Dal libro di Giuseppe Damigella, Il mistero di Maria. Teologia, storia, devozione, Città Nuova, Roma 2005, pp.
209-215.
La pietà popolare
II fenomeno della religiosità popolare si presenta come vasto
e complesso; sono molteplici le manifestazioni che connotano il rapporto del
popolo con il trascendente. In un'epoca caratterizzata dallo smarrimento
ideologico, dall'eclissi dei valori, emerge sempre più una domanda di
religiosità, che da un lato è ricerca autentica di un senso e di una finalità,
dall'altro rischia di restare intrappolata nella superstizione e nella magia.
Sono tante le discipline scientifiche che si occupano della religiosità
popolare: storia, antropologia culturale, sociologia, psicologia, ecc. Anche la
Chiesa guarda al fenomeno con molta attenzione, facendone oggetto delle sue cure
pastorali; cercando di interrogarsi su un fatto che spesso sfugge al controllo
canonico, ma soprattutto sforzandosi di capire il senso della religiosità
popolare. Riferendosi a tale religiosità il cardinale Giacomo Biffi così scrive:
«É una realtà in sé apprezzabile e degna
di ogni rispetto, perché sani e provvidenziali sono i fattori che entrano a
determinarla, essi sono il naturale senso del "sacro" e lo spirito di fede:
l'uno proprio della natura umana come tale, l'altro conseguente alla Rivelazione
di Dio e alla Redenzione»14.
La religiosità popolare esprime una realtà poliedrica sposando gli aspetti
peculiari che caratterizzano i vari ambienti culturali ed etnici. Scrive
Giuseppe Agostino: «Ritengo che termine illuminante per la comprensione del
fenomeno sia quello di "pietà popolare"... La religiosità popolare è
manifestazione, gestualità, comportamento; la pietà popolare è il nascosto,
l'"humus", questo cuore che è nell'intimo, porta, in fondo, a ridurre le
espressioni della religiosità popolare a costruzioni sociali e psicologiche o a
sottosviluppo cu1turale»15.
La religiosità popolare si esprime innanzitutto come "devozione".
L'atteggiamento "devoto" implica un aspetto personale di affidamento,
fiducia, venerazione, e un aspetto comunitario che si esplica nel culto pubblico
verso Dio (adorazione) e verso i santi (venerazione). Il santo è visto nella sua
dimensione storica, concreta; la sua testimonianza è sperimentabile, vera; in
lui si può riporre fiducia in tutte le situazioni della vita. In questa visione
il Dio trascendente è un Dio che pur reggendo l'universo rimane lontano, mentre
il santo diventa la via di accesso alla divinità. Il sentimento religioso
popolare, oltre a manifestarsi nella varietà dei suoi riti e delle sue
celebrazioni variopinte, si affianca ad alcuni sacramenti legati al ciclo
vitale: «Nel cristianesimo si festeggiano i momenti chiave del ciclo
esistenziale umano attraverso la celebrazione dei sacramenti, intesi come segni
di maturazione nel cammino della fede. Tuttavia nella Chiesa si parla di
"quattro sacramenti" della religiosità popolare (battesimo, prima comunione,
matrimonio, esequie con celebrazione eucaristica) la cui celebrazione vuole
rendere sacre quattro situazioni della vita ritenute importanti: nascita,
crescita, generazione, malattia-morte»16.
Aspetto essenziale della religiosità popolare è anche la ricerca di protezione,
in altre parole il popolo vuole, dalla religione, la soluzione ai suoi problemi,
essa si esprime in una relazione di contratto: il famoso «do ut des»17.
Si tratta di novene, sacrifici, ex voto, pellegrinaggi, viaggio scalzo, offerte,
ceri ecc. Una volta ottenuto ciò che si è chiesto, tutto è finito. Per
raggiungere lo scopo si esercita una pressione offrendo qualcosa, ma solo in
vista di essere ripagato, e nella maniera desiderata. . . Scrivono i vescovi
della Campania: «il santo è visto in maniera quasi pagana; presiede ai vari
avvenimenti della vita; è il talismano che ognuno porta con sé con superstiziosa
fiducia; è l'amico alleato contro le forze del male e contro le ingiustizie
sociali... Anche alla base di tanti pellegrinaggi ai santuari della nostra
regione si nota un assillante desiderio di protezione e di rassicurazione da
parte del pellegrini che non hanno altre alternative sul piano economico,
politico e sociale»18.
Ultimo aspetto della religiosità popolare è il suo carattere festivo. La festa
ne costituisce il cuore e, in essa, il popolo esprime se stesso come
protagonista. Le feste popolari, contrariamente alla composita liturgia, sono
esplosione di fantasia e creatività, interrompono il ritmo monotono del
quotidiano, immettendo in una dimensione di gioia e di svago.
Maria nella pietà popolare
La pietà mariana trova una specie di naturale inserimento nella pietà popolare.
Maria è percepita dal popolo cristiano, ovunque e sempre, con un «sensus
fidei» essenziale e un intuito del cuore immediato. Il culto della Vergine,
nella pietà popolare, è legato a luoghi, appellativi, immagini, preghiere. La
Vergine è una presenza viva, forte, esemplare e misericordiosa, tutta volta a
condurre a Cristo. Il popolo la avverte così e con Lei intesse un dialogo
confidenziale e filiale. Maria dal popolo non è studiata ma pregata. Nel popolo
prevale la ricchezza affettiva e il valore intuitivo, e non i ragionamenti e le
conclusioni astratte: «Questo non vuol dire che la pietà popolare sia
pienamente sentimentale, ma che non conserva della dottrina se non quanto
alimenta e accresce il suo sentimento affettivo. É
da un lato la sua forza ma insieme la sua debolezza, perché la mancanza di
discernimento lo fa pendere verso certe esagerazioni e anche verso l'errore.
