D - CATECHISMO

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D: DECALOGO - DUBBIO

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  ................. LUIS MARTINEZ FERNANDEZ

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DECALOGO (I DIECI COMANDAMENTI) (inizio)

Gesù li elenca al giovane ricco per ciò che riguarda l'amore del prossimo, sintetizzandoli in maniera positiva e annunciando che " Dio solo è buono ".

" Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? ". Al giovane che gli rivolge questa domanda, Gesù risponde innanzitutto richiamando la necessità di riconoscere Dio come " il solo Buono ", come il Bene per eccellenza e come la sorgente di ogni bene. Poi Gesù gli dice: " Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti ". Ed elenca al suo interlocutore i comandamenti che riguardano l'amore del prossimo: " Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre ". Infine Gesù riassume questi comandamenti in una formulazione positiva: " Ama il prossimo tuo come te stesso " (Mt 19,16-19) [2052].

Ha manifestato la forza dello Spirito, molto oltre la lettera della Legge, in tutte le sue esigenze.

Gesù ha ripreso i dieci comandamenti, ma ha manifestato la forza dello Spirito all'opera nella loro lettera. Egli ha predicato la " giustizia " che supera " quella degli scribi e dei farisei " (Mt 5,20) come pure quella dei pagani (cf Mt 5,46-47). Ha messo in luce tutte le esigenze dei comandamenti. " Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere... Ma io vi dico: chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio " (Mt 5,21-22) [2054].

Tutto il Decalogo si fonda sul duplice e unico comandamento della carità, pienezza della Legge.

Quando gli si pone la domanda: " Qual è il più grande comandamento della Legge? " (Mt 22,36), Gesù risponde: " Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti " (Mt 22,37-40; cf Dt 6,5; Lv 19,18). Il Decalogo deve essere interpretato alla luce di questo duplice ed unico comandamento della carità, pienezza della Legge [2055].

Le " dieci parole ", scritte da Dio stesso " col suo dito ", in segno di alleanza con Israele e degli eventi liberatori dell'esodo, indicano come cammino esistenziale che la nostra vita deve essere liberata dalla schiavitù del peccato.

Queste " dieci parole " Dio le ha rivelate al suo popolo sulla santa montagna. Le ha scritte con il suo " dito " (Es 31,18; Dt 5,22) a differenza degli altri precetti scritti da Mosè (cf Dt 31,9.24). Esse sono parole di Dio per eccellenza (...) [2056].

Il Decalogo si comprende innanzi tutto nel contesto dell'Esodo che è il grande evento liberatore di Dio al centro dell'Antica Alleanza. Siano essi formulati come precetti negativi, divieti, o come comandamenti positivi (come: " Onora tuo padre e tua madre "), le " dieci parole " indicano le condizioni di una vita liberata dalla schiavitù del peccato. Il Decalogo è un cammino di vita [2057].

Il Decalogo nelle sue due " tavole " possiede una unità organica, nella quale tutti i comandamenti si illuminano a vicenda, al punto che infrangerne uno solo significa infrangerli tutti.

Il Decalogo costituisce un tutto indissociabile. Ogni " parola " rimanda a ciascuna delle altre e a tutte; esse si condizionano reciprocamente. Le due Tavole si illuminano a vicenda; formano una unità organica. Trasgredire un comandamento è infrangere tutti gli altri (cf Gc 2,10-11). Non si possono onorare gli altri uomini senza benedire Dio loro Creatore. Non si saprebbe adorare Dio senza amare tutti gli uomini sue creature. Il Decalogo unifica la vita teologale e la vita sociale dell'uomo [2069].

I comandamenti sono sostanzialmente immutabili in ogni tempo e in ogni luogo. Il loro contenuto esprime in maniera essenziale degli obblighi gravi (l'amore di Dio e del prossimo), sebbene, in ragione della materia in se stessa, possano essere obblighi lievi.

Poiché enunciano i doveri fondamentali dell'uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, delle obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell'essere umano [2072].

L'obbedienza ai comandamenti implica anche obblighi la cui materia, in se stessa, è leggera. Così l'ingiuria a parole è vietata dal quinto comandamento, ma non potrebbe essere una colpa grave che in rapporto alle circostanze o all'intenzione di chi la proferisce [2073].

Û Comandamenti della legge di Dio.

 

DECISIONI MORALI (inizio)

Loro importanza ai fini della salvezza, date le due possibili vie nell'agire libero dell'uomo.

