando, poiché fa una prodigiosa opera di traduzione degli avvenimenti che vede facendoli diventare parole che ascolta, come finemente si esprime Ratzinger: «Maria vede negli avvenimenti " parole", cioè un evento riempito di senso, perché deriva dalla volontà di Dio creatrice di senso. Traduce gli avvenimenti in parole e penetra nelle parole nella misura in cui le accoglie nel "cuore", in quell'ambito interiore della comprensione, nel quale senso e spirito, ragione e sentimento, visione esteriore e interiore sono intimamente uniti e così la totalità diviene visibile al di là del particolare e il suo messaggio può essere compreso»6. E questa è la sua profezia.
    - È inoltre ascolto meditativo. Ella ascolta, ricorda e confronta le parole ascoltate (cfr. Lc 2,19). Annota Ratzinger: «L'evangelista attribuisce qui a Maria quella memoria che comprende meditando»7. E ancora: «Maria "mette insieme", "tiene insieme", inserisce il particolare nel tutto, lo confronta e lo contempla, e lo conserva. La parola diventa seme nella buona terra. Non viene afferrata in fretta, rinserrata in una prima comprensione superficiale e poi dimenticata, ma ciò che accade esteriormente ottiene nel cuore lo spazio della permanenza e può così dischiudere lentamente la sua profondità senza che la singolarità dell'evento venga annullata»8. Maria ha coltivato una memoria dinamica e attualizzante, tendendo a far rivivere il passato nell'oggi9. E questa è la sua teologia.
    - È infine ascolto ascetico. Maria non domina la Parola, ma ne è serva: l'accosta «lentamente» e anche con difficoltà, mostrando così di partecipare, come la discepola per eccellenza, alla condizione dei discepoli che, tante volte, specie nel Vangelo di Marco, dimostrano di non capire sempre e bene quello che il Maestro dice, fa e chiede. Nell'episodio di Gesù dodicenne che si smarrisce nel Tempio e alla risposta data da Gesù a Maria e Giuseppe, il Vangelo afferma: «Essi non compresero le parole che disse loro» (2,50). E questa è la sua ascetica.


2. La profetessa

a) Fedele e credibile profetessa
Nella scia profetica, in un certo senso anche Maria è «profetessa», poiché ha udito con gli orecchi il Signore degli eserciti (cfr. Is 5,9); ha ascoltato nel modo più familiare e continuo colui che «in principio era il Verbo» e «si fece carne» (Gv 1,1.18) in lei, nascendo «da donna» (Gal 4,4). È sicuro che i Padri hanno attribuito a Maria il titolo di «profetessa»; meno certo è il motivo da loro avuto nell'operare tale attribuzione. Ratzinger ricorda che Teodoro di Ancira lo fa nel contesto dell'incarnazione: «Ha partorito la Vergine... la profetessa ha partorito... Attraverso l'ascolto Maria, la profetessa, concepì il Dio vivente. Infatti la via naturale della parola è l'ascolto»10. Intanto, Ratzinger dice in che senso Maria non è profetessa, per poi affermare che ella è profetessa in senso interiore e mistico11. In Maria la profezia tocca i suoi vertici più alti e conosce aspetti prima mai apparsi e realizzati. «Così in lei diviene evidente la nuova e specificamente cristiana comprensione della realtà profetica: vivere nello splendore della verità, che è il vero comportamento aperto sul futuro e l'unica valida chiarificazione di ogni presente»12. La luce della verità, proveniente dalla rivelazione che Dio ha già dato di sé, quando non è solo lambita ma è vissuta e abitata, dà senso al presente ed apre al futuro di Dio.
