Di Angelo Amato, in AA. VV., L'Immacolata segno della Bellezza e dell'Amore di Dio, a cura di Francesco Lepore, Pontificia Academia Mariana Internationalis. Città del Vaticano 2005, pp.241-252.
l. Il significato dei dogmi mariani
Il dogma non è una specie di «polvere dei secoli» e cioè una speculazione filosofico-teologica astratta e inattuale. Il dogma è un pronunciamento autentico del magistero, che intende evitare interpretazioni spurie della Sacra Scrittura e della tradizione della Chiesa. Il dogma respinge con autorità concezioni false ed erronee. C'è un legame organico tra i dogmi e la nostra vita di fede: « I dogmi sono luci sul cammino della nostra fede, lo rischiarano e lo rendono sicuro»1. Di conseguenza i dogmi mariani costituiscono approfondimenti ecclesiali autentici della verità biblica su Maria. Essi sono in linea con la Scrittura dell'Antico e del Nuovo Testamento. Non c'è divisione o contrapposizione, ma identità e armonia tra la «Maria biblica» e la «Maria ecclesiale», tra quello che dice la Sacra Scrittura e quello che crede, celebra, vive e insegna la Chiesa. La ragione di questo fatto è semplice. Dopo l'ascensione di Gesù e la venuta dello Spirito Santo la Chiesa è guidata alla comprensione e all'approfondimento della verità dallo Spirito Santo, lo «Spirito di verità» (Gv 14, 17), secondo la parola di Gesù: «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future» (Gv 16, 13). Nel corso della storia, infatti, la Chiesa ha continuato a meditare e ad approfondire il mistero di Dio Trinità, il mistero dell'incarnazione del Verbo e anche la figura e la missione della Theotokos. In tal modo ha progredito nella conoscenza della verità. La Chiesa, infatti, «attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura»2, ma anche dalla sua tradizione. «La sacra tradizione e la Sacra Scrittura sono dunque strettamente tra loro congiunte e comunicanti»3. C'è intrinseca e reciproca continuità tra la figura biblica di Maria e la sua comprensione dogmatica e teologica, nella quale il dato biblico è stato continuamente approfondito, esplicitato, spiegato e vissuto in modo estremamente ricco e mai ripetitivo. È stata ed è la Chiesa l'autentico luogo teologico di comprensione e di reale progresso del mistero biblico di Maria sotto l'azione dello Spirito di verità. Per questo i dogmi mariani vengono paragonati sia a delle nuove stelle, che, pur brillando in cielo fin dall'inizio della creazione, vengono scoperte a poco a poco nella storia dell'umanità, sia a dei semi, che, pur profondamente inseriti nel deposito della rivelazione, solo nel corso del tempo giungono a piena maturazione. In questa esperienza di fede bimillenaria della pietà cattolica si inseriscono i quattro dogmi mariani. Due sono conciliari, maternità divina e verginità perpetua, e due papali, immacolata concezione di Maria e sua assunzione in corpo e anima alla gloria celeste. I primi due sono cristologici, fanno cioè riferimento in primo luogo a Gesù Cristo. Gli ultimi due sono antropologici, cioè riguardano aspetti dell'umanità di Maria dotata da Dio di doni eccezionali. I primi due sono comuni alla Chiesa ancora sostanzialmente indivisa del primo millennio; gli ultimi due, in quanto tali, sono patrimonio della Chiesa cattolica e sono stati proclamati rispettivamente nel 1854 e nel 1950.
2. Il dogma dell'Immacolata
Il dogma dell'Immacolata è un esempio evidente di graduale conoscenza della verità nella storia alla luce dello Spirito Santo. La credenza in Maria Immacolata si afferma prima nella devozione e poi a poco a poco viene accolta anche dalla teologia mediante una maturazione graduale della coscienza di fede ecclesiale nei confronti del mistero di Maria. Per questo dogma si passa dalla «lex orandi» alla «lex credendi». C'è infatti prima la celebrazione della festa e poi la solenne proclamazione del dogma. Dice al riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Nel corso dei secoli la Chiesa ha preso coscienza che Maria, colmata di grazia da Dio, era stata redenta fin dal suo concepimento. È quanto afferma il dogma dell'Immacolata Concezione proclamato da Papa Pio IX nel 1854: "La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale"»4. Viene qui ribadito il fatto della preservazione di Maria, concepita senza peccato per i meriti del suo Figlio divino. Questo approfondimento fu dato dal celebre francescano scozzese Duns Scoto (1265-1308), secondo il quale Gesù non volle che il peccato toccasse minimamente Maria sua madre e fece ciò non purificandola dal peccato, ma preservandola da esso. In Maria si realizzò quello che i fedeli chiedono ogni giorno nel Padre nostro: «non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male». In Maria Dio non ha riparato il male, ma lo ha evitato. Maria realizza la creatura cosi come la voleva Dio nel suo piano originale. «Ella è "redenta in modo cosi sublime in vista dei meriti del Figlio suo". Più di ogni altra persona creata, il Padre l'ha "benedetta con ogni benedizione spirituale, nei cieli, in Cristo" (Ef 1, 3). In lui l'ha scelta "prima della creazione del mondo, per essere santa e immacolata al suo cospetto nella carità" (Ef l, 4)»5. Il dogma dell'Immacolata non è una invenzione di una nuova verità di fede, ma una scoperta di verità già contenute nella rivelazione e comprese gradualmente nella storia. Il dogma della Immacolata ripropone lo splendore della nuova creatura.
