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G - I - L: GENERI LETTERARI - LUSSURIA

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  ................. LUIS MARTINEZ FERNANDEZ

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GENERI LETTERARI (inizio)

Al fine di interpretare correttamente la verità che si nasconde nei libri sacri, a seconda che siano di genere storico, profetico, poetico o di qualsiasi altro genere, è necessario conoscere il tempo, la cultura, lo stile col quale si scrive in ogni epoca e anche i modi di pensare e di esprimersi con la parola e per iscritto.

Per comprendere l'intenzione degli autori sacri, si deve tener conto delle condizioni del loro tempo e della loro cultura, dei " generi letterari " allora in uso, dei modi di intendere, di esprimersi, di raccontare, consueti nella loro epoca. " La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa nei testi in varia maniera storici o profetici, o poetici, o con altri generi di espressione " (DV 12.2) [110].

 

GESU' CRISTO (inizio)

Û Cristo Gesù.

 

GIORNO DEL SIGNORE (inizio)

A partire dalla Tradizione apostolica, la Chiesa celebra ogni domenica il mistero pasquale.

" Secondo la tradizione apostolica, che trae origine dal giorno stesso della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il Mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente Giorno del Signore o domenica " (SC 106). Il giorno della Risurrezione di Cristo è ad un tempo il " primo giorno della settimana ", memoriale del primo giorno della creazione, e l'" ottavo giorno " in cui Cristo, dopo il suo " riposo " del grande Sabato, inaugura il Giorno " che il Signore ha fatto ", il " giorno che non conosce tramonto ". La " cena del Signore " ne costituisce il centro, poiché in essa l'intera comunità dei fedeli incontra il Signore risorto che la invita al suo banchetto:

" Il giorno del Signore, il giorno della Risurrezione, il giorno dei cristiani, è il nostro giorno. E chiamato giorno del Signore proprio per questo: perché in esso il Signore è salito vittorioso presso il Padre. I pagani lo chiamano giorno del sole: ebbene, anche noi lo chiamiamo volentieri in questo modo: oggi infatti è sorta la luce del mondo, oggi è apparso il sole di giustizia i cui raggi ci portano la salvezza " (S. Girolamo, Pasch.) [1166].

Û anche Domenica.

 

GIOVANNI BATTISTA (inizio)

Pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre.

" Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni " (Gv 1,6). Giovanni è riempito " di Spirito Santo fin dal seno di sua madre " (Lc 1,15.41) Cristo stesso che la Vergine Maria aveva da poco concepito per opera dello Spirito Santo. La " Visitazione " di Maria ad Elisabetta diventa così visita di Dio al suo popolo (Lc 1,68) [717].

" Elia che deve venire " e Precursore.

Giovanni è " quell'Elia che deve venire " (Mt 17,10-13); il fuoco dello Spirito abita in lui e lo fa " correre avanti " [come " precursore "] al Signore che viene. In Giovanni il Precursore, lo Spirito Santo termina di " preparare al Signore un popolo ben disposto " (Lc 1,17) [718].

Più che un profeta.

Giovanni è " più che un profeta " (Lc 7,26). In lui lo Spirito Santo termina di " parlare per mezzo dei profeti ". Giovanni chiude il ciclo dei profeti inaugurato da Elia (cf Mt 11,13-14). Egli annunzia che la Consolazione di Israele è prossima; è la " voce " del Consolatore che viene (Gv 1,23; cf Is 40,1-3)). Come farà lo Spirito di verità, egli viene " come testimone per rendere testimonianza alla Luce " (Gv 1,7; cf Gv 15,26; 5,33)). In Giovanni, lo Spirito compie così le " indagini dei profeti " e il " desiderio " degli angeli (1 Pt 1,10-12): " L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio... Ecco l'Agnello di Dio " (Gv 1,33-36) [719].

Û anche Precursore.

 

GIUDIZIO FINALE (inizio)

Sarà il trionfo di Dio sul male.

Il trionfo di Dio sulla rivolta del male prenderà la forma dell'ultimo giudizio (cf Ap 20,12) dopo l'ultimo sommovimento cosmico di questo mondo che passa (cf 1 Pt 3,12-13) [677].

Annunciato da Gesù, e prima ancora dai profeti, rivelerà i segreti dei cuori, condannando l'incredulità e il rifiuto della grazia.

In linea con i profeti (cf Dn 7,10; Gl 3,4; Ml 3,19) e Giovanni Battista (cf Mt 3,7-12) Gesù ha annunziato nella sua predicazione il Giudizio dell'ultimo Giorno. Allora saranno messi in luce la condotta di ciascuno (cf Mc 12,38-40) e il segreto dei cuori (cf Lc 12,1-3; Gv 3, 20-21; Rm 2,16; 1 Cor 4,5). Allora verrà condannata l'incredulità colpevole che non ha tenuto in alcun conto la grazia offerta da Dio (cf Mt 11,20-24; 12,41-42) [678).

Davanti a Cristo - che è la Verità - si paleserà la verità di ogni uomo in relazione a Dio.

Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio (cf Gv 12,49). Il Giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena [1039].

Verrà giudicata l'accoglienza o il rifiuto della grazia e dell'amore di Dio a seconda del comportamento avuto nei confronti dei " piccoli " con i quali Gesù si è identificato.

L'atteggiamento verso il prossimo rivelerà l'accoglienza o il rifiuto della grazia e dell'amore divino (cf Mt 5,22; 7,1- 5). Gesù dirà nell'ultimo giorno: " Ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me " (Mt 25,40) [678).

Retribuzione secondo le opere di ciascuno.

E per il rifiuto della grazia nella vita presente che ognuno si giudica già da se stesso (cf Gv 3,18; 12,48), riceve secondo le sue opere (cf 1 Cor 3,12-15) e può anche condannarsi per l'eternità rifiutando lo Spirito d'amore (cf Mt 12,32; Eb 6,4-6; 10,26-31) [679].

Dio ha dato al Figlio il potere di giudicare.

Cristo è Signore della vita eterna. Il pieno diritto di giudicare definitivamente le opere e i cuori degli uomini appartiene a lui in quanto Redentore del mondo. Egli ha " acquisito " questo diritto con la sua croce. Anche il Padre " ha rimesso ogni giudizio al Figlio " (Gv 5,22; cf Gv 5,27; Mt 25,31; At 10,42; 17,31; 2 Tm 4,1) [679].

Il giudizio finale avverrà quando Cristo tornerà glorioso per pronunziare la parola definitiva sulla storia, e allora comprenderemo il suo significato nella Provvidenza divina.

Il Giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera della creazione e di tutta l'Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il Giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte (cf Ct 8,6) [1040].

La glorificazione dei giusti nel corpo e nell'anima e il rinnovamento dell'universo per la venuta in pienezza del Regno di Dio.

Alla fine dei tempi, il Regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il Giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato:

Allora la Chiesa " avrà il suo compimento... nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l'uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo " (LG 48) [1042]

Û anche Risurrezione della carne.

 

GIUDIZIO MORALE (inizio)

Û Decisioni morali, Coscienza morale.

 

GIUDIZIO PARTICOLARE (inizio)

La Sacra Scrittura assicura reiteratamente che esiste una retribuzione immediata - in conseguenza dell'agire umano e della fede - subito dopo la morte.

La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo (cf 2 Tm 1,9-10). Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro (cf Lc 16,22) e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone (cf Lc 23,43) così come altri testi del Nuovo Testamento (cf 2 Cor 5,8; Fl 1,23; Eb 9,27; 12,23) parlano di una sorte ultima dell'anima (cf Mt 16, 26) che può essere diversa per le une e per le altre [1021].

Di conseguenza, il solenne Magistero della Chiesa afferma l'esistenza di un giudizio particolare dell'anima, immediatamente dopo la morte, che deciderà la sua purificazione prima di accedere alla beatitudine, oppure il suo ingresso immediato nel cielo, o la sua condanna, l'una e l'altra eterni.

Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione (cf Conc. di Lione, DS 857-858; FCC 0.013-0.014); Conc. di Firenze, DS 1304-1306; FCC 0.022-0.024; Conc. di Trento, DS 1820), o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo (cf Benedetto XII, DS 1000-1001; FCC 0.011-0.018; Giovanni XXII, DS 990), oppure si dannerà immediatamente per sempre (cf Benedetto XII, DS 1002; FCC 0.019) [1022].

 

GIUDIZIO TEMERARIO (inizio)

Ammettere come vero, senza un fondamento sufficiente, una qualche colpa grave del prossimo, causandogli un ingiusto danno.

Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno. Si rende colpevole di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo [2477].

Û Veracità, Maldicenza.

 

GIURAMENTO (inizio)

Consiste nel chiamare Dio come testimone di ciò che si afferma. Gesù, nel perfezionare la Legge, insegna che ogni riferimento a Dio deve essere onorato in ogni parola, per cui si richiede, secondo la tradizione cristiana, che si faccia solo per una grave e giusta causa e mai per motivi futili.

Gesù ha esposto il secondo comandamento nel Discorso della montagna: " Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti!". Ma io vi dico: non giurate affatto... sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno " (Mt 5,33-34.37; cf Gc 5,12). Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l'attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione (...) [2153].

Seguendo san Paolo (cf 2 Cor 1,23; Gal 1,20), la Tradizione della Chiesa ha inteso che la parola di Gesù non si oppone al giuramento, allorché viene fatto per un motivo grave e giusto (per esempio, davanti ad un tribunale) [2154].

La santità del nome divino esige che non si faccia ricorso ad esso per cose futili e che non si presti giuramento in quelle circostanze in cui esso potrebbe essere interpretato come un'approvazione del potere da cui ingiustamente venisse richiesto. Quando il giuramento è esigito da autorità civili illegittime, può essere rifiutato. Deve esserlo allorché è richiesto per fini contrari alla dignità delle persone o alla comunione ecclesiale [2155].

Û Giuramento falso, Spergiuro.

 

GIURAMENTO FALSO (inizio)

E l'invocazione di Dio come testimone di una menzogna, la qualcosa lo ingiuria in maniera grave, essendo egli la norma di ogni verità.

Astenersi dal falso giuramento è un dovere verso Dio. Come Creatore e Signore, Dio è la norma di ogni verità. La parola umana è in accordo con Dio oppure in opposizione a lui che è la stessa Verità. Quando il giuramento è veridico e legittimo, mette in luce il rapporto della parola umana con la verità di Dio. Il giuramento falso chiama Dio ad essere testimone di una menzogna [2151].

Û Spergiuro e Giuramento.

 

GIUSTIFICAZIONE (inizio)

E l'azione dello Spirito Santo per la quale, morendo al peccato per l'assimilazione a Cristo nella sua Passione, l'uomo nasce ad una vita nuova in Cristo risuscitato, membro del suo Corpo che è la Chiesa.

Per mezzo della potenza dello Spirito Santo, noi prendiamo parte alla Passione di Cristo morendo al peccato, e alla sua Risurrezione nascendo a una vita nuova; siamo le membra del suo Corpo che è la Chiesa (cf 1 Cor 12), i tralci innestati sulla Vite che è lui stesso (cf Gv 15,1-4) [1988].

Il perdono dei peccati, opera costante dello Spirito Santo e della sua misericordiosa iniziativa, è, inoltre, il primo passo verso la giustificazione, e deve essere preceduto dal processo di conversione del peccatore, secondo la pressante richiesta del Signore.