«In lei diviene visibile la vera grandezza e la profondissima semplicità della mistica cristiana», che consiste «nel continuo scambio dell'esistenza creaturale con il Creatore, così che la creatura diviene sempre più permeabile a lui, veramente unita a lui in santa sponsalità e maternità»13. Ratzinger ci tiene a rimarcare che la dimensione mistica è una delle fasi dell'esperienza profetica di Maria: ne è la prima, quella che riguarda l'ascolto, l'assimilazione della Parola, la sua contemplazione, il suo godimento interiore. Questa esperienza s'è data in Maria in modo dinamico, perché mirava a renderla «permeabile» a Cristo e a unirla a lui in modo «materno». Questa familiarizzazione con Cristo della Profetessa è stata complessa e non priva di "urti" da superare. Ratzinger porta due esemplificazioni al riguardo. La prima è la vicenda di Cana. «Maria viene respinta»: «L'ora del Signore non è ancora giunta; l'ora presente, però, il tempo dell'attività pubblica di Gesù, esige che ella si tiri indietro, che taccia»l4. La seconda è rappresentata dalle durezze sperimentate da Maria durante l'intera missione di Gesù e a causa di essa: «Il tempo dell'attività pubblica di Gesù era stato il tempo dei dinieghi, il tempo del rimanere in disparte»l5. La profetessa deve stare ai tempi di Cristo, non passargli avanti, non fare ombra alla sua persona, non ostacolare le sue scelte, perché queste azioni fanno parte del parlare e dell'agire profeticamente, cioè del dire e del fare «al posto di...». Tuttavia, nell'uno e nell'altro episodio - annota Ratzinger - l'esperienza profetica di Maria riserba sorprese comportamentali: ella sorprende e, a sua volta, è destinataria di sorprese da parte di Cristo.
A proposito del primo episodio Ratzinger scrive: «Appare strano, quasi contraddittorio, che ella nondimeno si rivolga ai servitori: "Ciò che vi dice, fatelo" (Gv 2,5). Non è forse semplicemente la disponibilità interiore a lasciarlo agire, la sensibilità interiore per il mistero nascosto dell'ora?»16. L'osservazione è finissima: l'avviso che Maria dà ai discepoli, se da un lato sembra non tener conto del richiamo di Gesù a non intervenire «perché non è giunta la sua ora...», dall'altro significa l'invito a lasciarlo fare, a non ostacolarlo, a non essere distratti ai suoi cenni. Ma non sono questi gli atteggiamenti del profeta? Maria, pertanto, si mostra profetessa in quell'esortazione; meglio: si mostra discepola e profetessa. La discepola, infatti, ha la competenza dell'ascolto e dell'obbedienza di fronte al maestro17; la profetessa ha la competenza di parlare in luogo di Dio, avanti a quelli ai quali si è mandati, prima che il futuro di Dio accada. Circa la seconda esemplificazione (l'essere stata Maria tenuta distante dalla vita pubblica di Gesù), l'evento chiarificatore e risolutore è la Pentecoste. Rispetto alle disgiunzioni fra l'operare di Gesù e lo stare appartata di Maria, «la scena della Pentecoste invece si riallaccia ai momenti iniziali di Nazaret e stabilisce la connessione dell'insieme. Come allora Cristo era stato generato per opera dello Spirito Santo, così ora viene generata la Chiesa attraverso lo Spirito Santo»18. Lo Spirito, dunque, compie unioni e saldatura, lancia archi di unificazioni nell'intera opera messianica e fra le esistenze di Gesù e di Maria. Lo Spirito avvicina sempre di più la vita di Maria a quella di Cristo, la vita della profetessa a quella del maestro.