3. La perenne attualità dei dogmi
A questo punto ci si può chiedere sul significato dei dogmi oggi: sono essi ancora attuali? Non sono forse pronunciamenti che risentono di una cultura e di un linguaggio datati, propri del loro tempo? Una risposta positiva circa l'attualità e la comprensione ancora oggi dei dogmi del passato è data, ad esempio, dal fatto che nella liturgia eucaristica la nostra professione di fede è affidata a un pronunciamento dogmatico della fine del secolo IV e cioè al Credo niceno-costantinopolitano, che offre una summa qualitativa della nostra coscienza di fede ecclesiale. E in quanto Credo noi proclamiamo la nascita di Gesù da Maria Vergine. Questo accenno è un autentico sommario del dato biblico su Maria, che la tradizione mediterà e approfondirà con pronunciamenti solenni sia di tipo cristologico sia di indole propriamente mariologica. C'è da rilevare al riguardo che il dogma, pur utilizzando il linguaggio disponibile del tempo, esprime la perenne dottrina della Chiesa non «aristotelice» ma «piscatorie», cioè con un linguaggio semplice e pastorale non legato a particolari e sempre caduchi sistemi di pensiero. Per questo il magistero della Chiesa ha di continuo ribadito la perenne validità dei dogmi, come guide e argini sicuri per far fluire nella storia l'acqua limpida della verità rivelata. La Costituzione dogmatica Dei Filius del Concilio Vaticano I (1870), nel capitolo sulla relazione tra fede e ragione, a proposito del significato e del perenne valore dei dogmi afferma: «La dottrina della fede, che Dio ha rivelato, non è stata proposta all'intelligenza umana come un sistema filosofico da perfezionare, ma, come un divino deposito, è stata affidata alla Chiesa, sposa di Cristo, perché la custodisca fedelmente e infallibilmente la proclami. Di conseguenza il senso dei sacri dogmi che deve sempre essere conservato è quello che la santa madre Chiesa ha determinato una volta per tutte e non bisogna mai allontanarsi da esso sotto il pretesto e in nome di una intelligenza più profonda»6. Il progredire della scienza teologica, quindi, non può attribuire ai dogmi un senso diverso da quello che ha riconosciuto e riconosce la Chiesa7 né può indebolirne il valore. In una sua Dichiarazione la Congregazione per la dottrina della fede aggiunge la seguente precisazione: «Quanto al significato stesso delle formule dogmatiche, esso nella Chiesa rimane sempre vero e coerente, anche quando è maggiormente chiarito e meglio compreso. Devono, quindi, i fedeli rifuggire dall'opinione la quale ritiene che le formule dogmatiche (o qualche categoria di esse) non possono manifestare la verità in modo determinato, ma solo delle sue approssimazioni cangianti che sono, in certa maniera, deformazioni e alterazioni della medesima»8. Come la parola di Dio, che non si indirizza a un solo popolo o a una sola epoca, cosi «gli enunciati dogmatici, pur risentendo a volte della cultura del periodo in cui vengono definiti, formulano una verità stabile e definitiva»9. Nell'enciclica Fides et ratio il Santo Padre si pone la domanda di come conciliare l'assolutezza e l'universalità della verità con l'inevitabile condizionamento storico e culturale delle formule che la esprimono. La risposta è il superamento di una ermeneutica storicistica e funzionalistica, da una parte, e l'applicazione, invece, di una ermeneutica aperta all'istanza metafisica, che «è in grado di mostrare come, dalle circostanze storiche e contingenti in cui i testi sono maturati, si compia il passaggio alla verità da essi espressa, che va oltre questi condizionamenti»10. Nel linguaggio storico l'uomo può esprimere verità che trascendono l'evento linguistico, dal momento che la verità non può mai essere limitata al tempo e alla cultura; la si conosce nella storia, ma supera la storia stessa. È questa la ragione profonda della perenne validità delle definizioni conciliari e dei dogmi, nei quali i concetti fondamentali del cristianesimo mantengono inalterato il loro significato profondo e la verità che intendono comunicare.