La prima opera della grazia dello Spirito Santo è la conversione, che opera la giustificazione, secondo l'annuncio di Gesù all'inizio del Vangelo: " Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino " (Mt 4,17). Sotto la mozione della grazia, l'uomo si volge verso Dio e si allontana dal peccato, accogliendo così il perdono e la giustizia dall'Alto. " La giustificazione... non è una semplice remissione dei peccati, ma anche santificazione e rinnovamento dell'uomo interiore " (cf Conc. di Trento, DS 1528; FCC 8.061) [1989].

Gesù Cristo, con la sua passione e la sua croce offerte al Padre come propiziazione per i nostri peccati, ci meritò di essere accolti presso il Dio della misericordia come giusti, per mezzo del sacramento della fede, che è il Battesimo.

La giustificazione ci è stata meritata dalla Passione di Cristo, che si è offerto sulla croce come ostia vivente, santa e gradita a Dio, e il cui sangue è diventato strumento di propiziazione per i peccati di tutti gli uomini. La giustificazione è accordata mediante il Battesimo, sacramento della fede. Essa ci conforma alla giustizia di Dio, il quale ci rende interiormente giusti con la potenza della sua misericordia. Ha come fine la gloria di Dio e di Cristo, e il dono della vita eterna (Conc. di Trento, DS 1529; FCC 8.062) [1992].

Come beneficiari della giustificazione, siamo affrancati dal peccato che ci priva dell'amore di Dio, e accogliamo la sua giustizia per la fede in Gesù Cristo, infusa nei nostri cuori insieme alla speranza e alla carità.

La giustificazione separa l'uomo dal peccato che si oppone all'amore di Dio, e purifica dal peccato il suo cuore (...). La giustificazione è, al tempo stesso, l'accoglienza della giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo. Qui la giustizia designa la rettitudine dell'amore divino. Insieme con la giustificazione, vengono infuse nei nostri cuori la fede, la speranza e la carità, e ci è accordata l'obbedienza alla volontà divina [1990-1991].

Questa azione, la più grande dell'amore di Dio, in Gesù Cristo e nello Spirito che santifica, richiede che l'uomo collabori con la sua libertà alla grazia di Dio che prende l'iniziativa e salva.

La giustificazione è l'opera più eccellente dell'amore di Dio, manifestato in Cristo Gesù e comunicato tramite lo Spirito Santo... [1994].

La giustificazione stabilisce la collaborazione tra la grazia di Dio e la libertà dell'uomo. Dalla parte dell'uomo essa si esprime nell'assenso della fede alla Parola di Dio che lo chiama alla conversione, e nella cooperazione della carità alla mozione dello Spirito Santo, che lo previene e lo custodisce [1993].

Û Conversione e Grazia.

GIUSTIZIA (VIRTU' CARDINALE) (inizio)

E la ferma e permanente volontà di dare a Dio l'onore, il culto e l'obbedienza dovuti (in tal caso viene detta virtù di religione) e al prossimo ciò che gli spetta con equità. Nella Scrittura l'uomo giusto viene spesso lodato.

La giustizia è la virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. La giustizia verso Dio è chiamata " virtù di religione ". La giustizia verso gli uomini dispone a rispettare i diritti di ciascuno e a stabilire nelle relazioni umane l'armonia che promuove l'equità nei confronti delle persone e del bene comune. L'uomo giusto, di cui spesso si fa parola nei Libri sacri, si distingue per l'abituale dirittura dei propri pensieri e per la rettitudine della propria condotta verso il prossimo. " Non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia " (Lv 19,15). " Voi, padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo " (Col 4,1) [1807].

Û Virtù morali, Virtù cardinali.

 

GIUSTIZIA COMMUTATIVA (inizio)

Implica il preciso rispetto dei diritti della persona negli scambi interpersonali. Si riferisce alla proprietà e ai suoi diritti, alla restituzione dei debiti, alla soddisfazione delle obbligazioni liberamente contratte. Obbliga strettamente, anche alla restituzione, e si distingue dalla giustizia legale e dalla giustizia distributiva.

I contratti sottostanno alla giustizia commutativa, che regola gli scambi tra le persone e tra le istituzioni nel pieno rispetto dei loro diritti. La giustizia commutativa obbliga strettamente; esige la salvaguardia dei diritti di proprietà, il pagamento dei debiti e l'adempimento delle obbligazioni liberamente contrattate. Senza la giustizia commutativa, qualsiasi altra forma di giustizia è impossibile.

Va distinta la giustizia commutativa dalla giustizia legale, che riguarda ciò che il cittadino deve equamente alla comunità, e dalla giustizia distributiva, che regola ciò che la comunità deve ai cittadini in proporzione alle loro prestazioni e ai loro bisogni [2411].

In forza della giustizia commutativa, la riparazione dell'ingiustizia commessa esige la restituzione al proprietario di ciò di cui è stato derubato [2412].

Û Dovere di riparazione, Soddisfazione.

 

GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA (inizio)

Û Giustizia commutativa.

 

GIUSTIZIA E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE (inizio)

Û Solidarietà internazionale.

 

GIUSTIZIA LEGALE (inizio)

Û Giustizia commutativa.

 

GIUSTIZIA SOCIALE (inizio)

Realizzazione delle condizioni che consentono ai cittadini, individualmente o in associazione, di conseguire ciò che è loro dovuto per la loro natura o per la loro vocazione in virtù del bene comune e con l'esercizio dell'autorità.

La società assicura la giustizia sociale allorché realizza le condizioni che consentono alle associazioni e agli individui di conseguire ciò a cui hanno diritto secondo la loro natura e la loro vocazione. La giustizia sociale è connessa con il bene comune e con l'esercizio dell'autorità [1928].

La Chiesa nella sua dottrina afferma moralmente il diritto dell'uomo al lavoro, con le sue esigenze nelle legislazioni, il diritto all'iniziativa economica, gli obblighi degli imprenditori, il giusto salario, lo sciopero come risorsa del lavoratore.

Lo sviluppo delle attività economiche e l'aumento della produzione sono destinati a soddisfare i bisogni degli esseri umani. La vita economica non mira solo ad accrescere la produzione dei beni e ad aumentare il profitto o la potenza; essa è prima di tutto ordinata al servizio delle persone, dell'uomo nella sua integralità e di tutta la comunità umana. Realizzata secondo i propri metodi, l'attività economica deve essere esercitata nell'ambito dell'ordine morale, nel rispetto della giustizia sociale, in modo che risponda al disegno di Dio sull'uomo (cf GS 64) [2426].

Û Lavoro umano e morale, Economia e morale, Sciopero, Dignità della persona.

 

GLORIA DEL CIELO (inizio)

Û Cielo.

 

GRAZIA ATTUALE (inizio)

Dio interviene all'inizio della nostra conversione, così come in tutto il processo della nostra santificazione.

...le grazie attuali (...) designano gli interventi divini sia all'inizio della conversione, sia nel corso dell'opera di santificazione [2000].

 

GRAZIA DI DIO (inizio)

E' il dono o aiuto di Dio gratuito e soprannaturale per cui, rispondendo alla sua chiamata, egli ci prepara ad essere adottati come figli nel suo Figlio per mezzo del Battesimo, ci rende partecipi della sua stessa natura e ci costituisce eredi della vita eterna.

La grazia è il favore, il soccorso gratuito che Dio ci dà perché rispondiamo al suo invito: diventare figli di Dio (cf Gv 1,12-18), figli adottivi (cf Rm 8,14-17), partecipi della natura divina (cf 2 Pt 1,3-4), della vita eterna (cf Gv 17,3) [1996].

(...) è una partecipazione alla vita di Dio; ci introduce nell'intimità della vita trinitaria. Mediante il Battesimo il cristiano partecipa alla grazia di Cristo, Capo del suo Corpo. Come " figlio adottivo ", egli può ora chiamare Dio " Padre ", in unione con il Figlio unigenito. Riceve la vita dello Spirito che infonde in lui la carità e forma la Chiesa [1997].

Questa vocazione alla vita eterna è soprannaturale. Dipende interamente dall'iniziativa gratuita di Dio... [1998].

Û Giustificazione e Grazia santificante.

 

GRAZIA DEL BATTESIMO (inizio)

I suoi due effetti principali (purificazione dai peccati e nuova nascita nello Spirito) sono significati nel rito della sua celebrazione.

I diversi effetti operati dal Battesimo sono significati dagli elementi sensibili del rito sacramentale. L'immersione nell'acqua richiama i simbolismi della morte e della purificazione, ma anche della rigenerazione e del rinnovamento. I due effetti principali sono dunque la purificazione dai peccati e la nuova nascita nello Spirito Santo (cf At 2,38; Gv 3,5) [1262].

a) Perdono di tutti i peccati: quello " originale ", quelli personali, e le pene del peccato.

Per mezzo del Battesimo sono rimessi tutti i peccati, il peccato originale e tutti i peccati personali, come pure tutte le pene del peccato (cf DS 1316; FCC 9.047) [1263].

Nel battezzato permangono le conseguenze temporali del peccato e la concupiscenza o inclinazione al peccato.

Rimangono tuttavia nel battezzato alcune conseguenze temporali del peccato, quali le sofferenze, la malattia, la morte, o le fragilità inerenti alla vita come le debolezze del carattere, ecc., e anche una inclinazione al peccato che la Tradizione chiama la concupiscenza, o, metaforicamente, l'incentivo del peccato (" fomes peccati ") [1264].

b) Il battezzato è una " nuova creatura ": Figlio adottivo di Dio, partecipe della natura divina...

Il Battesimo non soltanto purifica da tutti i peccati, ma fa pure del neofita una " nuova creatura " (2 Cor 5,17), un figlio adottivo di Dio (cf Gal 4,5-7) che è divenuto partecipe della natura divina (2 Pt 1,4), membro di Cristo (cf 1 Cor 6,15; 12,27) e coerede con lui (Rm 8,17), tempio dello Spirito Santo (cf 1 Cor 6,19) [1265].

Effetti della grazia santificante nel battezzato.

La Santissima Trinità dona al battezzato la grazia santificante, la grazia della giustificazione che

- lo rende capace di credere in Dio, di sperare in lui e di amarlo per mezzo delle virtù teologali;

- gli dà la capacità di vivere e agire sotto la mozione dello Spirito Santo per mezzo dei doni dello Spirito Santo;

- gli permette di crescere nel bene per mezzo delle virtù morali [1266].

c) Incorporazione dei battezzati alla Chiesa, Corpo di Cristo.

Il Battesimo incorpora alla Chiesa. Dai fonti battesimali nasce l'unico popolo di Dio della Nuova Alleanza che supera tutti i limiti naturali o umani delle nazioni, delle culture, delle razze e dei sessi: " In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo " (1 Cor 12,13) [1267].

Partecipi del sacerdozio di Cristo.

Per mezzo del Battesimo sono partecipi del sacerdozio di Cristo, della sua missione profetica e regale, sono " la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui " che li " ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce " (1 Pt 2,9). Il Battesimo rende partecipi del sacerdozio comune dei fedeli [1268].

Obbligati a confessare la fede e ad essere apostoli.

" Rigenerati [dal Battesimo] per essere figli di Dio, [i battezzati] sono tenuti a professare pubblicamente la fede ricevuta da Dio mediante la Chiesa " (LG 11) e a partecipare all'attività apostolica e missionaria del Popolo di Dio (cf LG 17; AG 7, 23) [1270].