b) La profetessa canta come figlia di Sion
Ratzinger invita ad ascoltare la voce ferma e dolce di Maria e, perciò, a curvarci sulla pagina lucana che racconta, per intero, il dialogo intercorso tra la «Benedetta tu» di Elisabetta e il «Magnificat» di Maria, che addita quale misteriosa profetessa della storia salvifica, la quale, sapendo d'essere cerniera fra le due Alleanze, non annuncia solo parole di salvezza, ma reca in sé il Salvatore, colui che ha compiuto ogni profezia e ha inaugurato i tempi nuovi: «Infine - scrive Ratzinger - vorrei fare riferimento ancora al Magnificat, che mi appare come una sintesi di tutti questi aspetti. [...] Maria ha vissuto così profondamente nella parola dell'antica alleanza, che questa è divenuta in modo del tutto spontaneo la sua propria parola. La Bibbia era così pregata e vissuta da lei, era così "ruminata" nel suo cuore, che ella vedeva nella parola divina la sua vita e la vita del mondo; era così propria, che ella nella sua ora con questa stessa parola poteva rispondere. La parola di Dio era divenuta la sua propria parola. e la sua propria parola si era unita con la parola di Dio: i confini erano caduti, perché la sua esistenza nella familiarità con la parola era ormai vita con lo Spirito Santo»19. Per solito, l'attribuzione patristica viene operata20, soprattutto, in riferimento al canto della Figlia di Sion, il Magnificat, anche se la Vergine Madre non appartiene al rango profetico21 e nonostante che ella abbia quasi sempre taciuto, nel cuore degli eventi messianici22. Ma possiamo pur dire che Maria è profetessa «in senso nuovo e sublime; nel senso che ha "proferito" silenziosamente la Parola unica di Dio, l'ha data alla luce»; ed anche nel senso che essa - quale icona - parla di Dio: ne è il volto materno; parla di Cristo: ne è la madre e ne è stata «compagna generosa» nell'opera messianica23; parla dello Spirito: ne è creatura più docile, da lui «quasi plasmata e resa nuova creatura»24; parla della Chiesa: ne è immagine e inizio.
Maria nel Magnificat (cfr. Lc 1,39-56), quale «canto della Figlia di Sion»25, si presenta come incantevole e sapientissima profetessa della carità di Dio. Profonda nell'umiltà e alta nella lode, radicata in un passato di misericordia salvifica e protesa a un futuro di misericordia gloriosa, Maria, movendo dal suo presente di grazia, fa memoria delle grandi opere compiute da Dio (cfr. vv. 49-55 ) e prevede future opere di misericordia divina, oltre alla benedizione che le riserberanno le generazioni future (cfr. vv. 48.50). Ella è, infatti, donna che conosce la tradizione religiosa della sua gente e ne racconta gli eventi, non solo attingendo alle sue conoscenze provenienti in lei dall'esterno della vicenda storica d'Israele, ma traendoli anche dallo scrigno del suo cuore, come segni di una sua particolare storia di misericordia e di un'altrettanto particolare promessa di benedizione (cfr. vv. 48-49).
La sapienza religiosa di Maria è raffinata e dimostra di conoscere profondamente la metodologia e la criteriologia profetiche della storia della salvezza, che la portano a ritenere necessaria la misericordia, sempre e universalmente: perciò sa che, senza la benevolenza-misericordia di Dio, sono perduti non solo quelli che lo temono (cfr. v. 50), ma lo stesso Israele in quanto comunità portatrice delle promesse (cfr. v. 54b). In tal modo Maria non si mostra come la profetessa di un processo di misericordia che la vede estranea: ella narra una storia di misericordia di cui è soggetto non secondario in quanto madre e compagna del suo protagonista. La benevolenza di Dio si realizza, infatti, nella considerazione (= elevazione) di Maria, serva di Dio (cfr. v. 48), e nel soccorso accordato a Israele, servo di Jahvè (cfr. v. 54a), non disattendendo le promesse antiche e l'alleanza stipulata nei tempi pregressi (cfr. Lc 1,72). Il ricordo più potente della sua misericordia è l'invio del Messia, che nasce da donna (cfr. Gai 4,4), dalla Vergine di Nazaret. Maria, quale madre di misericordia, è la profetessa che offre ispirazioni nello sforzo da produrre per impostare la vita sulla legge dell'amore26. Tuttavia, la misericordia profetizzata da Maria non finisce nello spazio e nel tempo dell'uomo, poiché è «eterna» (cfr. v. 50; Sal 103,17): è universale sincronicamente e diacronicamente; non conosce impedimenti né spaziali né temporali. Il canto della figlia di Sion ha un'eco lunga: resta il suo insegnamento perenne e molteplice come educazione alla fede, alla lode, al ringraziamento, alla solidarietà, al ricordo, al senso della provvidenza, alla gioia27.