La via di Cristo " conduce alla vita " (Mt 7,14), una via opposta " conduce alla perdizione " (Mt 7,13; cf Dt 30,15-20). La parabola evangelica delle due vie è sempre presente nella catechesi della Chiesa. Essa sta ad indicare l'importanza delle decisioni morali per la nostra salvezza. " Ci sono due vie, l'una della vita, l'altra della morte; ma tra le due corre una grande differenza " (Didaché, 1,1) [1696].

La coscienza, in sintonia con la ragione e la legge di Dio, può decidere sempre, nell'agire morale, ciò che è buono e giusto.

Messa di fronte ad una scelta morale, la coscienza può dare sia un giudizio retto in accordo con la ragione e con la legge divina, sia, al contrario, un giudizio erroneo che da esse si discosta [1786].

L'uomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e difficile la decisione. Egli deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella legge divina [1787].

E necessario seguire sempre il giudizio certo della coscienza ben formata, sebbene l'ignoranza possa molte volte indurre in giudizi erronei.

L'essere umano deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza. Se agisse deliberatamente contro tale giudizio, si condannerebbe da sé. Ma accade che la coscienza morale sia nell'ignoranza e dia giudizi erronei su azioni da compiere o già compiute [1790].

L'ignoranza può essere imputabile moralmente quando non si ha alcuna preoccupazione di cercare la verità e il bene, e ciò comporta spesso l'ottenebramento della coscienza e l'abitudine al giudizio erroneo.

Questa ignoranza spesso è imputabile alla responsabilità personale. Ciò avviene " quando l'uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato " (GS 16). In tali casi la persona è colpevole del male che commette [1791].

Se l'ignoranza è invincibile e non esiste responsabilità personale nel giudizio erroneo, il male commesso non può essere imputato alla persona.

Se - al contrario - l'ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. E quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori [1793].

Le deviazioni nel retto giudizio per agire secondo coscienza possono essere attribuite a diversi fattori di indole religiosa e morale.

All'origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa ad una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell'autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità [1792].

Û Coscienza morale, Responsabilità morale, Imputabilità.

 

DEPOSITO DELLA FEDE (inizio)

E contenuto nella Tradizione e nella Sacra Scrittura.

" La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono tra loro strettamente congiunte e comunicanti. Poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, esse formano in certo qual modo una cosa sola e tendono allo stesso fine " (DV 9). L'una e l'altra rendono presente e fecondo nella Chiesa il Mistero di Cristo, il quale ha promesso di rimanere con i suoi " tutti i giorni, fino alla fine del mondo " (Mt 28,20) [80].

" La Sacra Scrittura è la Parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito divino ".

Sacra Tradizione poi trasmette integralmente la Parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano " [81].

Il " deposito " (1 Tm 6,20; 2 Tm 1,12-14) ) della fede (" depositum fidei "), contenuto nella Sacra Tradizione e nella Sacra Scrittura, è stato affidato dagli Apostoli alla totalità della Chiesa. " Aderendo ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera costantemente nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni, in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si crei una singolare unità di spirito tra vescovi e fedeli " (DV 10) [86].

Il Magistero come interprete e al servizio della Parola.

Accade così che la Chiesa, alla quale è affidata la trasmissione e l'interpretazione della Rivelazione, " attinga la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di rispetto " (DV 9) [82].

Questo " Magistero però non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio " (DV 10) [86].

 

DIACONI (inizio)

Costituiscono il grado inferiore della gerarchia della Chiesa in ordine al " servizio ", il quale va prestato specialmente al Vescovo.

" In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani "non per il sacerdozio, ma per il servizio". Per l'ordinazione al diaconato soltanto il vescovo impone le mani, significando così che il diacono è legato in modo speciale al vescovo nei compiti della sua "diaconia" (cf S. Ippolito, Trad. Ap., 8) [1569].

Û Ordine sacro (sacramento dell'ordine).

DIAVOLO (DEMONIO, SATANA O SATAN) (inizio)

Angelo creato buono da Dio.

La Chiesa insegna che all'inizio era un angelo buono, creato da Dio (...) " Diabolus enim et alii daemones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali - Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi " (Conc. Lateranense IV del 1215, DS 800; FCC 6.061) [391].

Ha peccato, rifiutanto liberamente Dio.

La Scrittura parla di un peccato di questi angeli (2 Pt 2,4). Tale " caduta " consiste nell'avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno. Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: " Diventerete come Dio " (Gn 3,5). " Il diavolo è peccatore fin dal principio " (1 Gv 3,8), " padre della menzogna " (Gv 8,44) [392].