Û Battesimo (sacramento del), Sacerdozio comune, Apostolato.

GRAZIA DI CRISTO O GRAZIA SANTIFICANTE (inizio)

Dono di Dio, soprannaturale, gratuito e stabile, che, in virtù dei meriti di Cristo, lo Spirito Santo infonde in noi con il Battesimo per risanarci dal peccato, santificarci e farci figli ed eredi, per partecipare alla sua vita divina.

La grazia di Cristo è il dono gratuito che Dio ci fa della sua vita, infusa nella nostra anima dallo Spirito Santo per guarirla dal peccato e santificarla. E la grazia santificante o deificante, ricevuta nel Battesimo. Essa è in noi la sorgente dell'opera di santificazione (cf Gv 4, 14; 7,38-39) [1999].

La grazia santificante è un dono abituale, una disposizione stabile e soprannaturale che perfeziona l'anima stessa per renderla capace di vivere con Dio, di agire per amor suo. (...) la grazia abituale [è] disposizione permanente a vivere e ad agire secondo la chiamata divina [2000].

Û Battesimo, Grazia del battesimo, Giustificazione.

 

GRAZIA O EFFETTI DEL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE (inizio)

Per la piena effusione dello Spirito Santo, questo sacramento " conferisce crescita e approfondimento della grazia battesimale ".

- Ci radica più profondamente nella filiazione divina grazie alla quale diciamo: " Abbà, Padre " (Rm 8,15);

- ci unisce più saldamente a Cristo;

- aumenta in noi i doni dello Spirito Santo;

- rende più perfetto il nostro legame con la Chiesa (cf. LG 11);

- ci accorda " una speciale forza dello Spirito Santo " per " diffondere e difendere con la parola e con l'azione la fede, come veri testimoni di Cristo ", per " confessare coraggiosamente il nome di Cristo " e per non vergognarsi mai della sua croce (cf DS 1319; FCC 9.086; LG 11,12) [1303].

Û Confermazione (sacramento della).

 

GRAZIA O EFFETTI DEL SACRAMENTO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI (inizio)

Dono, dello Spirito Santo, che consiste nel conforto e nella pace.

Un dono particolare dello Spirito Santo. La grazia fondamentale di questo sacramento è una grazia di conforto, di pace e di coraggio per superare le difficoltà proprie dello stato di malattia grave o della fragilità della vecchiaia [1520].

Forza per unirsi alla Passione di Cristo.

L'unione alla Passione di Cristo. Per la grazia di questo sacramento il malato riceve la forza e il dono di unirsi più intimamente alla passione di Cristo: egli viene in certo qual modo consacrato per portare frutto mediante la configurazione alla Passione redentrice del Salvatore [1521].

Preparazione all'incontro con il Signore nella morte.

Una preparazione all'ultimo passaggio. Se il sacramento dell'Unzione degli infermi è conferito a tutti coloro che soffrono di malattie e di infermità gravi, a maggior ragione è dato a coloro che stanno per uscire da questa vita (" in exitu vitae constituti ") (...) (Conc. di Trento, DS 1698; FCC 9.278) (...). Quest'ultima unzione munisce la fine della nostra esistenza terrena come di un solido baluardo in vista delle ultime lotte prima dell'ingresso nella Casa del Padre (cf ibid., DS 1694; FCC 8.056) [1523].

Û Unzione degli infermi (sacramento della).

 

GRAZIA PROPRIA DEL SACRAMENTO DELL'ORDINE (inizio)

Configurazione a Cristo nelle sue funzioni.

La grazia dello Spirito Santo propria di questo sacramento consiste in una configurazione a Cristo Sacerdote, Maestro e Pastore del quale l'ordinato è costituito ministro [1585].

Per il Vescovo:

Grazia della fortezza per essere guida, padre e pastore nell'annuncio del Vangelo.

Per il vescovo è innanzitutto una grazia di fortezza (...) la grazia di guidare e di difendere con forza e prudenza la sua Chiesa come un padre e un pastore, con un amore gratuito verso tutti e una predilezione per i poveri, gli ammalati e i bisognosi (cf CD 13 e 16). Questa grazia lo spinge ad annunciare a tutti il Vangelo, ad essere il modello del suo gregge, a precederlo sul cammino della santificazione identificandosi nell'Eucaristia con Cristo Sacerdote e Vittima, senza temere di dare la vita per le sue pecore [1586].

Per il Presbitero:

Il dono spirituale conferito dall'ordinazione presbiterale è espresso da questa preghiera propria del rito bizantino. Il vescovo, imponendo le mani, dice tra l'altro:

" Signore, riempi di Spirito Santo colui che ti sei degnato di elevare alla dignità sacerdotale, affinché sia degno di stare irreprensibile davanti al tuo altare, di annunciare il Vangelo del tuo Regno, di compiere il ministero della tua parola di verità, di offrirti doni e sacrifici spirituali, di rinnovare il tuo popolo mediante il lavacro della rigenerazione; in modo che egli stesso vada incontro al nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo, tuo unico Figlio, nel giorno della sua seconda venuta, e riceva dalla tua immensa bontà la ricompensa di un fedele adempimento del suo ministero " (Euchologium) [1587].

Per il Diacono:

Essere al servizio del Popolo di Dio nella Liturgia, nella parola e nella carità, in comunione col Vescovo e i suoi sacerdoti.

Quanto ai diaconi, " sostenuti dalla grazia sacramentale servono il popolo di Dio nel ministero della liturgia, della parola e della carità, in comunione con il Vescovo e il suo presbiterio (LG 29) [1588].

Û Ordine sacro (sacramento dell').

 

GRAZIE SACRAMENTALI (inizio)

La grazia che è, in generale, dono di Dio per mezzo dello Spirito per la giustificazione e santificazione degli uomini, è un dono specifico in ognuno dei sacramenti per la crescita del Corpo di Cristo, che è la sua Chiesa.

La grazia è innanzitutto e principalmente il dono dello Spirito che ci giustifica e ci santifica. Ma la grazia comprende anche i doni che lo Spirito ci concede per associarci alla sua opera, per renderci capaci di cooperare alla salvezza degli altri e alla crescita del Corpo di Cristo, la Chiesa. Sono le grazie sacramentali, doni propri ai diversi sacramenti [2003].

le Grazie proprie di ogni sacramento.

 

GRAZIE DI STATO (inizio)

Grazie speciali per le distinte responsabilità e i ministeri nella vita cristiana e nella Chiesa.

Tra le grazie speciali, è opportuno ricordare le grazie di stato che accompagnano l'esercizio delle responsabilità della vita cristiana e dei ministeri in seno alla Chiesa [2004].

Sacramenti, Ministeri particolari.

 

GRUPPI DI PREGHIERA (inizio)

Come " segno " del rinnovamento della preghiera nella Chiesa, devono alimentarsi della Parola di Dio e vivere in " comunione con tutta la Chiesa " per mezzo dei suoi Pastori.

I gruppi di preghiera, come pure le " scuole di preghiera " sono, oggi, uno dei segni e uno degli stimoli al rinnovamento della preghiera nella Chiesa, a condizione che si attinga alle fonti autentiche della preghiera cristiana. La sollecitudine per la comunione è segno della vera preghiera nella Chiesa [2689].

Û Preghiera.

 

GUERRA (inizio)

L'eliminazione intenzionale della vita umana che la guerra suppone, con le sue conseguenze di altri mali e ingiustizie, è condannata nel quinto comandamento. Per esso, i cittadini e i loro governi sono obbligati a sforzarsi di evitarla, sebbene, esauriti tutti i mezzi pacifici, abbiano diritto alla " legittima difesa ".

Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la Bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra (cf GS 81) [2307].

Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.

" Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa " (GS 79) [2308].

L'accumulo di armi e la cosiddetta " corsa agli armamenti " non eliminano le cause della guerra, ma anzi ne aumentano il rischio. La produzione, l'accumulo e il commercio delle armi minacciano il bene comune nazionale e internazionale. E dovere delle autorità regolare questo grave problema.

L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; ostacola lo sviluppo dei popoli. L'armarsi ad oltranza moltiplica le cause dei conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi [2315].

La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli... [2316].

 

GUERRA GIUSTA (inizio)

Û Legittima difesa.

I

 

IDOLATRIA (inizio)

Consiste nell'onorare e nel venerare qualcosa o qualcuno, semplici creature, al posto di Dio. Esistono diversi tipi di idolatrie.

L'idolatria non concerne soltanto i falsi culti del paganesimo. Rimane una costante tentazione della fede. Consiste nel divinizzare ciò che non è Dio. C'è idolatria quando l'uomo onora e riverisce una creatura al posto di Dio. Si tratti degli dèi o dei demoni (per esempio il satanismo), del potere, del piacere, della razza, degli antenati, dello Stato, del denaro, ecc. " Non potete servire a Dio e a mammona ", dice Gesù (Mt 6,24). Numerosi martiri sono morti per non adorare " la Bestia " (cf Ap 13-14), rifiutando perfino di simulare il culto. L'idolatria respinge l'unica Signoria di Dio; perciò è incompatibile con la comunione divina (cf Gal 5,20; Ef 5,5) [2113].

 

IMMACOLALATA CONCEZIONE (inizio)

Û Maria.

 

IMMAGINE DI DIO (inizio)

L'immagine del Dio invisibile, il Verbo incarnato, con la sua redenzione ha restaurato l'immagine di Dio nell'uomo decaduto.

" Cristo..., proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione " (GS 22). E in Cristo, " immagine del Dio invisibile " (Col 1,15; cf 2 Cor 4,4)), che l'uomo è stato creato ad " immagine e somiglianza " del Creatore. E in Cristo, Redentore e Salvatore, che l'immagine divina, deformata nell'uomo dal primo peccato, è stata restaurata nella sua bellezza originale e nobilitata dalla grazia di Dio (cf GS 22) [1701].

Uomo, Uomo e donna.

 

IMMAGINI SACRE (inizio)

Rappresentazione, perlopiù di Cristo, nel quale l'invisibile Dio si fece della nostra natura.

La sacra immagine, l'icona liturgica, rappresenta soprattutto Cristo. Essa non può rappresentare il Dio invisibile e incomprensibile; è stata l'Incarnazione del Figlio di Dio ad inaugurare una nuova " economia " delle immagini:

" Un tempo Dio, non avendo né corpo, né figura, non poteva in alcun modo essere rappresentato da una immagine. Ma ora che si è fatto vedere nella carne e che ha vissuto con gli uomini, posso fare una immagine di ciò che ho visto di Dio... A viso scoperto, noi contempliamo la gloria del Signore " (S. Giovanni Damasceno, Imag., 1, 16) [1159].

Chiariscono il messaggio evangelico.

L'iconografia cristiana trascrive attraverso l'immagine il messaggio evangelico che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la Parola. Immagine e Parola si illuminano a vicenda [1160].

L'elaborazione e il culto delle immagini non attenta al primo comandamento. Già nell'Antica Alleanza, Dio ha permesso di costruirne alcune, in previsione della Nuova Economia della salvezza nel suo Figlio.

...fin dall'Antico Testamento, Dio ha ordinato o permesso di fare immagini che simbolicamente conducessero alla salvezza operata dal Verbo incarnato: così il serpente di rame (cf Nm 21,4-9; Sap 16,5-14; Gv 3, 14-15), l'arca dell'Alleanza e i cherubini (cf Es 25,10-12; 1 Re 6,23; 28; 7,23-26) [2130].

