Presso la Croce «l 'amore di Maria» per i suoi figli
Omenia del card. Dionigi Tettamanzi del 28 febbraio 2006
 ANNIVERSARIO DELLA LACRIMAZIONE - SANTUARIO MADONNA DI TREVIGLIO



Carissimi,
siate salutati tutti, a uno a uno, nel nome del Signore Gesù e raggiunti e colmati dall’amore materno di Maria, la Madonna delle lacrime.
Ringraziamo tutti insieme il Signore, perché ancora una volta ci dà la grazia di ritrovarci in questo Santuario per dire la nostra filiale devozione a Maria, per rivolgerle con grande fiducia la nostra preghiera, soprattutto per testimoniare il nostro amore per lei.
Siamo qui per questo. Ma siamo qui anche per qualche cosa di più significativo, di più affascinante e coinvolgente: per percepire, più profondamente e in un modo sempre nuovo, l’amore di Maria per noi.
Certo, è importante il nostro amore per lei; ma non c’è dubbio che è molto, molto più importante, immensamente più importante l’amore che lei ha per tutti e per ciascuno di noi.
Ora possiamo cogliere l’amore di Maria per noi, coglierlo e gustarlo, meditando la bellissima pagina del vangelo di Giovanni (19, 25-27), una pagina antica, molto antica, lontana secoli e secoli da noi; eppure questa pagina è stata riscritta nella storia della Chiesa, meglio nel cuore dei credenti, ogni giorno dopo quel primo Venerdì Santo del mondo.
Anche noi oggi, qui, riscriviamo questa pagina, perché oggi, qui, la Madonna invita ciascuno di noi a prendere parte alla sua esperienza di grazia, alla sua avventura spirituale. E proprio con questa condivisione ella vuole dirci, ancora una volta, il suo amore per noi.