Il suo peccato non può essere perdonato.

A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto dell'infinita misericordia divina [393].

Sedusse con la menzogna i " progenitori ".

Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce seduttrice, che si oppone a Dio (cf Gn 3,1-5), la quale, per invidia, li fa cadere nella morte. La Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato Satana o diavolo (cf Gv 8,44; Ap 12,9) [391].

Le tentazioni di Gesù nel deserto e il loro significato.

Terminato questo periodo, Satana lo tenta tre volte cercando di mettere alla prova la sua disposizione filiale verso Dio. Gesù respinge tali assalti che ricapitolano le tentazioni di Adamo nel Paradiso e quelle d'Israele nel deserto, e il diavolo si allontana da lui " per ritornare al tempo fissato " (Lc 4,13) [538].

Û Angeli, Tentazioni nel deserto.

 

DIFESA NAZIONALE (inizio)

E non soltanto un diritto, ma un dovere delle autorità competenti degli Stati, alle condizioni stabilite circa la " legittima difesa ", di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale in caso di necessità.

I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale... [2310].

Û Legittima difesa, Professione militare.

 

DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA (inizio)

Û Libertà dell'uomo.

Il rispetto alla sua dignità implica il riconoscimento dei suoi diritti, che sono da anteporre a quelli della società e sono il fondamento della legittimità morale dell'autorità.

Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura. Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità morale di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale (cf PT 65). Se manca tale rispetto, un'autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per ottenere l'obbedienza dei propri sudditi. E compito della Chiesa richiamare alla memoria degli uomini di buona volontà questi diritti e distinguerli dalle rivendicazioni abusive o false [1930].

Tutti gli uomini, per la loro comune origine, per la loro uguale natura ed il loro destino soprannaturale in Cristo redentore, godono della stessa dignità.

Tutti gli uomini, creati ad immagine dell'unico Dio e dotati di una medesima anima razionale, hanno la stessa natura e la stessa origine. Redenti dal sacrificio di Cristo, tutti sono chiamati a partecipare alla medesima beatitudine divina: tutti, quindi, godono di una eguale dignità [1934].

Implicazioni di questo rispetto a partire dal principio cristiano che considera il prossimo come un " altro se stesso ".

Il rispetto della persona umana non può assolutamente prescindere dal rispetto di questo principio: " I singoli " devono " considerare il prossimo, nessuno eccettuato, come "un altro se stesso", tenendo conto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla degnamente " (GS 27,1). Nessuna legislazione sarebbe in grado, da se stessa, di dissipare i timori, i pregiudizi, le tendenze all'orgoglio e all'egoismo, che ostacolano l'instaurarsi di società veramente fraterne. Simili comportamenti si superano solo con la carità, la quale vede in ogni uomo un " prossimo ", un fratello [1931].

Il dovere, per questa stessa dignità, di servire i più bisognosi e anche di perdonare e amare i nemici.

Il dovere di farsi il prossimo degli altri e di servirli attivamente diventa ancor più urgente quando costoro sono particolarmente bisognosi, sotto qualsiasi aspetto. " Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me " (Mt 25,40) [1932].

Questo stesso dovere comprende anche coloro che pensano o operano diversamente da noi. L'insegnamento di Cristo arriva fino a chiedere il perdono delle offese. Estende il comandamento dell'amore, che è quello della legge nuova, a tutti i nemici (cf Mt 5,43-44). La liberazione nello spirito del Vangelo è incompatibile con l'odio del nemico in quanto persona, ma non con l'odio del male che egli compie in quanto nemico [1933].

Û Uomo, Giustizia sociale, Uguaglianza umana.

 

DIO (inizio)

Il suo nome: Egli lo ha rivelato a Israele manifestando se stesso.

Dio si è rivelato a Israele, suo popolo, facendogli conoscere il suo Nome. Il nome esprime l'essenza, l'identità della persona e il senso della sua vita. Dio ha un nome. Non è una forza anonima. Svelare il proprio nome, è farsi conoscere agli altri; in qualche modo è consegnare se stesso rendendosi accessibile, capace d'essere conosciuto più intimamente e di essere chiamato personalmente [203].

E' un Dio vivo, fedele e compassionevole.

Egli gli [a Mosè] dice: " Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe " (Es 3,6). Dio è il Dio dei padri, colui che aveva chiamato e guidato i patriarchi nelle loro peregrinazioni. E il Dio fedele e compassionevole che si ricorda di loro e delle sue promesse; egli viene per liberare i loro discendenti dalla schiavitù [204].