Il loro culto fu giustificato dal Concilio di Nicea sulla base dell'Immagine di Dio che è il Verbo: nell'immagine si venera la persona.

Fondandosi sul mistero del Verbo incarnato, il settimo Concilio ecumenico, a Nicea (nel 787), ha giustificato, contro gli iconoclasti, il culto delle icone: quelle di Cristo, ma anche quelle della Madre di Dio, degli angeli e di tutti i santi. Incarnandosi, il Figlio di Dio ha inaugurato una nuova " economia " delle immagini [2131].

" ...chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto " (Concilo di Nicea, DS 601; FCC 7.337; cf Conc. di Trento DS 1821-1825; FCC 7.343-7.347; cf Vaticano II, SC 126; LG 67) [2132].

 

IMPUTABILITÀ MORALE (inizio)

L'uomo è responsabile delle sue azioni, se esse sono volontarie e direttamente volute, poiché l'uomo è un essere libero. Esistono azioni " indirettamente " volontarie che possono essere imputabili a causa della negligenza di ciò che si doveva conoscere o fare.

La libertà rende l'uomo responsabile dei suoi atti, nella misura in cui sono volontari. Il progresso nella virtù, la conoscenza del bene e l'ascesi accrescono il dominio della volontà sui propri atti [1734].

Ogni atto voluto direttamente è da imputarsi a chi lo compie [1736].

Un'azione può essere indirettamente volontaria quando è conseguenza di una negligenza riguardo a ciò che si sarebbe dovuto conoscere o fare, per esempio un incidente provocato da una ignoranza del codice stradale [1736].

Alcuni fattori psichici o sociali possono attenuare, o anche annullare, l'imputabilità morale.

L'imputabilità e la responsabilità di un'azione possono essere sminuite o annullate dall'ignoranza, dall'inavvertenza, dalla violenza, dal timore, dalle abitudini, dagli affetti smodati e da altri fattori psichici oppure sociali [1735].

Perché l'effetto dannoso sia imputabile si richiede che sia voluto come fine o come mezzo dell'agire; in alcuni casi, si richiede che sia prevedibile e che si possa evitare.

L'effetto dannoso non è imputabile se non è stato voluto né come fine né come mezzo dell'azione, come può essere la morte incontrata nel portare soccorso a una persona in pericolo. Perché l'effetto dannoso sia imputabile, bisogna che sia prevedibile e che colui che agisce abbia la possibilità di evitarlo; è il caso, per esempio, di un omicidio commesso da un conducente in stato di ubriachezza [1737].

Û Responsabilità e Libertà dell'uomo.

 

INCARNAZIONE (inizio)

Definizione fondata sul Vangelo di san Giovanni: Il Figlio di Dio, il " Verbo ", assunse una natura umana per realizzare, per mezzo di essa, la nostra redenzione.

Riprendendo l'espressione di san Giovanni (" Il Verbo si fece carne ": Gv 1,14), la Chiesa chiama " Incarnazione " il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto una natura umana per realizzare in essa la nostra salvezza [461].

L'Incarnazione, realtà essenziale della nostra fede cristiana.

La fede nella reale Incarnazione del Figlio di Dio è il segno distintivo della fede cristiana (...). E la gioiosa convinzione della Chiesa fin dal suo inizio, allorché canta " il grande Mistero della pietà ": " Egli si manifestò nella carne" (1 Tm 3,16) [463].

Vero Dio e vero Uomo, senza mescolanza né confusione fra il divino e l'umano.

L'evento unico e del tutto singolare dell'Incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo [464].

La Chiesa così confessa che Gesù è inscindibilmente vero Dio e vero uomo. Egli è veramente il Figlio di Dio che si è fatto uomo, nostro fratello, senza con ciò cessare d'essere Dio, nostro Signore [469].

La piena realtà della sua anima e del suo corpo umani.

Poiché nella misteriosa unione dell'Incarnazione " la natura umana è stata assunta, senza per questo venir annientata " (GS 22), la Chiesa nel corso dei secoli è stata condotta a confessare la piena realtà dell'anima umana, con le sue operazioni di intelligenza e di volontà, e del corpo umano di Cristo [470].

La sua natura umana appartiene alla Persona divina del Verbo, che l'ha assunta.

...parallelamente ha dovuto di volta in volta ricordare che la natura umana di Cristo appartiene in proprio alla Persona divina del Figlio di Dio che l'ha assunta. Tutto ciò che egli è e ciò che egli fa in essa deriva da " Uno della Trinità " [470].

La conoscenza umana di Cristo non era illimitata.

L'anima umana che il Figlio di Dio ha assunto è dotata di una vera conoscenza umana. In quanto tale, essa non poteva di per sé essere illimitata: era esercitata nelle condizioni storiche della sua esistenza nello spazio e nel tempo [472].

La sua conoscenza umana godeva, senza dubbio, della pienezza della scienza dei disegni divini nella Persona del Verbo.

Al tempo stesso, però, questa conoscenza veramente umana del Figlio di Dio esprimeva la vita divina della sua Persona (...). E, innanzi tutto, il caso della conoscenza intima e immediata che il Figlio di Dio fatto uomo ha del Padre suo (cf Mc 14,36; Mt 11,27; Gv 1,18; 8,55; ecc.). Il Figlio di Dio anche nella sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti del cuore degli uomini (cf Mc 2,8; Gv 2,25; 6, 61; ecc.) [473].

La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei disegni eterni che egli era venuto a rivelare (cf Mc 8,31; 9,31; 10,33-34; 14,18-20.26-30). Ciò che in questo campo dice di ignorare, dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo (cf At 1,7) [474].

Û anche la voce Cristo Gesù.

 

INCESTO (inizio)

Rapporto carnale fra consanguinei ad un grado che esclude fra loro il matrimonio. Degrada le relazioni familiari ed è un peccato molto grave. Lo stesso si deve dire degli abusi sessuali sui minori.

L'incesto consiste in relazioni intime tra parenti o affini, a un grado che impedisce tra loro il matrimonio (cf Lv 18,7-20). San Paolo stigmatizza questa colpa particolarmente grave (...) (1 Cor 5,1.4-5). L'incesto corrompe le relazioni familiari e segna un regresso verso l'animalità [2388].

Si possono collegare all'incesto gli abusi sessuali commessi da adulti su fanciulli o adolescenti affidati alla loro custodia (...) [2389].

 

INCREDULITÀ (inizio)

Noncuranza o non accettazione volontaria delle verità rivelate.

L'incredulità è la noncuranza della verità rivelata o il rifiuto volontario di dare ad essa il proprio assenso. " Viene detta eresia l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il Battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa; l'apostasia il ripudio totale della fede cristiana; scisma il rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti " (CIC, can. 751) [2089].

Û Fede, Eresia, Apostasia e scisma.

 

INDIFFERENZA (inizio)

Û Amore di Dio.

 

INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO (inizio)

Gesù ha insistito per il suo ristabilimento come un comando divino, contestando l'autorizzazione mosaica al ripudio.

Nella sua predicazione Gesù ha insegnato senza equivoci il senso originale dell'unione dell'uomo e della donna, quale il Creatore l'ha voluta all'origine: il permesso, dato da Mosè, di ripudiare la propria moglie, era una concessione motivata dalla durezza del cuore (cf Mt 19,8); l'unione matrimoniale dell'uomo e della donna è indissolubile: Dio stesso l'ha conclusa. " Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi " (Mt 19,6) [1614].

Con questa insistenza, Gesù ristabilisce l'ordine iniziale della creazione e promette la sua grazia perché gli sposi cristiani possano vivere il loro amore indissolubile nella nuova dimensione del Regno di Dio.

...Gesù non ha caricato gli sposi di un fardello impossibile da portare e troppo gravoso (cf Mt 11,29-30), più pesante della Legge di Mosè. Venendo a ristabilire l'ordine iniziale della creazione sconvolto dal peccato, egli stesso dona la forza e la grazia per vivere il matrimonio nella nuova dimensione del Regno di Dio. Seguendo Cristo, rinnegando se stessi, prendendo su di sé la propria croce gli sposi potranno " capire " (cf Mt 19,11) il senso originale del matrimonio e viverlo con l'aiuto di Cristo [1615].

Di conseguenza, il matrimonio, celebrato liberamente e consumato fra battezzati, è una realtà irrevocabile, contro la quale la Chiesa non ha potere per pronunciarsi.

Il vincolo matrimoniale è dunque stabilito da Dio stesso, così che il matrimonio concluso e consumato tra battezzati non può mai essere sciolto. Questo vincolo, che risulta dall'atto umano libero degli sposi e dalla consumazione del matrimonio, è una realtà ormai irrevocabile e dà origine ad un'alleanza garantita dalla fedeltà di Dio. Non è in potere della Chiesa pronunciarsi contro questa disposizione della sapienza divina (cf CIC, can. 1141) [1640].

Û Matrimonio, Fedeltà dell'amore coniugale e Unità del matrimonio.

 

INDULGENZE (inizio)

Remissione, plenaria o parziale, della pena temporale per i peccati già perdonati.

" L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi ".

" L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati " [1471].

Possono essere applicate come suffragi ai defunti.

" Ogni fedele può acquisire le indulgenze [...] per se stesso o applicarle ai defunti " (CIC, cann. 992-994) [1471].

Û Comunione dei santi.

 

INFALLIBILITÀ DEL ROMANO PONTEFICE (inizio)

In virtù del suo ministero, che proviene da Cristo, come Pastore supremo della Chiesa, conferma nella fede quando, con un atto definitivo, proclama una dottrina in materia di fede e di morale.

" Di questa infallibilità il romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale... Quando la Chiesa, mediante il suo Magistero supremo, propone qualche cosa " da credere come rivelato da Dio " (DV 10) e come insegnamento di Cristo, " a tali definizioni si deve aderire con l'ossequio della fede " (LG 25). L'infallibilità abbraccia l'intero deposito della Rivelazione divina (LG 25) [891].

Il suo ministero costituisce il grado supremo di partecipazione all'autorità di Cristo, mediante il carisma dell'infallibilità, che si estende al " deposito " della Rivelazione divina.

Il grado più alto nella partecipazione all'autorità di Cristo è assicurato dal carisma dell'infallibilità. Essa " si estende tanto quanto il deposito della divina Rivelazione " (cf LG 25); si estende anche a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate (cf CDF, dichiarazione Mysterium ecclesiae 3) [2035].

Û Magistero della Chiesa, Pietro apostolo, Papa, Vescovi.

 

INFALLIBILITÀ DI TUTTA LA CHIESA " IN CREDENDO " (inizio)

Infallibilità di tutti i fedeli, dai Pastori fino agli ultimi laici, nel loro consentire su questioni di fede e di morale sotto l'azione dello Spirito Santo.

" La totalità dei fedeli... non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa proprietà mediante il senso soprannaturale della fede in tutto il popolo quando "dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici" esprime l'universale suo consenso in materia di fede e di costumi " (LG 12) [92].

" Infatti, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, il popolo di Dio, sotto la guida del sacro Magistero,... aderisce indefettibilmente "alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi", con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l'applica nella vita " (LG 12) [93].

Û Infallibilità, Magistero della Chiesa.

 

INFERMI (inizio)

Cristo ebbe compassione degli infermi, ne curò molti e perdonò i loro peccati.

