Di Michel Designes in Dei Maristi parlano di Maria, Centre de Documentation Mariste, 104 rue de Vaugirard, Paris, pp. 73-76.
Maria è quella “che è” prima di essere quella “che parla”.
È tutto il suo essere che testimonia Dio. Senza discorso, ma
con la sua esistenza stessa, ella testimonia dell’esperienza di
Dio che è stata la sua. Ella testimonia della sua fede ben più
con la sua presenza che per quello che lei dice.
All’Annunciazione, Maria dice: “Io sono la serva….”
A Cana, ella è là, attenta.
Alla croce, ella è là, in piedi.
Alla Pentecoste, ella è sempre là, in mezzo agli apostoli, in
preghiera.
Consideriamo tutto il peso, tutta la densità di questa
presenza che comunica qualche cosa o, meglio, qualcuno.
Maria ha scelto d’essere, in seno alla Chiesa nascente,
quella che è posseduta dal Signore e che lo irradia; gli anni di
vita a Nazareth, la lenta scoperta del Dio vivente, la lunga
familiarità con Gesù, hanno modellato in lei questo volto del
Cristo Risorto.
Maria non si è contentata di ripetere indefinitamente la
Parola, ella gli ha dato carne di nuovo con tutto il suo essere.
Prototipo della fede cristiana, Maria è oggi come ieri questa
presenza che aiuta e invita a meglio incontrare il Signore.
Frequentare Maria, vivere nella sua familiarità, è una facilità per noi per riscoprire l’importanza dell’essere, di modellare in
noi il volto del Cristo vivente.
UNA VITA DISPONIBILE
Il nostro mondo è in continua evoluzione. Il ritmo si accelera
e le nostre facoltà di adattamento si estenuano.
Il nostro ambiente cambia, le nostre abitudine di pensare e
di agire sono sconvolte; bisogna acquisirne delle altre. Un
mondo nuovo sta nascendo.
L’avvenire si costruisce sul passato, ma bisogna anche
lasciare il passato (lasciare! Una grossa parola per la Bibbia
dopo Abramo), per andare verso l’avvenire, con lo sguardo
sempre avanti. Dobbiamo lasciare le nostre sicurezze.
In questo movimento c’è una parte d’incognita e
d’avventura; per ben tanti settori noi non sappiamo
chiaramente come sarà il nostro domani.
Bisogna coraggiosamente ritirare l’ancora e lasciarsi
portare dal soffio della Speranza. Noi siamo dei pellegrini.
Maria ha vissuto questo distacco più di ogni altro; ella ha
qualche cosa da dirci a proposito di questa disponibilità.
Maria aveva anch’essa il suo progetto personale di vita, la
sua cultura della religione e del Messia. Ed ecco che Dio
interviene: e le propone altra cosa di quel che prevedeva: egli
scuote la sua idea della consacrazione a Dio, la sua stessa
idea di Dio, e l’attrae ben al di là dell’immaginabile e della
prudenza spirituale. Nella fede ella accetterà fina all’assurdo:
restare vergine e diventare madre.
Maria è “sconvolta” dall’imprevisto, ella non comprende
“come questo avverrà”… Ma ella accetta di lasciarsi imbarcare
per l’avventura, un avventura che la sorpassa. Ella accetta
soprattutto di non vederci chiaro immediatamente, di cercare a
capire, di scoprire passo a passo la presenza di Dio in Gesù:
ella ha inteso la chiamata del Signore e ha fatto fiducia.
L’avventura non si accetta che facendo fiducia a un altro.
Maria non piange sul suo passato, sui suoi progetti
personali messi da parte: ella canta il Magnificat. Più tardi,
seguendo suo Figlio, lascerà l’antico Israele per raggiungere la comunità fondata da Lui; ella passa alla setta proibita per
vivere il presente e il futuro della Chiesa nascente.
Maria ha vissuto la rottura, il cambiamento radicale, lo
sradicamento, ma la sua Speranza resta la stessa, ella ha
preso solamente un’altra forma. Il racconto dell’Annunciazione
riassume in venti righe tutta una vita di fedeltà nella fede, e la
speranza di vedere Dio alla conclusione dell’avventura.
Dio ha bisogno anche oggi come allora dei credenti con
questa dose di disponibilità attiva.
VERGINE FEDELE
La nostra epoca dubita della possibilità di un impegno
duraturo, definitivo (nel matrimonio, la vita religiosa, il
sacerdozio…). Il mondo è così instabile, le condizioni di vita
evolvono così in fretta che ciò che ho promesso ieri non
corrispondono più a ciò che vivo oggi, e ancor meno a ciò che
sarà domani.
Maria non avrebbe forse qualcosa da dirci a questo
proposito?
Come tutti, Maria ha conosciuto la prova della fede.
Alla Presentazione, ella ha ben dovuto interrogarsi su questo
destino doloroso che sarebbe stato il suo; al Tempio, quando
Gesù ha dodici anni, ella comincia a sentire che dovrà perdere
suo figlio; alla Croce, è per essa, come per gli apostoli, il colmo
del sentimento della disfatta.
Ora è proprio questo momento che il Signore sceglie per
ridirle ch’egli ha bisogno di lei, per rinnovarle la sua fiducia, per
farle sentire che ella è più indispensabile che mai:
“Donna, ecco tuo figlio…”. La fede di Maria è ravvivata con
questo appello di Dio. È la stessa domanda dell’Annunciazione
che si rinnova: vuoi tu essere la Madre del Figlio di Dio?
A l’Annunciazione e a Natale, era stato per la nascita del corpo
di Cristo; al Calvario, è una seconda nascita che le viene
domandato nel momento più grave dell’evento: si tratta per
Maria di generare Gesù Cristo nella fede, cioè di credere che Gesù non sarà più qualcuno che vivrà al suo lato, ma che vivrà
in essa con lo Spirito, e in tutti coloro che accetteranno di
credere in Gesù risorto e di far nascere il volto di Cristo
nell’essere di tutti i futuri credenti, rappresentati dall’apostolo
Giovanni.
Maria non è più la sola in causa. Deve portare nella fedeltà
alla sua fede la Chiesa nascente traumatizzata dalla sconfitta.
La fedeltà di Maria è la prima vittoria di suo Figlio.
Ed è forse la cosa essenziale che Maria abbia avuto da
comunicare agli apostoli durante i cinquanta giorni d’interim
della vita della Chiesa, da Pasqua alla Pentecoste: rafforzare il
loro questa fedeltà, far nascere in loro la fede alla presenza del
Cristo vivente. Quando gli apostoli avranno la certezza
assoluta che il Cristo continua a vivere attraverso di loro e che
essi sono indispensabili per la missione, quando lo Spirito di
Cristo infine li avrà totalmente invasi per non essere più che
una sola cosa con lui, allora usciranno dal Cenacolo e
cominceranno a predicare.