YHWH, Colui che è, " Dio nascosto " e ineffabile.

Rivelando il suo Nome misterioso di YHWH: " Io sono colui che E " oppure: " Io sono colui che Sono " o anche: " Io sono chi Io sono ", Dio dice chi egli è e con quale nome lo si deve chiamare. Questo Nome divino è misterioso come Dio è Mistero. Ad un tempo è un Nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome; proprio per questo esprime, come meglio non si potrebbe, la realtà di Dio, infinitamente al di sopra di tutto ciò che possiamo comprendere o dire: egli è il " Dio nascosto " (Is 45,15), il suo Nome è ineffabile (cf Gl 13,18), ed è il Dio che si fa vicino agli uomini [206].

" Colui che è " e " Colui che sarà ".

Rivelando il suo Nome, Dio rivela al tempo stesso la sua fedeltà che è da sempre e per sempre, valida per il passato (" Io sono il Dio dei tuoi padri ", Es 3,6), come per l'avvenire (" Io sarò con te ", Es 3,12) [206].

Misericordioso, clemente e fedele.

A Mosè che chiede di vedere la sua gloria, Dio risponde: " Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore [YHWH], davanti a te " (Es 33,18-19). E il Signore passa davanti a Mosè e proclama: " Il Signore, il Signore [YHWH, YHWH], Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà " (Es 34,5-6). Mosè allora confessa che il Signore è un Dio che perdona [210].

Il Figlio porta il suo stesso nome.

Il Nome divino " Io sono " o " Egli è " esprime la fedeltà di Dio il quale, malgrado l'infedeltà degli uomini e il castigo che il loro peccato merita, " conserva il suo favore per mille generazioni " (Es 34,7). Dio rivela di essere " ricco di misericordia " (Ef 2,4) arrivando a dare il suo Figlio. Gesù, donando la vita per liberarci dal peccato, rivelerà che anch'egli porta il nome divino: " Quando avrete innalzato il Figlio dell'Uomo, allora saprete che "Io sono" " (Gv 8,28) [211].

Dio, è verità e amore.

Dio, " colui che è ", si è rivelato a Israele come colui che è " ricco di grazia e di fedeltà " (Es 34,6) [214].

Egli è la verità.

La verità di Dio è la sua sapienza che regge tutto l'ordine della creazione e del governo del mondo (cf Sap 13,1-9). Dio che, da solo, ha il cielo e la terra " (cf Sal 115,15), può donare, egli solo, la vera conoscenza di ogni cosa creata nella sua relazione con lui.

Dio è veritiero anche quando rivela se stesso: " un insegnamento fedele " è " sulla sua bocca " (Ml 2,6). Quando manderà il suo Figlio nel " mondo ", sarà " per rendere testimonianza alla Verità " (Gv 18,37): " Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio " (1 Gv 5,20; cf Gv 17,3) [216, 217].

Egli è veritiero e fonte di ogni verità.

L'Antico Testamento lo attesta: Dio è sorgente di ogni verità. La sua Parola è verità (cf Prv 8,7; 2 Sam 7,28). La sua legge è verità (cf Sal 119,142). La sua " fedeltà dura per ogni generazione " (Sal 119,90; Lc 1, 50). Poiché Dio è il " Verace " (Rm 3,4), i membri del suo popolo sono chiamati a vivere nella verità (cf Sal 119,30) [2465].

Û Gesù Cristo, Verità di Dio.

Egli è amore.

L'amore di Dio per Israele è paragonato all'amore di un padre per il proprio figlio (Os 11,1). E un amore più forte dell'amore di una madre per i suoi bambini (cf Is 49,14-15). Dio ama il suo Popolo più di quanto uno sposo ami la propria sposa (Is 62,4-5); questo amore vincerà anche le più gravi infedeltà (Ez 16; Os 11); arriverà fino al dono più prezioso: " Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito " (Gv 3,16) [219].

L'amore di Dio è " eterno " (Is 54,8): " Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto " (Is 54,10). " Ti ho amato di un amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà " (Ger 31,3) [220].

Ma san Giovanni si spingerà oltre affermando: " Dio è Amore " (1 Gv 4,8.16): l'Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d'Amore, Dio rivela il suo segreto più intimo (cf 1 Cor 2,7-16; Ef 3,9-12): è lui stesso eterno scambio d'amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi [221].