1. «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala» (v. 25).
Presso questa croce ci siamo tutti noi, in comunione con tutti gli uomini sparsi nel mondo. Sotto questa croce c’è il grande appuntamento della storia, e ognuno di noi è lì presente con la propria croce.
Presso la croce siamo, dunque, noi e tutto il mondo. E siamo con lei, con Maria, la madre, perché anche lei - come tutti noi - è lì con la sua croce. Sì, anche la Madonna ha la sua croce: la porta sulle spalle, ma soprattutto la vive nel suo cuore. Qual è la croce di Maria? Innanzitutto quella di vedere il proprio Figlio amatissimo patire e morire. Ma lei intuisce anche che la sua croce non è soltanto quella di vedere il figlio Gesù nella sofferenza e nella morte. La sua croce è di vedere, nel fluire del tempo, tutti quegli altri suoi figli che Gesù tra poco le affiderà: una moltitudine di sofferenti sparsi nel mondo.
Vogliamo ora notare il particolare momento che, con Maria, tutti noi stiamo vivendo presso la croce. È il momento nel quale Gesù si dona in pienezza di amore all’umanità, e proprio con questo dono totale di sé, testimoniato con la sua sofferenza e con la sua morte, egli redime, libera, rinnova, salva l’umanità.
Questo, presso la croce, è il momento centrale e decisivo per l’intera storia umana. Ebbene, questo momento è entrato definitivamente nella vicenda del mondo, è diventato un momento permanente, che non si riesce più a strappare dalle pieghe della storia, dalla cronaca quotidiana di ogni giornata.
Questo momento – sappiamo dalla fede – si rinnova con la celebrazione eucaristica, perché la Messa altro non è che la memoria viva del sacrificio di Cristo in croce. Davvero la croce di Cristo, ossia il suo amore di donazione che salva, è piantata come albero vivo e fecondo nella terra degli uomini: per sempre!
2. Grazie a questo momento ogni gesto e ogni parola di Gesù, che sta soffrendo e che tra poco morirà, acquistano un particolarissimo significato, rivestono uno straordinario valore, perché diventano un segno luminoso e trasparente del suo immenso amore per noi.
Ecco il gesto di cui ci parla l’Evangelista:  «Allora, vedendo sua madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava…» (v. 26). È dunque il gesto del “vedere”: Gesù vede con occhi forse provati e stanchi per il grande soffrire, ma sempre penetranti. Quello di Cristo è uno “sguardo” quanto mai intenso e profondo, quasi un raggiungere nell’intimo del loro cuore sia Maria che Giovanni, il discepolo amato da Gesù.
Ecco poi la parola. È una duplice parola: la prima è rivolta alla madre, la seconda al discepolo. Scrive l’Evangelista: «Gesù allora… disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre”» (v. 26).
Carissimi, come sempre la parola di Gesù non si limita a enunciare qualche cosa: la sua è una parola creatrice, cioè rende vivo quanto esprime, costruisce qualcosa di nuovo, qualcosa di bello, di grande.
Che cosa? Con la sua parola costruisce e plasma di nuovo la maternità di Maria, nel senso che la dilata, la dilata a tal punto da estenderla a tutti gli uomini. Per ciò stesso, in quel preciso momento, tutti gli uomini - quelli presenti allora, quelli venuti poi lungo la storia, quelli che ancora verranno – vengono intimamente raggiunti da questa inimmaginabile e sorprendente novità: la madre di Gesù è oramai la loro madre, la madre di ciascuno; e loro, tutti e ciascuno, diventano suoi figli!
Viene così svelata una nuova e straordinaria dimensione dell’amore di Maria. Il suo amore è indubbiamente per Cristo, ma proprio per questo, a partire da quel momento, è per tutti gli uomini, nessuno escluso.
Se lo Spirito Santo ha fatto bruciare il cuore di Maria, a partire dalla concezione del Verbo, di un grandissimo amore per il Figlio di Dio fatto uomo nel suo grembo e nel suo cuore, lo stesso Spirito Santo – dono di Gesù morente sulla croce - oramai fa sbocciare e alimenta in lei l’amore materno per l’intera umanità e per ciascuno di noi.
Notiamo poi che l’amore di Maria per Cristo significa comunione profonda, significa condivisione piena con lui in ogni momento della sua vita, ma soprattutto nel momento culminante, quello appunto della  sua passione e morte in croce. In realtà, qui, presso la croce, Maria unisce il proprio fiat al fiat, ossia all’abbandono filiale e obbediente, di Cristo al Padre e alla sua volontà.
E così sarà pure l’amore di Maria per gli uomini: un amore di comunione con noi, un amore di condivisione in ogni momento della nostra vita: il momento sereno e felice, ma anche e soprattutto il momento della fatica, della stanchezza, della delusione, della prova, della malattia, dell’anzianità, del disagio, della solitudine, della paura, dell’angoscia, della disperazione.
Non dimentichiamolo mai: questi momenti non sono vissuti esclusivamente da noi – sia singoli che insieme –, destinati come siamo a rinchiuderci in noi stessi e persino a crollare su noi stessi; ma sono profondamente condivisi da Maria e dal suo amore materno. La sua presenza dolce e forte ci libera dalla solitudine che ci opprime e ci schiaccia: ci apre alla speranza.
3. La pagina di Giovanni si conclude con una frase brevissima e quanto mai semplice e insieme particolarmente commuovente e toccante per ciascuno di noi: «E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (v. 27).
Carissimi, siamo qui, ancora una volta, per aprire la nostra casa, la casa del nostro cuore. Siamo qui per accogliere Maria, per accogliere il suo amore. Per questo dobbiamo sentire più vivo dentro di noi il bisogno di ringraziare il Signore, perché ci ha dato, come nostra madre, Maria. Ce l’ha data – meglio ce l’ha affidata - con tutte le delicate e intense vibrazioni del suo amore materno.
Forse ringraziamo poco il Signore Gesù, forse non lo abbiamo mai ringraziato per questo dono, per questo suo ultimo dono – vero testamento d’amore – che egli vuole consegnare al cuore di ciascuno di noi. Ringraziamo dunque Gesù perché ci ha donato  e continua a donarci Maria, e con Maria il suo amore materno.
Nello stesso tempo, carissimi, la nostra preghiera non sia soltanto di supplica, di richiesta delle tante grazie di cui sentiamo di avere bisogno, ma sia innanzitutto una preghiera fatta di ammirazione, di vera e propria contemplazione. Siamo chiamati a rimanere sorpresi e stupiti, e per questo profondamente gioiosi nell’intimo del nostro cuore, di fronte a questa singolarissima dignità, a questa grandezza unica di Maria: lei è stata chiamata ad essere non solo la madre di Cristo Gesù, ma anche la madre di tutti gli uomini. Veramente quella di Maria è una maternità unica in tutta la storia del mondo, perché tale maternità ha gli stessi confini dell’umanità tutta.
Infine, affidiamo all’amore di Maria le nostre croci. Ciascuno ha la sua croce, ogni famiglia ha la sua croce, ogni paese ha la sua croce, ogni città ha la sua croce, ogni popolo ha la sua croce, l’umanità intera ha le sue croci.
Sempre - oggi forse in particolare - sono state tante le croci, ma non è affatto necessario elencarle: sono senz’altro molto più numerose e molto più pesanti di quanto noi possiamo pensare.
Tutte queste croci non teniamole per noi! Affidiamole al cuore materno di Maria. La presenza di lei e del suo amore sia sempre motivo di speranza nella nostra vita.
Maria ci doni di diventare, nella vita quotidiana, testimoni di Gesù risorto, unica speranza del mondo.
+ Dionigi card. Tettamanzi
 Arcivescovo di Milano







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