La compassione di Cristo verso i malati e le sue numerose guarigioni di infermi di ogni genere (cf Mt 4,24) sono un chiaro segno del fatto che " Dio ha visitato il suo popolo " (Lc 7,16) e che il Regno di Dio è vicino. Gesù non ha soltanto il potere di guarire, ma anche di perdonare i peccati (cf Mt 2,5-12) [1503].

Le sue guarigioni erano segno dell'avvento del Regno.

Non ha guarito però tutti i malati. Le sue guarigioni erano segni della venuta del Regno di Dio. Annunciavano una guarigione più radicale: la vittoria sul peccato e sulla morte attraverso la sua Pasqua [1505].

Associò i discepoli al suo ministero di compassione e di guarigione.

Cristo invita i suoi discepoli a seguirlo prendendo anch'essi la loro croce (cf Mt 10,38). Seguendolo, assumono un nuovo modo di vedere la malattia e i malati. Gesù li associa alla sua vita di povertà e di servizio. Li rende partecipi del suo ministero di compassione e di guarigione: " E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano " (Mc 6,12-13) [1506].

Anche la Chiesa apostolica ricevette questo incarico e conobbe uno speciale rito per tale ministero, nel quale la Tradizione ha riconosciuto uno dei sette sacramenti.

La Chiesa apostolica conosce tuttavia un rito specifico in favore degli infermi, attestato da san Giacomo: " Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati " (Gc 5,14-15). La Tradizione ha riconosciuto in questo rito uno dei sette sacramenti della Chiesa (cf DS 216; 1324-1325; 1695-1696; 1716-1717; FCC 9.272-9.282) [1510].

Û Unzione degli infermi (sacramento dell').

 

INFERNO (inizio)

Stato di autoesclusione definitiva dalla comunione di vita e di amore con Dio e con i beati, conseguente ad una morte in stato di peccato mortale e senza l'accoglienza dell'amore misericordioso di Dio.

Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola " inferno" [1033].

Gesù ha parlato ripetutamente della mancanza dell'amore e dell'aiuto ai " piccoli e ai poveri " come causa della separazione da lui. Ha illustrato con diverse immagini la perdizione eterna di coloro che rifiutano, fino alla fine, di credere e di convertirsi.

Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: " Chi non ama rimane nella morte (...) (1 Gv 3,14-15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli (cf Mt 25,31-46) (...). Gesù parla ripetutamente della " geenna ", del " fuoco inestinguibile "( cf Mt 5,22.29; 13,42.50; Mc 9,43-48), che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo (cf Mt 10,28). Gesù annunzia con parole severe " Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno... tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente " (Mt 13,41-42), ed egli pronunzierà la condanna: " Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno! " (Mt 25,41) [1033-1034].

L'esistenza e l'eternità delle pene dell'Inferno (che consistono soprattutto nella separazione definitiva da Dio, nella qualcosa si trova, invece, la pienezza della felicità) sono state ripetutamente affermate da Magistero solenne della Chiesa.

La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, " il fuoco eterno " (cf DS 76; 409; 411; 801; 858; 1002; 1351; 1575; FCC 0.514; 0.008; 6.062; 0.014; 0.019; 7.027; 8.108; SPF 12). La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira [1035].

L'inferno è un permanente appello alla responsabilità nell'uso della libertà, ma anche una pressante sollecitazione alla conversione dal peccato mentre si è ancora in vita, poiché Dio non predestina nessuno a questa separazione definitiva.

Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: " Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! " (Mt 7,13-14).

" Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti " (LG 48).

Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine [1036-1037].

 

INGIUSTO AGGRESSORE (inizio)

Û Legittima difesa.

 

INGRATITUDINE (inizio)

Û Amore di Dio.

 

INGRESSO MESSIANICO DI GESU' A GERUSALEMME (inizio)

L'umiltà del " Re della Gloria ".

Come Gerusalemme accoglierà il suo Messia? Dopo essersi sempre sottratto ai tentativi del popolo di farlo re (cf Gv 6,15), Gesù sceglie il tempo e prepara nei dettagli il suo ingresso messianico nella città di " Davide, suo padre " (Lc 1,32; cf Mt 21,1-11)). E acclamato come il figlio di Davide, colui che porta la salvezza (" Hosanna " significa: " Oh, sì, salvaci! ", " donaci la salvezza! "). Ora, " Re della gloria " (Sal 24,7-10) entra nella sua città cavalcando un asino: egli non conquista la Figlia di Sion, figura della sua Chiesa, né con l'astuzia né con la violenza, ma con l'umiltà che rende testimonianza alla Verità (cf Gv 18,37) [559].

Il suo significato: l'avvento del Regno mediante la Pasqua di morte e risurrezione del Messia-Re.

L'ingresso di Gesù a Gerusalemme manifesta l'avvento del Regno che il Re-Messia si accinge a realizzare con la Pasqua della sua morte e Risurrezione [560].

 

INTEGRITÀ CORPOREA E MORALE CRISTIANA (inizio)

Il rispetto di essa proibisce come moralmente gravi i rapimenti, il terrorismo, la tortura, le mutilazioni e le sterilizzazioni direttamente volontarie, senza fine terapeutico. Il terrorismo, con le sue conseguenze di morti indiscriminate, è particolarmente grave.

I rapimenti e la presa di ostaggi fanno regnare il terrore e, con la minaccia, esercitano intollerabili pressioni sulle vittime. Essi sono moralmente illeciti. Il terrorismo minaccia, ferisce e uccide senza discriminazione; esso è gravemente contrario alla giustizia e alla carità. La tortura, che si serve della violenza fisica o morale per strappare confessioni, per punire i colpevoli, per spaventare gli oppositori, per soddisfare l'odio, è contrario al rispetto della persona e della dignità umana. Al di fuori di prescrizioni mediche di carattere strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o sterilizzazioni direttamente volontarie praticate a persone innocenti sono contrarie alla legge morale (cf DS 3722) [2297].

 

INTEGRITÀ DELLA CREAZIONE E MORALE CRISTIANA (inizio)

L'uso delle risorse della terra e il dominio sopra gli esseri inanimati e viventi, esige dall'uomo, in virtù del settimo comandamento, il rispetto delle esigenze morali nell'usarne e nell'averne cura.

Il settimo comandamento esige il rispetto dell'integrità della creazione. Gli animali, come le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dell'umanità passata, presente e futura (cf Gn 1,28-31). L'uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell'universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all'uomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dell'integrità della creazione (cf CA 37-38) [2415].

 

INTELLIGENZA DELLA FEDE (inizio)

Sviluppo delle verità della fede.

Grazie all'assistenza dello Spirito Santo, l'intelligenza tanto delle realtà quanto delle parole del deposito della fede può progredire nella vita della Chiesa [94].

Contemplazione, studio e ricerca.

" Con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro "; in particolare " la ricerca teologica... prosegue nella conoscenza profonda della verità rivelata " (GS 62; cf 44; DV 23; 24; UR 4) [94].

Comprensione profonda.

" Con la profonda intelligenza che " i credenti " provano delle cose spirituali "; " Divina eloquia cum legente crescunt - Le parole divine crescono insieme con chi le legge " (S. Gregorio Magno, Omelia su Ez 1, 7, 8 PL 76, 843D) [94].

Proclamazione da parte dei Vescovi.

" Con la predicazione di coloro i quali, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma certo di verità " (DV 8) [94].

 

INTENZIONE O FINE COME FONTE DI MORALITÀ (inizio)

E un movimento della volontà verso il fine ricercato (termine dell'agire), essendo il fine l'obiettivo cercato o termine primo dell'intenzione. Si tratta di un elemento essenziale nella qualificazione morale da parte del soggetto che agisce di fronte all'oggetto.

Di fronte all'oggetto, l'intenzione si pone dalla parte del soggetto che agisce. Per il fatto che sta alla sorgente volontaria dell'azione e la determina attraverso il fine, l'intenzione è un elemento essenziale per la qualificazione morale dell'azione. Il fine è il termine primo dell'intenzione e designa lo scopo perseguito nell'azione. L'intenzione è un movimento della volontà verso il fine; riguarda il termine dell'agire. E l'orientamento al bene che ci si aspetta dall'azione intrapresa. Non si limita ad indirizzare le nostre singole azioni, ma può ordinare molteplici azioni verso un medesimo scopo; può orientare l'intera vita verso il fine ultimo. Per esempio, un servizio reso ha come scopo di aiutare il prossimo, ma, al tempo stesso, può essere ispirato dall'amore di Dio come fine ultimo di tutte le nostre azioni. Una medesima azione può anche essere ispirata da diverse intenzioni; così, per esempio, si può rendere un servizio per procurarsi un favore o per trarne motivo di vanto [1752].

Il fine non giustifica i mezzi: di conseguenza, un'intenzione o un fine buono non rende buona un'azione disordinata in se stessa; né, al contrario, un'intenzione dannosa che si aggiunge, rende cattiva un'azione che, da se stessa, può essere buona.

Un'intenzione buona (per esempio, aiutare il prossimo) non rende né buono né giusto un comportamento in se stesso scorretto (come la menzogna e la maldicenza). Il fine non giustifica i mezzi. Così, non si può giustificare la condanna di un innocente come un mezzo legittimo per salvare il popolo. Al contrario, la presenza di un'intenzione cattiva (quale la vanagloria), rende cattivo un atto che, in sé, può essere buono "quale l'elemosina) (cf Mt 6,2-4) [1753].

Û le altre due Fonti della moralità: Oggetto morale e Circostanze.

 

INVIDIA (inizio)

Peccato capitale che si manifesta nella tristezza per il bene del prossimo e nel desiderio disordinato di possederlo, anche in maniera ingiusta. E un peccato contro il decimo comandamento ed è possibile origine di altri peccati.

Il decimo comandamento esige che si bandisca dal cuore umano l'invidia (...). L'invidia può condurre ai peggiori misfatti (cf Gn 4,3-7; 1 Re 21,1-29). E per l'invidia del diavolo che la morte è entrata nel mondo (Sap 2,24) [2538].

L'invidia è un vizio capitale. Consiste nella tristezza che si prova davanti ai beni altrui e nel desiderio smodato di appropriarsene, sia pure indebitamente. Quando arriva a volere un grave male per il prossimo, l'invidia diventa un peccato mortale.

Sant'Agostino vedeva nell'invidia " il peccato diabolico per eccellenza " (Catech., 4, 8). " Dall'invidia nascono l'odio, la maldicenza, la calunnia, la gioia causata dalla sventura del prossimo e il dispiacere causato dalla sua fortuna " (S. Gregorio Magno, Mor., 31, 45) [2539].

L'invidia rappresenta una delle forme della tristezza e quindi un rifiuto della carità... [2540].

 

IPOCRISIA (inizio)

Û Veracità.

 

IRA (inizio)

Gesù chiede, a perfezionamento dei comandamenti del discorso della montagna, la pace del cuore, al di là della materialità del quinto comandamento della Legge. L'ira, come desiderio di vendetta, attenta gravemente, in quanto peccato, a questa pace.

Richiamando il comandamento: " Non uccidere " (Mt 5,21), nostro Signore chiede la pace del cuore e denuncia l'immoralità dell'ira omicida e dell'odio.