Credere nel Dio unico e amarlo, richiede:

a) riconoscere la grandezza e la maestà di Dio;

b) vivere in rendimento di grazie;

c) riconoscere l'unità e la vera dignità di tutti gli uomini.

Tutti sono stati fatti " ad immagine e somiglianza di Dio " (Gn 1,26);

d) Usare bene delle cose create;

e) confidare in Dio in tutte le circostanze [223-227].

Il Dio uno e unico ci si è rivelato come Trinità.

Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. E il mistero di Dio in se stesso. E quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede [234].

 

DIOCESI (inizio)

Û Chiese particolari.

 

DIO PADRE ONNIPOTENTE (inizio)

Onnipotenza universale, amante e misteriosa.

Noi crediamo che tale onnipotenza è universale, perché Dio, che tutto ha creato (cf Gn 1,1; Gv 1,3), tutto governa e tutto può; amante, perché Dio è nostro Padre; misteriosa, perché la fede soltanto la può riconoscere allorché " si manifesta nella debolezza " (2 Cor 12,9; cf 1 Cor 1,18) [268].

Û anche Onnipotenza Divina.

 

DIREZIONE SPIRITUALE (inizio)

Dono dello Spirito Santo per discernere con sapienza e guidare nella preghiera e nella vita spirituale per il bene comune nella Chiesa.

Lo Spirito Santo dà ad alcuni fedeli doni di saggezza, di fede e di discernimento in vista di quel bene comune che è la preghiera (direzione spirituale). Gli uomini e le donne che ne sono dotati sono veri servitori della vivente tradizione della preghiera [2690].

Û Preghiera.

 

DISCESA DI CRISTO AGLI INFERI (inizio)

Gli Inferi (Shéol o Ades) sono nella Bibbia la dimora dei morti, in cui Cristo " discese " dopo la sua morte.

La Scrittura chiama inferi, shéol o ade (cf Fl 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9) il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio (cf Sal 6,6; 88,11-13) [633].

Senso primo del termine nella predicazione apostolica: Gesù morì e dimorò nella dimora dei morti per annunciare loro la salvezza.

Le frequenti affermazioni del Nuovo Testamento, secondo le quali Gesù " è risuscitato dai morti " (At 3,15; Rm 8,11; 1 Cor 15,20), presuppongono che, preliminarmente alla Risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti. E il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore, proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri (cf 1 Pt 3,18-19) [632].

" La Buona Novella è stata annunciata anche ai morti... " (1 Pt 4,6). La discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della salvezza. E la fase ultima della missione messianica di Gesù, fase condensata nel tempo ma immensamente ampia nel suo reale significato di estensione dell'opera redentrice a tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, perché tutti coloro i quali sono salvati sono stati resi partecipi della Redenzione [634].

Discese " nella profondità della morte ", annunziò la buona novella ai morti, annientò " il signore della morte ", in quanto possessore delle " chiavi " della morte, e anche della sovranità su di essa.

Cristo, dunque, è disceso nella profondità della morte (cf Mt 12,40; Rm 10,7; Ef 4,9) affinché i morti udissero la voce del Figlio di Dio e, ascoltandola, vivessero (Gv 5,25). Gesù, " l'Autore della vita " (At 3,15), ha ridotto " all'impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo " liberando " così tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita " (Eb 2,14-15). Ormai Cristo risuscitato ha potere sopra la morte e sopra gli inferi (Ap 1,18) e " nel nome di Gesù ogni ginocchio si piega " nei cieli, sulla terra e sotto terra " (Fil 2,10) [635].

Con la sua " discesa " agl'Inferi Gesù, oltre ad annunciare il vangelo della Redenzione, liberò i giusti che lo avevano preceduto.

Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati (Conc. di Roma del 745, DS 587) né per distruggere l'inferno della dannazione (cf DS 1011; 1077), ma per liberare i giusti che l'avevano preceduto (IV Conc. di Toledo del 625, DS 485; cf anche Mt 27,52-53) [633].

 

DISPERAZIONE (inizio)

Si oppone come peccato al primo comandamento, alla Bontà, Giustizia e Misericordia di Dio.

Il primo comandamento riguarda pure i peccati contro la speranza, i quali sono la disperazione e la presunzione.

Per la disperazione, l'uomo cessa di sperare da Dio la propria salvezza personale, gli aiuti per conseguirla o il perdono dei propri peccati. Si oppone alla bontà di Dio, alla sua giustizia - il Signore, infatti, è fedele alle sue promesse - e alla sua misericordia [2091].

