L’anima del Rosario
Data: Mercoledi 3 Maggio 2017, alle ore 16:44:06
Argomento: Preghiere


Un articolo di Monica Reale in Missione Maria, maggio 2017, pp. 12-13.



Maggio è il mese mariano per eccellenza da sempre. Sole, fioriture di rose, profumi di vita che si rinnova. Forse per questo Dio scelse il maggio di 100 anni fa per far incontrare Maria con i tre pastorelli. Il cuore di quell’incontro: la preghiera del rosario, da riscoprire e da vivere.

Maggio per noi cristiani è da secoli il mese dal tono mariano per eccellenza, il periodo dell’anno in cui – tra il fiorire delle rose e il prolungarsi della gioia pasquale in attesa del nuovo dono dello Spirito Santo – siamo tutti un po’ più toccati dal desiderio di avvicinarci a Maria, conoscerla e affidarci a lei. Maggio è proprio il mese scelto da Dio per far incontrare i tre pastorelli di Fatima con lei. Tra le richieste di Maria al mondo quella più pressante è la preghiera del rosario. Quante dita ogni giorno nel mondo sgranano dei rosari! Chi in auto andando al lavoro, chi per strada passeggiando, chi in chiesa, chi nel letto in cui giace ammalato, chi recluso dietro le sbarre di una cella. Tra tutte le preghiere, il rosario spicca per la sua capacità di adattarsi alle nostre situazioni di vita concrete. La meditazione della Parola richiede un certo raccoglimento, l’adorazione un luogo conveniente e un ministro, solo il rosario non ha particolari pretese se non un cuore disposto a farsi incontrare.

MEDITAZIONE E LODE

Per apprezzare il rosario non serve lo sforzo, occorre la disponibilità, tutta mariana, a lasciarsi attrarre a pregarlo. Davanti all’esperienza dell’incontro con Maria, Giacinta esclamò: «Che bella Signora!». E Francesco: «O mia Signora, dirò quanti rosari tu vorrai!». Sono espressioni che parlano da sole. Il rosario è un’esigenza del cuore, nasce dal bisogno di rispondere all’amore. Eloquenti le riflessioni di Carlo Carretto riguardo a esso. Per alcuni – egli rifletteva – è una preghiera meditata e, se è così, vuol dire che annunciato il mistero si può poi pensare e riflettere senza dover ripetere le Ave Maria; per altri è invece una preghiera di lode e perciò bisogna pensare attentamente a ogni parola. E conclude: «Ma è impossibile! Chi è capace di dire cinquanta Ave Maria, distratto da cinque rappresentazioni di misteri, senza perdere il filo? Io debbo confessare che nella mia vita, pur facendo uno sforzo qualche volta, non sono mai riuscito a dire un solo rosario senza distrarmi. E allora?». Forse allora bisogna trovarsi un po’ nel deserto per arrivare a cogliere la realtà del rosario. Il deserto come spazio vasto in cui si sperimenta la propria impotenza e piccolezza; come natura affascinante e sinuosa che fa vibrare le corde profonde del cuore; come luogo privo delle cose più necessarie in cui si è ridotti all’essenziale. Come fascino e prova insieme. Come duello con se stessi che sfocia, se c’è l’apertura, nell’incontro con Colui che solo può salvarci sul serio dalla morte certa.

UN AMICO DEL CUORE

Bartolo Longo, al quale si deve il santuario di Pompei, considerava il rosario come un amico del cuore, cui restare sempre attaccati, riconoscenti e felici perché attraverso di esso si è dolcemente annodati al cielo, pur nelle tante criticità di questa fragile vita. E non si tratta di una consolazione epidermica, ma della certezza di essere ascoltati da una madre alla quale ci si può aprire sapendo che si sarà accolti, compresi e aiutati. Sapendo che la vita cambia, perché la preghiera non è astrazione dal reale ma aiuto per starci in modo libero e costruttivo, con la forza che viene da Dio. Ci ha infatti ricordato papa Francesco: «i misteri che passano dinanzi a noi, sono gesti concreti nei quali si sviluppa l’agire di Dio nei nostri confronti». Allora a ben guardare, nella misura in cui rivolgiamo la nostra attenzione ora all’annuncio dell’angelo a Maria ora al mistero della Trasfigurazione e così via, siamo educati a uno sguardo nuovo sulle cose. La vita di Gesù nei suoi momenti decisivi dà forma gradualmente al nostro spirito, trasformando la nostra mentalità e le nostre scelte, come anche i sentimenti e desideri. Veniamo educati a riconoscerci guidati da Dio e dalla sua sapienza. Impariamo la sua pedagogia paterna nei nostri confronti. Se Maria ha potuto scoprire la sua vocazione e viverla è stato per il suo ascolto attento e la sua docilità. E allora anche noi, messi a contatto con questa verità, ci stacchiamo dall’idea di doverci costruire da soli la felicità e ci mettiamo nell’ottica di chi collabora e chiede luce per il cammino. Così, di mistero in mistero, diventiamo persone capaci di uno sguardo di fede sempre più chiaro. Mica poco! Davvero grande è la forza del rosario, se non lo riduciamo a meccanica recita di parole e ci mettiamo il cuore, ci investiamo con quello che siamo. Senza perfezionismi, ma con la semplicità dei figli, che sanno di non doversi meritare un amore che gli è già accordato in precedenza e soprattutto che durerà per sempre.

 

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