4. L'attualità e l'importanza del dogma dell'Immacolata nella catechesi papale
L'importanza e l'attualità del dogma dell'Immacolata nella Chiesa viene confermata dalle catechesi che il Santo Padre Giovanni Paolo II ha dedicato nei mesi di maggio-giugno 1996 al tema della santità di Maria, la piena di grazia, l'immacolata fin dalla sua nascita11. Egli riprende e illustra un'espressione di un vescovo della Palestina, vissuto tra il 550 e il 650, Theoteknos di Livias, che, parlando di Maria come pura e senza macchia, cosi allude alla sua nascita: «Nasce come i cherubini, colei che è di un'argilla pura e immacolata»12. L'icastica espressione finale mette in relazione la creazione del primo uomo, plasmato da un'argilla incontaminata, con l'origine della Vergine, anch' essa plasmata da un'argilla pura e immacolata. Il paragone con i cherubini conferma l'eccellenza della santità di Maria sin dagli inizi della sua esistenza. Il Santo Padre ricorda anche che, nel secolo VIII, Andrea di Creta fu il primo teologo a vedere nella nascita della Beata Vergine una nuova creazione: «Oggi l'umanità, in tutto il fulgore della sua nobiltà immacolata, riceve la sua antica bellezza. Le vergogne del peccato avevano oscurato lo splendore e il fascino della natura umana; ma quando nasce la Madre del Bello per eccellenza, questa natura recupera, nella sua persona, i suoi antichi privilegi ed è plasmata secondo un modello perfetto e veramente degno di Dio [...]. Oggi la riforma della nostra natura comincia e il mondo invecchiato, sottomesso a una trasformazione tutta divina, riceve le primizie della seconda creazione»13. La concezione pura e immacolata di Maria, che esplicita il titolo di «piena di grazia», appare cosi come l'inizio della nuova creazione. Ma il Santo Padre aggiunge subito: «Questa grazia, secondo la Lettera agli Efesini (Ef l, 6), viene conferita in Cristo a tutti i credenti. L'originale santità di Maria costituisce il modello insuperabile del dono e della diffusione della grazia di Cristo nel mondo»14. Perché non si continui a ripetere che la fede della Chiesa nella Immacolata Concezione di Maria non abbia basi bibliche, il Santo Padre ricorda che il Magistero ha fondato la sua coscienza di fede nel racconto lucano dell'Annunciazione, nel cosiddetto Protoevangelo (Gn 3, 15) e nel capitolo XII dell'Apocalisse, nella donna vestita di sole (Ap 12, 5) che partorirà un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro (cfr Ap 12, 1.5). A proposito del Protoevangelo il Santo Padre afferma: «Questo testo ha ispirato, a partire dall'antica versione latina: "Ella ti schiaccerà la testa", molte rappresentazioni dell' Immacolata che schiaccia il serpente sotto i suoi piedi. [...] Per essere l'inconciliabile nemica del serpente e della sua stirpe, Maria doveva essere esente da ogni dominio del peccato. E questo fin dal primo momento della sua esistenza»15. Commentando questo passo, anche Pio XII aveva affermato: «Se in un determinato momento la Beatissima Vergine Maria fosse rimasta privata della grazia divina, perché contaminata nel suo concepimento dalla macchia ereditaria del peccato, tra lei e il serpente non ci sarebbe stata più — almeno durante questo periodo di tempo, per quanto breve fosse — quell'eterna inimicizia di cui si parla dalla tradizione primitiva fino alla solenne definizione dell'Immacolata Concezione, ma piuttosto un certo asservimento»16. Alle affermazioni scritturistiche che motivano la dottrina della Immacolata Concezione sembrerebbero opporsi alcuni testi paolini, che ribadiscono l'universalità del peccato originale che intacca la natura umana. Tuttavia, lo stesso Paolo ammette l'eccezione di Gesù Cristo, nuovo Adamo, colui che non ha conosciuto il peccato (cfr 2 Cor 5, 21). Nella tradizione il parallelismo tra Adamo e Cristo viene completato dal parallelismo tra Eva e Maria, la quale con la sua fede e la sua obbedienza ha controbilanciato l'incredulità e la disobbedienza di Eva: «Un tale ruolo nell'economia della salvezza richiede l'assenza di peccato. Era conveniente che come Cristo, nuovo Adamo, anche Maria, nuova Eva, non conoscesse il peccato e fosse cosi più atta a cooperare alla