Û Speranza e Presunzione.

 

DIVINAZIONE (inizio)

La Chiesa condanna le diverse forme che attentano alla virtù di religione: satanismo, evocazione dei defunti, oroscopi.

Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che " svelino " l'avvenire (cf Dt 18,10; Ger 29,8). La consultazione degli oroscopi, l'astrologia, la chiromanzia, l'interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l'onore e il rispetto congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo [2116].

Û Magia o stregoneria.

 

DIVORZIO (inizio)

Attenta all'indissolubilità del matrimonio sacramentale, con grave offesa alla legge naturale e all'" alleanza " compromessa. Aggrava di fatto le successive nozze del divorziato in quanto adulterio permanente e pubblico.

Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l'uno con l'altro fino alla morte. Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente [2384].

Implica gravi danni per l'altro coniuge e per i figli.

Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge che si trova abbandonato, per i figli traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi, per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale [2385].

Û Separazione coniugale.

 

DOGMI DI FEDE (inizio)

Verità contenute nella divina Rivelazione, o verità con essa necessariamente connesse, che il Magistero della Chiesa, con l'autorità ricevuta da Cristo, propone con obbligo di fede.

Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell'autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un'irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella Rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione [88].

Dogma e vita spirituale.

Tra i dogmi e la nostra vita spirituale c'è un legame organico. I dogmi sono luci sul cammino della nostra fede, lo rischiarano e lo rendono sicuro. Inversamente, se la nostra vita è retta, la nostra intelligenza e il nostro cuore saranno aperti ad accogliere la luce dei dogmi della fede (cf Gv 8,31-32) [89].

Dogma, " nexus mysteriorum " e " gerarchia delle verità ".

I mutui legami e la coerenza dei dogmi si possono trovare nel complesso della Rivelazione del Mistero di Cristo (Conc. Vaticano I, DS 3016; FCC 1.081: " nexus mysteriorum ", LG 25). " Esiste un ordine o " gerarchia " nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana " (UR 11) [90].

Fin dalle origini, la Chiesa apostolica ha espresso e trasmesso la propria fede in formule brevi e normative per tutti (cf Rm 10,9; 1 Cor 15,3-5). Ma molto presto la Chiesa ha anche voluto riunire l'essenziale della sua fede in compendi organici e articolati, destinati in particolare ai candidati al Battesimo [186].

Tali sintesi della fede vengono chiamate " professioni di fede ", perché riassumono la fede professata dai cristiani. Vengono chiamate " Credo " a motivo di quella che normalmente ne è la prima parola: " Io credo ". Sono anche dette " Simboli della fede " [187].

Û anche Simbolo di fede, Credo.

DOMENICA (GIORNO DEL SIGNORE) (inizio)

Secondo il Nuovo Testamento, nel " primo giorno della settimana ", i cristiani, si riunivano " per la frazione del pane " commemorando la Risurrezione del Signore.

Soprattutto " il primo giorno della settimana ", cioè la domenica, il giorno della Risurrezione di Gesù, i cristiani si riunivano " per spezzare il pane " (At 20,7). Da quei tempi la celebrazione dell'Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa, con la stessa struttura fondamentale. Essa rimane il centro della vita della Chiesa [1343].

Il sabato ebraico prefigurava il mistero di Cristo, realizzato in pienezza nella sua Pasqua, commemorata nel giorno di domenica.

La domenica si distingue nettamente dal sabato al quale, ogni settimana, cronologicamente succede, e del quale, per i cristiani, sostituisce la prescrizione rituale. Porta a compimento, nella Pasqua di Cristo, la verità spirituale del sabato ebraico ed annuncia il riposo eterno dell'uomo in Dio. Infatti, il culto della legge preparava il Mistero di Cristo, e ciò che vi si compiva prefigurava qualche aspetto relativo a Cristo (cf 1 Cor 10,11) [2175].

In questo giorno della settimana, la Chiesa commemora la Risurrezione del Signore.

" La santa Madre Chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria in determinati giorni nel corso dell'anno, l'opera salvifica del suo Sposo divino. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, fa la memoria della Risurrezione... [1163].

Obblighi del Cristiano in questo giorno: l'ascolto della Parola di Dio, la partecipazione all'Eucaristia, il fare memoria della Passione, Risurrezione e Gloria del Signore e rendere grazie a Dio.