L'ira è un desiderio di vendetta. " Desiderare la vendetta per il male di chi va punito è illecito "; ma è lodevole imporre una riparazione " al fine di correggere i vizi e di conservare il bene della giustizia " (San Tommaso d'Aquino, S. Th., II-II, q. 158, a. 1, ad 3). Se l'ira si spinge fino al proposito di uccidere il prossimo o di ferirlo in modo brutale, si oppone gravemente alla carità; è un peccato mortale. Il Signore dice: " Chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio " (Mt 5,22) [2302].

Pace, Odio.

 

ISPIRAZIONE DELLA SACRA SCRITTURA (inizio)

Dio ha operato negli autori sacri per la redazione della Sacra Scrittura.

Dio ha ispirato gli autori umani dei Libri Sacri. " Per la composizione dei Libri Sacri, Dio scelse degli uomini, di cui si servì nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo Egli stesso in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che Egli voleva " (DV 11) [106].

Nei libri della Scrittura, Dio insegna la verità.

I libri ispirati insegnano la verità. " Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono, è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere " (DV 11) [107].

Û Sacra Scrittura.

 

ISTITUTI RELIGIOSI (inizio)

Û Vita religiosa.

 

ISTITUTI SECOLARI (inizio)

I fedeli che vivono nel mondo, integrati in un istituto di vita consacrata, procurando la santificazione propria e quella del mondo.

" L'Istituto secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo nel mondo, tendono alla perfezione della carità e si impegnano per la santificazione del mondo, soprattutto operando all'interno di esso " (CIC, can. 710) [928].

" Nel mondo e dal mondo ", come " fermento ", " testimonianza " e azione evangelica vivendo i consigli evangelici.

...i membri di questi istituti " partecipano della funzione evangelizzatrice della Chiesa ", " nel mondo e dal mondo ", in cui la loro presenza agisce " come un fermento " (PC 11). La loro testimonianza di vita cristiana mira a ordinare secondo Dio le realtà temporali e vivificare il mondo con la forza del Vangelo. Essi assumono con vincoli sacri i consigli evangelici e custodiscono tra loro la comunione e la fraternità che sono proprie al loro modo di vita secolare (CIC, can. 713,2) [929].

L

 

LAVORO UMANO E MORALE (inizio)

Il comando divino per sviluppare la creazione implica il lavoro umano come dovere e come diritto. Per mezzo del lavoro l'uomo sostenta se stesso e i suoi e serve il bene comune della società.

Il lavoro umano proviene immediatamente da persone create ad immagine di Dio e chiamate a prolungare, le une con e per le altre, l'opera della creazione sottomettendo la terra (cf Gn 1,28; GS 34; CA 31). Il lavoro, quindi, è un dovere: " Chi non vuol lavorare, neppure mangi " (2 Ts 3,10; cf 1 Ts 4,11).

Il lavoro esalta i doni del Creatore e i talenti ricevuti. Può anche essere redentivo (...) [2427].

Nel lavoro la persona esercita e attualizza una parte delle capacità iscritte nella sua natura. Il valore primario del lavoro riguarda l'uomo stesso, che ne è l'autore e il destinatario. Il lavoro è per l'uomo, e non l'uomo per il lavoro (cf LE 6).

Ciascuno deve poter trarre dal lavoro i mezzi di sostentamento per la propria vita e per quella dei suoi familiari, e servire la comunità umana [2528].

L'accesso al lavoro di qualunque tipo deve essere aperto a tutti, ed essere promosso dalla società e dallo stato.

L'accesso al lavoro e alla professione deve essere aperto a tutti, senza ingiusta discriminazione: a uomini e a donne, a chi è in buone condizioni psico-fisiche e ai disabili, agli autoctoni e agli immigrati (cf LE 19; 22-23). In rapporto alle circostanze, la società deve da parte sua aiutare i cittadini a trovare un lavoro e un impiego (cf CA 48) [2433].

Û Salario giusto.

 

LEGARE E SCIOGLIERE (inizio)

Potere concesso a Pietro e al Collegio Apostolico.

Rendendo gli Apostoli partecipi del suo proprio potere di perdonare i peccati, il Signore dà loro anche l'autorità di riconciliare i peccatori con la Chiesa. Tale dimensione ecclesiale del loro ministero trova la sua più chiara espressione nella solenne parola di Cristo a Simon Pietro: " A te darò le chiavi del Regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli " (Mt 16,19). Questo " incarico di legare e di sciogliere, che è stato dato a Pietro, risulta essere stato pure concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo " (cf Mt 18,18; 28,16-20) (LG 22) [1444].

Indica che colui che viene escluso dalla comunione con la Chiesa, viene escluso dalla comunione con Dio.

Le parole legare e sciogliere significano: colui che voi escluderete dalla vostra comunione, sarà escluso dalla comunione con Dio; colui che voi accoglierete di nuovo nella vostra comunione, Dio lo accoglierà anche nella sua. La riconciliazione con la Chiesa è inseparabile dalla riconciliazione con Dio [1445].

Û Collegio apostolico, Pietro apostolo e Ministero apostolico.

 

LEGGE MORALE (inizio)

Ordine razionale stabilito dalla sapienza e dalla bontà di Dio che prescrive all'uomo le vie che conducono alla beatitudine e gli proibisce di seguire le strade dannose che allontanano da lui e dal suo amore.

La legge morale è opera della Sapienza divina. La si può definire, in senso biblico, come un insegnamento paterno, una pedagogia di Dio. Prescrive all'uomo le vie, le norme di condotta che conducono alla beatitudine promessa; vieta le strade del male, che allontanano da Dio e dal suo amore (...) [1950].

La legge morale suppone l'ordine razionale stabilito tra le creature, per il loro bene e in vista del loro fine, dalla potenza, dalla sapienza, dalla bontà del Creatore. Ogni legge trova nella legge eterna la sua prima e ultima verità (...) [1951].

Le sue manifestazioni sono diverse, sebbene tutte coordinate fra loro: Legge eterna, legge naturale, legge rivelata nell'Antico e nel Nuovo Testamento, leggi civili ed ecclesiastiche. Tutte hanno la loro pienezza in Cristo, loro via e termine.

Le espressioni della legge morale sono diverse, e sono tutte coordinate tra loro: la legge eterna, fonte, in Dio, di tutte le leggi; la legge naturale; la legge rivelata, che comprende la Legge antica e la Legge nuova o evangelica; infine le leggi civili ed ecclesiastiche [1952].

La legge morale trova in Cristo la sua pienezza e la sua unità. Gesù Cristo in persona è la via della perfezione. E il termine della Legge... [1953].

LEGGE NATURALE (LEGGE " DIVINA E NATURALE ") (inizio)

Poiché l'uomo partecipa della sapienza e della bontà del Creatore, gli è possibile conoscere per mezzo della ragione ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è vero e ciò che non lo è.

L'uomo partecipa alla sapienza e alla bontà del Creatore, che gli conferisce la padronanza dei suoi atti e la capacità di dirigersi verso la verità e il bene. La legge naturale esprime il senso morale originale che permette all'uomo di discernere, per mezzo della ragione, il bene e il male, la verità e la menzogna [1954].

Questa legge " divina e naturale ", iscritta da Dio nella natura dell'uomo, gli mostra i primi principi che reggono la vita morale, come pure la via per seguirli in obbedienza a lui, fonte e giudice del bene. Questi principi si manifestano soprattutto nel Decalogo, riferito a Dio e al prossimo come uguale a se stesso.

La legge " divina e naturale " mostra all'uomo la via da seguire per compiere il bene e raggiungere il proprio fine. La legge naturale indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale. Ha come perno l'aspirazione e la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e altresì il senso dell'altro come uguale a se stesso... [1955].

Caratteri della Legge naturale:

a) E universale perché rispetta i suoi precetti e in quanto si estende a tutti gli uomini, manifestando diritti e doveri, anche quando si tratta di applicarla alle diverse condizioni di vita in luoghi, epoche, circostanze e culture, e rimangono inalterabili i principi comuni.

Presente nel cuore di ogni uomo e stabilita dalla ragione, la legge naturale è universale nei suoi precetti e la sua autorità si estende a tutti gli uomini. Esprime la dignità della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali... [1956]

L'applicazione della legge naturale si diversifica molto; può richiedere un adattamento alla molteplicità delle condizioni di vita, secondo i luoghi, le epoche e le circostanze. Tuttavia, nella diversità delle culture, la legge naturale resta come una regola che lega gli uomini tra loro e ad essi impone, al di là delle inevitabili differenze, principi comuni [1957].

b) E' immutabile, anche quando variano la storia, le idee e i costumi, perfino quando vengono negati i suoi principi. Risorge sempre nel cuore dell'uomo e delle società.

La legge naturale è immutabile (cf GS 10) e permane inalterata attraverso i mutamenti della storia; rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso. Le norme che la esprimono restano sostanzialmente valide. Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell'uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle società [1958].

A causa del peccato, i suoi precetti non sono chiaramente e immediatamente percepiti da tutti, per cui all'uomo peccatore risultano necessarie la grazia e la rivelazione, al fine di conoscere con ferma certezza e senza mescolanza di errore le verità religiose e morali.

I precetti della legge naturale non sono percepiti da tutti con chiarezza ed immediatezza. Nell'attuale situazione, la grazia e la rivelazione sono necessarie all'uomo peccatore perché le verità religiose e morali possano essere conosciute " da tutti e senza difficoltà, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore " (PIO XII, Enc. Humani Generis, DS 3876; FCC 1.093) [1960].

Il Decalogo è manifestazione privilegiata della " legge naturale ", e, sebbene rivelato da Dio, è accessibile nei suoi precetti alla sola ragione umana.

I dieci comandamenti appartengono alla Rivelazione di Dio. Al tempo stesso ci insegnano la vera umanità dell'uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana. Il Decalogo contiene una espressione privilegiata della " legge naturale " [2070].

Quantunque accessibili alla sola ragione, i precetti del Decalogo sono stati rivelati. Per giungere ad una conoscenza completa e certa delle esigenze della legge naturale, l'umanità peccatrice aveva bisogno di questa rivelazione [2071].

Û Decalogo.

 

LEGGE DI DIO NELL'ANTICA ALLEANZA (inizio)

Dio ha eletto Israele come Popolo delle promesse, gli ha rivelato la sua Legge per mezzo di Mosè e ha stabilito con lui un'Alleanza che preparava quella definitiva da attuarsi con la venuta del suo Figlio. I precetti di questa Legge contenuti nei Dieci Comandamenti, sono, in gran parte, accessibili alla ragione umana e prescrivono ciò che è essenziale, mentre proibiscono quanto è contrario all'amore di Dio e del prossimo.

Dio, nostro Creatore e nostro Redentore, si è scelto Israele come suo popolo e gli ha rivelato la sua Legge, preparando in tal modo la venuta di Cristo. La Legge di Mosè esprime molte verità che sono naturalmente accessibili alla ragione. Queste si trovano affermate ed autenticate all'interno dell'Alleanza della Salvezza [1961].

La Legge antica è il primo stadio della Legge rivelata. Le sue prescrizioni morali sono riassunte nei Dieci comandamenti. I precetti del Decalogo pongono i fondamenti della vocazione dell'uomo, creato ad immagine di Dio; vietano ciò che è contrario all'amore di Dio e del prossimo, e prescrivono ciò che gli è essenziale... [1962].

Dio, con questa Legge, si mostrava " pedagogo " preparando la sua definitiva Alleanza, nella quale la potenza della sua grazia e del suo Spirito, nel regime della Nuova Legge in Cristo Salvatore, sarebbe diventata la via del Regno di suo Figlio.