NOTE
1 Sulla base biblica della mariologia, solo qualche indicazione: cfr. AA. VV., Dizionario di Spiritualità Biblico - Patristica. Maria di Nazaret nella Bibbia, a cura di S. Panimolle, Roma 2005; Maria secondo le Scritture: numero unico di Theotokos, 8 (2000). Un riferimento sicuro per serietà di ricerca esegetica sulla tematica mariana è la bibliografia ampia di Aristide Serra, biblista della Pontificia Facoltà «Marianum» (Roma). Alcuni dei suoi testi sono citati in questo studio.
2 MCn (Maria Chiesa nascente), pp. 59-60.
3 MCn, p. 61.
4 Su questa pericope si sono curvati a indagare e a riflettere i Padri della Chiesa, biblisti, teologi per coglierne la densità di sensi e la fecondità ispirativa per la vita dei cristiani e della Chiesa. Si segnala, al riguardo, una seria indagine esegetica: A. SERRA, Sapienza e contemplazione di Maria, secondo Luca 2,19.51b, [Pontificia Facoltà Teologica Marianum - Roma], Roma 1982.
5 Cfr. A. SERRA, Maria secondo il Vangelo, Brescia 19882, pp. 120-122.
6 MCn, p. 60.
7 MCn, p. 60.
8 MCn, p. 60.
9 Cfr. A. SERRA, Maria secondo il Vangelo, cit., pp. 123-124.
10 Omelia 4 in Deiparam et Simeonem, c. 2.
11 Sia la negazione che l'affermazioni su Maria profetessa le fa con le parole di Alois Grillmeier che egli cita a p 62 di Maria Chiesa nascente: «Nella figura di Maria la profetessa ad esempio non vediamo nessuna traccia di arte divinatoria pagana. Maria non è una pizia. Nella misura in cui si considerano insieme la scena dell'annunciazione e l'incontro nella casa di Zaccaria emerge uno spostamento del baricentro del profetico dall'estatico all'interiorità segnata dall'intervento della grazia... Se a Maria spetta un posto nella storia della mistica è perché ha questa conformazione... quest'unico significato che in lei tutto tende dalla periferia verso l'essenziale e l'interiore» (A. GRILMEIER, Maria Prophetin in ID., Mit ihm und in ihm. Christologische Forschungen und Perspektiven, Herder 1975, pp. 215 s.).
12 MCn, p. 62.
13 MCn, p. 62.
14 MCn, p. 62.
15 MCn, p. 62-63.
16 MCn, p. 62.
17 Cfr. M. G. MASCIARELLI, La discepola. Maria, colei che è beata perché ha creduto, Città del Vaticano 2000, pp. 27-56.
18 MCn, p. 63.
19 MCn, p. 63.
20 Cfr. SANT'IRENEO, Adversus haereses, III, 10, 2.
21 Profeta è colui che parla a nome di Dio: ella non ha avuto questo incarico, del cui esercizio non c'è traccia nella Scrittura. Maria, proprio perché donna del silenzio, da un certo punto di vista non è donna della Parola, cosa irrinunciabile per la profezia.
22 Il riferimento patristico del titolo di profetessa a Maria è dovuto, forse, anche alla errata applicazione a lei di Isaia 8,3: cfr. EUSEBIO, Ecl. Proph, 4,5.
23 Cfr. CONCILIO ECUM. VAT. II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 61.
24 Ibid., n. 61.
25 Cfr. AA. VV., Il canto della Figlia di Sion (Lc 1.46-55): numero monografico di Theotokos, 5 (1997/2), pp. 391-775.
26 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Dives in misericordia (30.11.1989), n. 10.
27 Cfr. M. G. MASCIARELLI, Maria icona di speranza per gli uomini e le donne del Terzo Millennio, cit., pp. 129-153.




 







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