La domenica è per eccellenza il giorno dell'Assemblea liturgica, giorno in cui i fedeli si riuniscono " perché, ascoltando la Parola di Dio e partecipando all'Eucaristia, facciano memoria della Passione, della Risurrezione e della gloria del Signore Gesù, e rendano grazie a Dio che li ha " rigenerati per una speranza viva per mezzo della Risurrezione di Gesù Cristo dai morti " " (SC 106) [1167].

E' il giorno del rendimento di grazie, della vita familiare e del riposo.

Come Dio " cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro " (Gn 2,2), così anche la vita dell'uomo è ritmata dal lavoro e dal riposo. L'istituzione del giorno del Signore contribuisce a dare a tutti la possibilità di " godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di curare la vita familiare, culturale, sociale e religiosa " (cf GS 67,3) [2184].

anche Giorno del Signore e Eucaristia domenicale.

 

DONAZIONE DEGLI ORGANI (inizio)

Û Sperimentazione su esseri viventi.

 

DONI DELLO SPIRITO SANTO (inizio)

Lo Spirito Santo aiuta i fedeli con sette doni, appartenenti alla pienezza di Cristo, perché possano essere docili e pronti alle mozioni divine nella loro vita morale e spirituale. Essi sono: il dono della sapienza, dell'intelligenza, del consiglio, della fortezza, della scienza, della pietà e del timore di Dio.

La vita morale dei cristiani è sorretta dai doni dello Spirito Santo. Essi sono disposizioni permanenti che rendono l'uomo docile a seguire le mozioni dello Spirito Santo [1830].

I sette doni dello Spirito Santo sono la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio. Appartengono nella loro pienezza a Cristo, Figlio di Davide (cf Is 11,1-2). Essi completano e portano alla perfezione le virtù di coloro che li ricevono. Rendono i fedeli docili ad obbedire con prontezza alle ispirazioni divine [1831].

Û Frutti dello Spirito Santo.

 

DOSSOLOGIA FINALE (inizio)

DEL " PADRE NOSTRO "

In essa si ricapitolano, in forma di preghiera e di azione di grazie, le prime tre petizioni del " Padre nostro ": la glorificazione del Nome di Dio, il desiderio della venuta del suo Regno e la fiducia nella sua Volontà di salvezza.

La dossologia finale: " Perché tuo è il regno, la gloria e il potere " riprende, per inclusione, le prime tre domande al Padre nostro: la glorificazione del suo Nome, la venuta del suo Regno e il potere della sua Volontà salvifica. Ma questa ripresa ha la forma dell'adorazione e dell'azione di grazie, come nella liturgia celeste (cf Ap 1,6; 4,11; 5,13). Il principe di questo mondo si era attribuito in modo menzognero questi tre titoli di regalità, di potere e di gloria (cf Lc 4,5-6); Cristo, il Signore, li restituisce al Padre suo e Padre nostro, finché gli consegnerà il Regno, quando il Mistero della salvezza sarà definitivamente compiuto e Dio sarà tutto in tutti (cf 1 Cor 15,24-28) [2855].

 

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA (inizio)

La Chiesa nella sua dottrina si occupa di promuovere attitudini giuste nell'uso dei beni terrestri, vista la loro ordinazione al Bene supremo, e orienta moralmente le relazioni socioeconomiche regolate dalle autorità politiche.

La Chiesa dà un giudizio morale, in materia economica e sociale, " quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona o dalla salvezza delle anime ". Per ciò che attiene alla sfera della moralità, essa è investita di una missione distinta da quella delle autorità politiche: la Chiesa si interessa degli aspetti temporali del bene comune in quanto sono ordinati al Bene supremo, nostro ultimo fine. Cerca di inculcare le giuste disposizioni nel rapporto con i beni terreni e nelle relazioni socio-economiche [2420].

Û Giustizia sociale.

 

DOVERE DI RIPARAZIONE (inizio)

I peccati contro la giustizia e la verità, sebbene perdonati, devono essere riparati pubblicamente o privatamente, a seconda dei casi, inclusi quelli commessi contro la reputazione del prossimo; questa riparazione morale obbliga in coscienza.

Ogni colpa commessa contro la giustizia e la verità impone il dovere di riparazione, anche se il colpevole è stato perdonato. Quando è impossibile riparare un torto pubblicamente, bisogna farlo in privato; a colui che ha subito un danno, qualora non possa essere risarcito direttamente, va data soddisfazione moralmente, in nome della carità. Tale dovere di riparazione riguarda anche le colpe commesse contro la reputazione altrui. La riparazione, morale e talvolta materiale, deve essere commisurata al danno che è stato arrecato. Essa obbliga in coscienza [2487].