Come un pedagogo (cf Gal 3,24) essa indica ciò che si deve fare, ma da sé non dà la forza, la grazia dello Spirito per osservarla. A causa del peccato che non può togliere, essa rimane una legge di schiavitù (...). Tuttavia la Legge rimane la prima tappa sul cammino del Regno. Essa prepara e dispone il popolo eletto e ogni cristiano alla conversione e alla fede nel Dio Salvatore. Dà un insegnamento che rimane per sempre, come Parola di Dio [1963].

Û Alleanza di Dio (antica e nuova).

 

LEGGE NUOVA O EVANGELICA (inizio)

Opera di Cristo e del suo Spirito, perché fruttifichi nella carità, manifestata in modo particolare nel discorso della montagna, che porta a perfezione la Legge divina, naturale e rivelata.

La nuova Legge o Legge evangelica è la perfezione quaggiù della legge divina, naturale e rivelata. E opera di Cristo e trova la sua espressione particolarmente nel Discorso della montagna; è anche opera dello Spirito Santo e, per mezzo di lui, diventa la legge interiore della carità... [1965].

La Legge nuova è la grazia dello Spirito Santo, data ai fedeli in virtù della fede in Cristo. Essa opera mediante la carità, si serve del Discorso del Signore sulla montagna per insegnarci ciò che si deve fare, e dei sacramenti per comunicarci la grazia di farlo [1966].

Tracciando le vie del Regno, purifica e perfeziona la Legge antica nelle sue promesse. Le Beatitudini, come sua manifestazione più elevata, adeguano le speranze agli indifesi che accolgono con fede le promesse del Regno di Cristo.

La Legge evangelica " dà compimento " (cf Mt 5,17-19) alla Legge antica, la purifica, la supera e la porta alla perfezione. Nelle " beatitudini " essa compie le promesse divine, elevandole ed ordinandole al " Regno dei cieli ". Si rivolge a coloro che sono disposti ad accogliere con fede questa speranza nuova: i poveri, gli umili, gli afflitti, i puri di cuore, i perseguitati a causa di Cristo, tracciando in tal modo le sorprendenti vie del Regno [1967].

Al di sopra dei comandamenti della Legge antica, più attenti alla lettera, porta a perfezione quei precetti andando alla radice degli atti, al cuore, da dove nasce ciò che è impuro o ciò che è puro, e dove si radicano la fede, la speranza e la carità e le altre virtù, riproduzione della perfezione divina nei suoi comandamenti.

La Legge evangelica dà compimento ai comandamenti della Legge. Il Discorso del Signore sulla montagna, lungi dall'abolire o dal togliere valore alle prescrizioni morali della Legge antica, ne svela le virtualità nascoste e ne fa scaturire nuove esigenze: ne mette in luce tutta la verità divina e umana. Esso non aggiunge nuovi precetti esteriori, ma arriva a riformare la radice delle azioni, il cuore, là dove l'uomo sceglie tra il puro e l'impuro (cf Mt 15,18-19), dove si sviluppano la fede, la speranza e la carità e, con queste, le altre virtù (...) [1968].

Il Comandamento nuovo, in cui Cristo sintetizza la sua Legge, perfeziona gli atti di religione, la dottrina " delle due vie ", e ricapitola, con la regola d'oro di fare agli altri ciò che desideriamo venga fatto a noi, tutta la Legge di Dio.

La Legge nuova pratica gli atti della religione: l'elemosina, la preghiera e il digiuno, ordinandoli al " Padre che vede nel segreto ", in opposizione al desiderio di " essere visti dagli uomini " (cf Mt 6,1-6.16-18). La sua preghiera è il " Padre nostro " (Mt 6,9-13) [1969].

La Legge evangelica implica la scelta decisiva tra " le due vie " (cf Mt 7,13-14) e mettere in pratica le parole del Signore (cf Mt 7,21-27); essa si riassume nella regola d'oro: " Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti " (Mt 7,12; cf Lc 6,31).

Tutta la Legge evangelica è racchiusa nel " comandamento nuovo " di Gesù (Gv 13,34), di amarci gli uni gli altri come lui ci ha amati (cf Gv 15,12) [1970].

 

LEGITTIMA DIFESA (inizio)

E un diritto legittimo, e a volte può essere un dovere, difendere la propria vita anche a scapito della vita dell'aggressore, non essendo il soggetto, in questo caso, colpevole di omicidio.

L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. E quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale (...) [2264].

La legittima difesa, oltre che il diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri [2265].

Visto l'obbligo di preservare il bene comune della società, le autorità hanno il diritto di difenderlo con le armi da un ingiusto aggressore, benché, se risultano sufficienti i mezzi incruenti, devono essere adoperati preferibilmente questi ultimi.

La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità [2265].

Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzitutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa [2266].

Pena di morte.

La legittimità della difesa con le armi, " esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento " (GS 79,4), è moralmente lecita ad almeno quattro condizioni, che riguardano: il danno causato dall'aggressore, l'esaurimento di altri mezzi, il fondato successo sperabile e che i mali inflitti siano inferiori a quelli che si cerca di eliminare. Il giudizio prudente su queste condizioni e la decisione appropriata spettano alle legittime autorità.

Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

- che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;

- che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;

- che ci siano fondate condizioni di successo;

- Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della " guerra giusta ".

La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune [2309].

Durante le azioni di guerra, devono essere osservati il " diritto delle genti " e altri principi universali, come le Convenzioni internazionali, non essendo esenti dall'essere chiamati criminali coloro che le conculcano o le sopprimono. C'è l'obbligo di disobbedire agli ordini che suppongono un crimine contro Dio e l'umanità, come ad esempio la distruzione indiscriminata di città, minoranze etniche e altri genocidi.

La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. " Né per il fatto che una guerra è... disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto " [2312].

Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri.

Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono dei crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come un peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un genocidio [2313].

" Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato ". Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche [2314].

Û Guerra.

 

" LIBERACI DAL MALE " (inizio)

Gesù chiese al Padre di custodire i suoi, non dalla vita e dalle sue difficoltà, ma dal Maligno, da Satana, " il seduttore del mondo intero ", " omicida... e padre della menzogna ".

L'ultima domanda al Padre nostro si trova anche nella preghiera di Gesù: " Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal Maligno " (Gv 17,15)... [2850].

In questa richiesta, il Male non è un'astrazione; indica invece una persona: Satana, il Maligno, l'angelo che si oppone a Dio. Il " diavolo ", " dia-bolos " è colui che " si getta di traverso " al disegno di Dio e alla sua " opera di salvezza " compiuta in Cristo [2851].

" Omicida fin dal principio [...] menzognero e padre di menzogna " (Gv 8,44), " Satana, che seduce tutta la terra " (Ap 12,9), è a causa sua che il peccato e la morte sono entrati nel mondo, ed è in virtù della sua sconfitta definitiva che tutta la creazione sarà " liberata dalla corruzione del peccato e della morte " (MR, Preghiera eucaristica IV)... [2852].

Gesù sconfisse definitivamente il " Maligno " offrendosi liberamente alla morte per noi.

La vittoria sul " principe del mondo " (Gv 14,30) è conseguita, una volta per tutte, nell'Ora in cui Gesù si consegna liberamente alla morte per darci la sua vita. Avviene allora il giudizio di questo mondo e il principe di questo mondo è " gettato fuori " (Gv 12,31 Ap 12,11)... [2853].

Preghiamo sempre il Padre per essere liberati da qualsiasi altro male, frutto della malvagità del demonio, del quale egli è autore o istigatore.

Chiedendo di essere liberati dal Male, noi preghiamo nel contempo per essere liberati da tutti i mali, presenti, passati e futuri, di cui egli è l'artefice o l'istigatore. In quest'ultima domanda la Chiesa porta davanti al Padre tutta la miseria del mondo. Insieme con la liberazione dai mali che schiacciano l'umanità, la Chiesa implora il dono prezioso della pace e la grazia dell'attesa perseverante del ritorno di Cristo [2854].

Û Diavolo, Male.

 

LIBERTÀ DELL'UOMO (inizio)

Facoltà della persona, dotata di intelligenza e volontà, di decidere senza coercizioni il suo modo di agire; raggiunge la sua pienezza quando è ordinata a Dio.

La libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o di non agire, di fare questo o quello, di porre così da se stessi azioni deliberate. Grazie al libero arbitrio ciascuno dispone di sé. La libertà è nell'uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà. La libertà raggiunge la sua perfezione quando è ordinata a Dio, nostra beatitudine [1731].

Implica il potere di scegliere fra il " bene e il male ", fra ciò che produce merito o demerito.

Finché non si è definitivamente fissata nel suo bene ultimo che è Dio, la libertà implica la possibilità di scegliere tra il bene e il male, e conseguentemente quella di avanzare nel cammino di perfezione oppure di venir meno e di peccare. Essa contraddistingue gli atti propriamente umani. Diventa sorgente di lode o di biasimo, di merito o di demerito [1732].

L'uomo diventa tanto più libero quanto più la sua scelta ricade su ciò che è bene e su ciò che è giusto. La scelta del male è un abuso della libertà, che rende schiavi.

Quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi. Non c'è vera libertà se non al servizio del bene e della giustizia. La scelta della disobbedienza e del male è un abuso della libertà e conduce alla schiavitù del peccato (cf Rm 6,17) [1733].

La dignità della persona umana richiede il diritto naturale all'esercizio della libertà.

La libertà si esercita nei rapporti tra gli esseri umani. Ogni persona umana, creata ad immagine di Dio, ha il diritto naturale di essere riconosciuta come un essere libero e responsabile. Tutti hanno verso ciascuno il dovere di questo rispetto. Il diritto all'esercizio della libertà è un'esigenza inseparabile dalla dignità della persona umana, particolarmente in campo morale e religioso (cf DH 2). Tale diritto deve essere civilmente riconosciuto e tutelato nei limiti del bene comune e dell'ordine pubblico (cf DH 72) [1738].

Il cattivo uso della libertà, con il rifiuto del progetto di Dio, in base al quale l'uomo avrebbe dovuto amarlo, conduce alla schiavitù del peccato.

La libertà dell'uomo è finita e fallibile. Di fatto, l'uomo ha sbagliato. Liberamente ha peccato. Rifiutando il disegno d'amore di Dio, si è ingannato da sé; è divenuto schiavo del peccato. Questa prima alienazione ne ha generate molte altre. La storia dell'umanità, a partire dalle origini, sta a testimoniare le sventure e le oppressioni nate dal cuore dell'uomo, in conseguenza di un cattivo uso della libertà [1739].

Da questa schiavitù Cristo ci ha liberato, in modo che l'uomo, seguendo la verità del Signore, si renda libero.

...Con la sua croce gloriosa Cristo ha ottenuto la salvezza di tutti gli uomini. Li ha riscattati dal peccato che li teneva in schiavitù. " Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi " (Gal 5,1). In lui abbiamo comunione con " la verità " che ci fa " liberi " (Gv 8,32). Ci è stato donato lo Spirito Santo e, come insegna l'Apostolo, " dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà " (2 Cor 3,17). Fin d'ora ci gloriamo della " libertà... dei figli di Dio " (Rm 8,21) [1741].

La docilità all'impulso della grazia, opera dello Spirito Santo, ci educa nella libertà spirituale.