Appare chiaro che lo sforzo del magistero consiste non tanto nello stimolare
quanto nel guidare e, se necessario, nel rettificare. Ma quello sforzo rimane
sterile, se non tiene conto della ricchezza affettiva e del valore intuitivo del
sentimento popolare. Maria porta Dio nella vita umana: traduce il mistero di Dio
con un volto di Madre. Il popolo ha una pre-comprensione dei misteri per via
intuitiva ed una assunzione di essi per via esperienziale. Ha l'occhio del cuore
e le orecchie dell'anima»19.
Quali sono le caratteristiche della Vergine Maria percepite dal popolo? Possiamo
descriverle e sintetizzarle tenendo presenti alcuni atteggiamenti popolari di
fronte al mistero di Maria. La Santa Vergine è contemplata dal popolo nel suo
mistero fontale: la divina maternità, di conseguenza il suo essere «Madre»,
si arricchisce di tutte quelle connotazioni che formano il corollario di una
realtà che sovrasta l'umano: misericordia, tenerezza, compassione, potenza. II
genio del grande poeta Dante interpreta tale concezione nella bellezza della sua
poesia:
«Donna, Se' tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz'ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre»20.
Un posto di particolare preminenza occupano, nella pietà popolare, i santuari.
Il loro numero testimonia la varietà di approcci e di situazioni in cui il
popolo entra a contatto con la Vergine: «Un santuario va guardato alla luce
della fede. Ogni altra spiegazione - celebrità, antichità, valore artistico,
spiegazioni psicologiche, sociologiche, economiche, culturali-storiche -, non
bastano a coglierne il segreto più profondo»21.
Il santuario è il luogo della presenza di Dio, il suo compito è quello di
rivelare il volto del Signore, in maniera privilegiata, attraverso la Parola, i
sacramenti, la carità, l'esperienza mariana: «Luogo sacro della presenza del
Signore e approdo del popolo di Dio pellegrinante e penitente, ha come finalità
specifiche il culto di adorazione a Dio, la professione di fede, la celebrazione
liturgica dei misteri salvifici di Cristo, la preghiera personale e comunitaria;
è icona della dimora di Dio fra gli uomini, nella comunità ecclesiale, è icona
di ogni discepolo di Cristo, tempio dello Spirito. Nel santuario Maria è
presentata alla venerazione dei fedeli, a motivo dell'incarnazione di Cristo...
come dimora di Dio, trono della Sapienza, tempio vivente dello Spirito Santo.
Ella costituisce una via privilegiata per l'incontro con il Signore»22.
In particolare «i santuari mariani significano, per la loro origine, la
memoria di un evento apparso straordinario che ha dato luogo ad espressioni di
devozione e di pietà, e che ha determinato nel popolo di Dio il bisogno di
ricorrenti pellegrinaggi; per i molteplici segni dell'intercessione materna di
Maria che vi si manifestano, essi costituiscono agli occhi della fede luoghi
privilegiati della sua presenza e della sua mediazione materna; per la vita
sacramentale che vi si svolge, sono luoghi di grazia e di consolidamento nella
fede, approdi della speranza umana e cristiana, impulsi efficaci per lo sviluppo
della carità e per un'esistenza improntata alla Sequela di Cristo»23.
I santuari si presentano come luoghi di culto, di cultura, di proposta
vocazionale, di carità, di incontro privilegiato con Maria.
Scrive Stefano De Fiores: «Di fronte alla pietà popolare mariana il primo
atteggiamento è quello di riconoscerne la dignità e la legittimità nella Chiesa,
di accoglierla con azione di grazia e di evitare ogni rigetto globale o terapia
distruttiva»24. II popolo possiede una
profonda percezione di Maria che deve essere valorizzata da parte di una
teologia non avulsa dal reale. Il popolo ha visto in Maria la realizzazione
perfetta della redenzione, il trionfo della vita sulla morte, il valore di
un'intercessione sempre operante a favore dell'umanità. Si tratta di rivestire
di contenuti evangelici ciò che apparentemente può sembrarne privo; Giovanni
Paolo II ha insistito tantissimo sulla necessità di una rievangelizzazione in
vista del terzo millennio dell'era cristiana. É
necessario che l'immagine di Maria corrisponda all'immagine del Vangelo al di là
di ogni enfatizzazione emozionale. La religiosità popolare mariana deve,
inoltre, orientare alla liturgia, culmine verso cui tende tutta l'azione della
Chiesa: è nella liturgia che il cristiano fa memoria e rivive l'esperienza della
salvezza, quella salvezza che è venuta a noi attraverso Colei che ne fu
l'aurora.
NOTE
14 G. BIFFI, La religiosità popolare tra manifestazione di fede ed
espressione culturale, Bologna 1988, p. 7.
15 G. AGOSTINO, Pietà popolare, in S. DE FIORES - S. MEO (edd.), Nuovo
Dizionario di mariologia, cit., p. 1112.
16 M.M. PEDICO, La Vergine Maria nella pietà popolare, Roma 1993, p. 15.
V.
17 Cf ibid., p. 16.
18 Lettera pastorale II culto popolare e la comunità cristiana, in «Il
Regno-documenti», 19 (1974), p. 122.
19 G. AGOSTINO, La pietà popolare come valore pastorale, Cinisello
Balsamo 1987, p. 153
20 Paradiso, XXXIII, vv.13-18.
21 S. DE FIORES, Maria presenza viva nel popolo di Dio, Roma 1980, p.
188.
22 L'Anno Mariano. Lettere circolari del Comitato Centrale, Padova 1988,
p.22.
23 Ibid., p. 25.
24 S. DE FIORES, Maria nella teologia contemporanea, cit., p. 347.
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