Û Soddisfazione, Giustizia commutativa, Menzogna.

 

DOVERI DEI CITTADINI (inizio)

Come cristiani dobbiamo guardare alle autorità come rappresentanti di Dio e, di conseguenza, cooperare con esse al bene comune nella solidarietà - il che non esclude molte volte la necessaria critica al modo di gestirle - , nella giustizia - che comporta il dovere di versare le imposte - e nella libertà, nel diritto al voto e nella difesa della patria.

Coloro che sono sottomessi all'autorità considereranno i loro superiori come rappresentanti di Dio, che li ha costituiti ministri dei suoi doni (cf Rm 13,1-2) (...). La leale collaborazione dei cittadini comporta il diritto, talvolta il dovere, di fare le giuste rimostranze su ciò che a loro sembra nuocere alla dignità delle persone e al bene della comunità [2238].

E dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà [2239].

Û Patria, Doveri di amore e di servizio.

La sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l'esigenza morale del versamento delle imposte, dell'esercizio del diritto di voto, della difesa del paese [2240].

Il cittadino ha, in coscienza, il dovere di disobbedire alle disposizioni delle autorità quando esse siano contrarie all'ordine morale, ai diritti fondamentali della persona o all'insegnamento evangelico. In alcuni casi è giustificato il ricorso alla violenza contro l'autorità.

Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo [2242].

La resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrerà legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni: 1. in caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; 2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si provochino disordini peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di successo; 5. se è impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori [2243].

Û Potere politico.

 

DOVERI DEI FIGLI (inizio)

Û Pietà filiale.

 

DOVERI EDUCATIVI DEI GENITORI (inizio)

Iniziano con l'educazione morale, che include l'educazione alle virtù, specialmente alla fede, della quale devono essere i primi evangelizzatori.

Il diritto e il dovere dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili (cf FC 36) [2221].

Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si impari l'abnegazione, un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai figli a subordinare " le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali " (CA 36) [2223].

L'educazione alla fede da parte dei genitori deve incominciare fin dalla più tenera età dei figli (...) attraverso la testimonianza di una vita cristiana vissuta in conformità al Vangelo (...). I genitori hanno la missione di insegnare ai figli a pregare e a scoprire la loro vocazione di figli di Dio (cf LG 11) [2226].

Dalla grazia del sacramento del Matrimonio, i genitori hanno ricevuto la responsabilità e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno, fin dai primi anni di vita, ai misteri della fede dei quali essi, per i figli, sono " i primi annunziatori " (LG 11) [2225].

Û Amore filiale.

 

DOVERI DELLE AUTORITÀ CIVILI (inizio)

Il rispetto delle autorità, come anche del giusto esercizio dell'autorità, rientra nei doveri prescritti dal " quarto comandamento ".

Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia [2234].

L'autorità deve essere considerata sempre come un servizio in accordo con la legge naturale e in sintonia con la dignità delle persone sulle quali viene esercitata.

Coloro che sono rivestiti d'autorità, la devono esercitare come un servizio. " Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo " (Mt 20,26). L'esercizio di un'autorità è moralmente delimitato dalla sua origine divina, dalla sua natura ragionevole e dal suo oggetto specifico. Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale [2235].

Û Potere politico.

 

DROGHE (inizio)

Il loro uso, al di fuori delle prescrizioni strettamente terapeutiche, è un peccato grave. La produzione clandestina e il traffico delle droghe, per il danno che arrecano, sono prassi contrarie alla legge morale.

L'uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave. La produzione clandestina di droghe e il loro traffico sono pratiche scandalose; costituiscono una cooperazione diretta, poiché spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale [2291].

Û Salute e morale.

 

DUBBIO, VOLONTARIO O INVOLONTARIO (inizio)

Ostacola l'accettazione di Dio e della sua Parola trasmessa nella Chiesa e costituisce un peccato contro la fede. Anche il dubbio involontario, se non viene respinto, può condurre all'accecamento dello spirito.

Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario. Ci sono diversi modi di peccare contro la fede.

Il dubbio volontario circa la fede trascura o rifiuta di ritenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere. Il dubbio involontario indica la esitazione a credere, la difficoltà nel superare le obiezioni legate alla fede, oppure anche l'ansia causata dalla sua oscurità. Se viene deliberatamente coltivato, il dubbio può condurre all'accecamento dello spirito [2088].

Û Primo comandamento, Fede.

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