...quanto più siamo docili agli impulsi della grazia, tanto più cresce la nostra libertà interiore e la sicurezza nelle prove come pure di fronte alle pressioni e alle costrizioni del mondo esterno. Con l'azione della grazia, lo Spirito Santo ci educa alla libertà spirituale per fare di noi dei liberi collaboratori della sua opera nella Chiesa e nel mondo [1742].

Û Uomo, Responsabilità.

 

LIBERTÀ PER CONTRARRE MATRIMONIO (inizio)

Per contrarre matrimonio fra cristiani, si richiede che l'uomo e la donna siano liberi e che manifestino liberamente il mutuo consenso.

I protagonisti dell'alleanza matrimoniale sono un uomo e una donna battezzati, liberi di contrarre il matrimonio e che esprimono liberamente il loro consenso [1625].

Ciò che implica l'essere liberi.

" Essere libero " vuol dire:

- non subire costrizioni;

- non avere impedimenti in base ad una legge naturale o ecclesiastica [1625].

Û Consenso matrimoniale.

 

LIBERTÀ RELIGIOSA (inizio)

La dignità della persona umana richiede che non sia obbligata da nessuno ad agire contro la propria coscienza, né che venga impedita nell'esercizio privato, pubblico o associato di questo diritto.

" Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata " (DE 2). Tale diritto si fonda sulla natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente aderire alla verità divina che trascende l'ordine temporale. Per questo " perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa " (DE 2) [2106].

E un diritto naturale della persona alla libertà civile che suppone l'immunità da ogni costrizione esteriore da parte del potere politico, il quale, nel suo ordinamento legale, deve riconoscere e tutelare questo diritto.

Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di aderire all'errore (cf Leone XIII, Enc. Libertatis praestantissimum), né un implicito diritto all'errore (cf Pio XII, discorso del 6 dicembre 1953), bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile, cioè all'immunità da coercizione esteriore, entro giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere politico. Questo diritto naturale " deve essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile " (cf DH 2) [2108].

Û Dignità della persona.

 

LITURGIA (inizio)

Nel Nuovo Testamento significa celebrazione del culto a Dio, annuncio del Vangelo ed esercizio della carità.

Il termine " Liturgia " nel Nuovo Testamento è usato per designare non soltanto la celebrazione del culto divino (cf At 13,2; Lc 1,23), ma anche l'annunzio del Vangelo (cf Rm 15,16; Fl 2,145-17.30) e la carità in atto (cf Rm 15,27; 2 Cor 9,12; Fl 2,25). In tutti questi casi, si tratta del servizio di Dio e degli uomini. Nella celebrazione liturgica, la Chiesa è serva, a immagine del suo Signore, l'unico " Liturgo " (cf Eb 8,2 e 6), poiché partecipa del suo sacerdozio (culto) profetico (annunzio) e regale (servizio della carità) [1070].

E' continuazione, in maniera reale, dell'opera di redenzione di Gesù Cristo nella Chiesa e con la Chiesa.

...Attraverso la Liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l'opera della nostra Redenzione [1072].

L'evangelizzazione, la conversione e la fede devono precedere l'azione liturgica nella Chiesa.

" La sacra Liturgia non esaurisce tutta l'azione della Chiesa " (SC 9): essa deve essere preceduta dalla evangelizzazione, dalla fede e dalla conversione; allora è in grado di portare i suoi frutti nella vita dei fedeli: la Vita nuova secondo lo Spirito, l'impegno nella missione della Chiesa ed il servizio della sua unità [1072].

La Liturgia ha la sua origine e il suo termine in Dio Padre, dal quale procede ogni benedizione. Essendo un umile riflesso del suo agire, l'uomo deve adorare e donarsi al suo Creatore in permanente azione di grazie.

" Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione... " (Ef 1,3-6) [1077].

Benedire è [poi] un'azione divina che dà la vita e di cui il Padre è la sorgente. La sua benedizione è insieme parola e dono (" bene-dictio ", " eu-logia "). Riferito all'uomo, questo termine significherà l'adorazione e la consegna di sé al proprio Creatore nell'azione di grazie [1078].

Nella Liturgia, il Padre viene adorato per le sue benedizioni, soprattutto per quelle donate nel suo Figlio Redentore e nello Spirito Santificatore.

Nella Liturgia della Chiesa, la benedizione divina è pienamente rivelata e comunicata: il Padre è riconosciuto e adorato come la Sorgente e il Termine di tutte le benedizioni della creazione e della salvezza; nel suo Verbo, incarnato, morto e risorto per noi, egli ci colma delle sue benedizioni, e per suo mezzo effonde nei nostri cuori il Dono che racchiude tutti i doni: lo Spirito Santo [1082].

La Liturgia della Chiesa tenta di essere una risposta alle " benedizioni spirituali " con le quali il Padre ci ha arricchito:

a) rendendogli adorazione, lode e azione di grazie, unita al Signore Gesù, sotto l'azione dello Spirito,

...Si comprende allora la duplice dimensione della Liturgia cristiana come risposta di fede e di amore alle " benedizioni spirituali " di cui il Padre ci fa dono. Da una parte, la Chiesa, unita al suo Signore e sotto l'azione dello Spirito Santo (Lc 10,21), benedice il Padre per il " suo ineffabile Dono " (2 Cor 9,15) con l'adorazione, la lode e l'azione di grazie [1083].

b) e offrendogli " i suoi propri doni ", sui quali implora che scenda lo Spirito perché in unione con Cristo-Sacerdote e con la sua azione salvifica, diano frutti di vita e di lode.

...Dall'altra, e fino al pieno compimento del disegno di Dio, la Chiesa non cessa di presentare al Padre " l'offerta dei propri doni " e d'implorare che mandi lo Spirito Santo sull'offerta, su se stessa, sui fedeli e sul mondo intero, affinché, per la comunione alla Morte e alla Risurrezione di Cristo Sacerdote e per la potenza dello Spirito, queste benedizioni divine portino frutti di vita " a lode e gloria della sua grazia " (Ef 1,6) [1086].

" Nella Liturgia della Chiesa, Cristo significa e realizza soprattutto il suo mistero pasquale ", che, essendo avvenuto nella nostra storia, permane presente ed efficace per la nostra salvezza.

Durante la sua vita terrena, Gesù annunziava con l'insegnamento e anticipava con le azioni il suo Mistero pasquale (cf Gv 13,1; 17,1). Venuta la sua Ora, egli vive l'unico avvenimento della storia che non passa: Gesù muore, è sepolto, risuscita dai morti e siede alla destra del Padre " una volta per tutte " (Rm 6,10; Eb 7,27; 9,12). E un evento reale, accaduto nella nostra storia, ma è unico: tutti gli altri avvenimenti della storia accadono una volta, poi passano, inghiottiti nel passato. Il Mistero pasquale di Cristo, invece, non può rimanere soltanto nel passato, dal momento che con la sua morte egli ha distrutto la morte, e tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell'eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi e in essi è reso presente. L'evento della croce e della Risurrezione rimane e attira tutto verso la Vita [1085].

Nella Liturgia i segni e i simboli della vita e della cultura vengono assunti come segni di grazia.

La Liturgia della Chiesa presuppone, integra e santifica elementi della creazione e della cultura umana conferendo loro la dignità di segni della grazia, della nuova creazione in Gesù Cristo [1149].

La Liturgia, mediante la quale lo Spirito Santo è il pedagogo del Popolo di Dio, è opera comune dello Spirito Santo e della Chiesa.

Nella Liturgia lo Spirito Santo è il pedagogo della fede del Popolo di Dio, l'artefice di quei " capolavori di Dio " che sono i sacramenti del Nuovo Testamento. Il desiderio e l'opera dello Spirito nel cuore della Chiesa è che noi viviamo della vita del Cristo risorto. Quando egli incontra in noi la risposta di fede da lui suscitata, si realizza una vera cooperazione. Grazie ad essa, la Liturgia diventa l'opera comune dello Spirito Santo e della Chiesa [1091].

L'azione liturgica, che è celebrazione di tutta la Chiesa, coinvolge tutti i suoi membri in maniera diversificata secondo la funzione e la partecipazione di ciascuno, e deve essere preferibilmente celebrata in maniera comunitaria.

E tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra. " Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è "sacramento di unità", cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei vescovi. Perciò [tali azioni] appartengono all'intero Corpo della Chiesa, lo manifestano e lo implicano; i singoli membri poi vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e dell'attuale partecipazione ". Per questo " ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria con la presenza e la partecipazione attiva dei fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto è possibile, alla celebrazione individuale e quasi privata degli stessi " (SC 27) [1140].

Interazione Parola-Liturgia (insegnamento e simbolo) in quanto si realizza ciò che è significato.

Inseparabili in quanto segni e insegnamento, le parole e azioni liturgiche lo sono anche in quanto realizzano ciò che significano. Lo Spirito Santo non si limita a dare l'intelligenza della Parola di Dio suscitando la fede; attraverso i sacramenti egli realizza anche le " meraviglie " di Dio annunziate dalla Parola; rende presente e comunica l'opera del Padre compiuta dal Figlio diletto [1155].

Funzione dei segni liturgici del canto e della musica, e criteri per il loro uso.

Il canto e la musica svolgono la loro funzione di segni in una maniera tanto più significativa quanto più sono strettamente uniti all'azione liturgica (SC 112), secondo tre criteri principali: la bellezza espressiva della preghiera, l'unanime partecipazione dell'assemblea nei momenti previsti e il carattere solenne della celebrazione. In questo modo essi partecipano alla finalità delle parole e delle azioni liturgiche: la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli (cf SC 112) [1157].

Û i " Simboli dello Spirito Santo nella Liturgia ", alla voce Spirito Santo.

 

LITURGIA DELLA PAROLA (inizio)

Ciò che comprende nella celebrazione eucaristica.

La Liturgia della Parola comprende " gli scritti dei profeti ", cioè l'Antico Testamento, e " le memorie degli apostoli ", ossia le loro lettere e i Vangeli; l'omelia, che esorta ad accogliere questa Parola " come è veramente, quale Parola di Dio " (1 Ts 2,13) e a metterla in pratica [1349].

 

LITURGIA EUCARISTICA (inizio)

I suoi due grandi momenti: la Parola e l'azione liturgica che formano " un solo atto di culto ".

La Liturgia dell'Eucaristia si svolge secondo una struttura fondamentale che, attraverso i secoli, si è conservata fino a noi. Essa si articola in due grandi momenti, che formano un'unità originaria:

- la convocazione, la Liturgia della Parola, con le letture, l'omelia e la preghiera universale;

- la Liturgia eucaristica, con la presentazione del pane e del vino, l'azione di grazie consacratoria e la comunione.

Liturgia della Parola e Liturgia eucaristica costituiscono insieme " un solo atto di culto " (SC 56); la mensa preparata per noi nell'Eucaristia è infatti ad un tempo quella della Parola di Dio e quella del Corpo del Signore (cf DV 21) [1346].

Û Eucaristia, Messa.

 

LODE (inizio)

Û Preghiera, definizione e distinzioni.

 

LUSSURIA (inizio)

Ricerca del piacere venereo al di fuori delle finalità dell'unione e della procreazione nel matrimonio. Tale desiderio o piacere è una finalità peccaminosa e disordinata.

La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione [2351].

altri peccati sessuali: Masturbazione, Fornicazione, ecc.

 

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