redenzione»17. Il fiume del peccato si arresta davanti a Cristo e a Maria, con una differenza essenziale che Cristo è santo in virtù della grazia che nella sua umanità deriva dalla persona divina, Maria invece è la tuttasanta in virtù della grazia ricevuta per i meriti del suo Figlio. Maria quindi non è stata liberata ma preservata dal peccato. Questo privilegio mariano contribuisce a illuminare gli effetti della grazia redentiva sulla natura umana. Per questo a Maria, prima redenta da Cristo, guardano i cristiani come al perfetto modello e all'icona di quella santità che sono chiamati a raggiungere con l'aiuto della grazia del Signore nella loro vita. La proclamazione del dogma dell'Immacolata, cioè del fatto che
Maria, fin dal primo istante della sua concezione, è stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale, è una dottrina rivelata che in modo positivo afferma la santità perfetta della Beata Vergine: «Di conseguenza - conclude il Santo Padre — colui che non la fa sua, o conserva un'opinione ad essa contraria "naufraga nella fede" e "si stacca dall'unità cattolica"»18.
5. L'Immacolata, verità essenziale della fede cristiana
Quest'ultima affermazione della catechesi del Santo Padre può già essere una risposta alla domanda contenuta nel nostro titolo: l'Immacolata è un dogma secondario e facoltativo? Ma ci sono ulteriori motivazioni di ordine teologico, che riguardano la mariologia nel suo insieme e il dogma della Immacolata in modo particolare. Nell'anno mariano 1988 fu pubblicata da parte della Congregazione per l'Educazione Cattolica una Lettera circolare, indirizzata ai responsabili della formazione sacerdotale, su La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale (25 marzo 1988)19. In essa veniva riaffermata la presenza di Maria nello studio della teologia come un dato primario della formazione teologica. La Lettera offre anche un quadro sintetico degli eccezionali sviluppi mariologici del postconcilio in campo biblico, dogmatico, liturgico, ecumenico: «I.'esegesi biblica ha aperto nuove frontiere alla mariologia, dedicando sempre più largo spazio alla letteratura intertestamentaria. Non pochi testi dell'Antico Testamento e, soprattutto, le pagine neotestamentarie di Luca e di Matteo sull'infanzia di Gesù e le pericopi giovannee sono stati fatti oggetto di un continuo e approfondito studio che, per i risultati conseguiti, ha rafforzato la base scritturistica alla mariologia e l'ha arricchita considerevolmente da! punto di vista tematico. Nel campo della teologia dogmatica, la mariologia ha contribuito, nel dibattito postconciliare, ad una più idonea illustrazione dei dogmi: chiamata in causa nelle discussioni sul peccato originale (dogma della concezione immacolata), sull'incarnazione del Verbo (dogma della concezione verginale di Cristo, dogma della divina maternità), sulla grazia e la libertà (dottrina della cooperazione di Maria all'opera della salvezza), sul destino ultimo dell'uomo (dogma dell'assunzione), essa ha dovuto studiare criticamente le circostanze storiche in cui quei dogmi furono definiti, il linguaggio con cui furono formulati, comprenderli alla luce delle acquisizioni dell'esegesi biblica, di una più rigorosa conoscenza della tradizione, delle interpellanze delle scienze umane e respingere infine le contestazioni infondate»20. Come si vede, il mistero di Maria costituisce una specie di spazio di sintesi teologica e formativa, dal momento che la storia della salvezza, dalla predestinazione ab aeterno del Verbo incarnato alla Parusia del Signore, ha in Maria una interprete non secondaria. Maria, - afferma il Concilio Vaticano II - «entrata intimamente nella storia della salvezza, riunisce in sé in qualche modo e riverbera i massimi dati della fede»21. Per questo motivo «alcuni teologi ritengono la figura della Vergine [...) "chiave del mistero cristiano", "icona del Mistero", "microstoria della salvezza", "modello rivelatore", "crocevia della teologia", luogo in cui il "nexus mysteriorum", nel loro vario e intimo intrecciarsi, si evidenzia in modo particolare»22. Per questo non si possono non condividere le riserve che la Pontificia Accademia Mariana Internazionale esprime nei confronti di chi cerca di diminuire il significato e il valore del mistero di Maria nell'economia della salvezza. «Ci sembra inaccettabile la posizione di coloro che persistono nel ritenere la beata Vergine un elemento periferico del mistero cristiano, un dato marginale della fede e della teologia. Non è infatti periferica l'incarnazione salvifica del Verbo di Dio, alla quale Maria, secondo il disegno di Dio, collaborò con il suo fiat, che ha cambiato la storia dell'uomo; non sono marginali le parole rivolte da Cristo morente sulla croce alla Madre e al Discepolo; non è secondario l'evento della Pentecoste»23. Di fronte alla cultura contemporanea postmoderna, spesso disposta a un certo «pensiero debole», il magistero della Chiesa e la sana teologia cattolica hanno il compito di farsi portatori di un «pensiero forte» mariano, fondato su orientamenti metodologici sicuri e su saldi contenuti biblico-ecclesiali. In questo contesto una rilettura del dogma dell'Immacolata Concezione di Maria, pur nell'alveo della tradizione, suggerisce aspetti inediti e propone approcci originali, che rendono più ricca la comprensione di tale straordinario carisma mariano. Il dogma cattolico dell'Immacolata, infatti, può e deve essere riletto in chiave trinitaria, come frutto della sola gratia di Dio Trinità; in chiave cristologica, come redenzione perfetta della Madre da parte del Figlio; in chiave pneumatologica, come presenza santificatrice dello Spirito nella persona di Maria; in chiave ecclesiologica, come inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, risplendente di bellezza; in chiave antropologica, come segno forte della somma efficacia della grazia di Dio operante in una creatura24. Quest'ultimo aspetto antropologico sottolinea il fatto che nella Vergine Maria si compie l'essenza della condizione umana quale Dio l'ha voluta: «Ella è donna orientata verso l'alto, non curva sotto il peso del peccato; non è ripiegata su se stessa, ma aperta all'amore di Dio, degli uomini, della creazione; non è una schiava segnata dal marchio del Nemico del genere umano, ma è la figlia prediletta del Padre, che reca fin dal principio della sua esistenza "il sigillo di Dio sulla fronte"»25. Tale rilettura antropologica racchiude un ulteriore triplice significato. Anzitutto, in Maria si è concretata la speranza della umanità, che cerca un futuro di pace, di giustizia, di armonia e di fraternità. In secondo luogo la Madre di Gesù è specchio e modello della esistenza discepolare, dal momento che la sua immacolata concezione non la esime dal pellegrinaggio di fede comune a ogni discepolo del Signore. In terzo luogo, «in Maria risplende la forma vera e pura della bellezza, senza menzogna, quindi, né turbamento; bellezza come splendore della verità e riverbero della bontà; bellezza quale perfezione e armonia, semplicità e trasparenza»26.
NOTE
1 Catechismo della Chiesa Cattolica n. 89.
2 CONCILIO VATICANO II, Cost. Dei Verbum, n. 9.
3 Ibid.
4 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 491.
5 Ibid., n. 492.
6 Denz. n. 3020.
7 Denz. n. 3043.
8 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione Mysterium Ecclesiae, 24 giugno 1973, n. 5.
9 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Fides et ratio, 14 settembre 1998, n. 95.
10 Ibid.
11 GIOVANNI PAOLO II, Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, nn. 20-24.
12 THEOTEKNOS DI LIVIAS, Panegirico per la festa dell'Assunzione, 5-6.
13 ANDREA D1 CRETA, Serm. I sulla Natività di Maria.
14 GIOVANNI PAOLO II, Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, p. 79.
15 Ibid., p. 80.
16 PIO XII, Lett. Ene. Fulgens corona, in «AAS» 45 (1953) p. 579.
17 GIOVANNI PAOLO II, Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, p. 83.
18 Ibid., p. 89.
19 Cfr Enchiridian Vaticanunt 11, pp. 214-232.
20 Ibid., nn. 11-12.
21 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 65.
22 PONTIFICIA ACADEMIA MARIANA INTERNATIONALIS, La Madre del Signore. Memoria presenza speranza. Alcune questioni attuali sulla figura e la missione della b. Vergine Maria,
PAMI, Città del Vaticano 2000, n. 21.
23 Ibid., n. 22.
24 Ibid., n. 47.
25 Ibid., n. 48.
26 Ibid.